Pioli a reti unificate:"Milan da Champions nasce di notte".

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Pioli a reti unificate:"Milan da Champions nasce di notte".

Pioli a reti e quotidiani unificati

Pioli a Sky sul Milan:” Non sto vivendo una favola, ma la realtà. Mi piace molto la musica ed è uscita una canzone dei Negramaro, dal titolo ‘Contatto’, che dice: ‘La vita che volevo è tutta qui. Gli amici che sognavo, proprio così’. Ecco questa frase racchiude il momento in rossonero. Se il Milan fosse una donna sarebbe mia moglie, sono sposato con lei da 32 anni, è la donna della mia vita e anche il Milan è così. L’esperienza che ho vissuto a Firenze, con la perdita di mio padre lo scorso anno, sono stati due momenti molto duri. Penso di avere due angeli in più e nei miei risultati ci sono anche loro, uno di questi è Davide Astori“

Pioli al CorSera:"La canzone dei Negramaro Contatto? Quella canzone riassume in maniera perfetta questo momento della mia vita. Sono felice. Come non lo sono stato mai, professionalmente parlando. La prima volta che sono entrato a Milanello ho sentito qualcosa di magico, un’energia unica. Ma il fatto è che la risento ogni mattina alle 8. So di essere fortunato. E farò di tutto per continuare a meritarmi questa fortuna”.

Avanti di questo passo sarà dura mandarla via. Lei vorrebbe restare qui a lungo? Si vede come un Wenger o un Ferguson?


“Come dice la canzone, la vita è tutta qui. Vivo nel presente, che è un presente bellissimo”


Alcuni suoi colleghi, forse perchè hanno vito subito, danno l’impressione di restare sempre uguali. Lei sembra l’allenatore che più si è evoluto. E’ questo il suo segreto?”

“Invidio i colleghi giovani che hanno già tutto molto chiaro, io ho avuto bisogno di lavorare tanto: ho fatto corsi di comunicazione, di psicologia, di gestione delel persone. Appena ho potuto sono andato a studiare altri allenatori. Ho investito molto su me stesso: se mi vedessero adesso i giocatori che ho allenato nel 2003 a Salerno, quando ho iniziato, non mi riconoscerebbero”.

E adesso a che punto è?

“Non sono un genio, ma determinato e tenace sì. E curioso. Ho sempre pensato che ci sia da imparare da tutti. Prende lo staff: ho iniziato col solo Osti, adesso ho 10 collaboratori. E tutti i nuovi hanno meno di 30 anni. I giovani ti aiutano ad avere chiavi di lettura diverse, specie sulle nuove tecnologie, preziosissime. Oggi mi sento completo e maturo come non mai”.

L’hanno spesso etichettata come uno che parte bene e finisce male. Questo 2020 è la sua rivincita?

“E’ un termine che non mi piace, perchè sono cresciuto con valori diversi, con la cultura del lavoro, non della rivalsa. Ho da dimostrare solo a me stesso. Mi sento completo, ma so che posso fare anche di più. Sono un provinciale testardo. E la testardaggine aiuta.”


Però la definizione di Normal One non le è mai andata giù, dica la verità

“Io sono un uomo normale. Sono semplice, amo esserlo. La semplicità è un valore che ho imparato dai miei genitori e che cerco di trasferire ai miei figli. E’ l’etichetta che non mi piace”.


Dicono che ora lei sia molto esigente con suo figlio Gianmarco, che lavora nel suo staff come match analyst


“Sono esigente con tutti come lo sono con me. E quindi anche con mio figlio. Anche perchè i giocatori sono tutti un po’ miei figli.E’ bello comunque lavorare con Gianmarco. Ma sul campo è un collaboratore come tutti gli altri”.


Anche Ibrahimovic è come tutti gli altri?


“Mai conosciuto un giocatori così intelligente e simpatico. Sono momenti così, tornerà e giocherà più di prima. Ma già la sua presenza è fondamentale, sa trascinare e stimolare i compagni”.


Il personaggio, di certo, è ingombrante. Come si gestisce uno così?


“In realtà non è difficile. Perchè siamo entrambi diretti, non ci nascondiamo, nel bene e nel male. Ci siamo detti anche cose negative, succede, è normale, è la dinamica logica di una squadra. Una volta è entrato nel mio ufficio e mi ha detto: mister, oggi parlo io. Io mi sono messo li e ho ascoltato. Il giorno dopo ho parlato io. Funziona così. Bisogna capire le situazioni, le persone, i momenti”.


Un anno fa, di questi tempi uscivate dallo scioccante 5-0 in casa dell’Atalanta, il punto più basso. Da allora il vostro mondo si è rovesciato. Dovesse scegliere un’immagine di questo 2020, quale sarebbe?


“La sera del 20 luglio quando Gazidis mi telefona alla vigilia di Sassuolo-Milan per comunicarmi che lui e la proprietà avevano deciso di confermarmi per la stagione successiva, se mi andava bene. Cosa gli ha risposto? Ivan, aspetta che ci penso un attimo… Ovviamente scherzavo, non ho messo giù il telefono. E’ stata una grande emozione, come quando dopo la partita ho dato l’annuncio alla squadra e ai miei collaboratori”.


Per mesi ha dovuto convivere con l’ombra lunga di Rangnick?


“Ma io non ho mai smarrito la mia serenità, dico davvero. Gazidis prima della partita col Genoa venne a Milanello a dire che le scelte sarebbero state fatte a fine campionato e non prima. Per me le cose erano chiare. Perciò ho continuato a lavorare per meritarmi quella fiducia, senza ascoltare ciò che si diceva in giro. Mi sono concentrato solo sul campo e sulla squadra. Il mio obiettivo era arrivare il più alto possibile”


E l’obiettivo del 2021 che sta per iniziare quale è?


“Continuare a migliorare. E, sì, tornare in Champions. Il club non ci ha chiesto nulla, non ci vuole dare pressione, questo io l’ho apprezzato moltissimo. Maldini, Massara, Gazidis ci mettono nelle condizioni di lavoro ideali: sono straordinari. Ma noi abbiamo bene in testa che dobbiamo fare di tutto per riportare il Milan dove deve, cioè in Champions. Manca da troppo tempo, quello è il suo posto. Possiamo farcela”.


Ha raccontato che per spronare la squadra a gennaio scorso aveva appeso la classifica del’anno solare: è servita da sprone, visto alla fine avete fatto più punti di tutti. Che classifica appenderà stavolta?


“Vedremo. Avevamo tre obiettivi: passare i preliminari, poi i gironi di Europa League e vincere la classifica del 2020. Quello che mi interessa è la crescita. Questa squadra può anche migliorare tanto, anche più di quanto credete”.


Certo, con un paio di rinforzi a gennaio sarebbe più facile. Lei però va ripetendo che c’è un equilibrio da preservare. Cosa intende?


