Leao: nervi, Pioli e caso procura con Mendes

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Come riportato dalla GDS in edicola, Leao è uscito dal Maradona molto arrabbiato. Un Leao così nervoso non lo si era mai visto. Ha chiesto spiegazioni a Pioli. Nella notte il chiarimento col tecnico. L'altro discorso riguarda la procura. A febbraio scade l'accordo con Dimvula e Mendes vorrebbe il controllo delle operazioni. Lo stesso Dimvula vorrebbe diventare a tutti gli effetti l'agente di Leao

E poi c'è la questione campo. Leao non si sta evolvendo. Ha ancora tanto da migliorare. Gli farebbe bene avere al suo fianco un consigliere come Ibra


Tuttosport: Pioli’s on fire cantano i tifosi del Milan. Ma, in questi giorni, non sono fiamme di passione, bensì di tormento. Intendiamoci. Non è il Milan malinconico della passata stagione, quello che arrancava in Italia e capitolava di fronte alla solita Inter nelle coppe (fosse la Supercoppa italiana o la Champions League). Stavolta i fronti sono tutti aperti, però con segnali di malessere inimmaginabili un mese fa. Perché i rossoneri avevano resettato la testa dopo le cinque sberle prese nel derby, ritrovando la testa della classifica e ottenendo due 0-0 nel girone di Champions (con Newcastle e Dortmund) che stavano molto stretti. Poi la sconfitta in casa con la Juventus, lo 0-3 al cospetto del Paris Saint-Germain in coppa e il pareggio subito in rimonta dal Napoli hanno fatto scivolare la squadra al terzo posto, hanno complicato l’Europa e reso inquieto l’ambiente.

Il primo a farsi interprete di questo malessere è stato Davide Calabria nel post Psg: «Ogni giorno ci facciamo il **** a Milanello, sapevamo quanto era importante questa partita. Chi non ci crede resti a casa». Parole forti, da capitano e da chiarimento. Così il tecnico, prima della trasferta di Napoli, aveva replicato: «Nervi tesi? Sì, ed è giusto che sia così. Mi sono state riportate cose non veritiere e questo ha creato confusione. Calabria voleva dire che l’ambiente ci crederà fino alla fine». Il secondo è stato invece Olivier Giroud, parecchio contrariato al momento del cambio al Maradona (e con lui Rafa Leao, il terzo a reagire, non con le parole, ma con il linguaggio esplicito del corpo): «Dopo il primo gol il Napoli ha ripreso fiducia e noi non sapevamo se dovevamo continuare ad attaccare o a difendere. Sono deluso. Dobbiamo essere ancora più esigenti con noi stessi. Il cambio? Siamo uomini, non robot. Anch’io ho emozioni. Pioli fa le sue scelte e io ho rispetto per lui».
Parole forti su entrambi i fronti, tecnico e giocatori. Parole che possono essere lette a seconda di come si voglia analizzare il momento del Milan. Per i catastrofisti, il segnale di uno scollamento tra una squadra e allenatore. Per i buonisti, il segnale di una voglia di riscatto, dei singoli come del gruppo. Restando sul piano del realismo, i fautori social del #PioliOut possono attendere. Il tecnico ha un contratto fino al 2025 e gode della fiducia della proprietà. Una proprietà che, essendo statunitense, non segue le logiche italiane. Tradotto: i conti si fanno alla fine. Come è stato, a giugno, per la gestione mercato di Paolo Maldini e Ricky Massara. I risultati non erano stati soddisfacenti, le scelte erano state conseguenti, con la separazione. Per questo Pioli può gestire con serenità il momento, al di là delle dichiarazioni dei giocatori e dei mal di pancia di chi viene sostituito. A meno che non si verifichi un crollo verticale e improvviso, ha l’opportunità per lavorare con una visione orientata a fine stagione, e anche oltre. Come detto qualche giorno fa a Milanello dall’ad Giorgio Furlani: «Duecento panchine per Pioli sono un grande traguardo, a maggio speriamo di festeggiare altro».
Per farlo, però, occorrerà cambiare passo. O, almeno, ritrovare quello spensierato di inizio stagione, quando il gioco scorreva fluido e le vittorie (in trasferta con Bologna e Roma, in casa con il Torino) arrivavano in serie, prima del ribaltamento con l’Inter. Quello che si è visto per tutto il primo tempo a Napoli, in vantaggio di due reti e commettendo il peccato mortale di non chiudere la partita, vanificando troppe occasioni. Uno sbaglio pagato a caro prezzo con il quarto d’ora di furore azzurro dopo l’intervallo, in cui i rossoneri (come detto da Giroud) sono parsi paralizzati, certificando ancora una volta le difficoltà rossonere negli scontri diretti. Una situazione di campo figlia anche - ma non solo - della serie impressionante di infortuni che hanno azzoppato il gruppo (per tacer delle espulsioni, già tre...), come raccontiamo nella pagina a fianco. Una spina nel fianco della gestione Pioli e che ha colpito una rosa che si pensava sufficiente per affrontare tutte le competizioni, dopo aver imparato dagli errori della passata stagione, quando mancavano alternative di livello ai vari titolari. Un guaio soprattutto in chiave Champions perché, se in campionato ci sono tempo e spazio per rimontare, tra una settimana al Meazza si presenterà il Psg. I rossoneri hanno ancora i numeri per risalire dall’ultimo posto, occupato senza una rete all’attivo. Sarà però la prima partita senza appello.
 
