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Pioli:"Ibra mi ha detto 'Sto bene, mister'. Vorrei aprire un ciclo".
Stefano Pioli al CorSera in edicola oggi, 31 dicembre:"Ibra è un guerriero, un leader, un giocatore carismatico che ha grande senso della responsabilità e grande voglia di vincere. Sarà di stimolo per tutta la squadra, il suo apporto sarà fondamentale. Essendo la squadra più giovane del campionato qualche limite a livello di cattiveria agonistica l’abbiamo riscontrato. Ibra è quel tipo di giocatore, di persona e di leader che potrà aiutarci a colmarlo. Ringrazio la proprietà. Gazidis, Maldini, Boban e Massara hanno lavorato tanto durante le feste. Caratterialmente cosa può dare? Sa fare tutto, sa mandare in gol i compagni, sa occupa- re bene l’area, saprà essere il punto di riferimento della nostra fase offensiva. L’ho sentito al telefono, è molto carico, non vede l’ora di allenarsi con noi, come io di averlo".
"Cosa gli ho detto? Gli ho dato il benvenuto, si è informato sulle condizioni della squadra, sui prossimi allenamenti, sulle prossime situazioni da affrontare. Mi ha detto: “mister stai tranquillo che sto bene".
"Superare la batosta di Bergamo? Con la voglia di riscatto, perché abbiamo finito il 2019 nel peggior modo possibile. Ibra ci dà un motivo in più per essere positivi".
"Non mi piace l'etichetta di normalizzatore? È il concetto di mettere un’etichetta che non mi piace. Vengo descritto come un tipo più distaccato di quello che sono, sono molto più passionale, vivo di emozioni, di entusiasmo. Ma a volte mi sembra che si confonda l’educazione e il rispetto con la mancanza di personalità, o che per essere un bravo allenatore si debba essere arroganti".
"Di cosa sono più soddisfatto del 2019? Di come sono stato accolto qui, della disponibilità dei giocatori. Di come mi sento coinvolto. Sono arrivato la settimana della sosta del campionato, c’erano pochissimi giocatori. Quando è stato il momento di debuttare contro il Lecce mi sembrava di essere qui da tanto tempo".
"Urgenza per il 2020? Dobbiamo diventare più concreti. Siamo costretti a fare un volume di gioco troppo
elevato per vincere, siamo una delle squadre che in percentuale sfrutta meno le occasioni create. È un limite grosso, abbiamo lasciato 3-4 punti per questo".
"I cartelli appesi a Milanello? Una delle cose più importanti è motivare, stimolare la squadra. Sin dai primi giorni della settimana cerco di buttare delle “ancore”, dei salvagente che mi aiutino a portare la motivazione al massimo
nel finale della settimana. Faccio come Pollicino: se tutti i giorni butto un principio, un concetto, uno slogan, una foto, una dichiarazione di un avversario o di un mio giocatore, a fine settimana è più facile ricordare quello che mi preme ai giocatori. Gli stimoli sono diversi da settimana a settimana. Può essere la sintesi della nostra ultima prestazione, una nostra caratteristica o una degli avversari. Anche una dichiarazione, che può far arrabbiare i miei. Io leggo le interviste dei grandi coach, uso spesso allenatori di altre discipline, soprattutto pallavolo e basket, trovo che abbiano una grande capacità di comunicazione. Adesso a Milano è arrivato Ettore Messina, spero di incontrarlo. In passato ho preso tanti spunti da Julio Velasco".
"Allegri dice che gli schemi contano poco e che l'allenatore deve fare pochi danni? Sono completamente d’accordo a metà con Allegri. È vero che il grande allenatore è quello che sa leggere la partita, che riesce a intervenire con i cambi o le direttive giuste, e che i giocatori di qualità sono quelli che fanno vincere, ma penso che la preparazione alla partita, a livello tecnico- tattico e motivazionale, sia altrettanto importante".
"La tecnologia e il tablet sul comodino? Per annotarmi qual- cosa che mi viene in men- te e rischio di dimenticare! La tecnologia è utile, penso ai videoanalisti. Ma io credo che ad aver cambiato il lavoro sia l’uso dello staff, io ho 11 persone. Così posso concentrarmi di più sulla gestione della squadra, anche quella invisibile, dai sanitari ai magazzinieri. Al giovedì ci si confronta, perché le scelte da fare sono tante, fase difensiva, fa- se offensiva, palle inattive".
