Milan: più spendi meno segni. Attacco senza mira.

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Come riportato dalla GDS in edicola, il Milan più spende e meno segna. Leao è spento da un mese. Giroud è stanco ma non ha cambi. Pure Pulisic fatica. Le alternative deludono. Se i titolari non svoltano sono guai. Il Milan non concretizza quanto crea. Per Napoli dovrebbe tornare Okafor. Un'alternativa in più davanti. Pioli ci conta. Anche Jovic potrebbe farcela ma fino ad ora si è rivelato un flop. La domanda è attuale. Può essere lui il primo cambio di Giroud o a gennaio assalto a David?

CorSera: Milan, gol fantasma. Per darsi coraggio, il Milan dovrà innanzi tutto provare a fidarsi di Luis Enrique: «Nel gruppo della morte — ha sentenziato il tecnico asturiano nella notte parigina di mercoledì, poco prima che il buio avvolgesse il Parco dei Principi — saremo tutti in gioco fino alla fine». Strategia? Possibile. Intanto però a Pioli e ai suoi conviene credergli: altro non si può fare. Il Diavolo è già spalle al muro. E i cattivi pensieri derivano non solo dalla classifica del girone F, effettivamente ancora aperta nonostante l’ultimo posto, quanto dalla disastrosa prestazione dei rossoneri a Parigi: giocando cosi è già finita, altro che qualificazione agli ottavi. Male dietro, male in mezzo, male davanti. Zero gol in tre partite di coppa sono una statistica impietosa, che aiuta però a inquadrare la questione: il Diavolo non segna mai. La media è passata dai quasi tre gol a partita d’inizio stagione al clamoroso 0,25 delle ultime quattro. Leao è lo specchio di questa profonda crisi offensiva: estro, dribbling, talento, velocità, ma alla fine nelle grandi notti non fa mai differenza. Il confronto con Mbappé è stato lampante. Rafa non la butta dentro da un mese: una vita. E il 37enne Giroud non gli sta dando una mano: due mesi senza gol su azione. Così è dura. Anzi: così è impossibile. Per agguantare gli ottavi e i 20 milioni di euro che derivano dal passaggio del turno ora non si può più fallire: servirà provare a vincere col Psg a San Siro il 7 novembre e poi fare altrettanto anche con Dortmund e a Newcastle. Missione complicatissima, ma non impossibile. A patto che il Diavolo torni a fare il Diavolo. Due riflessioni. La prima è che per avere una chance serve una svolta. Mentale, ma anche tattica. Pioli, non esente da responsabilità a Parigi, deve trovare al più presto un correttivo al principale problema di questa fase della sua gestione: contro le big non c’è mai storia. Inter, Juventus, Psg: quando il livello si alza, il Milan crolla senza combattere, sbagliando impostazione, impaurendosi. C’è un limite caratteriale, è evidente: una volta in svantaggio, è come se il Diavolo s’arrendesse. Uno come Theo Hernandez a 26 anni dovrebbe essere un leader, invece scompare. La difesa troppo alta, specie con due centrali non rapidissimi come Thiaw e Tomori, è un invito a nozze per chi ha attaccanti letali nel contropiede. Ecco perché domenica a Napoli, nel terzo scontro diretto in sette giorni, sarà un vero e proprio crash test. Non perdere, mettendo un freno all’emorragia, sarebbe già un primo passo. L’altra considerazione è di natura ambientale. Il botta e risposta fra Calabria e Pioli («Il problema è sia psicologico sia tattico, chi non ci crede può stare a casa»; «Ha sbagliato») ha sollevato un polverone e bene ha fatto il capitano a chiarirsi con l’allenatore già in aeroporto, spiegando che il suo non era un attacco bensì un modo per motivare il gruppo. Meglio così: di tutto ha bisogno in questo momento il Diavolo, tranne che di uno spogliatoio spaccato. Una cosa è certa: un dirigente carismatico alla Ibrahimovic, in questo senso, farebbe un gran comodo.
 

