Milan: gli errori di Pioli e Leao punto interrogativo.

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Tuttosport in edicola sugli errori di Pioli (e non solo) e su Leao che è diventato punto interroggativo



Tutti sotto esame. In casa Milan non è tempo di processi sommari e righe da tirare, ma è evidente che gli ultimi quattro risultati - un pareggio e tre sconfitte (dal 2012, con Allegri in panchina, la squadra rossonera non perdeva due gare di fila in casa senza segnare); 2 gol fatti e 7 subiti - abbiano fatto precipitare la squadra nella prima vera crisi stagionale. Probabilmente sarebbe stata utilissima la sosta, per respirare, capire a fondo i problemi e come risolverli. Invece, fra meno di 48 ore, il Milan ospiterà il Psg in quella che potrebbe essere la gara bivio del percorso in Champions di questa stagione. Il Diavolo ha solo due punti ed è ultimo nel girone, per sperare negli ottavi serviranno solamente i tre punti e le premesse per raggiungerli, dopo il rotondo 0-3 di Parigi e il ko interno di sabato sera con l’Udinese, sono tutt’altro che incoraggianti. Sabato, poi, andrà in casa di un Lecce che corre e gioca.


TECNICO E STAFF
Come detto, dopo i sonanti fischi di San Siro sabato sera, tutti ora hanno i fari puntati addosso, a partire ovviamente da Stefano Pioli. Il tecnico ha la piena fiducia della società e in passato ha già saputo ribaltare pronostici avversi, ma è evidente che pure lui abbia delle responsabilità (e se le è assunte dopo l’Udinese). Ieri il tecnico, con il suo staff, si è confrontato con la squadra, sono stati visti i video della partita e analizzato cosa non ha funzionato, praticamente tutto. Il bel Milan di agosto sembra essersi smarrito nel derby. È vero che la squadra poi ha reagito, ma i risultati non sono andati di pari passo con le prestazioni; la manovra fluida, rapida, europea che si era vista nelle prime tre giornate, è evaporata, come se quel 5-1 avesse fatto crollare le certezze costruite in estate. Complici i tanti infortuni - un capo d’accusa che Pioli dribbla spesso, ma che non può non far riflettere sul lavoro atletico del suo staff -, l'allenatore a volte ha abbandonato il 4-3-3 per cercare soluzioni tattiche alternative che hanno però aumentato la confusione. Il Milan la stagione scorsa nelle prime undici giornate di campionato e tre di Champions, aveva segnato ben 28 reti con 13 marcatori differenti; quest’anno è fermo a 18 con 7 giocatori. Se le mosse “fantasiose” sono un plus quando le cose girano, al contrario possono risultare un boomerang (vedi le due punte con i friulani). In momenti del genere, rimanere sul sistema su cui si è lavorato durante la preparazione, potrebbe aiutare.

GIOCATORI
Chiaramente non può essere solo colpa di Pioli. In campo vanno i giocatori e in tanti, a partire da alcuni senatori come Theo Hernandez e Leao, non stanno rendendo. Altri, molti dei nuovi, non stanno mostrando il carattere giusto per giocare nel Milan, per sapersi confrontare con determinate pressioni che una maglia e una piazza del genere comportano. Serve una crescita generale.
IBRAHIMOVIC
E chissà che non serva come nel 2020 un aiuto esterno. Allora fu determinante l’acquisto di Ibrahimovic e lo svedese potrebbe tornare ancora utile. Cardinale, atteso fra oggi o domattina a Milano, vuole riportare Ibra nel club, con un ruolo di raccordo fra squadra e società. Zlatan non è contrario, ma non vuole essere una figurina. Pioli non è contrario al suo ritorno: certo, Ibra è ingombrante, ma se il suo apporto aiutasse a far crescere il gruppo...