“Qui ora c’è entusiasmo, serietà, compattezza. Non c’è più nemmeno bisogno di appendere ai muri il programma settimanale, tutti sanno cosa fare. Il gruppo è forte, unito, orgoglioso. Chi entra, se entrerà, deve avere la stessa applicazione, la stessa mentalità. Chi è arrivato a gennaio scorso, parlo di Ibrahimovic e Kjaer, ha dato l’esempio. Quello ci ha fatto svoltare. Ecco, con la fatica che abbiamo fatto a raggiungere questo equilibrio dobbiamo stare attenti a non spezzarlo. Su questo punto c’è totale sintonia. Se si può migliorare, miglioriamo. Sennò restiamo benissimo così”.


Pioli a La Stampa

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Ancora Pioli a Sky

Sul ritorno di Ibrahimovic: “Era iniziata molto prima della partita con l’Atalanta. Il suo ok è arrivato nei giorni successivi a quella sconfitta ma a me Paolo, Zvone e Ricky e Gazidis mi avevano parlato di questa opzione molto prima. Ero molto, molto positivo, ovviamente. Sapevo che avevamo bisogno di questa personalità, di questa forza, di questo carisma. E quindi siamo stati pronti. Ho sempre pensato che Ibra fosse il giocatore giusto e adatto al nostro gruppo, al nostro modo di lavorare, al nostro modo di giocare e soprattutto alla nostra mentalità e nel cercare di dare una cultura del lavoro a questa squadra. Non ho mai avuto dubbi su di lui”.

Sul primo incontro con Ibrahimovic a Milanello: “E’ stato un incontro dove ho capito che mi trovavo e ci trovavamo davanti ad un campione di mentalità, professionalità e tecnica. Ha poche parole, ma da lì ho capito che avevo davanti anche una persona molto intelligente, molto simpatica e che quando entra in campo, diventa un’ira di Dio. Ha sempre la battuta giusta, sa sempre motivare i compagni nel modo giusto. Poi chiaro che in campo li sproni con veemenza, ma sa anche parlare con i toni giusti. Sa capire i momenti. E mi piace la sua schiettezza ed il modo di essere diretto. Mi ricordo che quando è arrivato, una delle prime cose che mi ha detto “mister non ascoltare nessuno, io sto bene. Domenica voglio giocare”. Io gli risposi: “Zlatan che tu stia bene, io sono contento” e poi aggiunse: “Io ti rispetto, tu fai l’allenatore e io faccio il calciatore”….”.

Sulla sconfitta per 5-0 contro l’Atalanta: “E’ stata pesante e difficile da accettare per una squadra ed un club come il Milan. Abbiamo avuto tanta volontà e tanta forza del voler portare via, da ogni singola partita, delle situazioni che poi ci hanno permesso di crescere. Quella è stata una lezione molto dura, che ci ha fatto capire diverse cose e anche il modo di giocare e di interpretare le partite. Credo che tutto il percorso sia iniziato a gennaio con un mercato importante, in entrata ed in uscita. Lì abbiamo iniziato a gettare le basi per qualcosa di costruttivo. L’arrivo di Ibrahimovic, Kjaer e Saelemaekers ha portato slancio ed entusiasmo, che avevamo perso dopo Bergamo. La settimana che siamo rimasti a casa è stata pesante a livello mentale perché quel 5-0 ci è rimasto dentro anche durante le feste natalizie. Ma ci siamo detti che non dovevamo più vivere certi tipi di situazioni, che le partite si possono anche perdere, ma che andavano giocate con più intensità e qualità. Da lì siamo ripartiti”.

Sulla risalita: “Che avevamo intrapreso la strada giusta si vedeva dai comportamenti della squadra, dal nostro modo di giocare e da come interpretavamo le partite. Cambiando assetto, con il 4-2-3-1, abbiamo trovato delle posizioni buone in campo che ci hanno dato dei risultati e si intravedeva che il percorso era quello giusto, anche se poi si vedeva che ci mancava la famosa vittoria con la squadra al di sopra di noi in classifica. Quel tassello era quello che ci mancava per acquisire ancora più stima, ancora più fiducia e diventare più forti”.

Sul derby perso in rimonta per 4-2: “E’ stata una delusione perché vincere 0-2 a fine primo tempo meritatamente, speri sempre di portare a casa una partita così importante. Quel match ci ha aiutato a crescere molto. Una delusione forte, dalla quale abbiamo portato a casa degli aspetti positivi che ci ha portato a capire ulteriormente quello che era il sentiero da perseguire”.

Su Milan-Genoa prima del lockdown: “Una situazione particolare, per tutto quello che era successo all’interno, ma anche all’esterno perché giocavamo per la prima volta a porte chiuse. Credo anche che fosse stata la prima volta che Ivan Gazidis sia venuto a parlare con la squadra. Era stato un intervento chiaro, molto coerente nel senso che disse: “Da oggi in poi, l’allenatore e voi giocatori vi giocate la conferma e il futuro al Milan”. Credo che sia stato un bel messaggio e poi mantenuto nel tempo. È stata una grande prova di coerenza e di professionalità. Noi abbiamo lavorato, anche se abbiamo pensato che quella partita li l’abbiamo persa per vari motivi. Abbiamo pensato a lavorare a testa bassa per capire se potevamo dimostrare di esser forti. Questo è stato il nostro obiettivo”.

Sul lockdown primaverile: “La prima parte credo che ci sia servita, sia a me sia ai giocatori. Per quello abbiamo deciso, con lo staff, di lasciarli relativamente tranquilli per le prime due settimane. Chiaramente ci sentivamo, ma non li abbiamo stressati e messi sotto subito. Poi abbiamo iniziato a vederci e allenarci, a gruppi e tutti insieme. È stato un modo per ricompattarci ancora di più e parlandoci così tanto spesso, abbiamo individuato quelli che erano i nostri obiettivi e che strada perseguire fino alla fine”.


Sul confronto con le altre big: “Ci sentivamo sempre inferiori, nel senso che ci abbiamo provato, giocando delle buone partite come quelle a Torino con la Juve, in casa con Napoli e Lazio, il derby. Ma ci mancava sempre quel poco, che in queste partite fanno la differenza. Quando siamo riusciti a prenderci quel poco, la convinzione della squadra è salita e giocava con fiducia e positività, sapendo di poterle vincere quelle partite. Quello è stato il passo decisivo del nostro percorso”.

Sulla conferma al Milan: “Quando Ivan mi ha comunicato la scelta, appena prima della trasferta di Sassuolo, simpaticamente mi disse: “Non mi avevi creduto quando ho detto davanti alla squadra che vi giocavate la conferma e che sarebbero state le vostre prestazioni a determinare il vostro futuro”. Io gli dissi che ci credevo ed era per quello che ho lavorato a testa bassa. Mi ha chiamato e mi ha detto che la proprietà aveva deciso di lavorare insieme. È stato la sera prima di Sassuolo. Ci ho pensato un attimo (ride ndr) e poi gli ho detto che mi stava bene. La squadra non lo sapeva e non lo sapeva nemmeno il mio staff”.

Sulla permanenza di Ibrahimovic: “Il primo approccio c’è stato il giorno dopo la gara con il Sassuolo dove gli chiesi che intenzioni avesse e lui mi disse che gli mancava la famiglia. E lì per lì non ho avuto subito una reazione importante. Ho incassato e ho pensato che conveniva lasciarlo sereno. Zlatan ho imparato a conoscerlo e ho capito che ci sono dei momenti in cui va lasciato solo. Tornando a casa pensavo che non fosse giusto quello che stava succedendo e il giorno dopo ho preso Zlatan e gli ho detto che non mi era piaciuto l’incontro del giorno prima. Gli dissi che il nostro lavoro insieme era appena cominciato e che avevamo fatto tanto, che aveva dimostrato di essere ancora un campione e che non poteva finire in quel modo e che sia io sia la società avremmo fatto di tutto per trattenerlo”.

Sul rinnovo di Ibra e sul mercato estivo: “Credo che la società abbia fatto delle grandi cose in quei giorni, annunciando il rinnovo di Zlatan e l’acquisto di Tonali. Ha dato continuità al progetto per tornare ad essere quello che il Milan è sempre stato”.

Sulla ripesa della nuova stagione: “Sembrava che non ci fossimo mai lasciati. Ho ritrovato entusiasmo, voglia di stare insieme, disponibilità. C’è stata molta positività dentro di noi. Ci siamo preparati poco per giocare tante partite. I preliminari di Europa League sono state particolari e difficili, però siamo stati bravi a tenere un determinato livello di prestazioni anche senza giocatori importanti che avevano ancora qualche problema fisico, però i preliminari sono stati importanti per dare certezze e forza alla squadra, per far crescere tutti e dare la possibilità a tutti di giocare”.

Sul 2020: “E’ stato un anno gratificante, alleno in un grande club ed un gruppo di ragazzi che mi piacciono tanto. Per i loro comportamenti, perché pur essendo così giovani sono molto responsabili perché ci troviamo anche in una situazione molto particolare e complicata per loro. Il primo giorno che sono arrivato a Milanello mi sono sentito bene, con tutti. Qui c’è il meglio possibile per lavorare bene. Dobbiamo continuare su così, puntando al massimo e possiamo toglierci delle grandi soddisfazioni”.

Sui mesi post lockdown: “Pensare di fare nove mesi come li abbiamo fatti noi, con tutti questi risultati, diventa difficile. Ma tutto ciò che abbiamo ottenuto, ce lo siamo conquistato sul campo. Abbiamo messo fuori la classifica dell’anno solare dopo il Cagliari e, pian piano, abbiamo iniziato a lavorare per questo obiettivo dicendo ai ragazzi che da quando abbiamo cambiato modo di giocare e di stare insieme, gli abbiamo fatto vedere dove eravamo. Era un obiettivo, quello della classifica, nel quale la squadra ha creduto fortemente. Abbiamo centrato tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati in questa prima fase di stagione ovvero passare i preliminari, passare il girone di Europa League ed essere in testa alla classifica dell’anno solare. Non ci dà nessun trofeo, ma credo che ci faccia capire di che livello possiamo essere e a quale livello possiamo competere. Siamo a metà della salita, che è ancora lunga e ripida. Dobbiamo continuare a pensare partita per partita, giocare un calcio propositivo. Ci sarà tempo e spazio per cercare altro”.

Sul coro “Pioli is on fire”: “E’ una cosa nata spontaneamente. Siamo un gruppo giovane, che si impegna tanto, che dà il massimo e che trova in queste situazioni molta positività. Mi auguro che possa durare a lungo”.

Su Astori: “Io credo che l’esperienza vissuta a Firenze, insieme alla perdita di mio padre dell’anno scorso, siano state importanti. Credo che ho due angeli custodi in più e penso che in tutti questi bei risultati, ci siano anche loro”.
 

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Pioli a Sky sul Milan:” Non sto vivendo una favola, ma la realtà. Mi piace molto la musica ed è uscita una canzone dei Negramaro, dal titolo ‘Contatto’, che dice: ‘La vita che volevo è tutta qui. Gli amici che sognavo, proprio così’. Ecco questa frase racchiude il momento in rossonero. Se il Milan fosse una donna sarebbe mia moglie, sono sposato con lei da 32 anni, è la donna della mia vita e anche il Milan è così. L’esperienza che ho vissuto a Firenze, con la perdita di mio padre lo scorso anno, sono stati due momenti molto duri. Penso di avere due angeli in più e nei miei risultati ci sono anche loro, uno di questi è Davide Astori“

Pioli al CorSera:"La canzone dei Negramaro Contatto? Quella canzone riassume in maniera perfetta questo momento della mia vita. Sono felice. Come non lo sono stato mai, professionalmente parlando. La prima volta che sono entrato a Milanello ho sentito qualcosa di magico, un’energia unica. Ma il fatto è che la risento ogni mattina alle 8. So di essere fortunato. E farò di tutto per continuare a meritarmi questa fortuna”.

Avanti di questo passo sarà dura mandarla via. Lei vorrebbe restare qui a lungo? Si vede come un Wenger o un Ferguson?


“Come dice la canzone, la vita è tutta qui. Vivo nel presente, che è un presente bellissimo”


Alcuni suoi colleghi, forse perchè hanno vito subito, danno l’impressione di restare sempre uguali. Lei sembra l’allenatore che più si è evoluto. E’ questo il suo segreto?”

“Invidio i colleghi giovani che hanno già tutto molto chiaro, io ho avuto bisogno di lavorare tanto: ho fatto corsi di comunicazione, di psicologia, di gestione delel persone. Appena ho potuto sono andato a studiare altri allenatori. Ho investito molto su me stesso: se mi vedessero adesso i giocatori che ho allenato nel 2003 a Salerno, quando ho iniziato, non mi riconoscerebbero”.

E adesso a che punto è?

“Non sono un genio, ma determinato e tenace sì. E curioso. Ho sempre pensato che ci sia da imparare da tutti. Prende lo staff: ho iniziato col solo Osti, adesso ho 10 collaboratori. E tutti i nuovi hanno meno di 30 anni. I giovani ti aiutano ad avere chiavi di lettura diverse, specie sulle nuove tecnologie, preziosissime. Oggi mi sento completo e maturo come non mai”.

L’hanno spesso etichettata come uno che parte bene e finisce male. Questo 2020 è la sua rivincita?

“E’ un termine che non mi piace, perchè sono cresciuto con valori diversi, con la cultura del lavoro, non della rivalsa. Ho da dimostrare solo a me stesso. Mi sento completo, ma so che posso fare anche di più. Sono un provinciale testardo. E la testardaggine aiuta.”


Però la definizione di Normal One non le è mai andata giù, dica la verità

“Io sono un uomo normale. Sono semplice, amo esserlo. La semplicità è un valore che ho imparato dai miei genitori e che cerco di trasferire ai miei figli. E’ l’etichetta che non mi piace”.


Dicono che ora lei sia molto esigente con suo figlio Gianmarco, che lavora nel suo staff come match analyst


“Sono esigente con tutti come lo sono con me. E quindi anche con mio figlio. Anche perchè i giocatori sono tutti un po’ miei figli.E’ bello comunque lavorare con Gianmarco. Ma sul campo è un collaboratore come tutti gli altri”.


Anche Ibrahimovic è come tutti gli altri?


“Mai conosciuto un giocatori così intelligente e simpatico. Sono momenti così, tornerà e giocherà più di prima. Ma già la sua presenza è fondamentale, sa trascinare e stimolare i compagni”.


Il personaggio, di certo, è ingombrante. Come si gestisce uno così?


“In realtà non è difficile. Perchè siamo entrambi diretti, non ci nascondiamo, nel bene e nel male. Ci siamo detti anche cose negative, succede, è normale, è la dinamica logica di una squadra. Una volta è entrato nel mio ufficio e mi ha detto: mister, oggi parlo io. Io mi sono messo li e ho ascoltato. Il giorno dopo ho parlato io. Funziona così. Bisogna capire le situazioni, le persone, i momenti”.


Un anno fa, di questi tempi uscivate dallo scioccante 5-0 in casa dell’Atalanta, il punto più basso. Da allora il vostro mondo si è rovesciato. Dovesse scegliere un’immagine di questo 2020, quale sarebbe?


“La sera del 20 luglio quando Gazidis mi telefona alla vigilia di Sassuolo-Milan per comunicarmi che lui e la proprietà avevano deciso di confermarmi per la stagione successiva, se mi andava bene. Cosa gli ha risposto? Ivan, aspetta che ci penso un attimo… Ovviamente scherzavo, non ho messo giù il telefono. E’ stata una grande emozione, come quando dopo la partita ho dato l’annuncio alla squadra e ai miei collaboratori”.


Per mesi ha dovuto convivere con l’ombra lunga di Rangnick?


“Ma io non ho mai smarrito la mia serenità, dico davvero. Gazidis prima della partita col Genoa venne a Milanello a dire che le scelte sarebbero state fatte a fine campionato e non prima. Per me le cose erano chiare. Perciò ho continuato a lavorare per meritarmi quella fiducia, senza ascoltare ciò che si diceva in giro. Mi sono concentrato solo sul campo e sulla squadra. Il mio obiettivo era arrivare il più alto possibile”


E l’obiettivo del 2021 che sta per iniziare quale è?


“Continuare a migliorare. E, sì, tornare in Champions. Il club non ci ha chiesto nulla, non ci vuole dare pressione, questo io l’ho apprezzato moltissimo. Maldini, Massara, Gazidis ci mettono nelle condizioni di lavoro ideali: sono straordinari. Ma noi abbiamo bene in testa che dobbiamo fare di tutto per riportare il Milan dove deve, cioè in Champions. Manca da troppo tempo, quello è il suo posto. Possiamo farcela”.


Ha raccontato che per spronare la squadra a gennaio scorso aveva appeso la classifica del’anno solare: è servita da sprone, visto alla fine avete fatto più punti di tutti. Che classifica appenderà stavolta?


“Vedremo. Avevamo tre obiettivi: passare i preliminari, poi i gironi di Europa League e vincere la classifica del 2020. Quello che mi interessa è la crescita. Questa squadra può anche migliorare tanto, anche più di quanto credete”.


Certo, con un paio di rinforzi a gennaio sarebbe più facile. Lei però va ripetendo che c’è un equilibrio da preservare. Cosa intende?


“Qui ora c’è entusiasmo, serietà, compattezza. Non c’è più nemmeno bisogno di appendere ai muri il programma settimanale, tutti sanno cosa fare. Il gruppo è forte, unito, orgoglioso. Chi entra, se entrerà, deve avere la stessa applicazione, la stessa mentalità. Chi è arrivato a gennaio scorso, parlo di Ibrahimovic e Kjaer, ha dato l’esempio. Quello ci ha fatto svoltare. Ecco, con la fatica che abbiamo fatto a raggiungere questo equilibrio dobbiamo stare attenti a non spezzarlo. Su questo punto c’è totale sintonia. Se si può migliorare, miglioriamo. Sennò restiamo benissimo così”.


Pioli a La Stampa

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Pioli a Sky sul Milan:” Non sto vivendo una favola, ma la realtà. Mi piace molto la musica ed è uscita una canzone dei Negramaro, dal titolo ‘Contatto’, che dice: ‘La vita che volevo è tutta qui. Gli amici che sognavo, proprio così’. Ecco questa frase racchiude il momento in rossonero. Se il Milan fosse una donna sarebbe mia moglie, sono sposato con lei da 32 anni, è la donna della mia vita e anche il Milan è così. L’esperienza che ho vissuto a Firenze, con la perdita di mio padre lo scorso anno, sono stati due momenti molto duri. Penso di avere due angeli in più e nei miei risultati ci sono anche loro, uno di questi è Davide Astori“

Pioli al CorSera:"La canzone dei Negramaro Contatto? Quella canzone riassume in maniera perfetta questo momento della mia vita. Sono felice. Come non lo sono stato mai, professionalmente parlando. La prima volta che sono entrato a Milanello ho sentito qualcosa di magico, un’energia unica. Ma il fatto è che la risento ogni mattina alle 8. So di essere fortunato. E farò di tutto per continuare a meritarmi questa fortuna”.

Avanti di questo passo sarà dura mandarla via. Lei vorrebbe restare qui a lungo? Si vede come un Wenger o un Ferguson?


“Come dice la canzone, la vita è tutta qui. Vivo nel presente, che è un presente bellissimo”


Alcuni suoi colleghi, forse perchè hanno vito subito, danno l’impressione di restare sempre uguali. Lei sembra l’allenatore che più si è evoluto. E’ questo il suo segreto?”

“Invidio i colleghi giovani che hanno già tutto molto chiaro, io ho avuto bisogno di lavorare tanto: ho fatto corsi di comunicazione, di psicologia, di gestione delel persone. Appena ho potuto sono andato a studiare altri allenatori. Ho investito molto su me stesso: se mi vedessero adesso i giocatori che ho allenato nel 2003 a Salerno, quando ho iniziato, non mi riconoscerebbero”.

E adesso a che punto è?

“Non sono un genio, ma determinato e tenace sì. E curioso. Ho sempre pensato che ci sia da imparare da tutti. Prende lo staff: ho iniziato col solo Osti, adesso ho 10 collaboratori. E tutti i nuovi hanno meno di 30 anni. I giovani ti aiutano ad avere chiavi di lettura diverse, specie sulle nuove tecnologie, preziosissime. Oggi mi sento completo e maturo come non mai”.

L’hanno spesso etichettata come uno che parte bene e finisce male. Questo 2020 è la sua rivincita?

“E’ un termine che non mi piace, perchè sono cresciuto con valori diversi, con la cultura del lavoro, non della rivalsa. Ho da dimostrare solo a me stesso. Mi sento completo, ma so che posso fare anche di più. Sono un provinciale testardo. E la testardaggine aiuta.”


Però la definizione di Normal One non le è mai andata giù, dica la verità

“Io sono un uomo normale. Sono semplice, amo esserlo. La semplicità è un valore che ho imparato dai miei genitori e che cerco di trasferire ai miei figli. E’ l’etichetta che non mi piace”.


Dicono che ora lei sia molto esigente con suo figlio Gianmarco, che lavora nel suo staff come match analyst


“Sono esigente con tutti come lo sono con me. E quindi anche con mio figlio. Anche perchè i giocatori sono tutti un po’ miei figli.E’ bello comunque lavorare con Gianmarco. Ma sul campo è un collaboratore come tutti gli altri”.


Anche Ibrahimovic è come tutti gli altri?


“Mai conosciuto un giocatori così intelligente e simpatico. Sono momenti così, tornerà e giocherà più di prima. Ma già la sua presenza è fondamentale, sa trascinare e stimolare i compagni”.


Il personaggio, di certo, è ingombrante. Come si gestisce uno così?


“In realtà non è difficile. Perchè siamo entrambi diretti, non ci nascondiamo, nel bene e nel male. Ci siamo detti anche cose negative, succede, è normale, è la dinamica logica di una squadra. Una volta è entrato nel mio ufficio e mi ha detto: mister, oggi parlo io. Io mi sono messo li e ho ascoltato. Il giorno dopo ho parlato io. Funziona così. Bisogna capire le situazioni, le persone, i momenti”.


Un anno fa, di questi tempi uscivate dallo scioccante 5-0 in casa dell’Atalanta, il punto più basso. Da allora il vostro mondo si è rovesciato. Dovesse scegliere un’immagine di questo 2020, quale sarebbe?


“La sera del 20 luglio quando Gazidis mi telefona alla vigilia di Sassuolo-Milan per comunicarmi che lui e la proprietà avevano deciso di confermarmi per la stagione successiva, se mi andava bene. Cosa gli ha risposto? Ivan, aspetta che ci penso un attimo… Ovviamente scherzavo, non ho messo giù il telefono. E’ stata una grande emozione, come quando dopo la partita ho dato l’annuncio alla squadra e ai miei collaboratori”.


Per mesi ha dovuto convivere con l’ombra lunga di Rangnick?


“Ma io non ho mai smarrito la mia serenità, dico davvero. Gazidis prima della partita col Genoa venne a Milanello a dire che le scelte sarebbero state fatte a fine campionato e non prima. Per me le cose erano chiare. Perciò ho continuato a lavorare per meritarmi quella fiducia, senza ascoltare ciò che si diceva in giro. Mi sono concentrato solo sul campo e sulla squadra. Il mio obiettivo era arrivare il più alto possibile”


E l’obiettivo del 2021 che sta per iniziare quale è?


“Continuare a migliorare. E, sì, tornare in Champions. Il club non ci ha chiesto nulla, non ci vuole dare pressione, questo io l’ho apprezzato moltissimo. Maldini, Massara, Gazidis ci mettono nelle condizioni di lavoro ideali: sono straordinari. Ma noi abbiamo bene in testa che dobbiamo fare di tutto per riportare il Milan dove deve, cioè in Champions. Manca da troppo tempo, quello è il suo posto. Possiamo farcela”.


Ha raccontato che per spronare la squadra a gennaio scorso aveva appeso la classifica del’anno solare: è servita da sprone, visto alla fine avete fatto più punti di tutti. Che classifica appenderà stavolta?


“Vedremo. Avevamo tre obiettivi: passare i preliminari, poi i gironi di Europa League e vincere la classifica del 2020. Quello che mi interessa è la crescita. Questa squadra può anche migliorare tanto, anche più di quanto credete”.


Certo, con un paio di rinforzi a gennaio sarebbe più facile. Lei però va ripetendo che c’è un equilibrio da preservare. Cosa intende?


“Qui ora c’è entusiasmo, serietà, compattezza. Non c’è più nemmeno bisogno di appendere ai muri il programma settimanale, tutti sanno cosa fare. Il gruppo è forte, unito, orgoglioso. Chi entra, se entrerà, deve avere la stessa applicazione, la stessa mentalità. Chi è arrivato a gennaio scorso, parlo di Ibrahimovic e Kjaer, ha dato l’esempio. Quello ci ha fatto svoltare. Ecco, con la fatica che abbiamo fatto a raggiungere questo equilibrio dobbiamo stare attenti a non spezzarlo. Su questo punto c’è totale sintonia. Se si può migliorare, miglioriamo. Sennò restiamo benissimo così”.


Pioli a La Stampa

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Persona che mi piace tantissimo, intelligente e scaltro.
La cosa che più mi interessa di un allenatore.
 

Alfred Edwards

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In questo 2020 è stato uno dei nostri top player. Speriamo davvero si possa confermare, sta facendo errori, ma è bravo a cambiare in corsa. Daje Milan
 

Djerry

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Pioli a Sky sul Milan:” Non sto vivendo una favola, ma la realtà. Mi piace molto la musica ed è uscita una canzone dei Negramaro, dal titolo ‘Contatto’, che dice: ‘La vita che volevo è tutta qui. Gli amici che sognavo, proprio così’. Ecco questa frase racchiude il momento in rossonero. Se il Milan fosse una donna sarebbe mia moglie, sono sposato con lei da 32 anni, è la donna della mia vita e anche il Milan è così. L’esperienza che ho vissuto a Firenze, con la perdita di mio padre lo scorso anno, sono stati due momenti molto duri. Penso di avere due angeli in più e nei miei risultati ci sono anche loro, uno di questi è Davide Astori“

Pioli al CorSera:"La canzone dei Negramaro Contatto? Quella canzone riassume in maniera perfetta questo momento della mia vita. Sono felice. Come non lo sono stato mai, professionalmente parlando. La prima volta che sono entrato a Milanello ho sentito qualcosa di magico, un’energia unica. Ma il fatto è che la risento ogni mattina alle 8. So di essere fortunato. E farò di tutto per continuare a meritarmi questa fortuna”.

Avanti di questo passo sarà dura mandarla via. Lei vorrebbe restare qui a lungo? Si vede come un Wenger o un Ferguson?

“Come dice la canzone, la vita è tutta qui. Vivo nel presente, che è un presente bellissimo”

Gli si può pure volere bene, sono salito sul suo carro non subito ma nemmeno tra gli ultimi, specie dopo l'imprimatur di Paolo con quel "eh beh direi", mi va bene tutto...

... però i Negramaro no! :rolleyes:
 

A.C Milan 1899

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Pioli a reti e quotidiani unificati

Pioli a Sky sul Milan:” Non sto vivendo una favola, ma la realtà. Mi piace molto la musica ed è uscita una canzone dei Negramaro, dal titolo ‘Contatto’, che dice: ‘La vita che volevo è tutta qui. Gli amici che sognavo, proprio così’. Ecco questa frase racchiude il momento in rossonero. Se il Milan fosse una donna sarebbe mia moglie, sono sposato con lei da 32 anni, è la donna della mia vita e anche il Milan è così. L’esperienza che ho vissuto a Firenze, con la perdita di mio padre lo scorso anno, sono stati due momenti molto duri. Penso di avere due angeli in più e nei miei risultati ci sono anche loro, uno di questi è Davide Astori“

Pioli al CorSera:"La canzone dei Negramaro Contatto? Quella canzone riassume in maniera perfetta questo momento della mia vita. Sono felice. Come non lo sono stato mai, professionalmente parlando. La prima volta che sono entrato a Milanello ho sentito qualcosa di magico, un’energia unica. Ma il fatto è che la risento ogni mattina alle 8. So di essere fortunato. E farò di tutto per continuare a meritarmi questa fortuna”.

Avanti di questo passo sarà dura mandarla via. Lei vorrebbe restare qui a lungo? Si vede come un Wenger o un Ferguson?


“Come dice la canzone, la vita è tutta qui. Vivo nel presente, che è un presente bellissimo”


Alcuni suoi colleghi, forse perchè hanno vito subito, danno l’impressione di restare sempre uguali. Lei sembra l’allenatore che più si è evoluto. E’ questo il suo segreto?”

“Invidio i colleghi giovani che hanno già tutto molto chiaro, io ho avuto bisogno di lavorare tanto: ho fatto corsi di comunicazione, di psicologia, di gestione delel persone. Appena ho potuto sono andato a studiare altri allenatori. Ho investito molto su me stesso: se mi vedessero adesso i giocatori che ho allenato nel 2003 a Salerno, quando ho iniziato, non mi riconoscerebbero”.

E adesso a che punto è?

“Non sono un genio, ma determinato e tenace sì. E curioso. Ho sempre pensato che ci sia da imparare da tutti. Prende lo staff: ho iniziato col solo Osti, adesso ho 10 collaboratori. E tutti i nuovi hanno meno di 30 anni. I giovani ti aiutano ad avere chiavi di lettura diverse, specie sulle nuove tecnologie, preziosissime. Oggi mi sento completo e maturo come non mai”.

L’hanno spesso etichettata come uno che parte bene e finisce male. Questo 2020 è la sua rivincita?

“E’ un termine che non mi piace, perchè sono cresciuto con valori diversi, con la cultura del lavoro, non della rivalsa. Ho da dimostrare solo a me stesso. Mi sento completo, ma so che posso fare anche di più. Sono un provinciale testardo. E la testardaggine aiuta.”


Però la definizione di Normal One non le è mai andata giù, dica la verità

“Io sono un uomo normale. Sono semplice, amo esserlo. La semplicità è un valore che ho imparato dai miei genitori e che cerco di trasferire ai miei figli. E’ l’etichetta che non mi piace”.


Dicono che ora lei sia molto esigente con suo figlio Gianmarco, che lavora nel suo staff come match analyst


“Sono esigente con tutti come lo sono con me. E quindi anche con mio figlio. Anche perchè i giocatori sono tutti un po’ miei figli.E’ bello comunque lavorare con Gianmarco. Ma sul campo è un collaboratore come tutti gli altri”.


Anche Ibrahimovic è come tutti gli altri?


“Mai conosciuto un giocatori così intelligente e simpatico. Sono momenti così, tornerà e giocherà più di prima. Ma già la sua presenza è fondamentale, sa trascinare e stimolare i compagni”.


Il personaggio, di certo, è ingombrante. Come si gestisce uno così?


“In realtà non è difficile. Perchè siamo entrambi diretti, non ci nascondiamo, nel bene e nel male. Ci siamo detti anche cose negative, succede, è normale, è la dinamica logica di una squadra. Una volta è entrato nel mio ufficio e mi ha detto: mister, oggi parlo io. Io mi sono messo li e ho ascoltato. Il giorno dopo ho parlato io. Funziona così. Bisogna capire le situazioni, le persone, i momenti”.


Un anno fa, di questi tempi uscivate dallo scioccante 5-0 in casa dell’Atalanta, il punto più basso. Da allora il vostro mondo si è rovesciato. Dovesse scegliere un’immagine di questo 2020, quale sarebbe?


“La sera del 20 luglio quando Gazidis mi telefona alla vigilia di Sassuolo-Milan per comunicarmi che lui e la proprietà avevano deciso di confermarmi per la stagione successiva, se mi andava bene. Cosa gli ha risposto? Ivan, aspetta che ci penso un attimo… Ovviamente scherzavo, non ho messo giù il telefono. E’ stata una grande emozione, come quando dopo la partita ho dato l’annuncio alla squadra e ai miei collaboratori”.


Per mesi ha dovuto convivere con l’ombra lunga di Rangnick?


“Ma io non ho mai smarrito la mia serenità, dico davvero. Gazidis prima della partita col Genoa venne a Milanello a dire che le scelte sarebbero state fatte a fine campionato e non prima. Per me le cose erano chiare. Perciò ho continuato a lavorare per meritarmi quella fiducia, senza ascoltare ciò che si diceva in giro. Mi sono concentrato solo sul campo e sulla squadra. Il mio obiettivo era arrivare il più alto possibile”


E l’obiettivo del 2021 che sta per iniziare quale è?


“Continuare a migliorare. E, sì, tornare in Champions. Il club non ci ha chiesto nulla, non ci vuole dare pressione, questo io l’ho apprezzato moltissimo. Maldini, Massara, Gazidis ci mettono nelle condizioni di lavoro ideali: sono straordinari. Ma noi abbiamo bene in testa che dobbiamo fare di tutto per riportare il Milan dove deve, cioè in Champions. Manca da troppo tempo, quello è il suo posto. Possiamo farcela”.


Ha raccontato che per spronare la squadra a gennaio scorso aveva appeso la classifica del’anno solare: è servita da sprone, visto alla fine avete fatto più punti di tutti. Che classifica appenderà stavolta?


“Vedremo. Avevamo tre obiettivi: passare i preliminari, poi i gironi di Europa League e vincere la classifica del 2020. Quello che mi interessa è la crescita. Questa squadra può anche migliorare tanto, anche più di quanto credete”.


Certo, con un paio di rinforzi a gennaio sarebbe più facile. Lei però va ripetendo che c’è un equilibrio da preservare. Cosa intende?


“Qui ora c’è entusiasmo, serietà, compattezza. Non c’è più nemmeno bisogno di appendere ai muri il programma settimanale, tutti sanno cosa fare. Il gruppo è forte, unito, orgoglioso. Chi entra, se entrerà, deve avere la stessa applicazione, la stessa mentalità. Chi è arrivato a gennaio scorso, parlo di Ibrahimovic e Kjaer, ha dato l’esempio. Quello ci ha fatto svoltare. Ecco, con la fatica che abbiamo fatto a raggiungere questo equilibrio dobbiamo stare attenti a non spezzarlo. Su questo punto c’è totale sintonia. Se si può migliorare, miglioriamo. Sennò restiamo benissimo così”.


Pioli a La Stampa

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Caro Ste, la Champions ormai non è un più un “obiettivo”, è un obbligo imperativo ed assoluto. Fallirla dopo il 2020 che abbiamo fatto nella sua interezza e dopo aver fatto 34 punti in 14 partite sarebbe un’autentica impresa al contrario, perché richiederebbe a questa squadra di iniziare a tenere, da qui a fine campionato, la media punti del Milan di Montella.

Se ciò accadesse sarebbe il fallimento totale del progetto, persino se tenendo quella media punti dovessimo riuscire a qualificarci (perché implicherebbe che aveva pienamente ragione chi vedeva “casuale” il 2020 del Milan -e sarebbe la prima volta che una squadra overperforma un anno intero- e che ci sarebbe molto da rifare il prossimo anno, non tanto per vincere, che in uno scenario come quello descritto sarebbe utopistico, ma proprio per non fallire la qualificazione CL l’anno prossimo).

Quindi, caro Mister, diciamolo: Paulo maiora canamus!

E puntiamo al colpo grosso.
 
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grande piolo!

comunque a fine intervista conferma quello che penso e cioè che non vogliono comprare gente che va a destabilizzare l'equilibrio dello spogliatoio.
 

bmb

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grande piolo!

comunque a fine intervista conferma quello che penso e cioè che non vogliono comprare gente che va a destabilizzare l'equilibrio dello spogliatoio.

E' l'unico modo per mantenere inalterati gli equilibri. E per fare questo o prendi gente seria e matura, o giovani che devono ancora formarsi dal punto di vista del carattere.

Comunque l'ho appena vista in versione integrale e posso solo confermare quale grande Persona sia.
 

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Pioli a reti e quotidiani unificati

Pioli a Sky sul Milan:” Non sto vivendo una favola, ma la realtà. Mi piace molto la musica ed è uscita una canzone dei Negramaro, dal titolo ‘Contatto’, che dice: ‘La vita che volevo è tutta qui. Gli amici che sognavo, proprio così’. Ecco questa frase racchiude il momento in rossonero. Se il Milan fosse una donna sarebbe mia moglie, sono sposato con lei da 32 anni, è la donna della mia vita e anche il Milan è così. L’esperienza che ho vissuto a Firenze, con la perdita di mio padre lo scorso anno, sono stati due momenti molto duri. Penso di avere due angeli in più e nei miei risultati ci sono anche loro, uno di questi è Davide Astori“

Pioli al CorSera:"La canzone dei Negramaro Contatto? Quella canzone riassume in maniera perfetta questo momento della mia vita. Sono felice. Come non lo sono stato mai, professionalmente parlando. La prima volta che sono entrato a Milanello ho sentito qualcosa di magico, un’energia unica. Ma il fatto è che la risento ogni mattina alle 8. So di essere fortunato. E farò di tutto per continuare a meritarmi questa fortuna”.

Avanti di questo passo sarà dura mandarla via. Lei vorrebbe restare qui a lungo? Si vede come un Wenger o un Ferguson?


“Come dice la canzone, la vita è tutta qui. Vivo nel presente, che è un presente bellissimo”


Alcuni suoi colleghi, forse perchè hanno vito subito, danno l’impressione di restare sempre uguali. Lei sembra l’allenatore che più si è evoluto. E’ questo il suo segreto?”

“Invidio i colleghi giovani che hanno già tutto molto chiaro, io ho avuto bisogno di lavorare tanto: ho fatto corsi di comunicazione, di psicologia, di gestione delel persone. Appena ho potuto sono andato a studiare altri allenatori. Ho investito molto su me stesso: se mi vedessero adesso i giocatori che ho allenato nel 2003 a Salerno, quando ho iniziato, non mi riconoscerebbero”.

E adesso a che punto è?

“Non sono un genio, ma determinato e tenace sì. E curioso. Ho sempre pensato che ci sia da imparare da tutti. Prende lo staff: ho iniziato col solo Osti, adesso ho 10 collaboratori. E tutti i nuovi hanno meno di 30 anni. I giovani ti aiutano ad avere chiavi di lettura diverse, specie sulle nuove tecnologie, preziosissime. Oggi mi sento completo e maturo come non mai”.

L’hanno spesso etichettata come uno che parte bene e finisce male. Questo 2020 è la sua rivincita?

“E’ un termine che non mi piace, perchè sono cresciuto con valori diversi, con la cultura del lavoro, non della rivalsa. Ho da dimostrare solo a me stesso. Mi sento completo, ma so che posso fare anche di più. Sono un provinciale testardo. E la testardaggine aiuta.”


Però la definizione di Normal One non le è mai andata giù, dica la verità

“Io sono un uomo normale. Sono semplice, amo esserlo. La semplicità è un valore che ho imparato dai miei genitori e che cerco di trasferire ai miei figli. E’ l’etichetta che non mi piace”.


Dicono che ora lei sia molto esigente con suo figlio Gianmarco, che lavora nel suo staff come match analyst


“Sono esigente con tutti come lo sono con me. E quindi anche con mio figlio. Anche perchè i giocatori sono tutti un po’ miei figli.E’ bello comunque lavorare con Gianmarco. Ma sul campo è un collaboratore come tutti gli altri”.


Anche Ibrahimovic è come tutti gli altri?


“Mai conosciuto un giocatori così intelligente e simpatico. Sono momenti così, tornerà e giocherà più di prima. Ma già la sua presenza è fondamentale, sa trascinare e stimolare i compagni”.


Il personaggio, di certo, è ingombrante. Come si gestisce uno così?


“In realtà non è difficile. Perchè siamo entrambi diretti, non ci nascondiamo, nel bene e nel male. Ci siamo detti anche cose negative, succede, è normale, è la dinamica logica di una squadra. Una volta è entrato nel mio ufficio e mi ha detto: mister, oggi parlo io. Io mi sono messo li e ho ascoltato. Il giorno dopo ho parlato io. Funziona così. Bisogna capire le situazioni, le persone, i momenti”.


Un anno fa, di questi tempi uscivate dallo scioccante 5-0 in casa dell’Atalanta, il punto più basso. Da allora il vostro mondo si è rovesciato. Dovesse scegliere un’immagine di questo 2020, quale sarebbe?


“La sera del 20 luglio quando Gazidis mi telefona alla vigilia di Sassuolo-Milan per comunicarmi che lui e la proprietà avevano deciso di confermarmi per la stagione successiva, se mi andava bene. Cosa gli ha risposto? Ivan, aspetta che ci penso un attimo… Ovviamente scherzavo, non ho messo giù il telefono. E’ stata una grande emozione, come quando dopo la partita ho dato l’annuncio alla squadra e ai miei collaboratori”.


Per mesi ha dovuto convivere con l’ombra lunga di Rangnick?


“Ma io non ho mai smarrito la mia serenità, dico davvero. Gazidis prima della partita col Genoa venne a Milanello a dire che le scelte sarebbero state fatte a fine campionato e non prima. Per me le cose erano chiare. Perciò ho continuato a lavorare per meritarmi quella fiducia, senza ascoltare ciò che si diceva in giro. Mi sono concentrato solo sul campo e sulla squadra. Il mio obiettivo era arrivare il più alto possibile”


E l’obiettivo del 2021 che sta per iniziare quale è?


“Continuare a migliorare. E, sì, tornare in Champions. Il club non ci ha chiesto nulla, non ci vuole dare pressione, questo io l’ho apprezzato moltissimo. Maldini, Massara, Gazidis ci mettono nelle condizioni di lavoro ideali: sono straordinari. Ma noi abbiamo bene in testa che dobbiamo fare di tutto per riportare il Milan dove deve, cioè in Champions. Manca da troppo tempo, quello è il suo posto. Possiamo farcela”.


Ha raccontato che per spronare la squadra a gennaio scorso aveva appeso la classifica del’anno solare: è servita da sprone, visto alla fine avete fatto più punti di tutti. Che classifica appenderà stavolta?


“Vedremo. Avevamo tre obiettivi: passare i preliminari, poi i gironi di Europa League e vincere la classifica del 2020. Quello che mi interessa è la crescita. Questa squadra può anche migliorare tanto, anche più di quanto credete”.


Certo, con un paio di rinforzi a gennaio sarebbe più facile. Lei però va ripetendo che c’è un equilibrio da preservare. Cosa intende?


“Qui ora c’è entusiasmo, serietà, compattezza. Non c’è più nemmeno bisogno di appendere ai muri il programma settimanale, tutti sanno cosa fare. Il gruppo è forte, unito, orgoglioso. Chi entra, se entrerà, deve avere la stessa applicazione, la stessa mentalità. Chi è arrivato a gennaio scorso, parlo di Ibrahimovic e Kjaer, ha dato l’esempio. Quello ci ha fatto svoltare. Ecco, con la fatica che abbiamo fatto a raggiungere questo equilibrio dobbiamo stare attenti a non spezzarlo. Su questo punto c’è totale sintonia. Se si può migliorare, miglioriamo. Sennò restiamo benissimo così”.


Pioli a La Stampa

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Ancora Pioli a Sky

Sul ritorno di Ibrahimovic: “Era iniziata molto prima della partita con l’Atalanta. Il suo ok è arrivato nei giorni successivi a quella sconfitta ma a me Paolo, Zvone e Ricky e Gazidis mi avevano parlato di questa opzione molto prima. Ero molto, molto positivo, ovviamente. Sapevo che avevamo bisogno di questa personalità, di questa forza, di questo carisma. E quindi siamo stati pronti. Ho sempre pensato che Ibra fosse il giocatore giusto e adatto al nostro gruppo, al nostro modo di lavorare, al nostro modo di giocare e soprattutto alla nostra mentalità e nel cercare di dare una cultura del lavoro a questa squadra. Non ho mai avuto dubbi su di lui”.

Sul primo incontro con Ibrahimovic a Milanello: “E’ stato un incontro dove ho capito che mi trovavo e ci trovavamo davanti ad un campione di mentalità, professionalità e tecnica. Ha poche parole, ma da lì ho capito che avevo davanti anche una persona molto intelligente, molto simpatica e che quando entra in campo, diventa un’ira di Dio. Ha sempre la battuta giusta, sa sempre motivare i compagni nel modo giusto. Poi chiaro che in campo li sproni con veemenza, ma sa anche parlare con i toni giusti. Sa capire i momenti. E mi piace la sua schiettezza ed il modo di essere diretto. Mi ricordo che quando è arrivato, una delle prime cose che mi ha detto “mister non ascoltare nessuno, io sto bene. Domenica voglio giocare”. Io gli risposi: “Zlatan che tu stia bene, io sono contento” e poi aggiunse: “Io ti rispetto, tu fai l’allenatore e io faccio il calciatore”….”.

Sulla sconfitta per 5-0 contro l’Atalanta: “E’ stata pesante e difficile da accettare per una squadra ed un club come il Milan. Abbiamo avuto tanta volontà e tanta forza del voler portare via, da ogni singola partita, delle situazioni che poi ci hanno permesso di crescere. Quella è stata una lezione molto dura, che ci ha fatto capire diverse cose e anche il modo di giocare e di interpretare le partite. Credo che tutto il percorso sia iniziato a gennaio con un mercato importante, in entrata ed in uscita. Lì abbiamo iniziato a gettare le basi per qualcosa di costruttivo. L’arrivo di Ibrahimovic, Kjaer e Saelemaekers ha portato slancio ed entusiasmo, che avevamo perso dopo Bergamo. La settimana che siamo rimasti a casa è stata pesante a livello mentale perché quel 5-0 ci è rimasto dentro anche durante le feste natalizie. Ma ci siamo detti che non dovevamo più vivere certi tipi di situazioni, che le partite si possono anche perdere, ma che andavano giocate con più intensità e qualità. Da lì siamo ripartiti”.

Sulla risalita: “Che avevamo intrapreso la strada giusta si vedeva dai comportamenti della squadra, dal nostro modo di giocare e da come interpretavamo le partite. Cambiando assetto, con il 4-2-3-1, abbiamo trovato delle posizioni buone in campo che ci hanno dato dei risultati e si intravedeva che il percorso era quello giusto, anche se poi si vedeva che ci mancava la famosa vittoria con la squadra al di sopra di noi in classifica. Quel tassello era quello che ci mancava per acquisire ancora più stima, ancora più fiducia e diventare più forti”.

Sul derby perso in rimonta per 4-2: “E’ stata una delusione perché vincere 0-2 a fine primo tempo meritatamente, speri sempre di portare a casa una partita così importante. Quel match ci ha aiutato a crescere molto. Una delusione forte, dalla quale abbiamo portato a casa degli aspetti positivi che ci ha portato a capire ulteriormente quello che era il sentiero da perseguire”.

Su Milan-Genoa prima del lockdown: “Una situazione particolare, per tutto quello che era successo all’interno, ma anche all’esterno perché giocavamo per la prima volta a porte chiuse. Credo anche che fosse stata la prima volta che Ivan Gazidis sia venuto a parlare con la squadra. Era stato un intervento chiaro, molto coerente nel senso che disse: “Da oggi in poi, l’allenatore e voi giocatori vi giocate la conferma e il futuro al Milan”. Credo che sia stato un bel messaggio e poi mantenuto nel tempo. È stata una grande prova di coerenza e di professionalità. Noi abbiamo lavorato, anche se abbiamo pensato che quella partita li l’abbiamo persa per vari motivi. Abbiamo pensato a lavorare a testa bassa per capire se potevamo dimostrare di esser forti. Questo è stato il nostro obiettivo”.

Sul lockdown primaverile: “La prima parte credo che ci sia servita, sia a me sia ai giocatori. Per quello abbiamo deciso, con lo staff, di lasciarli relativamente tranquilli per le prime due settimane. Chiaramente ci sentivamo, ma non li abbiamo stressati e messi sotto subito. Poi abbiamo iniziato a vederci e allenarci, a gruppi e tutti insieme. È stato un modo per ricompattarci ancora di più e parlandoci così tanto spesso, abbiamo individuato quelli che erano i nostri obiettivi e che strada perseguire fino alla fine”.


Sul confronto con le altre big: “Ci sentivamo sempre inferiori, nel senso che ci abbiamo provato, giocando delle buone partite come quelle a Torino con la Juve, in casa con Napoli e Lazio, il derby. Ma ci mancava sempre quel poco, che in queste partite fanno la differenza. