Annotazione interessante da parte di un tifoso (immagino) di un club che ha legato l'era più dorata della propria storia a una gestione draconiana dello spogliatoio, a regole inderogabili, e ad allenamenti di intensità elevatissima. 1987-1996, era Sacchi/Capello, se non si fosse capito.
Certo, magari c'è chi preferiva gli allenamenti di mezz'ora di Pulcinella, fatti di torelli a due all'ora, e due giornate di riposo a settimana...
Se ben ricordi, Sacchi amava dire che in allenamento dovevano essere riprodotte le medesime sensazioni, in termini di performance mentale ed agonistica, di una partita, anzi anche superiori, sì che il sostenibile stress accumulato in settimana trovasse un punto di sfogo emotivo, quasi liberatorio, la domenica. Il match diventava allora una sorta di allenamento degradato, depotenziato, una isola di evasione in un ciclo di training esasperato. Chi vedeva quel Milan pensava alle sue esibizioni come al vertice di un programma di lavoro, quando invece era l'esatto contrario, poiché era proprio in partita che la squadra decelerava dai ritmi sostenuti in allenamento. Sacchi ebbe l'ardire di dire, prima del famoso derby del 24 aprile 1988, che precedeva il Napoli-Milan del Primo Maggio, derby stravinto dai suoi ragazzi, che egli avrebbe potuto fare a meno di andare in panchina. Sembrava una spacconata, era invece la traduzione di una semplice verità: in partita quei giocatori andavano a meno che a Milanello. Come il grande Bubka, che affermava di aver saltato più volte misure superiori ai 6,15 m. in allenamento, benché in competizione si fosse fermato a quel limite, che era e rimane tuttora il record del mondo. Racconti di uomini straordinari.