Sheva a tutto campo. Manchester, Istanbul, Materazzi, l'addio.

Mika

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Ruuddil23;2324874 ha scritto:
Secondo solo a Van Basten come centravanti e almeno pari a lui come uomo. Secondo me prima o poi allenerà il Milan, è scritto, speriamo solo che sarà al momento giusto e che non verrà usato come bandiera da dare in pasto ai tifosi. Lui è davvero l'unico che non lo merita insieme a Nesta ed Inzaghi che purtroppo ha subito già questa sorte.

Per come è fatto, sono sicuro che la sua prima esperienza in una squadra di club sarà in Ucraina, perché tiene molto al suo paese, è uno di quei CT che se la federazione non impone lui qualificazioni ai mondiali rimarrebbe ad allenare la sua nazionale a vita.
 
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Toby rosso nero;2324599 ha scritto:
Sheva rilascia una lunghissima intervista a 7.
Alcuni dei passaggi più significativi:

"Nel sottopassaggio di San Siro, prima di un derby di Champions League dove provavo a giocare con cinque placche di acciaio nello zigomo che mi ero fratturato due mesi prima, Materazzi mi disse cose poco carine su quel che sarebbe accaduto in campo alla mia faccia. Io gli risi in faccia. Non per fare lo sbruffone, ma perché sapevo che nella vita lui non era e non è così, è solo che facciamo parte di uno spettacolo, e ognuno ha la sua parte. La sua era quella del cattivo. E poi, la gente che cercava di intimorirmi dimenticava spesso da dove vengo

"Manchester? Ho sempre avuto dubbi, mai paura. Dal cerchio di centrocampo al dischetto mi è venuto in mente di tutto. L’infanzia, Chernobyl, gli amici morti, tutto. Ma sopra ogni cosa mi dicevo di non avere dubbi. Una volta che hai deciso dove tirare, non importa cosa fa Buffon, non importa niente, basta non cambiare idea. Ricordo che mi sono passato la lingua sul labbro, e mi sono reso conto che avevo la bocca completamente secca. Ho fissato l’arbitro, perché il rumore dei tifosi copriva tutto e non avevo sentito il fischio. Lui mi ha fatto un cenno. E allora sono partito.

Non ho mai mollato. Neppure una volta. Avevo fame. Non di soldi, tutto sommato non stavamo male, ma di successo. Io volevo avere successo in quel che amavo fare. La prima volta che firmai con il Milan, il mio primo contratto vero, mi rifiutai di guardare la cifra che c’era scritta sopra.

Instanbul? La ferita sanguina ancora. Scrissero che tra il primo e il secondo tempo ci lasciammo andare a festeggiamenti anticipati. Tutte balle. Anzi. Paolo Maldini fu il primo a dire di fare attenzione, che il Liverpool non avrebbe mollato, anche se era sotto 0-3. Ce lo ripetemmo l’uno con l’altro.
Nei primi tre mesi dopo quella sconfitta così acida mi svegliavo gridando nella notte e cominciavo a pensarci. Mi capita di pensarci ancora oggi che sono passati sedici anni. Tanti miei compagni non hanno più voluto rivedere quella partita. Io la so a memoria.
Ancora sto cercando una risposta. Eravamo la squadra migliore. Stavamo giocando benissimo. Mi viene in mente il loro capitano, Jamie Carragher. Alla fine dei tempi regolamentari gli vado via, sono più giovane e veloce di lui. Mi rincorre, sbuffa, non ce la fa più, ha i crampi. Ma non so come, arriva a toccarmi la palla. Avevano una sola chance su 100, ci si sono aggrappati con tutte le forze che avevano. Bravi loro.


L'addio al Milan? Galliani e Berlusconi provarono a tenermi in ogni modo. Milano era casa mia. Ma io avevo scelto, erano tre anni che Roman Abramovic mi corteggiava. Avevo trent’anni, era il momento giusto per fare una nuova esperienza. Mi sono perso la rivincita con il Liverpool. E al Chelsea non è andata bene, troppi problemi fisici. Ma non è stato un errore.
"Avevo fame. Non di soldi, tutto sommato non stavamo male, ma di successo. Io volevo avere successo in quel che amavo fare"

Questa frase dovrebbero scolpirla sulla pietra.
 

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Toby rosso nero;2324599 ha scritto:
Sheva rilascia una lunghissima intervista a 7.
Alcuni dei passaggi più significativi:

"Nel sottopassaggio di San Siro, prima di un derby di Champions League dove provavo a giocare con cinque placche di acciaio nello zigomo che mi ero fratturato due mesi prima, Materazzi mi disse cose poco carine su quel che sarebbe accaduto in campo alla mia faccia. Io gli risi in faccia. Non per fare lo sbruffone, ma perché sapevo che nella vita lui non era e non è così, è solo che facciamo parte di uno spettacolo, e ognuno ha la sua parte. La sua era quella del cattivo. E poi, la gente che cercava di intimorirmi dimenticava spesso da dove vengo

"Manchester? Ho sempre avuto dubbi, mai paura. Dal cerchio di centrocampo al dischetto mi è venuto in mente di tutto. L’infanzia, Chernobyl, gli amici morti, tutto. Ma sopra ogni cosa mi dicevo di non avere dubbi. Una volta che hai deciso dove tirare, non importa cosa fa Buffon, non importa niente, basta non cambiare idea. Ricordo che mi sono passato la lingua sul labbro, e mi sono reso conto che avevo la bocca completamente secca. Ho fissato l’arbitro, perché il rumore dei tifosi copriva tutto e non avevo sentito il fischio. Lui mi ha fatto un cenno. E allora sono partito.

Non ho mai mollato. Neppure una volta. Avevo fame. Non di soldi, tutto sommato non stavamo male, ma di successo. Io volevo avere successo in quel che amavo fare. La prima volta che firmai con il Milan, il mio primo contratto vero, mi rifiutai di guardare la cifra che c’era scritta sopra.

Instanbul? La ferita sanguina ancora. Scrissero che tra il primo e il secondo tempo ci lasciammo andare a festeggiamenti anticipati. Tutte balle. Anzi. Paolo Maldini fu il primo a dire di fare attenzione, che il Liverpool non avrebbe mollato, anche se era sotto 0-3. Ce lo ripetemmo l’uno con l’altro.
Nei primi tre mesi dopo quella sconfitta così acida mi svegliavo gridando nella notte e cominciavo a pensarci. Mi capita di pensarci ancora oggi che sono passati sedici anni. Tanti miei compagni non hanno più voluto rivedere quella partita. Io la so a memoria.
Ancora sto cercando una risposta. Eravamo la squadra migliore. Stavamo giocando benissimo. Mi viene in mente il loro capitano, Jamie Carragher. Alla fine dei tempi regolamentari gli vado via, sono più giovane e veloce di lui. Mi rincorre, sbuffa, non ce la fa più, ha i crampi. Ma non so come, arriva a toccarmi la palla. Avevano una sola chance su 100, ci si sono aggrappati con tutte le forze che avevano. Bravi loro.


L'addio al Milan? Galliani e Berlusconi provarono a tenermi in ogni modo. Milano era casa mia. Ma io avevo scelto, erano tre anni che Roman Abramovic mi corteggiava. Avevo trent’anni, era il momento giusto per fare una nuova esperienza. Mi sono perso la rivincita con il Liverpool. E al Chelsea non è andata bene, troppi problemi fisici. Ma non è stato un errore.

giocatori e soprattutto uomini così non ci sono più nel calcio d'oggi.
 
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Toby rosso nero;2324599 ha scritto:
Sheva rilascia una lunghissima intervista a 7.
Alcuni dei passaggi più significativi:

"Nel sottopassaggio di San Siro, prima di un derby di Champions League dove provavo a giocare con cinque placche di acciaio nello zigomo che mi ero fratturato due mesi prima, Materazzi mi disse cose poco carine su quel che sarebbe accaduto in campo alla mia faccia. Io gli risi in faccia. Non per fare lo sbruffone, ma perché sapevo che nella vita lui non era e non è così, è solo che facciamo parte di uno spettacolo, e ognuno ha la sua parte. La sua era quella del cattivo. E poi, la gente che cercava di intimorirmi dimenticava spesso da dove vengo

"Manchester? Ho sempre avuto dubbi, mai paura. Dal cerchio di centrocampo al dischetto mi è venuto in mente di tutto. L’infanzia, Chernobyl, gli amici morti, tutto. Ma sopra ogni cosa mi dicevo di non avere dubbi. Una volta che hai deciso dove tirare, non importa cosa fa Buffon, non importa niente, basta non cambiare idea. Ricordo che mi sono passato la lingua sul labbro, e mi sono reso conto che avevo la bocca completamente secca. Ho fissato l’arbitro, perché il rumore dei tifosi copriva tutto e non avevo sentito il fischio. Lui mi ha fatto un cenno. E allora sono partito.

Non ho mai mollato. Neppure una volta. Avevo fame. Non di soldi, tutto sommato non stavamo male, ma di successo. Io volevo avere successo in quel che amavo fare. La prima volta che firmai con il Milan, il mio primo contratto vero, mi rifiutai di guardare la cifra che c’era scritta sopra.