SOCIETà
Gruppo costruito da una dirigenza che ha bocciato il mercato 2022 di Maldini e Massara, cacciandoli. Ma il mercato 2023 come sta andando sul campo? Finora, esclusi Sportiello (preso da Maldini) e Pulisic, non benissimo, fra rendimenti insufficienti (Jovic e Romero), infortuni (Chukwueze e Loftus-Cheek, più Pellegrino) e prestazioni altalenanti (Okafor, Musah e Reijnders, quest'ultimo sfiancato da minuti disputati e cambi di ruolo). Mancano un centravanti alternativo a Giroud - come stride la doppietta di Colombo col Monza rispetto allo Jovic "ammirato" con l'Udinese - e un vero regista da Milan: Krunic e Adli non sembrano titolari all'altezza di una squadra con lo scudetto come obiettivo.


LEAO Un capitolo a parte della crisi rossonera lo merita Rafael Leao, l’uomo a cui il Milan ha deciso di affidare la propria immagine la scorsa estate; colui che - per qualità e status generale - a 24 anni e alla quinta stagione a Milano dovrebbe prendere per mano i compagni nel momento di difficoltà e aiutarli a trovare la retta via. Pioli e Ibrahimovic con Leao hanno fatto un grande lavoro negli anni scorsi: il portoghese è passato dall’essere un ragazzo di talento, ma discontinuo, a punto fermo ed elemento in grado, con le sue giocate, di indirizzare lo scudetto 2021-22.

Adesso però il Milan ha bisogno di più, chiede di più e deve avere di più, anche perché con Leao la società ha fatto un lavoro importantissimo. Rafa era in scadenza di contratto nel 2025 e, senza il rinnovo, questa stagione sarebbe stata un probabile bagno di sangue a livello mediatico, in attesa di arrivare a giugno. Invece a fine stagione scorsa il club ha prolungato fino al 2028, gli ha triplicato l’ingaggio, arrivato con i bonus a 7 milioni e, soprattutto, ha chiuso per conto suo la controversia legale con lo Sporting che da anni lo tormentava, versando al Lille 20 milioni che i francesi gireranno poi al club portoghese.
In più gli ha consegnato la simbolica maglia numero 10, quella che fu - per dirne alcuni - di Rivera, Gullit, Savicevic e Seedorf. Il Milan alla quinta stagione non può più permettersi un Leao discontinuo e ciondolante per il campo. Tolti alcuni lampi, anche con l’Udinese il portoghese ha mostrato il peggior lato di sé. È vero che con alcuni strappi ha portato due giocatori friulani a spendere un’ammonizione per fermarlo e ha creato un paio di occasioni, ma tutto ciò non può bastare, anche perché Pioli - al di là degli errori d’impostazione della gara - ha puntato molto della fase offensiva sulle accelerazioni e sulle iniziative del portoghese, che dovrà imparare pure a convivere con i raddoppi degli avversari e a trovare delle contromisure al semplice dribbling in velocità. Invece Leao, oltre a non segnare dal 23 settembre (Milan-Verona 1-0), sta mancando pure negli assist: gli ultimi due risalgano alla gara con la Lazio, 30 settembre. Il mese di ottobre è passato senza acuti e i dati collezionati con l'Udinese sono stati negativi: 11 cross ma, tolto quello nel recupero a Giroud, tutti lenti e leggibili dai difensori; 0 tiri nello specchio e ben 25 palloni persi.
 

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Tutti sotto esame. In casa Milan non è tempo di processi sommari e righe da tirare, ma è evidente che gli ultimi quattro risultati - un pareggio e tre sconfitte (dal 2012, con Allegri in panchina, la squadra rossonera non perdeva due gare di fila in casa senza segnare); 2 gol fatti e 7 subiti - abbiano fatto precipitare la squadra nella prima vera crisi stagionale. Probabilmente sarebbe stata utilissima la sosta, per respirare, capire a fondo i problemi e come risolverli. Invece, fra meno di 48 ore, il Milan ospiterà il Psg in quella che potrebbe essere la gara bivio del percorso in Champions di questa stagione. Il Diavolo ha solo due punti ed è ultimo nel girone, per sperare negli ottavi serviranno solamente i tre punti e le premesse per raggiungerli, dopo il rotondo 0-3 di Parigi e il ko interno di sabato sera con l’Udinese, sono tutt’altro che incoraggianti. Sabato, poi, andrà in casa di un Lecce che corre e gioca.


