Riscatto Leao: miglior partita della vita. La questione agente...

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GDS in edicola: contro il PSG è arrivato il riscatto per Leao. Finito nel mirino, ha rovesciato e critiche e poi si è sfogato nel posto partita. Leao contro il Paris ha giocato semplicemente la miglior partita della sua vita. Meglio di Napoli-Milan? Massì. Meglio del derby di settembre 2022? Massì. Meglio delle grandi partite scudetto? Sissignore. Per questo a fine partita era felicissimo. Rafa nei 90 minuti non era mai stato così continuo, così coinvolto e applicato difensivamente, così deciso nel vincere un duello dopo l’altro. Un alieno collegato a San Siro dallo spazio, interrogato su chi fosse il miglior giocatore del mondo, avrebbe risposto senza pensare: «Il 10 rosso». Non il 7 bianco. E allora, anche Arrigo Sacchi ha speso parole pesanti: «Leao ha piazzato una serie incredibile di scatti e così ha dato coraggio a tutta la squadra». Il padre della patria non critica per ferire. Critica per correggere. Leao martedì è andato in campo con un’idea chiara: dimostrare quanto può essere forte. L’esultanza con il dito sulla bocca si spiega così: è una risposta.

Questione agente: il padre Antonio è anche un po’ agente. Rafa è legato a Ted Dimvula, avvocato francese, con una procura in scadenza a febbraio, e deve decidere se rinnovare. Ipotesi ritenuta maggioritaria: no, è logico non farlo. Ipotesi gradita a papà Antonio, molto legato a Dimvula anche in passato: sì. Un altro elemento di tensione, che certo non aiuta Leao a giocare sereno. Anche così si spiega il suo periodo difficile.

CorSera: il ruggito di Leao. Se il gol in rovesciata al Psg ha fatto il giro del mondo, l’esultanza polemica ha avuto lo stesso effetto. Tutti a chiedersi: con chi ce l’aveva? A chi era rivolto quell’indice davanti alla bocca? Chi zittiva? Nessun destinatario preciso, assicura chi gli sta vicino. Tifosi, commentatori, giornalisti, social: tutti e nessuno. O forse, come pensa anche qualche suo compagno, ce l’aveva in realtà con sé stesso: non segnava da quaranta giorni in campionato (23 settembre al Verona) e da oltre un anno in Champions (25 ottobre 2022 a Zagabria), quindi la maledizione iniziava a pesargli maledettamente. I fischi dopo la sconfitta-choc con Udinese lo avevano ferito. Ma la verità è che questa nuova rabbia è anche il segno di una maturità: troppo spesso in passato il portoghese ha dato l’impressione di non essere dentro fino in fondo alle situazioni, sia in campo sia fuori. Se adesso invece si arrabbia, mostrando l’orgoglio, forse è la prova che qualcosa in lui sta cambiando. Una nuova consapevolezza del proprio talento? Una cosa è certa: il tempo sta passando e a 24 anni Leao non può più essere considerato un ragazzino. Se c’è un’età giusta per il definitivo salto di qualità, è questa. E il duello nel duello vinto col coetaneo Kylian Mbappé è la prova del fatto che il portoghese ha forse capito che è arrivato il momento di essere decisivo anche nelle notti che contano. La Champions è il palcoscenico migliore per dimostrare che la maglia numero 10 e i 7 milioni di stipendio non solo non pesano, ma sono meritati. La sua è una doppia sfida, una intrecciata all’altra: migliorare sé stesso per migliorare il Milan. Oggi è il giocatore più pagato, ma può e deve diventare un leader. Segnando di più — 4 reti in 15 gare sono poche — e tra- sformandosi in un vero punto di riferimento per i compagni. Come ha iniziato a fare già nel secondo tempo di martedì, quando ha giocato da difensore aggiunto. Ora l’obiettivo deve essere la continuità. E in questo senso, il ritorno imminente di Ibrahimovic non potrà che essergli d’aiuto. Nei tre anni e mezzo in cui hanno condiviso lo spogliatoio, il loro rapporto è cresciuto giorno dopo giorno. All’inizio, ha svelato lo svedese, Leao non gli dava quasi retta. Poi fra i due si è venuta a creare una sintonia fortissima. Tanto che dopo il clamoroso colpo di tacco sbagliato da Rafa contro il Newcastle, nella prima partita del girone di Champions, Zlatan ha preso le sue difese: «È un genio». Anche in questi mesi, dopo il suo addio al calcio, Ibra ha continuato a sentire Leao. Battute, saluti, consigli preziosi. Ma è chiaro che dal vivo, a Milanello, faccia a faccia, sarà tutta un’altra cosa

Tuttosport in edicola su Leao: con la prestazione da fenomeno di martedì sera, Rafael Leao ha pareggiato i conti con Kylian Mbappé in termini di gol e di vittorie nel girone. Il portoghese ha messo in scena la versione più scintillante del suo repertorio, oltre a una fase difensiva mai vista prima per intensità e dedizione alla causa. È stato lo stesso Stefano Pioli, nel post partita, a porre il focus sulla prova di Leao: «Questo deve essere il suo standard. Può essere un campione, ma dipende solo da lui». Una continuità che ancora non è riuscito ad avere e che, invece, è uno dei tanti punti forza di Mbappé, che martedì sera è stato ingabbiato da Calabria, Tomori e Reijnders e che, quando è riuscito a scappare dalle loro grinfie, ha incrociato Mike Maignan a bagnargli le polveri. Leao ha esultato in maniera rabbiosa, mettendosi il dito davanti a naso e bocca per zittire le critiche che lo hanno colpito nel corso delle ultime settimane. Un gesto liberatorio, perché probabilmente l’essere stato messo in discussione da tutti - stampa e opinionisti - lo ha toccato nel profondo. Una carica in più che gli ha permesso di mettere in campo quella che, a detta di molti, è stata la sua prestazione più completa da quando è arrivato al Milan.

Già sabato a Lecce, in un campo complicato dove il Milan lo scorso campionato rischiò di perdere la partita (2-2 con gol in rimonta di Calabria e proprio Leao), ci sarà una nuova prova di maturità per la squadra e per il suo numero 10, che ha abbagliato tutti e che deve alimentare il sacro fuoco della vittoria per rimettere in carreggiata il Milan anche in campionato dopo la sconfitta, brutta, contro l’Udinese. Essere il più forte, riconosciuto all’unanimità, comporta delle responsabilità che possono portarlo anche a essere il primo bersaglio delle critiche quando non si rispettano gli standard, così come è giusto mettere in risalto quando le prestazioni sono come quelle contro il Paris Saint-Germain.
 

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CorSera: il ruggito di Leao. Se il gol in rovesciata al Psg ha fatto il giro del mondo, l’esultanza polemica ha avuto lo stesso effetto. Tutti a chiedersi: con chi ce l’aveva? A chi era rivolto quell’indice davanti alla bocca? Chi zittiva? Nessun destinatario preciso, assicura chi gli sta vicino. Tifosi, commentatori, giornalisti, social: tutti e nessuno. O forse, come pensa anche qualche suo compagno, ce l’aveva in realtà con sé stesso: non segnava da quaranta giorni in campionato (23 settembre al Verona) e da oltre un anno in Champions (25 ottobre 2022 a Zagabria), quindi la maledizione iniziava a pesargli maledettamente. I fischi dopo la sconfitta-choc con Udinese lo avevano ferito. Ma la verità è che questa nuova rabbia è anche il segno di una maturità: troppo spesso in passato il portoghese ha dato l’impressione di non essere dentro fino in fondo alle situazioni, sia in campo sia fuori. Se adesso invece si arrabbia, mostrando l’orgoglio, forse è la prova che qualcosa in lui sta cambiando. Una nuova consapevolezza del proprio talento? Una cosa è certa: il tempo sta passando e a 24 anni Leao non può più essere considerato un ragazzino. Se c’è un’età giusta per il definitivo salto di qualità, è questa. E il duello nel duello vinto col coetaneo Kylian Mbappé è la prova del fatto che il portoghese ha forse capito che è arrivato il momento di essere decisivo anche nelle notti che contano. La Champions è il palcoscenico migliore per dimostrare che la maglia numero 10 e i 7 milioni di stipendio non solo non pesano, ma sono meritati. La sua è una doppia sfida, una intrecciata all’altra: migliorare sé stesso per migliorare il Milan. Oggi è il giocatore più pagato, ma può e deve diventare un leader. Segnando di più — 4 reti in 15 gare sono poche — e tra- sformandosi in un vero punto di riferimento per i compagni. Come ha iniziato a fare già nel secondo tempo di martedì, quando ha giocato da difensore aggiunto. Ora l’obiettivo deve essere la continuità. E in questo senso, il ritorno imminente di Ibrahimovic non potrà che essergli d’aiuto. Nei tre anni e mezzo in cui hanno condiviso lo spogliatoio, il loro rapporto è cresciuto giorno dopo giorno. All’inizio, ha svelato lo svedese, Leao non gli dava quasi retta. Poi fra i due si è venuta a creare una sintonia fortissima. Tanto che dopo il clamoroso colpo di tacco sbagliato da Rafa contro il Newcastle, nella prima partita del girone di Champions, Zlatan ha preso le sue difese: «È un genio». Anche in questi mesi, dopo il suo addio al calcio, Ibra ha continuato a sentire Leao. Battute, saluti, consigli preziosi. Ma è chiaro che dal vivo, a Milanello, faccia a faccia, sarà tutta un’altra cosa
 
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GDS in edicola: contro il PSG è arrivato il riscatto per Leao. Finito nel mirino, ha rovesciato e critiche e poi si è sfogato nel posto partita. Leao contro il Paris ha giocato semplicemente la miglior partita della sua vita. Meglio di Napoli-Milan? Massì. Meglio del derby di settembre 2022? Massì. Meglio delle grandi partite scudetto? Sissignore. Per questo a fine partita era felicissimo. Rafa nei 90 minuti non era mai stato così continuo, così coinvolto e applicato difensivamente, così deciso nel vincere un duello dopo l’altro. Un alieno collegato a San Siro dallo spazio, interrogato su chi fosse il miglior giocatore del mondo, avrebbe risposto senza pensare: «Il 10 rosso». Non il 7 bianco. E allora, anche Arrigo Sacchi ha speso parole pesanti: «Leao ha piazzato una serie incredibile di scatti e così ha dato coraggio a tutta la squadra». Il padre della patria non critica per ferire. Critica per correggere. Leao martedì è andato in campo con un’idea chiara: dimostrare quanto può essere forte. L’esultanza con il dito sulla bocca si spiega così: è una risposta.

Questione agente: il padre Antonio è anche un po’ agente. Rafa è legato a Ted Dimvula, avvocato francese, con una procura in scadenza a febbraio, e deve decidere se rinnovare. Ipotesi ritenuta maggioritaria: no, è logico non farlo. Ipotesi gradita a papà Antonio, molto legato a Dimvula anche in passato: sì. Un altro elemento di tensione, che certo non aiuta Leao a giocare sereno. Anche così si spiega il suo periodo difficile.

CorSera: il ruggito di Leao. Se il gol in rovesciata al Psg ha fatto il giro del mondo, l’esultanza polemica ha avuto lo stesso effetto. Tutti a chiedersi: con chi ce l’aveva? A chi era rivolto quell’indice davanti alla bocca? Chi zittiva? Nessun destinatario preciso, assicura chi gli sta vicino. Tifosi, commentatori, giornalisti, social: tutti e nessuno. O forse, come pensa anche qualche suo compagno, ce l’aveva in realtà con sé stesso: non segnava da quaranta giorni in campionato (23 settembre al Verona) e da oltre un anno in Champions (25 ottobre 2022 a Zagabria), quindi la maledizione iniziava a pesargli maledettamente. I fischi dopo la sconfitta-choc con Udinese lo avevano ferito. Ma la verità è che questa nuova rabbia è anche il segno di una maturità: troppo spesso in passato il portoghese ha dato l’impressione di non essere dentro fino in fondo alle situazioni, sia in campo sia fuori. Se adesso invece si arrabbia, mostrando l’orgoglio, forse è la prova che qualcosa in lui sta cambiando. Una nuova consapevolezza del proprio talento? Una cosa è certa: il tempo sta passando e a 24 anni Leao non può più essere considerato un ragazzino. Se c’è un’età giusta per il definitivo salto di qualità, è questa. E il duello nel duello vinto col coetaneo Kylian Mbappé è la prova del fatto che il portoghese ha forse capito che è arrivato il momento di essere decisivo anche nelle notti che contano. La Champions è il palcoscenico migliore per dimostrare che la maglia numero 10 e i 7 milioni di stipendio non solo non pesano, ma sono meritati. La sua è una doppia sfida, una intrecciata all’altra: migliorare sé stesso per migliorare il Milan. Oggi è il giocatore più pagato, ma può e deve diventare un leader. Segnando di più — 4 reti in 15 gare sono poche — e tra- sformandosi in un vero punto di riferimento per i compagni. Come ha iniziato a fare già nel secondo tempo di martedì, quando ha giocato da difensore aggiunto. Ora l’obiettivo deve essere la continuità. E in questo senso, il ritorno imminente di Ibrahimovic non potrà che essergli d’aiuto. Nei tre anni e mezzo in cui hanno condiviso lo spogliatoio, il loro rapporto è cresciuto giorno dopo giorno. All’inizio, ha svelato lo svedese, Leao non gli dava quasi retta. Poi fra i due si è venuta a creare una sintonia fortissima. Tanto che dopo il clamoroso colpo di tacco sbagliato da Rafa contro il Newcastle, nella prima partita del girone di Champions, Zlatan ha preso le sue difese: «È un genio». Anche in questi mesi, dopo il suo addio al calcio, Ibra ha continuato a sentire Leao. Battute, saluti, consigli preziosi. Ma è chiaro che dal vivo, a Milanello, faccia a faccia, sarà tutta un’altra cosa
miglior partita della vita e neanche migliore in campo?
va be dai.
 

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Tuttosport in edicola su Leao: con la prestazione da fenomeno di martedì sera, Rafael Leao ha pareggiato i conti con Kylian Mbappé in termini di gol e di vittorie nel girone. Il portoghese ha messo in scena la versione più scintillante del suo repertorio, oltre a una fase difensiva mai vista prima per intensità e dedizione alla causa. È stato lo stesso Stefano Pioli, nel post partita, a porre il focus sulla prova di Leao: «Questo deve essere il suo standard. Può essere un campione, ma dipende solo da lui». Una continuità che ancora non è riuscito ad avere e che, invece, è uno dei tanti punti forza di Mbappé, che martedì sera è stato ingabbiato da Calabria, Tomori e Reijnders e che, quando è riuscito a scappare dalle loro grinfie, ha incrociato Mike Maignan a bagnargli le polveri. Leao ha esultato in maniera rabbiosa, mettendosi il dito davanti a naso e bocca per zittire le critiche che lo hanno colpito nel corso delle ultime settimane. Un gesto liberatorio, perché probabilmente l’essere stato messo in discussione da tutti - stampa e opinionisti - lo ha toccato nel profondo. Una carica in più che gli ha permesso di mettere in campo quella che, a detta di molti, è stata la sua prestazione più completa da quando è arrivato al Milan.

