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In Champions il Milan perde la sua dimensione italiana. È stato più un problema fisico che tecnico. Stavolta è troppo leggero a centrocampo, sbaglia tanti palloni quando ricomincia l’azione, perde contrasti. Mancano Kessie e Krunic non ha qualità internazionali, diventa presto uno dei problemi del Milan. Gli altri vengono dalla rapidità del Porto, dall’insistenza dei loro giocatori addetti a una continua fase di attacco. Solo a Liverpool la difesa ha ballato di più e solo in alcuni momenti. Ieri è stato un tormento continuo. Il Porto non ha fuoriclasse ma corre con la palla al piede e sterza con facilità, non è facile prenderli. Nemmeno Tomori si è salvato fino ad essere sostituito. Quando Luis Diaz ha segnato il suo gol, il Porto aveva tirato 14 volte in porta, il Milan solo due. C’erano assenze importanti, vero, ma la partita è finita per diventare presto una sopravvalutazione continua del Porto, che è una buona squadra come sempre ma non ottima, si ferma molto prima. Ha vinto di forza prendendo a spinte il Milan e tenendolo sempre nella sua trequarti. C’era per noi italiani un fallo su Bennacer sull’azione del gol. Poche volte è un fallo fischiato a livello internazionale. Il nostro ottimo campionato, con il suo equilibrio e la sua ritrovata voglia di correre e con la pignoleria autonoma dei nostri arbitri, ha finito per abituarci a un calcio che non c’è più. Esiste nel bisogno di polemiche nostre dove mescoliamo cose viste in diretta con ingrandimenti a velocità zero. Non ho grandi competenze arbitrali. Ho il dovere di avere fiducia nel giudice. Non fidandoci di un arbitro, ci siamo inventati una macchina che porta al giudizio due arbitri. È un paradosso poco comprensibile. Comunque delle due una: se è corretto il modo europeo di arbitrare, è inadeguato il nostro. O viceversa. La differenza si nota ormai quasi con violenza".