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Come detto, dopo i sonanti fischi di San Siro sabato sera, tutti ora hanno i fari puntati addosso, a partire ovviamente da Stefano Pioli. Il tecnico ha la piena fiducia della società e in passato ha già saputo ribaltare pronostici avversi, ma è evidente che pure lui abbia delle responsabilità (e se le è assunte dopo l’Udinese). Ieri il tecnico, con il suo staff, si è confrontato con la squadra, sono stati visti i video della partita e analizzato cosa non ha funzionato, praticamente tutto. Il bel Milan di agosto sembra essersi smarrito nel derby. È vero che la squadra poi ha reagito, ma i risultati non sono andati di pari passo con le prestazioni; la manovra fluida, rapida, europea che si era vista nelle prime tre giornate, è evaporata, come se quel 5-1 avesse fatto crollare le certezze costruite in estate. Complici i tanti infortuni - un capo d’accusa che Pioli dribbla spesso, ma che non può non far riflettere sul lavoro atletico del suo staff -, l'allenatore a volte ha abbandonato il 4-3-3 per cercare soluzioni tattiche alternative che hanno però aumentato la confusione. Il Milan la stagione scorsa nelle prime undici giornate di campionato e tre di Champions, aveva segnato ben 28 reti con 13 marcatori differenti; quest’anno è fermo a 18 con 7 giocatori. Se le mosse “fantasiose” sono un plus quando le cose girano, al contrario possono risultare un boomerang (vedi le due punte con i friulani). In momenti del genere, rimanere sul sistema su cui si è lavorato durante la preparazione, potrebbe aiutare.

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Chiaramente non può essere solo colpa di Pioli. In campo vanno i giocatori e in tanti, a partire da alcuni senatori come Theo Hernandez e Leao, non stanno rendendo. Altri, molti dei nuovi, non stanno mostrando il carattere giusto per giocare nel Milan, per sapersi confrontare con determinate pressioni che una maglia e una piazza del genere comportano. Serve una crescita generale.
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E chissà che non serva come nel 2020 un aiuto esterno. Allora fu determinante l’acquisto di Ibrahimovic e lo svedese potrebbe tornare ancora utile. Cardinale, atteso fra oggi o domattina a Milano, vuole riportare Ibra nel club, con un ruolo di raccordo fra squadra e società. Zlatan non è contrario, ma non vuole essere una figurina. Pioli non è contrario al suo ritorno: certo, Ibra è ingombrante, ma se il suo apporto aiutasse a far crescere il gruppo...

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Gruppo costruito da una dirigenza che ha bocciato il mercato 2022 di Maldini e Massara, cacciandoli. Ma il mercato 2023 come sta andando sul campo? Finora, esclusi Sportiello (preso da Maldini) e Pulisic, non benissimo, fra rendimenti insufficienti (Jovic e Romero), infortuni (Chukwueze e Loftus-Cheek, più Pellegrino) e prestazioni altalenanti (Okafor, Musah e Reijnders, quest'ultimo sfiancato da minuti disputati e cambi di ruolo). Mancano un centravanti alternativo a Giroud - come stride la doppietta di Colombo col Monza rispetto allo Jovic "ammirato" con l'Udinese - e un vero regista da Milan: Krunic e Adli non sembrano titolari all'altezza di una squadra con lo scudetto come obiettivo.