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CorSera: Milan, gol fantasma. Per darsi coraggio, il Milan dovrà innanzi tutto provare a fidarsi di Luis Enrique: «Nel gruppo della morte — ha sentenziato il tecnico asturiano nella notte parigina di mercoledì, poco prima che il buio avvolgesse il Parco dei Principi — saremo tutti in gioco fino alla fine». Strategia? Possibile. Intanto però a Pioli e ai suoi conviene credergli: altro non si può fare. Il Diavolo è già spalle al muro. E i cattivi pensieri derivano non solo dalla classifica del girone F, effettivamente ancora aperta nonostante l’ultimo posto, quanto dalla disastrosa prestazione dei rossoneri a Parigi: giocando cosi è già finita, altro che qualificazione agli ottavi. Male dietro, male in mezzo, male davanti. Zero gol in tre partite di coppa sono una statistica impietosa, che aiuta però a inquadrare la questione: il Diavolo non segna mai. La media è passata dai quasi tre gol a partita d’inizio stagione al clamoroso 0,25 delle ultime quattro. Leao è lo specchio di questa profonda crisi offensiva: estro, dribbling, talento, velocità, ma alla fine nelle grandi notti non fa mai differenza. Il confronto con Mbappé è stato lampante. Rafa non la butta dentro da un mese: una vita. E il 37enne Giroud non gli sta dando una mano: due mesi senza gol su azione. Così è dura. Anzi: così è impossibile. Per agguantare gli ottavi e i 20 milioni di euro che derivano dal passaggio del turno ora non si può più fallire: servirà provare a vincere col Psg a San Siro il 7 novembre e poi fare altrettanto anche con Dortmund e a Newcastle. Missione complicatissima, ma non impossibile. A patto che il Diavolo torni a fare il Diavolo. Due riflessioni. La prima è che per avere una chance serve una svolta. Mentale, ma anche tattica. Pioli, non esente da responsabilità a Parigi, deve trovare al più presto un correttivo al principale problema di questa fase della sua gestione: contro le big non c’è mai storia. Inter, Juventus, Psg: quando il livello si alza, il Milan crolla senza combattere, sbagliando impostazione, impaurendosi. C’è un limite caratteriale, è evidente: una volta in svantaggio, è come se il Diavolo s’arrendesse. Uno come Theo Hernandez a 26 anni dovrebbe essere un leader, invece scompare. La difesa troppo alta, specie con due centrali non rapidissimi come Thiaw e Tomori, è un invito a nozze per chi ha attaccanti letali nel contropiede. Ecco perché domenica a Napoli, nel terzo scontro diretto in sette giorni, sarà un vero e proprio crash test. Non perdere, mettendo un freno all’emorragia, sarebbe già un primo passo. L’altra considerazione è di natura ambientale. Il botta e risposta fra Calabria e Pioli («Il problema è sia psicologico sia tattico, chi non ci crede può stare a casa»; «Ha sbagliato») ha sollevato un polverone e bene ha fatto il capitano a chiarirsi con l’allenatore già in aeroporto, spiegando che il suo non era un attacco bensì un modo per motivare il gruppo. Meglio così: di tutto ha bisogno in questo momento il Diavolo, tranne che di uno spogliatoio spaccato. Una cosa è certa: un dirigente carismatico alla Ibrahimovic, in questo senso, farebbe un gran comodo.
 

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CorSera: Milan, gol fantasma. Per darsi coraggio, il Milan dovrà innanzi tutto provare a fidarsi di Luis Enrique: «Nel gruppo della morte — ha sentenziato il tecnico asturiano nella notte parigina di mercoledì, poco prima che il buio avvolgesse il Parco dei Principi — saremo tutti in gioco fino alla fine». Strategia? Possibile. Intanto però a Pioli e ai suoi conviene credergli: altro non si può fare. Il Diavolo è già spalle al muro. E i cattivi pensieri derivano non solo dalla classifica del girone F, effettivamente ancora aperta nonostante l’ultimo posto, quanto dalla disastrosa prestazione dei rossoneri a Parigi: giocando cosi è già finita, altro che qualificazione agli ottavi. Male dietro, male in mezzo, male davanti. Zero gol in tre partite di coppa sono una statistica impietosa, che aiuta però a inquadrare la questione: il Diavolo non segna mai. La media è passata dai quasi tre gol a partita d’inizio stagione al clamoroso 0,25 delle ultime quattro. Leao è lo specchio di questa profonda crisi offensiva: estro, dribbling, talento, velocità, ma alla fine nelle grandi notti non fa mai differenza. Il confronto con Mbappé è stato lampante. Rafa non la butta dentro da un mese: una vita. E il 37enne Giroud non gli sta dando una mano: due mesi senza gol su azione. Così è dura. Anzi: così è impossibile. Per agguantare gli ottavi e i 20 milioni di euro che derivano dal passaggio del turno ora non si può più fallire: servirà provare a vincere col Psg a San Siro il 7 novembre e poi fare altrettanto anche con Dortmund e a Newcastle. Missione complicatissima, ma non impossibile. A patto che il Diavolo torni a fare il Diavolo. Due riflessioni. La prima è che per avere una chance serve una svolta. Mentale, ma anche tattica. Pioli, non esente da responsabilità a Parigi, deve trovare al più presto un correttivo al principale problema di questa fase della sua gestione: contro le big non c’è mai storia. Inter, Juventus, Psg: quando il livello si alza, il Milan crolla senza combattere, sbagliando impostazione, impaurendosi. C’è un limite caratteriale, è evidente: una volta in svantaggio, è come se il Diavolo s’arrendesse. Uno come Theo Hernandez a 26 anni dovrebbe essere un leader, invece scompare. La difesa troppo alta, specie con due centrali non rapidissimi come Thiaw e Tomori, è un invito a nozze per chi ha attaccanti letali nel contropiede. Ecco perché domenica a Napoli, nel terzo scontro diretto in sette giorni, sarà un vero e proprio crash test. Non perdere, mettendo un freno all’emorragia, sarebbe già un primo passo. L’altra considerazione è di natura ambientale. Il botta e risposta fra Calabria e Pioli («Il problema è sia psicologico sia tattico, chi non ci crede può stare a casa»; «Ha sbagliato») ha sollevato un polverone e bene ha fatto il capitano a chiarirsi con l’allenatore già in aeroporto, spiegando che il suo non era un attacco bensì un modo per motivare il gruppo. Meglio così: di tutto ha bisogno in questo momento il Diavolo, tranne che di uno spogliatoio spaccato. Una cosa è certa: un dirigente carismatico alla Ibrahimovic, in questo senso, farebbe un gran comodo.
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Come riportato dalla GDS in edicola, il Milan più spende e meno segna. Leao è spento da un mese. Giroud è stanco ma non ha cambi. Pure Pulisic fatica. Le alternative deludono. Se i titolari non svoltano sono guai. Il Milan non concretizza quanto crea. Per Napoli dovrebbe tornare Okafor. Un'alternativa in più davanti. Pioli ci conta. Anche Jovic potrebbe farcela ma fino ad ora si è rivelato un flop. La domanda è attuale. Può essere lui il primo cambio di Giroud o a gennaio assalto a David?