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Come riportato dalla GDS in edicola, Leao è uscito dal Maradona molto arrabbiato. Un Leao così nervoso non lo si era mai visto. Ha chiesto spiegazioni a Pioli. Nella notte il chiarimento col tecnico. L'altro discorso riguarda la procura. A febbraio scade l'accordo con Dimvula e Mendes vorrebbe il controllo delle operazioni. Lo stesso Dimvula vorrebbe diventare a tutti gli effetti l'agente di Leao

E poi c'è la questione campo. Leao non si sta evolvendo. Ha ancora tanto da migliorare. Gli farebbe bene avere al suo fianco un consigliere come Ibra
era partito meglio questa stagione, come atteggiamento.
da newcastle in poi una sciagura. è sempre il solito.
se arriva il pollo che offre un centone va venduto a gennaio.

ibra potrebbe giusto indirizzarlo nel mondo dello spettacolo.. un film di qua, un disco di la, e torna il sorriso.
 

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Tuttosport in edicola: Pioli’s on fire cantano i tifosi del Milan. Ma, in questi giorni, non sono fiamme di passione, bensì di tormento. Intendiamoci. Non è il Milan malinconico della passata stagione, quello che arrancava in Italia e capitolava di fronte alla solita Inter nelle coppe (fosse la Supercoppa italiana o la Champions League). Stavolta i fronti sono tutti aperti, però con segnali di malessere inimmaginabili un mese fa. Perché i rossoneri avevano resettato la testa dopo le cinque sberle prese nel derby, ritrovando la testa della classifica e ottenendo due 0-0 nel girone di Champions (con Newcastle e Dortmund) che stavano molto stretti. Poi la sconfitta in casa con la Juventus, lo 0-3 al cospetto del Paris Saint-Germain in coppa e il pareggio subito in rimonta dal Napoli hanno fatto scivolare la squadra al terzo posto, hanno complicato l’Europa e reso inquieto l’ambiente.