LEAO Un capitolo a parte della crisi rossonera lo merita Rafael Leao, l’uomo a cui il Milan ha deciso di affidare la propria immagine la scorsa estate; colui che - per qualità e status generale - a 24 anni e alla quinta stagione a Milano dovrebbe prendere per mano i compagni nel momento di difficoltà e aiutarli a trovare la retta via. Pioli e Ibrahimovic con Leao hanno fatto un grande lavoro negli anni scorsi: il portoghese è passato dall’essere un ragazzo di talento, ma discontinuo, a punto fermo ed elemento in grado, con le sue giocate, di indirizzare lo scudetto 2021-22.

Adesso però il Milan ha bisogno di più, chiede di più e deve avere di più, anche perché con Leao la società ha fatto un lavoro importantissimo. Rafa era in scadenza di contratto nel 2025 e, senza il rinnovo, questa stagione sarebbe stata un probabile bagno di sangue a livello mediatico, in attesa di arrivare a giugno. Invece a fine stagione scorsa il club ha prolungato fino al 2028, gli ha triplicato l’ingaggio, arrivato con i bonus a 7 milioni e, soprattutto, ha chiuso per conto suo la controversia legale con lo Sporting che da anni lo tormentava, versando al Lille 20 milioni che i francesi gireranno poi al club portoghese.
In più gli ha consegnato la simbolica maglia numero 10, quella che fu - per dirne alcuni - di Rivera, Gullit, Savicevic e Seedorf. Il Milan alla quinta stagione non può più permettersi un Leao discontinuo e ciondolante per il campo. Tolti alcuni lampi, anche con l’Udinese il portoghese ha mostrato il peggior lato di sé. È vero che con alcuni strappi ha portato due giocatori friulani a spendere un’ammonizione per fermarlo e ha creato un paio di occasioni, ma tutto ciò non può bastare, anche perché Pioli - al di là degli errori d’impostazione della gara - ha puntato molto della fase offensiva sulle accelerazioni e sulle iniziative del portoghese, che dovrà imparare pure a convivere con i raddoppi degli avversari e a trovare delle contromisure al semplice dribbling in velocità. Invece Leao, oltre a non segnare dal 23 settembre (Milan-Verona 1-0), sta mancando pure negli assist: gli ultimi due risalgano alla gara con la Lazio, 30 settembre. Il mese di ottobre è passato senza acuti e i dati collezionati con l'Udinese sono stati negativi: 11 cross ma, tolto quello nel recupero a Giroud, tutti lenti e leggibili dai difensori; 0 tiri nello specchio e ben 25 palloni persi.
Ora direi che si possa dire che facciamo schifo senza essere accusati di "malafede".

Purtroppo i nodi vengono al pettine, semplicemente.

E come penso da inizio estate, il futuro puo essere molto peggio di cosi, siamo solo all'inizio. Quando lasci le cose in mano a cialtroni e incompetenti prima o poi vanno a picco. Vale in tutti gli ambiti incluso il calcio.

Finora ci hanno salvato l'entusiasmo dei nuovi (ormai quasi scomparso), la vena di qualche campione che abbiamo (finche non si scoccia di tirare la carretta) e l'unione dell'ambiente (leggasi veline), ma siamo appesi ad un filo secondo me.
 
