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I dati ISS evidenziano che nella fascia di età 12-39 anni non ci siano stati benefici con la terza dose.
Il virologo Broccolo dell'università di Milano commenta così a Quarta Repubblica:
"Nella fascia 12-39 anni si osserva che i boosterizzati negli ultimi tre report dell’Istituto Superiore di Sanità si ospedalizzano di più rispetto alle persone vaccinate con solo due dosi
Tra dicembre e gennaio, se ogni 100mila individui con terza dose finivano in ospedale in 27-28, per quelli con due dosi da oltre 4 mesi il dato si fermava a 24-26 ogni 100mila persone.
Il boosterizzato non ha un beneficio, almeno tra i giovani.
La prima domanda che mi sono posto è come mai questa osservazione la si vede in questo particolare sottogruppo e non negli anziani?
Una ipotesi è che i ragazzi sono quelli che hanno fatto delle vaccinazioni più ravvicinate rispetto ai 60-70enni e la letteratura di quest’ultima settimana ci dice che il booster non ha un’efficacia nella protezione dall’infezione, ma anche dalla malattia, nel paziente naive, che cioè non è stato infettato
La vaccinazione è stata assolutamente utile nella lotta alla pandemia, ma il green pass rischia di portarci a fare molti booster.
E bisogna dunque valutarne bene l’utilità.
Perché nella fascia 12-39 anni non c’è un beneficio?
La letteratura ci dice che dosi ravvicinate portano a un fenomeno di anergia. In sostanza il sistema immunitario entra in un meccanismo di tolleranza e continuando ad essere stimolato inizia a non rispondere a quell’antigene: tre dosi ravvicinate non si erano mai fatte nella storia della vaccinazione
Nella fascia 12-39 l’avrei fatta solo ai pazienti fragili
Francamente, vi sto dando una risposta molto sincera.
È uscita una ricerca che dimostra proprio questo: il booster non ha senso fatto nei guariti.
Un’altra popolazione che non prendiamo mai in considerazione: il guarito deve essere selezionato per un booster, dobbiamo valutare chi vaccinare e non boosterizzare ad occhi chiusi.
Che è quello che stiamo facendo in questo momento”.
Il virologo Broccolo dell'università di Milano commenta così a Quarta Repubblica:
"Nella fascia 12-39 anni si osserva che i boosterizzati negli ultimi tre report dell’Istituto Superiore di Sanità si ospedalizzano di più rispetto alle persone vaccinate con solo due dosi
Tra dicembre e gennaio, se ogni 100mila individui con terza dose finivano in ospedale in 27-28, per quelli con due dosi da oltre 4 mesi il dato si fermava a 24-26 ogni 100mila persone.
Il boosterizzato non ha un beneficio, almeno tra i giovani.
La prima domanda che mi sono posto è come mai questa osservazione la si vede in questo particolare sottogruppo e non negli anziani?
Una ipotesi è che i ragazzi sono quelli che hanno fatto delle vaccinazioni più ravvicinate rispetto ai 60-70enni e la letteratura di quest’ultima settimana ci dice che il booster non ha un’efficacia nella protezione dall’infezione, ma anche dalla malattia, nel paziente naive, che cioè non è stato infettato
La vaccinazione è stata assolutamente utile nella lotta alla pandemia, ma il green pass rischia di portarci a fare molti booster.
E bisogna dunque valutarne bene l’utilità.
Perché nella fascia 12-39 anni non c’è un beneficio?
La letteratura ci dice che dosi ravvicinate portano a un fenomeno di anergia. In sostanza il sistema immunitario entra in un meccanismo di tolleranza e continuando ad essere stimolato inizia a non rispondere a quell’antigene: tre dosi ravvicinate non si erano mai fatte nella storia della vaccinazione
Nella fascia 12-39 l’avrei fatta solo ai pazienti fragili
Francamente, vi sto dando una risposta molto sincera.
È uscita una ricerca che dimostra proprio questo: il booster non ha senso fatto nei guariti.
Un’altra popolazione che non prendiamo mai in considerazione: il guarito deve essere selezionato per un booster, dobbiamo valutare chi vaccinare e non boosterizzare ad occhi chiusi.
Che è quello che stiamo facendo in questo momento”.