Già sabato a Lecce, in un campo complicato dove il Milan lo scorso campionato rischiò di perdere la partita (2-2 con gol in rimonta di Calabria e proprio Leao), ci sarà una nuova prova di maturità per la squadra e per il suo numero 10, che ha abbagliato tutti e che deve alimentare il sacro fuoco della vittoria per rimettere in carreggiata il Milan anche in campionato dopo la sconfitta, brutta, contro l’Udinese. Essere il più forte, riconosciuto all’unanimità, comporta delle responsabilità che possono portarlo anche a essere il primo bersaglio delle critiche quando non si rispettano gli standard, così come è giusto mettere in risalto quando le prestazioni sono come quelle contro il Paris Saint-Germain.
 

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Già sabato a Lecce, in un campo complicato dove il Milan lo scorso campionato rischiò di perdere la partita (2-2 con gol in rimonta di Calabria e proprio Leao), ci sarà una nuova prova di maturità per la squadra e per il suo numero 10, che ha abbagliato tutti e che deve alimentare il sacro fuoco della vittoria per rimettere in carreggiata il Milan anche in campionato dopo la sconfitta, brutta, contro l’Udinese. Essere il più forte, riconosciuto all’unanimità, comporta delle responsabilità che possono portarlo anche a essere il primo bersaglio delle critiche quando non si rispettano gli standard, così come è giusto mettere in risalto quando le prestazioni sono come quelle contro il Paris Saint-Germain.
 
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Concordo.
Col Psg ha fatto la sua miglior partita. Forse agevolato anche da un Psg incapace nel difendersi, ho perso il conto di quante volte ci han fatto involare dalla nostra area alla loro.
Ma la cosa migliore, secondo me, è stato l'atteggiamento e i rientri difensivi. Un comportamento da vero uomo squadra. Un giocatore sempre presente, sia in fase offensiva che in quella difensiva.

Temo che l'abbia fatto solo perchè la partita era stra importante, quindi ha fatto lo sforzo psicologico fuori dal comune e già col Lecce tornerà l'indolenza.
 

Swaitak

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Questione agente: il padre Antonio è anche un po’ agente. Rafa è legato a Ted Dimvula, avvocato francese, con una procura in scadenza a febbraio, e deve decidere se rinnovare. Ipotesi ritenuta maggioritaria: no, è logico non farlo. Ipotesi gradita a papà Antonio, molto legato a Dimvula anche in passato: sì. Un altro elemento di tensione, che certo non aiuta Leao a giocare sereno. Anche così si spiega il suo periodo difficile.

CorSera: il ruggito di Leao. Se il gol in rovesciata al Psg ha fatto il giro del mondo, l’esultanza polemica ha avuto lo stesso effetto. Tutti a chiedersi: con chi ce l’aveva? A chi era rivolto quell’indice davanti alla bocca? Chi zittiva? Nessun destinatario preciso, assicura chi gli sta vicino. Tifosi, commentatori, giornalisti, social: tutti e nessuno. O forse, come pensa anche qualche suo compagno, ce l’aveva in realtà con sé stesso: non segnava da quaranta giorni in campionato (23 settembre al Verona) e da oltre un anno in Champions (25 ottobre 2022 a Zagabria), quindi la maledizione iniziava a pesargli maledettamente. I fischi dopo la sconfitta-choc con Udinese lo avevano ferito. Ma la verità è che questa nuova rabbia è anche il segno di una maturità: troppo spesso in passato il portoghese ha dato l’impressione di non essere dentro fino in fondo alle situazioni, sia in campo sia fuori. Se adesso invece si arrabbia, mostrando l’orgoglio, forse è la prova che qualcosa in lui sta cambiando. Una nuova consapevolezza del proprio talento? Una cosa è certa: il tempo sta passando e a 24 anni Leao non può più essere considerato un ragazzino. Se c’è un’età giusta per il definitivo salto di qualità, è questa. E il duello nel duello vinto col coetaneo Kylian Mbappé è la prova del fatto che il portoghese ha forse capito che è arrivato il momento di essere decisivo anche nelle notti che contano. La Champions è il palcoscenico migliore per dimostrare che la maglia numero 10 e i 7 milioni di stipendio non solo non pesano, ma sono meritati. La sua è una doppia sfida, una intrecciata all’altra: migliorare sé stesso per migliorare il Milan. Oggi è il giocatore più pagato, ma può e deve diventare un leader. Segnando di più — 4 reti in 15 gare sono poche — e tra- sformandosi in un vero punto di riferimento per i compagni. Come ha iniziato a fare già nel secondo tempo di martedì, quando ha giocato da difensore aggiunto. Ora l’obiettivo deve essere la continuità. E in questo senso, il ritorno imminente di Ibrahimovic non potrà che essergli d’aiuto. Nei tre anni e mezzo in cui hanno condiviso lo spogliatoio, il loro rapporto è cresciuto giorno dopo giorno. All’inizio, ha svelato lo svedese, Leao non gli dava quasi retta. Poi fra i due si è venuta a creare una sintonia fortissima. Tanto che dopo il clamoroso colpo di tacco sbagliato da Rafa contro il Newcastle, nella prima partita del girone di Champions, Zlatan ha preso le sue difese: «È un genio». Anche in questi mesi, dopo il suo addio al calcio, Ibra ha continuato a sentire Leao. Battute, saluti, consigli preziosi. Ma è chiaro che dal vivo, a Milanello, faccia a faccia, sarà tutta un’altra cosa

