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Sulla costituzionalità del referendum: gli ordinamenti statali come quello spagnolo si caratterizzano per il fatto che non contemplano al proprio interno la possibilità del loro superamento. Si tratta di una impostazione intrinsecamente violenta, perché dogmatica, e tale da collocarli a rigore al di fuori della giuridicità. Ma al di là di questo, esiste una norma pre-costituzionale che attribuisce ad ogni popolo il diritto all'autodeterminazione e che sta alla stessa base di ogni costituzione, per cui argomentare contro l'iniziativa catalana sulla base delle norme poste da una data costituzione in realtà non dissolve la tesi opposta. Ciò detto, resterebbe da capire se il popolo catalano sia effettivamente tale: cioè se effettivamente possa essere qualificato come "popolo". Mi pare che da un punto di vista storico e sociologico ci siano pochi dubbi a riguardo: la catalogna ha avuto - e ancora ha - differenze rispetto al resto delle regioni iberiche che non permette la riduzione dell'una alle altre, per cui mi pare incontestabile che quello catalano possa definirsi "popolo" come in effetti si qualifica.
Sulla strumentalizzazione del referendum anche qui il discorso mi pare che non colga nel segno: è chiaro che viene strumentalizzato, perché si tratto di uno strumento. Poi, circa il merito, non vedo chi si possa arrogare il diritto di stabilire ciò che è bene per un popolo, se non il popolo stesso: a meno di mettere in discussione il metodo democratico.
Se poi la questione indipendentista davvero interessasse ad una minoranza della popolazione, a maggior ragione l'intervento repressivo spagnolo sarebbe ingiustificato. Ma la realtà, evidentemente, non è questa: l'afflato indipendentista è ben più diffuso rispetto a quello che molti credono o vorrebbero, di qui l'opzione repressiva violenta scelta dal governo spagnolo.
Nessun potere costituito prevede la possibilità di un suo superamento, siamo proprio al livello dell'abc della politologia e leggere certe cose fa gelare il sangue nelle vene. Quando in uno Stato emergono e interagiscono dinamiche sociali tali da rivendicare mutazioni politiche e laddove tali cambiamenti siamo consentiti, conformemente alle regole dettate dal potere costituito, secondo procedure giuridicamente predefinite, è lecito e dovuto, nel rispetto delle procedure, attendersi l'accettazione di tali riforme da parte del potere governativo. In tal caso il potere costituito aspira legittimamente a riformare o rimodellare se stesso. Nel momento in cui le suddette dinamiche sociali invocano mutamenti di rango costituzionale (sferrando un attacco al POTERE COSTITUITO) la pretesa indebita di imporre le stesse riforme ad ogni costo, integra una trasgressione gravissima, come tale suscettibile di essere soffocata coercitivamente. Ogni potere costituente eversivo, deve accettare stoicamente l'inderogabilità dell'applicazione di ritorsioni manu militari. Se così non fosse, se dovessimo seguire la logica del tuo ragionamento, ognuno potrebbe stravolgere a proprio piacimento e capriccio qualsiasi assetto costituzionale, senza il timore di incorrere nella minima controffensiva, ledendo la sacralità dello Stato, inteso come Auctoritas superiorem non recognoscens.
Il referendum è incostituzionale perché la Costituzione spagnola non prevede l'ipotesi di recesso unilaterale. Da che mondo è mondo le secessioni si fanno con le guerre civili, è sempre stato così, e un separatista non disposto a versare il sangue per vedere realizzata l'indipendenza è un quaquaraqua. Fa sorridere l'appiglio al principio di autodeterminazione dei popoli, istituito espressamente per i popoli soggetti a dominazione coloniale e che ora si vorrebbe estendere a chiunque voglia recintarsi il giardino di casa. La Catalogna non è soggetta a dominazione straniera e non esiste, non è mai esistito, un diritto alla secessione giuridicamente disciplinato dal diritto internazionale.