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Mario Sconcerti dal CorSera in edicola sulla Serie A
"Milan e Napoli sono le squadre
migliori viste finora. L’Inter
ha gli stessi punti di un anno
fa, questo per dire che significa poco
il pareggio causato da un autogol di
Dzeko e un gol eccezionale di
Augello. C’è un dato però che viene
lentamente fuori: le squadre in testa
non hanno niente da costruire,
arrivano da un passato compiuto di
cui hanno fatto un investimento.
Napoli e Milan non sembrano
squadre di inizio settembre, hanno
già tanta strada alle spalle. Adesso
possono permettersi di dominare
vecchie grandi squadre come
Juventus e Lazio. Discorso diverso
per la Roma, squadra un po’ corta,
incompleta, ma portata comunque
su confini diversi dal carisma maturo
di Mourinho, che non parla più
come un agitatore di masse, ma
insegue il profilo basso dei
proprietari e accenna dosi
impreviste di sapienza. Si è
affermata in generale una solidità
che si raggiunge di solito in inverno
e che la povertà del mercato
permette di trasformare adesso in
virtù. Nessuno ha tenuto per scelta i
suoi giocatori. È successo che non
erano più molto ricchi nemmeno
quelli che dovevano acquistare. Così
ci siamo rinforzati non potendo
vendere. L’argomento non riguarda
la Juventus. Lì siamo in un campo
che va oltre l’aspetto tecnico. C’è una
difficoltà di base mai conosciuta.
Perché Andrea Agnelli non è il
proprietario della Juve come era
l’Avvocato, è sottoposto alla
monarchia di John Elkann a cui
l’Avvocato affidò a suo tempo la
cassa dell’azienda. Questo comporta
che per qualunque disegno appena
estemporaneo Andrea debba
chiedere la copertura di John. E oggi
siamo a richieste esaudite di 700
milioni in un anno e mezzo. Questo
bisogno di assenso ha fatto diventare
la Juve una società ricchissima e
normale, cioè obbligata a farsi carico
dei propri disagi. Sintetizzando,
forse brutalmente, ma la brutalità
non è mia, sta nelle scelte ereditarie
di una grande famiglia, la Juventus
non ha più alla guida il numero uno
Fiat. Successe all’epoca Umberto
Agnelli-Giraudo, ma lì i protagonisti
erano tutti anziani signori. Qui sono
giovani energie che hanno ancora un
bisogno di dimostrarsi. Non è un
problema di soldi. Il problema è che
un Agnelli deve chiedere quei soldi
sempre a un altro Agnelli. Questo
equilibrio difettoso è sceso anche
sulla squadra. Non si può coprire
700 milioni di deficit e rinforzarsi,
non ci riesce nessuno. Soprattutto
dopo che sei abituato a vincere un
tutto e a perdere sempre l’altro. Non
trovi più la giusta dimensione".
"Milan e Napoli sono le squadre
migliori viste finora. L’Inter
ha gli stessi punti di un anno
fa, questo per dire che significa poco
il pareggio causato da un autogol di
Dzeko e un gol eccezionale di
Augello. C’è un dato però che viene
lentamente fuori: le squadre in testa
non hanno niente da costruire,
arrivano da un passato compiuto di
cui hanno fatto un investimento.
Napoli e Milan non sembrano
squadre di inizio settembre, hanno
già tanta strada alle spalle. Adesso
possono permettersi di dominare
vecchie grandi squadre come
Juventus e Lazio. Discorso diverso
per la Roma, squadra un po’ corta,
incompleta, ma portata comunque
su confini diversi dal carisma maturo
di Mourinho, che non parla più
come un agitatore di masse, ma
insegue il profilo basso dei
proprietari e accenna dosi
impreviste di sapienza. Si è
affermata in generale una solidità
che si raggiunge di solito in inverno
e che la povertà del mercato
permette di trasformare adesso in
virtù. Nessuno ha tenuto per scelta i
suoi giocatori. È successo che non
erano più molto ricchi nemmeno
quelli che dovevano acquistare. Così
ci siamo rinforzati non potendo
vendere. L’argomento non riguarda
la Juventus. Lì siamo in un campo
che va oltre l’aspetto tecnico. C’è una
difficoltà di base mai conosciuta.
Perché Andrea Agnelli non è il
proprietario della Juve come era
l’Avvocato, è sottoposto alla
monarchia di John Elkann a cui
l’Avvocato affidò a suo tempo la
cassa dell’azienda. Questo comporta
che per qualunque disegno appena
estemporaneo Andrea debba
chiedere la copertura di John. E oggi
siamo a richieste esaudite di 700
milioni in un anno e mezzo. Questo
bisogno di assenso ha fatto diventare
la Juve una società ricchissima e
normale, cioè obbligata a farsi carico
dei propri disagi. Sintetizzando,
forse brutalmente, ma la brutalità
non è mia, sta nelle scelte ereditarie
di una grande famiglia, la Juventus
non ha più alla guida il numero uno
Fiat. Successe all’epoca Umberto
Agnelli-Giraudo, ma lì i protagonisti
erano tutti anziani signori. Qui sono
giovani energie che hanno ancora un
bisogno di dimostrarsi. Non è un
problema di soldi. Il problema è che
un Agnelli deve chiedere quei soldi
sempre a un altro Agnelli. Questo
equilibrio difettoso è sceso anche
sulla squadra. Non si può coprire
700 milioni di deficit e rinforzarsi,
non ci riesce nessuno. Soprattutto
dopo che sei abituato a vincere un
tutto e a perdere sempre l’altro. Non
trovi più la giusta dimensione".