Tuttosport in edicola su Leao: con la prestazione da fenomeno di martedì sera, Rafael Leao ha pareggiato i conti con Kylian Mbappé in termini di gol e di vittorie nel girone. Il portoghese ha messo in scena la versione più scintillante del suo repertorio, oltre a una fase difensiva mai vista prima per intensità e dedizione alla causa. È stato lo stesso Stefano Pioli, nel post partita, a porre il focus sulla prova di Leao: «Questo deve essere il suo standard. Può essere un campione, ma dipende solo da lui». Una continuità che ancora non è riuscito ad avere e che, invece, è uno dei tanti punti forza di Mbappé, che martedì sera è stato ingabbiato da Calabria, Tomori e Reijnders e che, quando è riuscito a scappare dalle loro grinfie, ha incrociato Mike Maignan a bagnargli le polveri. Leao ha esultato in maniera rabbiosa, mettendosi il dito davanti a naso e bocca per zittire le critiche che lo hanno colpito nel corso delle ultime settimane. Un gesto liberatorio, perché probabilmente l’essere stato messo in discussione da tutti - stampa e opinionisti - lo ha toccato nel profondo. Una carica in più che gli ha permesso di mettere in campo quella che, a detta di molti, è stata la sua prestazione più completa da quando è arrivato al Milan.

Già sabato a Lecce, in un campo complicato dove il Milan lo scorso campionato rischiò di perdere la partita (2-2 con gol in rimonta di Calabria e proprio Leao), ci sarà una nuova prova di maturità per la squadra e per il suo numero 10, che ha abbagliato tutti e che deve alimentare il sacro fuoco della vittoria per rimettere in carreggiata il Milan anche in campionato dopo la sconfitta, brutta, contro l’Udinese. Essere il più forte, riconosciuto all’unanimità, comporta delle responsabilità che possono portarlo anche a essere il primo bersaglio delle critiche quando non si rispettano gli standard, così come è giusto mettere in risalto quando le prestazioni sono come quelle contro il Paris Saint-Germain.
Ha battuto Mbappè, adesso sono pari, possiamo fare uno scambio :troll:
 
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Per chi sa giocare a calcio, e leao sa, queste sono mentalmente le partite più facili da giocare.
E' milan udinese quella difficile da giocare.

Ad ogni modo, leao è una risorsa e mai un problema, le colpe non sono sue.
 

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La paura fa correre tanto. Per Leao il suo "Tu Sai Chi" sta per rientrare in società :frusta:
 

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Questione agente: il padre Antonio è anche un po’ agente. Rafa è legato a Ted Dimvula, avvocato francese, con una procura in scadenza a febbraio, e deve decidere se rinnovare. Ipotesi ritenuta maggioritaria: no, è logico non farlo. Ipotesi gradita a papà Antonio, molto legato a Dimvula anche in passato: sì. Un altro elemento di tensione, che certo non aiuta Leao a giocare sereno. Anche così si spiega il suo periodo difficile.

