Tassotti:"Gattuso speciale. Non indosserò maglia del Milan".

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Tassotti:"Gattuso speciale. Non indosserò maglia del Milan".

Mauro Tassotto, intervistato dalla Gazzetta in edicola oggi, 9 maggio 2018, sulla finale di Coppa Italia tra la Juve ed il Milan:"Indosserò anche io una maglia come Ancelotti? No, e sa perché? Perché spero di indossarla presto per una coppa più importante. Faccio fatica a sbilanciarmi in un pronostico perché partite secche come questa possono andare in qualsiasi modo. Diciamo che la Juve ha più qualità rispetto al Milan, però rispetto a una volta i valori si sono molto
avvicinati. Di certo il Milan non parte battuto. Alzare un trofeo per un Milan nuovo in tutte le componenti come questo sarebbe un gran punto di partenza. Vedere Gattuso alzare un trofeo da allenatore? Ho letto e sentito addetti ai lavori
che si sono stupiti di vederlo diventare allenatore: non “ce lo facevano”. Io francamente non mi stupisco, anche perché
lui non è tutto grinta e corsa come la gente lo ricorda e ancora adesso lo identifica. È uno che studia e si prepara. Mi ha stupito maggiormente La velocità con cui si è impossessato del Milan, nonostante la pessima partenza. È stato proprio bravo: i rossoneri giocano un buon calcio e comunque hanno una rosa di qualità. Questa squadra, in una stagione
dove le cose filano lisce, è da terzo-quarto posto. Perchè le carte in regola per essere un buon allenatore? «Perché è un ragazzo speciale. Scaltro e svelto di testa, lo è sempre stato. Ha saputo svoltare velocemente, in Svizzera ha fatto pure il giocatore-allenatore, non ha avuto alcuna paura a buttarsi in situazioni oggettivamente complicate, in mezzo a
mille difficoltà di tutti i generi. Evidentemente voleva misurarsi con se stesso. E poi ha anche ottenuto successi: conquistare una promozione dalla C alla B non è facile, è un indizio importante per dimostrare che sa come
si gestisce un gruppo. Contento per il rinnovo? Certo, è un segnale importante anche per i giocatori. Se l’è meritato tutto e mi auguro che sia l’allenatore capace di riaprire un ciclo importante. Com'era da giocatore? Gestirlo non era complicato in sé per sé, però a volte era troppo esuberante, “strabordava” e non era facile tenerlo. Piuttosto, è stato complicato accompagnarlo alla fine della carriera: per chi, come lui, gioca con tutta l’anima, non è facile capire quando è il momento di lasciare.Comunque ne ha fatte di tutti i colori, in campo e fuori. A me piace sempre ricordare quella folle corsa da un’area all’altra al 120’ della finale Champions di Manchester, fino da Buffon, per andare a pressare la Juve. Lì c’è tutto Rino. Differenze tra lui e Allegri? Se penso a un allenamento diretto da Gattuso, immagino di non sentir volare una mosca.Con Allegri invece c’è anche il momento della battuta e del sorriso. Il che ovviamente non significa non faticare. Fra Sacchi e Ancelotti era uguale. Sacchi voleva silenzio assoluto perché i giocatori dovevano sentir parlare i muscoli, Ancelotti era meno intransigente.
 
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