"Quindi l'allenatore non è più un uomo solo? È solo nelle sconfitte. Ed è anche giusto così, come capita a chi ha una responsabilità e deve convivere con il peso delle sue scelte. È chiaro che i risultati restano determinanti, ma io credo di aver acquisito l’equilibrio per poter ammettere se ho sbagliato le scelte al di là del risultato. A volte ho riconosciuto miei errori anche dopo le vittorie".
"Mi piacerebbe essere alla guida di un progetto lungo? Sì, tanto. La mia esperienza più duratura è stato a Bologna due anni e mezzo. Mi piacerebbe allenare una squadra 4-5 anni, perché c’è tanto da creare come spirito, come cultura. Non si può fare a meno dei risultati, ma credo che la difficoltà maggiore sia la valutazione degli obiettivi a inizio anno: perché se pensi che la tua squadra sia meglio di quello che è, diventa difficile centrare gli obiettivi e di conseguenza tenere l’allenatore. L’allenatore fortunato è quello che va in una società che ha un giudizio realistico degli obiettivi della squadra".
"Al Milan mi hanno chiesto obiettivi realistici? A me la società ha chiesto di fare il massimo per raggiungere gli obiettivi più alti possibili. Non mi ha chiesto per forza la Champions, ma di sfruttare i giocatori a disposizione, consapevole di avere una squadra con qualità".
"Paquetà? Nessun dubbio, è una mezz’ala. Lavora con impegno e generosità, ma deve diventare più determinante: che significa che o fa gol o deve far fare gol".
"Piatek ora rischia di deprimersi? Se giochi nel Milan e arriva un giocatore di qualità devi essere stimolato e contento: più sono e più si alzano le possibilità di vincere".
"Differenze con l'esperienza all'Inter? L’Inter è una squadra molto più esperta, con dinamiche definite, quindi ancora più difficili da cambiare. Qui ho trovato una squadra più giovane, più aperta, direi più “malleabile”".
"Cosa faccio nel tempo libero? La mia serata tipo sarebbe cinema e poi pizza. Ho appena visto Irish Men, mi è piaciuto molto. Ora guardo le serie tv: Peaky Blinders".
"Chiudo con un augurio? Di vivere assieme un 2020 migliore. E chissà che non nasca qui il mio ciclo lungo".
Stefano Pioli al CorSera in edicola oggi, 31 dicembre:"Ibra è un guerriero, un leader, un giocatore carismatico che ha grande senso della responsabilità e grande voglia di vincere. Sarà di stimolo per tutta la squadra, il suo apporto sarà fondamentale. Essendo la squadra più giovane del campionato qualche limite a livello di cattiveria agonistica l’abbiamo riscontrato. Ibra è quel tipo di giocatore, di persona e di leader che potrà aiutarci a colmarlo. Ringrazio la proprietà. Gazidis, Maldini, Boban e Massara hanno lavorato tanto durante le feste. Caratterialmente cosa può dare? Sa fare tutto, sa mandare in gol i compagni, sa occupa- re bene l’area, saprà essere il punto di riferimento della nostra fase offensiva. L’ho sentito al telefono, è molto carico, non vede l’ora di allenarsi con noi, come io di averlo".
"Cosa gli ho detto? Gli ho dato il benvenuto, si è informato sulle condizioni della squadra, sui prossimi allenamenti, sulle prossime situazioni da affrontare. Mi ha detto: “mister stai tranquillo che sto bene".
"Superare la batosta di Bergamo? Con la voglia di riscatto, perché abbiamo finito il 2019 nel peggior modo possibile. Ibra ci dà un motivo in più per essere positivi".
"Non mi piace l'etichetta di normalizzatore? È il concetto di mettere un’etichetta che non mi piace. Vengo descritto come un tipo più distaccato di quello che sono, sono molto più passionale, vivo di emozioni, di entusiasmo. Ma a volte mi sembra che si confonda l’educazione e il rispetto con la mancanza di personalità, o che per essere un bravo allenatore si debba essere arroganti".
"Di cosa sono più soddisfatto del 2019? Di come sono stato accolto qui, della disponibilità dei giocatori. Di come mi sento coinvolto. Sono arrivato la settimana della sosta del campionato, c’erano pochissimi giocatori. Quando è stato il momento di debuttare contro il Lecce mi sembrava di essere qui da tanto tempo".
"Urgenza per il 2020? Dobbiamo diventare più concreti. Siamo costretti a fare un volume di gioco troppo
elevato per vincere, siamo una delle squadre che in percentuale sfrutta meno le occasioni create. È un limite grosso, abbiamo lasciato 3-4 punti per questo".
"I cartelli appesi a Milanello? Una delle cose più importanti è motivare, stimolare la squadra. Sin dai primi giorni della settimana cerco di buttare delle “ancore”, dei salvagente che mi aiutino a portare la motivazione al massimo
nel finale della settimana. Faccio come Pollicino: se tutti i giorni butto un principio, un concetto, uno slogan, una foto, una dichiarazione di un avversario o di un mio giocatore, a fine settimana è più facile ricordare quello che mi preme ai giocatori. Gli stimoli sono diversi da settimana a settimana. Può essere la sintesi della nostra ultima prestazione, una nostra caratteristica o una degli avversari. Anche una dichiarazione, che può far arrabbiare i miei. Io leggo le interviste dei grandi coach, uso spesso allenatori di altre discipline, soprattutto pallavolo e basket, trovo che abbiano una grande capacità di comunicazione. Adesso a Milano è arrivato Ettore Messina, spero di incontrarlo. In passato ho preso tanti spunti da Julio Velasco".
"Allegri dice che gli schemi contano poco e che l'allenatore deve fare pochi danni? Sono completamente d’accordo a metà con Allegri. È vero che il grande allenatore è quello che sa leggere la partita, che riesce a intervenire con i cambi o le direttive giuste, e che i giocatori di qualità sono quelli che fanno vincere, ma penso che la preparazione alla partita, a livello tecnico- tattico e motivazionale, sia altrettanto importante".
"La tecnologia e il tablet sul comodino? Per annotarmi qual- cosa che mi viene in men- te e rischio di dimenticare! La tecnologia è utile, penso ai videoanalisti. Ma io credo che ad aver cambiato il lavoro sia l’uso dello staff, io ho 11 persone. Così posso concentrarmi di più sulla gestione della squadra, anche quella invisibile, dai sanitari ai magazzinieri. Al giovedì ci si confronta, perché le scelte da fare sono tante, fase difensiva, fa- se offensiva, palle inattive".
"Quindi l'allenatore non è più un uomo solo? È solo nelle sconfitte. Ed è anche giusto così, come capita a chi ha una responsabilità e deve convivere con il peso delle sue scelte. È chiaro che i risultati restano determinanti, ma io credo di aver acquisito l’equilibrio per poter ammettere se ho sbagliato le scelte al di là del risultato. A volte ho riconosciuto miei errori anche dopo le vittorie".
"Mi piacerebbe essere alla guida di un progetto lungo? Sì, tanto. La mia esperienza più duratura è stato a Bologna due anni e mezzo. Mi piacerebbe allenare una squadra 4-5 anni, perché c’è tanto da creare come spirito, come cultura. Non si può fare a meno dei risultati, ma credo che la difficoltà maggiore sia la valutazione degli obiettivi a inizio anno: perché se pensi che la tua squadra sia meglio di quello che è, diventa difficile centrare gli obiettivi e di conseguenza tenere l’allenatore. L’allenatore fortunato è quello che va in una società che ha un giudizio realistico degli obiettivi della squadra".
"Al Milan mi hanno chiesto obiettivi realistici? A me la società ha chiesto di fare il massimo per raggiungere gli obiettivi più alti possibili. Non mi ha chiesto per forza la Champions, ma di sfruttare i giocatori a disposizione, consapevole di avere una squadra con qualità".
"Paquetà? Nessun dubbio, è una mezz’ala. Lavora con impegno e generosità, ma deve diventare più determinante: che significa che o fa gol o deve far fare gol".
"Piatek ora rischia di deprimersi? Se giochi nel Milan e arriva un giocatore di qualità devi essere stimolato e contento: più sono e più si alzano le possibilità di vincere".
"Differenze con l'esperienza all'Inter? L’Inter è una squadra molto più esperta, con dinamiche definite, quindi ancora più difficili da cambiare. Qui ho trovato una squadra più giovane, più aperta, direi più “malleabile”".
"Cosa faccio nel tempo libero? La mia serata tipo sarebbe cinema e poi pizza. Ho appena visto Irish Men, mi è piaciuto molto. Ora guardo le serie tv: Peaky Blinders".
"Chiudo con un augurio? Di vivere assieme un 2020 migliore. E chissà che non nasca qui il mio ciclo lungo".