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Come detto, dopo i sonanti fischi di San Siro sabato sera, tutti ora hanno i fari puntati addosso, a partire ovviamente da Stefano Pioli. Il tecnico ha la piena fiducia della società e in passato ha già saputo ribaltare pronostici avversi, ma è evidente che pure lui abbia delle responsabilità (e se le è assunte dopo l’Udinese). Ieri il tecnico, con il suo staff, si è confrontato con la squadra, sono stati visti i video della partita e analizzato cosa non ha funzionato, praticamente tutto. Il bel Milan di agosto sembra essersi smarrito nel derby. È vero che la squadra poi ha reagito, ma i risultati non sono andati di pari passo con le prestazioni; la manovra fluida, rapida, europea che si era vista nelle prime tre giornate, è evaporata, come se quel 5-1 avesse fatto crollare le certezze costruite in estate. Complici i tanti infortuni - un capo d’accusa che Pioli dribbla spesso, ma che non può non far riflettere sul lavoro atletico del suo staff -, l'allenatore a volte ha abbandonato il 4-3-3 per cercare soluzioni tattiche alternative che hanno però aumentato la confusione. Il Milan la stagione scorsa nelle prime undici giornate di campionato e tre di Champions, aveva segnato ben 28 reti con 13 marcatori differenti; quest’anno è fermo a 18 con 7 giocatori. Se le mosse “fantasiose” sono un plus quando le cose girano, al contrario possono risultare un boomerang (vedi le due punte con i friulani). In momenti del genere, rimanere sul sistema su cui si è lavorato durante la preparazione, potrebbe aiutare.

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Chiaramente non può essere solo colpa di Pioli. In campo vanno i giocatori e in tanti, a partire da alcuni senatori come Theo Hernandez e Leao, non stanno rendendo. Altri, molti dei nuovi, non stanno mostrando il carattere giusto per giocare nel Milan, per sapersi confrontare con determinate pressioni che una maglia e una piazza del genere comportano. Serve una crescita generale.
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E chissà che non serva come nel 2020 un aiuto esterno. Allora fu determinante l’acquisto di Ibrahimovic e lo svedese potrebbe tornare ancora utile. Cardinale, atteso fra oggi o domattina a Milano, vuole riportare Ibra nel club, con un ruolo di raccordo fra squadra e società. Zlatan non è contrario, ma non vuole essere una figurina. Pioli non è contrario al suo ritorno: certo, Ibra è ingombrante, ma se il suo apporto aiutasse a far crescere il gruppo...

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Gruppo costruito da una dirigenza che ha bocciato il mercato 2022 di Maldini e Massara, cacciandoli. Ma il mercato 2023 come sta andando sul campo? Finora, esclusi Sportiello (preso da Maldini) e Pulisic, non benissimo, fra rendimenti insufficienti (Jovic e Romero), infortuni (Chukwueze e Loftus-Cheek, più Pellegrino) e prestazioni altalenanti (Okafor, Musah e Reijnders, quest'ultimo sfiancato da minuti disputati e cambi di ruolo). Mancano un centravanti alternativo a Giroud - come stride la doppietta di Colombo col Monza rispetto allo Jovic "ammirato" con l'Udinese - e un vero regista da Milan: Krunic e Adli non sembrano titolari all'altezza di una squadra con lo scudetto come obiettivo.