CorSera: Milan, gol fantasma. Per darsi coraggio, il Milan dovrà innanzi tutto provare a fidarsi di Luis Enrique: «Nel gruppo della morte — ha sentenziato il tecnico asturiano nella notte parigina di mercoledì, poco prima che il buio avvolgesse il Parco dei Principi — saremo tutti in gioco fino alla fine». Strategia? Possibile. Intanto però a Pioli e ai suoi conviene credergli: altro non si può fare. Il Diavolo è già spalle al muro. E i cattivi pensieri derivano non solo dalla classifica del girone F, effettivamente ancora aperta nonostante l’ultimo posto, quanto dalla disastrosa prestazione dei rossoneri a Parigi: giocando cosi è già finita, altro che qualificazione agli ottavi. Male dietro, male in mezzo, male davanti. Zero gol in tre partite di coppa sono una statistica impietosa, che aiuta però a inquadrare la questione: il Diavolo non segna mai. La media è passata dai quasi tre gol a partita d’inizio stagione al clamoroso 0,25 delle ultime quattro. Leao è lo specchio di questa profonda crisi offensiva: estro, dribbling, talento, velocità, ma alla fine nelle grandi notti non fa mai differenza. Il confronto con Mbappé è stato lampante. Rafa non la butta dentro da un mese: una vita. E il 37enne Giroud non gli sta dando una mano: due mesi senza gol su azione. Così è dura. Anzi: così è impossibile. Per agguantare gli ottavi e i 20 milioni di euro che derivano dal passaggio del turno ora non si può più fallire: servirà provare a vincere col Psg a San Siro il 7 novembre e poi fare altrettanto anche con Dortmund e a Newcastle. Missione complicatissima, ma non impossibile. A patto che il Diavolo torni a fare il Diavolo. Due riflessioni. La prima è che per avere una chance serve una svolta. Mentale, ma anche tattica. Pioli, non esente da responsabilità a Parigi, deve trovare al più presto un correttivo al principale problema di questa fase della sua gestione: contro le big non c’è mai storia. Inter, Juventus, Psg: quando il livello si alza, il Milan crolla senza combattere, sbagliando impostazione, impaurendosi. C’è un limite caratteriale, è evidente: una volta in svantaggio, è come se il Diavolo s’arrendesse. Uno come Theo Hernandez a 26 anni dovrebbe essere un leader, invece scompare. La difesa troppo alta, specie con due centrali non rapidissimi come Thiaw e Tomori, è un invito a nozze per chi ha attaccanti letali nel contropiede. Ecco perché domenica a Napoli, nel terzo scontro diretto in sette giorni, sarà un vero e proprio crash test. Non perdere, mettendo un freno all’emorragia, sarebbe già un primo passo. L’altra considerazione è di natura ambientale. Il botta e risposta fra Calabria e Pioli («Il problema è sia psicologico sia tattico, chi non ci crede può stare a casa»; «Ha sbagliato») ha sollevato un polverone e bene ha fatto il capitano a chiarirsi con l’allenatore già in aeroporto, spiegando che il suo non era un attacco bensì un modo per motivare il gruppo. Meglio così: di tutto ha bisogno in questo momento il Diavolo, tranne che di uno spogliatoio spaccato. Una cosa è certa: un dirigente carismatico alla Ibrahimovic, in questo senso, farebbe un gran comodo. e

Boh fino a non più di 5 giorni fa eravamo in testa alla classifica da soli e potevamo vincere -letteralmente- 7 a 0 contro il Newcastle della blasonata Premier e vincere comodi contro il temutissimo spauracchio europeo (a detta di tutti gli addetti ai lavori) Dortmund a casa loro.
Sto articolo scritto 5 giorni(non 30) avrebbe fatto ridere...
Con questo non voglio difendere Pioli e il suo gioco osceno e le sue scelte spesso assurde né il mancato acquisto di un attaccante però sto articolo andava scritto una settimana fa se uno ci credeva davvero. Però i fatti fino ad una settimana fa dicevano altro...
Questo per dire che, al momento, si può vedere il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto.
 

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