Il primo a farsi interprete di questo malessere è stato Davide Calabria nel post Psg: «Ogni giorno ci facciamo il **** a Milanello, sapevamo quanto era importante questa partita. Chi non ci crede resti a casa». Parole forti, da capitano e da chiarimento. Così il tecnico, prima della trasferta di Napoli, aveva replicato: «Nervi tesi? Sì, ed è giusto che sia così. Mi sono state riportate cose non veritiere e questo ha creato confusione. Calabria voleva dire che l’ambiente ci crederà fino alla fine». Il secondo è stato invece Olivier Giroud, parecchio contrariato al momento del cambio al Maradona (e con lui Rafa Leao, il terzo a reagire, non con le parole, ma con il linguaggio esplicito del corpo): «Dopo il primo gol il Napoli ha ripreso fiducia e noi non sapevamo se dovevamo continuare ad attaccare o a difendere. Sono deluso. Dobbiamo essere ancora più esigenti con noi stessi. Il cambio? Siamo uomini, non robot. Anch’io ho emozioni. Pioli fa le sue scelte e io ho rispetto per lui».
Parole forti su entrambi i fronti, tecnico e giocatori. Parole che possono essere lette a seconda di come si voglia analizzare il momento del Milan. Per i catastrofisti, il segnale di uno scollamento tra una squadra e allenatore. Per i buonisti, il segnale di una voglia di riscatto, dei singoli come del gruppo. Restando sul piano del realismo, i fautori social del #PioliOut possono attendere. Il tecnico ha un contratto fino al 2025 e gode della fiducia della proprietà. Una proprietà che, essendo statunitense, non segue le logiche italiane. Tradotto: i conti si fanno alla fine. Come è stato, a giugno, per la gestione mercato di Paolo Maldini e Ricky Massara. I risultati non erano stati soddisfacenti, le scelte erano state conseguenti, con la separazione. Per questo Pioli può gestire con serenità il momento, al di là delle dichiarazioni dei giocatori e dei mal di pancia di chi viene sostituito. A meno che non si verifichi un crollo verticale e improvviso, ha l’opportunità per lavorare con una visione orientata a fine stagione, e anche oltre. Come detto qualche giorno fa a Milanello dall’ad Giorgio Furlani: «Duecento panchine per Pioli sono un grande traguardo, a maggio speriamo di festeggiare altro».
Per farlo, però, occorrerà cambiare passo. O, almeno, ritrovare quello spensierato di inizio stagione, quando il gioco scorreva fluido e le vittorie (in trasferta con Bologna e Roma, in casa con il Torino) arrivavano in serie, prima del ribaltamento con l’Inter. Quello che si è visto per tutto il primo tempo a Napoli, in vantaggio di due reti e commettendo il peccato mortale di non chiudere la partita, vanificando troppe occasioni. Uno sbaglio pagato a caro prezzo con il quarto d’ora di furore azzurro dopo l’intervallo, in cui i rossoneri (come detto da Giroud) sono parsi paralizzati, certificando ancora una volta le difficoltà rossonere negli scontri diretti. Una situazione di campo figlia anche - ma non solo - della serie impressionante di infortuni che hanno azzoppato il gruppo (per tacer delle espulsioni, già tre...), come raccontiamo nella pagina a fianco. Una spina nel fianco della gestione Pioli e che ha colpito una rosa che si pensava sufficiente per affrontare tutte le competizioni, dopo aver imparato dagli errori della passata stagione, quando mancavano alternative di livello ai vari titolari. Un guaio soprattutto in chiave Champions perché, se in campionato ci sono tempo e spazio per rimontare, tra una settimana al Meazza si presenterà il Psg. I rossoneri hanno ancora i numeri per risalire dall’ultimo posto, occupato senza una rete all’attivo. Sarà però la prima partita senza appello.
 
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Leao era da vendere e con il ricavato ti rifacevi la squadra in parte. E magari sulla sinistra giocavamo con un giocatore funzionale a un qualsiasi concetto di squadra.

Ora gli abbiamo dato uno stipendio da top player e quasi sicuramente non lo venderemo a una cifra sopra i 100.

Fra stipendio e multa, con l'ultimo rinnovo ci costa sui 10 netti all'anno più bonus fino al 2028.

Cifra assurda per il giocatore che è.
 

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E poi c'è la questione campo. Leao non si sta evolvendo. Ha ancora tanto da migliorare. Gli farebbe bene avere al suo fianco un consigliere come Ibra


Tuttosport: Pioli’s on fire cantano i tifosi del Milan. Ma, in questi giorni, non sono fiamme di passione, bensì di tormento. Intendiamoci. Non è il Milan malinconico della passata stagione, quello che arrancava in Italia e capitolava di fronte alla solita Inter nelle coppe (fosse la Supercoppa italiana o la Champions League). Stavolta i fronti sono tutti aperti, però con segnali di malessere inimmaginabili un mese fa. Perché i rossoneri avevano resettato la testa dopo le cinque sberle prese nel derby, ritrovando la testa della classifica e ottenendo due 0-0 nel girone di Champions (con Newcastle e Dortmund) che stavano molto stretti. Poi la sconfitta in casa con la Juventus, lo 0-3 al cospetto del Paris Saint-Germain in coppa e il pareggio subito in rimonta dal Napoli hanno fatto scivolare la squadra al terzo posto, hanno complicato l’Europa e reso inquieto l’ambiente.