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Adesso però il Milan ha bisogno di più, chiede di più e deve avere di più, anche perché con Leao la società ha fatto un lavoro importantissimo. Rafa era in scadenza di contratto nel 2025 e, senza il rinnovo, questa stagione sarebbe stata un probabile bagno di sangue a livello mediatico, in attesa di arrivare a giugno. Invece a fine stagione scorsa il club ha prolungato fino al 2028, gli ha triplicato l’ingaggio, arrivato con i bonus a 7 milioni e, soprattutto, ha chiuso per conto suo la controversia legale con lo Sporting che da anni lo tormentava, versando al Lille 20 milioni che i francesi gireranno poi al club portoghese.
In più gli ha consegnato la simbolica maglia numero 10, quella che fu - per dirne alcuni - di Rivera, Gullit, Savicevic e Seedorf. Il Milan alla quinta stagione non può più permettersi un Leao discontinuo e ciondolante per il campo. Tolti alcuni lampi, anche con l’Udinese il portoghese ha mostrato il peggior lato di sé. È vero che con alcuni strappi ha portato due giocatori friulani a spendere un’ammonizione per fermarlo e ha creato un paio di occasioni, ma tutto ciò non può bastare, anche perché Pioli - al di là degli errori d’impostazione della gara - ha puntato molto della fase offensiva sulle accelerazioni e sulle iniziative del portoghese, che dovrà imparare pure a convivere con i raddoppi degli avversari e a trovare delle contromisure al semplice dribbling in velocità. Invece Leao, oltre a non segnare dal 23 settembre (Milan-Verona 1-0), sta mancando pure negli assist: gli ultimi due risalgano alla gara con la Lazio, 30 settembre. Il mese di ottobre è passato senza acuti e i dati collezionati con l'Udinese sono stati negativi: 11 cross ma, tolto quello nel recupero a Giroud, tutti lenti e leggibili dai difensori; 0 tiri nello specchio e ben 25 palloni persi.
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Come detto, dopo i sonanti fischi di San Siro sabato sera, tutti ora hanno i fari puntati addosso, a partire ovviamente da Stefano Pioli. Il tecnico ha la piena fiducia della società e in passato ha già saputo ribaltare pronostici avversi, ma è evidente che pure lui abbia delle responsabilità (e se le è assunte dopo l’Udinese). Ieri il tecnico, con il suo staff, si è confrontato con la squadra, sono stati visti i video della partita e analizzato cosa non ha funzionato, praticamente tutto. Il bel Milan di agosto sembra essersi smarrito nel derby. È vero che la squadra poi ha reagito, ma i risultati non sono andati di pari passo con le prestazioni; la manovra fluida, rapida, europea che si era vista nelle prime tre giornate, è evaporata, come se quel 5-1 avesse fatto crollare le certezze costruite in estate. Complici i tanti infortuni - un capo d’accusa che Pioli dribbla spesso, ma che non può non far riflettere sul lavoro atletico del suo staff -, l'allenatore a volte ha abbandonato il 4-3-3 per cercare soluzioni tattiche alternative che hanno però aumentato la confusione. Il Milan la stagione scorsa nelle prime undici giornate di campionato e tre di Champions, aveva segnato ben 28 reti con 13 marcatori differenti; quest’anno è fermo a 18 con 7 giocatori. Se le mosse “fantasiose” sono un plus quando le cose girano, al contrario possono risultare un boomerang (vedi le due punte con i friulani). In momenti del genere, rimanere sul sistema su cui si è lavorato durante la preparazione, potrebbe aiutare.

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Chiaramente non può essere solo colpa di Pioli. In campo vanno i giocatori e in tanti, a partire da alcuni senatori come Theo Hernandez e Leao, non stanno rendendo. Altri, molti dei nuovi, non stanno mostrando il carattere giusto per giocare nel Milan, per sapersi confrontare con determinate pressioni che una maglia e una piazza del genere comportano. Serve una crescita generale.
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E chissà che non serva come nel 2020 un aiuto esterno. Allora fu determinante l’acquisto di Ibrahimovic e lo svedese potrebbe tornare ancora utile. Cardinale, atteso fra oggi o domattina a Milano, vuole riportare Ibra nel club, con un ruolo di raccordo fra squadra e società. Zlatan non è contrario, ma non vuole essere una figurina. Pioli non è contrario al suo ritorno: certo, Ibra è ingombrante, ma se il suo apporto aiutasse a far crescere il gruppo...

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Gruppo costruito da una dirigenza che ha bocciato il mercato 2022 di Maldini e Massara, cacciandoli. Ma il mercato 2023 come sta andando sul campo? Finora, esclusi Sportiello (preso da Maldini) e Pulisic, non benissimo, fra rendimenti insufficienti (Jovic e Romero), infortuni (Chukwueze e Loftus-Cheek, più Pellegrino) e prestazioni altalenanti (Okafor, Musah e Reijnders, quest'ultimo sfiancato da minuti disputati e cambi di ruolo). Mancano un centravanti alternativo a Giroud - come stride la doppietta di Colombo col Monza rispetto allo Jovic "ammirato" con l'Udinese - e un vero regista da Milan: Krunic e Adli non sembrano titolari all'altezza di una squadra con lo scudetto come obiettivo.


