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Il Post ha provato a ricostruire dal principio gli eventi della zona più interessata dal virus,non solo in Italia.
Uffcialmente l'epidemia inizia il 23 febbraio con i tamponi risultati positivi a due pensionati ricoverati di Alzano,il centro più importante nella bassa valle a poca distanza da Bergamo.
Immediatamente scatta l'allarme e l'ospedale isolato con nastri di chiusura reparti.
Il paziente 1 di Codogno è apparso dal nulla appena tre giorni prima alla ribalta mediatica e proprio il 23 l'area attorno a Codogno viene delimitata dalle autorità come zona rossa.
I due pazienti vengono trasferiti a Bergamo e subito l'ospedale di Alzano riapre senza precauzioni.
Sostanzialmente la chiusura è durata poche ore e dal giorno 24 hanno lavorato normalmente.
Proprio quel giorno muore uno dei due pensionati,un signore di 84 anni,ma clamorosamente non nasce un allarme sociale anzia tutto il contrario:
nei giorni seguenti amministratori locali e imprenditori si lanciano nell'ottimismo e il presidente locale di Confindustria fa un video in inglese per non spaventare i clienti stranieri pena perdite economiche (Bergamo is running/Bergamo non si ferma).
La regione fa sapere di non voler adottare la quarantena,come nell'area di Codogno e di 11 comuni circostanti.
Il 26 febbraio i contagi diventano 20 con i primi risultati dei test,tra loro degli operatori medico-sanitari di Alzano
Il 29 febbraio si inizia a sospettare di avere fatto un errore,ma dalla regione ancora picche a zona rossa.
Il 2 marzo arrivano molti risultati contemporaneamente e le dimensioni diventano più che preoccupanti con 508 casi in provincia di Bergamo,quasi arrivando alla provincia di Lodi con 621 contagi.
A questo punto l'ISS scrive per raccomandare la chiusura della Val Seriana.
Il 3 marzo i contagi in provincia di Bergamo superano quelli in provincia di Lodi.
L'assessore al welfare Gallera in conferenza di sera non esclude più la zona rossa a priori,come prima.
Il 6 marzo la delegazione bergamasca di Confidustria fa una stima delle aziende che avrebbero rischiato di chiudere con la quarantena,un loro imprenditore scrive a Il Sole 24 Ore una lettera che non viene pubblicata per invogliare altri a non rispettare la chiusura imposta eventualmente.
I contagi aumentano ogni giorno e l'ISS ripete di fare una zona rossa
A questo punto dinanzi l'evidenza sembra che alcuni amministratori locali accettino l'idea.
Vengono mandati 300 poliziotti e carabinieri per delimitare i confini di Alzano e Nembro.
Ad un certo punto però alle 23 del 7 marzo il sindaco di Alzano comunica che non ci sarà zona rossa.
Anche a causa del contemporaneo decreto legge del governo che proprio in quelle ore decide di estendere una zona arancione a tutta la regione e altre 14 province più colpite
Molti medici di base e di famiglia denunciano l'impreparazione della sanità lombarda nella cura domiciliare,poichè tutto focalizzato su ospedali e cliniche
Non a caso gente che muore in casa perchè mancano le bombole di ossigeno per decine di km nel territorio.
Nelle RSA ritardi e misure diverse hanno portato evitabili contagi,oltre alla mancanza di dispositivi di protezione.
Si sta in casa in attesa di un fantomatico tampone,poi ricovero e spesso telefonata per comunicare il decesso.
Pochi hanno celebrato un rito funebre ed è stato complesso anche risalire alle ceneri esatte del proprio defunto cremato,altra situazione che ha incrementato la rabbia popolare .
La conformazione della valle e gli scambi capillari con altre zone hanno fatto il resto di un'ecatombe evitabile.
Uffcialmente l'epidemia inizia il 23 febbraio con i tamponi risultati positivi a due pensionati ricoverati di Alzano,il centro più importante nella bassa valle a poca distanza da Bergamo.
Immediatamente scatta l'allarme e l'ospedale isolato con nastri di chiusura reparti.
Il paziente 1 di Codogno è apparso dal nulla appena tre giorni prima alla ribalta mediatica e proprio il 23 l'area attorno a Codogno viene delimitata dalle autorità come zona rossa.
I due pazienti vengono trasferiti a Bergamo e subito l'ospedale di Alzano riapre senza precauzioni.
Sostanzialmente la chiusura è durata poche ore e dal giorno 24 hanno lavorato normalmente.
Proprio quel giorno muore uno dei due pensionati,un signore di 84 anni,ma clamorosamente non nasce un allarme sociale anzia tutto il contrario:
nei giorni seguenti amministratori locali e imprenditori si lanciano nell'ottimismo e il presidente locale di Confindustria fa un video in inglese per non spaventare i clienti stranieri pena perdite economiche (Bergamo is running/Bergamo non si ferma).
La regione fa sapere di non voler adottare la quarantena,come nell'area di Codogno e di 11 comuni circostanti.
Il 26 febbraio i contagi diventano 20 con i primi risultati dei test,tra loro degli operatori medico-sanitari di Alzano
Il 29 febbraio si inizia a sospettare di avere fatto un errore,ma dalla regione ancora picche a zona rossa.
Il 2 marzo arrivano molti risultati contemporaneamente e le dimensioni diventano più che preoccupanti con 508 casi in provincia di Bergamo,quasi arrivando alla provincia di Lodi con 621 contagi.
A questo punto l'ISS scrive per raccomandare la chiusura della Val Seriana.
Il 3 marzo i contagi in provincia di Bergamo superano quelli in provincia di Lodi.
L'assessore al welfare Gallera in conferenza di sera non esclude più la zona rossa a priori,come prima.
Il 6 marzo la delegazione bergamasca di Confidustria fa una stima delle aziende che avrebbero rischiato di chiudere con la quarantena,un loro imprenditore scrive a Il Sole 24 Ore una lettera che non viene pubblicata per invogliare altri a non rispettare la chiusura imposta eventualmente.
I contagi aumentano ogni giorno e l'ISS ripete di fare una zona rossa
A questo punto dinanzi l'evidenza sembra che alcuni amministratori locali accettino l'idea.
Vengono mandati 300 poliziotti e carabinieri per delimitare i confini di Alzano e Nembro.
Ad un certo punto però alle 23 del 7 marzo il sindaco di Alzano comunica che non ci sarà zona rossa.
Anche a causa del contemporaneo decreto legge del governo che proprio in quelle ore decide di estendere una zona arancione a tutta la regione e altre 14 province più colpite
Molti medici di base e di famiglia denunciano l'impreparazione della sanità lombarda nella cura domiciliare,poichè tutto focalizzato su ospedali e cliniche
Non a caso gente che muore in casa perchè mancano le bombole di ossigeno per decine di km nel territorio.
Nelle RSA ritardi e misure diverse hanno portato evitabili contagi,oltre alla mancanza di dispositivi di protezione.
Si sta in casa in attesa di un fantomatico tampone,poi ricovero e spesso telefonata per comunicare il decesso.
Pochi hanno celebrato un rito funebre ed è stato complesso anche risalire alle ceneri esatte del proprio defunto cremato,altra situazione che ha incrementato la rabbia popolare .
La conformazione della valle e gli scambi capillari con altre zone hanno fatto il resto di un'ecatombe evitabile.