Il primo a farsi interprete di questo malessere è stato Davide Calabria nel post Psg: «Ogni giorno ci facciamo il **** a Milanello, sapevamo quanto era importante questa partita. Chi non ci crede resti a casa». Parole forti, da capitano e da chiarimento. Così il tecnico, prima della trasferta di Napoli, aveva replicato: «Nervi tesi? Sì, ed è giusto che sia così. Mi sono state riportate cose non veritiere e questo ha creato confusione. Calabria voleva dire che l’ambiente ci crederà fino alla fine». Il secondo è stato invece Olivier Giroud, parecchio contrariato al momento del cambio al Maradona (e con lui Rafa Leao, il terzo a reagire, non con le parole, ma con il linguaggio esplicito del corpo): «Dopo il primo gol il Napoli ha ripreso fiducia e noi non sapevamo se dovevamo continuare ad attaccare o a difendere. Sono deluso. Dobbiamo essere ancora più esigenti con noi stessi. Il cambio? Siamo uomini, non robot. Anch’io ho emozioni. Pioli fa le sue scelte e io ho rispetto per lui».
Parole forti su entrambi i fronti, tecnico e giocatori. Parole che possono essere lette a seconda di come si voglia analizzare il momento del Milan. Per i catastrofisti, il segnale di uno scollamento tra una squadra e allenatore. Per i buonisti, il segnale di una voglia di riscatto, dei singoli come del gruppo. Restando sul piano del realismo, i fautori social del #PioliOut possono attendere. Il tecnico ha un contratto fino al 2025 e gode della fiducia della proprietà. Una proprietà che, essendo statunitense, non segue le logiche italiane. Tradotto: i conti si fanno alla fine. Come è stato, a giugno, per la gestione mercato di Paolo Maldini e Ricky Massara. I risultati non erano stati soddisfacenti, le scelte erano state conseguenti, con la separazione. Per questo Pioli può gestire con serenità il momento, al di là delle dichiarazioni dei giocatori e dei mal di pancia di chi viene sostituito. A meno che non si verifichi un crollo verticale e improvviso, ha l’opportunità per lavorare con una visione orientata a fine stagione, e anche oltre. Come detto qualche giorno fa a Milanello dall’ad Giorgio Furlani: «Duecento panchine per Pioli sono un grande traguardo, a maggio speriamo di festeggiare altro».
Per farlo, però, occorrerà cambiare passo. O, almeno, ritrovare quello spensierato di inizio stagione, quando il gioco scorreva fluido e le vittorie (in trasferta con Bologna e Roma, in casa con il Torino) arrivavano in serie, prima del ribaltamento con l’Inter. Quello che si è visto per tutto il primo tempo a Napoli, in vantaggio di due reti e commettendo il peccato mortale di non chiudere la partita, vanificando troppe occasioni. Uno sbaglio pagato a caro prezzo con il quarto d’ora di furore azzurro dopo l’intervallo, in cui i rossoneri (come detto da Giroud) sono parsi paralizzati, certificando ancora una volta le difficoltà rossonere negli scontri diretti. Una situazione di campo figlia anche - ma non solo - della serie impressionante di infortuni che hanno azzoppato il gruppo (per tacer delle espulsioni, già tre...), come raccontiamo nella pagina a fianco. Una spina nel fianco della gestione Pioli e che ha colpito una rosa che si pensava sufficiente per affrontare tutte le competizioni, dopo aver imparato dagli errori della passata stagione, quando mancavano alternative di livello ai vari titolari. Un guaio soprattutto in chiave Champions perché, se in campionato ci sono tempo e spazio per rimontare, tra una settimana al Meazza si presenterà il Psg. I rossoneri hanno ancora i numeri per risalire dall’ultimo posto, occupato senza una rete all’attivo. Sarà però la prima partita senza appello.
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Leao era da vendere e con il ricavato ti rifacevi la squadra in parte. E magari sulla sinistra giocavamo con un giocatore funzionale a un qualsiasi concetto di squadra.

