Senso della posizione formidabile: sempre qualcosa in più o in meno rispetto al suo marcatore al momento clou, quello in cui arriva il pallone, un metro prima, un metro dopo, più a destra, più a sinistra, in aria prima, in ritardo nel balzo... e mai che una scelta sia il contrario di ciò che un istante dopo sarà risultato necessario per lo sviluppo dell'azione. Questo significa avere, come si diceva una volta, la porta in testa, ovvero prevedere quello che servirà per arrivarci con il pallone dentro. Non parte da centrocampo come il Ronaldo brasiliano di venti anni fa, scartare tre giocatori ed infilare di potenza, non costruisce da solo il gioco, ma lo chiama con un perfetto posizionamento (in area, o venendo indietro di incontro per rinculare poi in avanti) rispetto alla direttrice ideale di lancio, passaggio e cross del compagno, anche spalle alla porta che, ripetiamo, osserva sempre con il terzo occhio dell'istinto. E poi, destro, sinistro, testa, tiro basso, tiro alto, di rapina, di forza, in mischia, in contropiede... Non avremmo esitazioni su di lui, se non quella di due paia di piedi buoni che gli smazzino due, tre palloni veri a partita, nella alta probabilità che uno lo butta dentro appena timbra il cartellino in campo. Suso, se fa il bravino con la penna, ha la nomination di diritto, l'altro se lo devono studiare bene Montella, Fassone e Mirabelli. Ah, Belotti quest'anno portava la croce e cantava, le mazzate erano tante e tutte sue, capita quando gli esterni erano periferici all'area come Iago Falque e Liajic. Ma se l'esterno è un altro aspirante mammasantissima dell'area di rigore come Keita, che minaccia di portarsi via mezza difesa con la marcatura di sé? Bella domanda, magari il Gallo ci chiama e ci risponde.