CorSera: il ruggito di Leao. Se il gol in rovesciata al Psg ha fatto il giro del mondo, l’esultanza polemica ha avuto lo stesso effetto. Tutti a chiedersi: con chi ce l’aveva? A chi era rivolto quell’indice davanti alla bocca? Chi zittiva? Nessun destinatario preciso, assicura chi gli sta vicino. Tifosi, commentatori, giornalisti, social: tutti e nessuno. O forse, come pensa anche qualche suo compagno, ce l’aveva in realtà con sé stesso: non segnava da quaranta giorni in campionato (23 settembre al Verona) e da oltre un anno in Champions (25 ottobre 2022 a Zagabria), quindi la maledizione iniziava a pesargli maledettamente. I fischi dopo la sconfitta-choc con Udinese lo avevano ferito. Ma la verità è che questa nuova rabbia è anche il segno di una maturità: troppo spesso in passato il portoghese ha dato l’impressione di non essere dentro fino in fondo alle situazioni, sia in campo sia fuori. Se adesso invece si arrabbia, mostrando l’orgoglio, forse è la prova che qualcosa in lui sta cambiando. Una nuova consapevolezza del proprio talento? Una cosa è certa: il tempo sta passando e a 24 anni Leao non può più essere considerato un ragazzino. Se c’è un’età giusta per il definitivo salto di qualità, è questa. E il duello nel duello vinto col coetaneo Kylian Mbappé è la prova del fatto che il portoghese ha forse capito che è arrivato il momento di essere decisivo anche nelle notti che contano. La Champions è il palcoscenico migliore per dimostrare che la maglia numero 10 e i 7 milioni di stipendio non solo non pesano, ma sono meritati. La sua è una doppia sfida, una intrecciata all’altra: migliorare sé stesso per migliorare il Milan. Oggi è il giocatore più pagato, ma può e deve diventare un leader. Segnando di più — 4 reti in 15 gare sono poche — e tra- sformandosi in un vero punto di riferimento per i compagni. Come ha iniziato a fare già nel secondo tempo di martedì, quando ha giocato da difensore aggiunto. Ora l’obiettivo deve essere la continuità. E in questo senso, il ritorno imminente di Ibrahimovic non potrà che essergli d’aiuto. Nei tre anni e mezzo in cui hanno condiviso lo spogliatoio, il loro rapporto è cresciuto giorno dopo giorno. All’inizio, ha svelato lo svedese, Leao non gli dava quasi retta. Poi fra i due si è venuta a creare una sintonia fortissima. Tanto che dopo il clamoroso colpo di tacco sbagliato da Rafa contro il Newcastle, nella prima partita del girone di Champions, Zlatan ha preso le sue difese: «È un genio». Anche in questi mesi, dopo il suo addio al calcio, Ibra ha continuato a sentire Leao. Battute, saluti, consigli preziosi. Ma è chiaro che dal vivo, a Milanello, faccia a faccia, sarà tutta un’altra cosa

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Già sabato a Lecce, in un campo complicato dove il Milan lo scorso campionato rischiò di perdere la partita (2-2 con gol in rimonta di Calabria e proprio Leao), ci sarà una nuova prova di maturità per la squadra e per il suo numero 10, che ha abbagliato tutti e che deve alimentare il sacro fuoco della vittoria per rimettere in carreggiata il Milan anche in campionato dopo la sconfitta, brutta, contro l’Udinese. Essere il più forte, riconosciuto all’unanimità, comporta delle responsabilità che possono portarlo anche a essere il primo bersaglio delle critiche quando non si rispettano gli standard, così come è giusto mettere in risalto quando le prestazioni sono come quelle contro il Paris Saint-Germain.
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