Ora gli abbiamo dato uno stipendio da top player e quasi sicuramente non lo venderemo a una cifra sopra i 100.

Fra stipendio e multa, con l'ultimo rinnovo ci costa sui 10 netti all'anno più bonus fino al 2028.

Cifra assurda per il giocatore che è.
Cifra assurda neanche troppo, questo è il mercato europeo di un giocatore giovane affermato,
il costo del cartellino diviso 10 ridà circa lo stipendio annuale, tipo se uno guadagna 4 all'anno
lo vendi a 40-50 e cosi via, purtroppo la politica elliott che non supera i 5 milioni di stipendio
annui fa si che di campioni al Milan non ne arriveranno mai, e quelli buoni vadino via a 0..
Anche Thuram a 6, Morata a 8, Dybala a 8,ecc,ecc, sono follia per l'ambiente milanista però
dopo i risultati si vedono, il mercato questo è, se ti compri una fiat per risparmiare non puoi
pensare di avere le stesse prestazioni di una bmw o il valore di una Mercedes, anzi se vai sempre
al risparmio spesso si becca il pacco, non a caso le squadre top europee hanno il monte ingaggio
doppio se non triplo rispetto al nostro, siamo una 500? si vuole vincere senza spendere come
fanno gli altri? ..si forse nei sogni..
Se per voi leao è un cexxo a pedali da max 4 milioni all'anno non potete pensare di venderlo sopra
i 100, come non siamo scemi noi non lo sono neanche gli altri, anzi gli altri a turno pare che vincono..
 
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Cifra assurda neanche troppo, questo è il mercato europeo di un giocatore giovane affermato,
il costo del cartellino diviso 10 ridà circa lo stipendio annuale, tipo se uno guadagna 4 all'anno
lo vendi a 40-50 e cosi via, purtroppo la politica elliott che non supera i 5 milioni di stipendio
annui fa si che di campioni al Milan non ne arriveranno mai, e quelli buoni vadino via a 0..
Anche Thuram a 6, Morata a 8, Dybala a 8,ecc,ecc, sono follia per l'ambiente milanista però
dopo i risultati si vedono, il mercato questo è, se ti compri una fiat per risparmiare non puoi
pensare di avere le stesse prestazioni di una bmw o il valore di una Mercedes, anzi se vai sempre
al risparmio spesso si becca il pacco, non a caso le squadre top europee hanno il monte ingaggio
doppio se non triplo rispetto al nostro, siamo una 500? si vuole vincere senza spendere come
fanno gli altri? ..si forse nei sogni..
Se per voi leao è un cexxo a pedali da max 4 milioni all'anno non potete pensare di venderlo sopra
i 100, come non siamo scemi noi non lo sono neanche gli altri, anzi gli altri a turno pare che vincono..
Ma se conti la multa che sono comunque soldi pagati dal Milan a/per Leao e quindi puoi vederli come stipendio aggiuntivo o premio alla firma, noi gli abbiamo rinnovato per 5 anni a 10 milioni + bonus.
Non è "la cifra che pagano tutti".

Capisco che è il più forte della squadra, capisco che ipotizzare un Milan senza Leao è difficile, ma lui con questo contratto al momento prende 5 e passa milioni in più di osimenh, dybala, Lautaro. 3 in più di Lukaku. 8 più di kvara, ecc...

Non facciamo passare normale quello che non è.
 

Antokkmilan

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Leao era da vendere e con il ricavato ti rifacevi la squadra in parte. E magari sulla sinistra giocavamo con un giocatore funzionale a un qualsiasi concetto di squadra.

Ora gli abbiamo dato uno stipendio da top player e quasi sicuramente non lo venderemo a una cifra sopra i 100.

Fra stipendio e multa, con l'ultimo rinnovo ci costa sui 10 netti all'anno più bonus fino al 2028.

Cifra assurda per il giocatore che è.
Leao era da vendere, poi quando la società vende davvero partono i proclami come in estate con Tonali.
 
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