Instanbul? La ferita sanguina ancora. Scrissero che tra il primo e il secondo tempo ci lasciammo andare a festeggiamenti anticipati. Tutte balle. Anzi. Paolo Maldini fu il primo a dire di fare attenzione, che il Liverpool non avrebbe mollato, anche se era sotto 0-3. Ce lo ripetemmo l’uno con l’altro.
Nei primi tre mesi dopo quella sconfitta così acida mi svegliavo gridando nella notte e cominciavo a pensarci. Mi capita di pensarci ancora oggi che sono passati sedici anni. Tanti miei compagni non hanno più voluto rivedere quella partita. Io la so a memoria.
Ancora sto cercando una risposta. Eravamo la squadra migliore. Stavamo giocando benissimo. Mi viene in mente il loro capitano, Jamie Carragher. Alla fine dei tempi regolamentari gli vado via, sono più giovane e veloce di lui. Mi rincorre, sbuffa, non ce la fa più, ha i crampi. Ma non so come, arriva a toccarmi la palla. Avevano una sola chance su 100, ci si sono aggrappati con tutte le forze che avevano. Bravi loro.


L'addio al Milan? Galliani e Berlusconi provarono a tenermi in ogni modo. Milano era casa mia. Ma io avevo scelto, erano tre anni che Roman Abramovic mi corteggiava. Avevo trent’anni, era il momento giusto per fare una nuova esperienza. Mi sono perso la rivincita con il Liverpool. E al Chelsea non è andata bene, troppi problemi fisici. Ma non è stato un errore.

Altroché Ibra, Sheva era un giocatore da Champions. Nella massima competizione europea aveva ragginuto un livello pazzesco! Ad anni luci di Ibra forte coi deboli e debole coi forti. Che emozione mi ha procurato questo ragazzo, un fuoriclasse assoluto formato dall'immenso Lobanovski.
 
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Toby rosso nero;2324599 ha scritto:
Sheva rilascia una lunghissima intervista a 7.
Alcuni dei passaggi più significativi:

"Nel sottopassaggio di San Siro, prima di un derby di Champions League dove provavo a giocare con cinque placche di acciaio nello zigomo che mi ero fratturato due mesi prima, Materazzi mi disse cose poco carine su quel che sarebbe accaduto in campo alla mia faccia. Io gli risi in faccia. Non per fare lo sbruffone, ma perché sapevo che nella vita lui non era e non è così, è solo che facciamo parte di uno spettacolo, e ognuno ha la sua parte. La sua era quella del cattivo. E poi, la gente che cercava di intimorirmi dimenticava spesso da dove vengo

"Manchester? Ho sempre avuto dubbi, mai paura. Dal cerchio di centrocampo al dischetto mi è venuto in mente di tutto. L’infanzia, Chernobyl, gli amici morti, tutto. Ma sopra ogni cosa mi dicevo di non avere dubbi. Una volta che hai deciso dove tirare, non importa cosa fa Buffon, non importa niente, basta non cambiare idea. Ricordo che mi sono passato la lingua sul labbro, e mi sono reso conto che avevo la bocca completamente secca. Ho fissato l’arbitro, perché il rumore dei tifosi copriva tutto e non avevo sentito il fischio. Lui mi ha fatto un cenno. E allora sono partito.

Non ho mai mollato. Neppure una volta. Avevo fame. Non di soldi, tutto sommato non stavamo male, ma di successo. Io volevo avere successo in quel che amavo fare. La prima volta che firmai con il Milan, il mio primo contratto vero, mi rifiutai di guardare la cifra che c’era scritta sopra.

Instanbul? La ferita sanguina ancora. Scrissero che tra il primo e il secondo tempo ci lasciammo andare a festeggiamenti anticipati. Tutte balle. Anzi. Paolo Maldini fu il primo a dire di fare attenzione, che il Liverpool non avrebbe mollato, anche se era sotto 0-3. Ce lo ripetemmo l’uno con l’altro.
Nei primi tre mesi dopo quella sconfitta così acida mi svegliavo gridando nella notte e cominciavo a pensarci. Mi capita di pensarci ancora oggi che sono passati sedici anni. Tanti miei compagni non hanno più voluto rivedere quella partita. Io la so a memoria.
Ancora sto cercando una risposta. Eravamo la squadra migliore. Stavamo giocando benissimo. Mi viene in mente il loro capitano, Jamie Carragher. Alla fine dei tempi regolamentari gli vado via, sono più giovane e veloce di lui. Mi rincorre, sbuffa, non ce la fa più, ha i crampi. Ma non so come, arriva a toccarmi la palla. Avevano una sola chance su 100, ci si sono aggrappati con tutte le forze che avevano. Bravi loro.


L'addio al Milan? Galliani e Berlusconi provarono a tenermi in ogni modo. Milano era casa mia. Ma io avevo scelto, erano tre anni che Roman Abramovic mi corteggiava. Avevo trent’anni, era il momento giusto per fare una nuova esperienza. Mi sono perso la rivincita con il Liverpool. E al Chelsea non è andata bene, troppi problemi fisici. Ma non è stato un errore.

Non ho amato nessun calciatore come ho amato lui, nemmeno Maldini, che per me è un idolo assoluto.
Ancora oggi, nonostante ormai io sia un uomo, non più un ragazzino, quando lo vedo in tele esclamo "Ma quello è Sheva" e mi fermo a sentire cosa dice o a capire cosa ci fa in TV.
 
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