LEAO Un capitolo a parte della crisi rossonera lo merita Rafael Leao, l’uomo a cui il Milan ha deciso di affidare la propria immagine la scorsa estate; colui che - per qualità e status generale - a 24 anni e alla quinta stagione a Milano dovrebbe prendere per mano i compagni nel momento di difficoltà e aiutarli a trovare la retta via. Pioli e Ibrahimovic con Leao hanno fatto un grande lavoro negli anni scorsi: il portoghese è passato dall’essere un ragazzo di talento, ma discontinuo, a punto fermo ed elemento in grado, con le sue giocate, di indirizzare lo scudetto 2021-22.

Adesso però il Milan ha bisogno di più, chiede di più e deve avere di più, anche perché con Leao la società ha fatto un lavoro importantissimo. Rafa era in scadenza di contratto nel 2025 e, senza il rinnovo, questa stagione sarebbe stata un probabile bagno di sangue a livello mediatico, in attesa di arrivare a giugno. Invece a fine stagione scorsa il club ha prolungato fino al 2028, gli ha triplicato l’ingaggio, arrivato con i bonus a 7 milioni e, soprattutto, ha chiuso per conto suo la controversia legale con lo Sporting che da anni lo tormentava, versando al Lille 20 milioni che i francesi gireranno poi al club portoghese.
In più gli ha consegnato la simbolica maglia numero 10, quella che fu - per dirne alcuni - di Rivera, Gullit, Savicevic e Seedorf. Il Milan alla quinta stagione non può più permettersi un Leao discontinuo e ciondolante per il campo. Tolti alcuni lampi, anche con l’Udinese il portoghese ha mostrato il peggior lato di sé. È vero che con alcuni strappi ha portato due giocatori friulani a spendere un’ammonizione per fermarlo e ha creato un paio di occasioni, ma tutto ciò non può bastare, anche perché Pioli - al di là degli errori d’impostazione della gara - ha puntato molto della fase offensiva sulle accelerazioni e sulle iniziative del portoghese, che dovrà imparare pure a convivere con i raddoppi degli avversari e a trovare delle contromisure al semplice dribbling in velocità. Invece Leao, oltre a non segnare dal 23 settembre (Milan-Verona 1-0), sta mancando pure negli assist: gli ultimi due risalgano alla gara con la Lazio, 30 settembre. Il mese di ottobre è passato senza acuti e i dati collezionati con l'Udinese sono stati negativi: 11 cross ma, tolto quello nel recupero a Giroud, tutti lenti e leggibili dai difensori; 0 tiri nello specchio e ben 25 palloni persi.
Non è Leao che deve trovare delle contromisure ai raddoppi degli avversari, è Piolo che dovrebbe farlo! Ho spesso criticato il portoghese, ma nella situazione in cui siamo, con una fase offensiva malamente organizzata e in cui ormai ognuno è costretto a improvvisare, non è facile per nessuno. E il nostro coach si ostina a dire dobbiamo lavorare di più, dobbiamo lavorare meglio. Tu per primo! Ma non credo possa farlo. Serve aria nuova.
 
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Anche se a lui non vanno bene, a Leao vanno date regole ed istruzioni.
Il gioco "aspetta fermo la palla, poi te la diamo nei piedi, poi fai quello che vuoi" non va più bene.
Leao deve essere nel gioco della squadra, lo deve mettere l'allenatore e deve metterci anche lui stesso.
Giusto a Ronaldinho mezzo imbolsito potevi fare un discorso del genere del "fai quello che vuoi".

Deve uscire da questa sua comfort zone ed essere partecipe al gioco di squadra, correndo, rientrando, muovendosi senza palla e magari lottando pure per un posto da titolare...
 
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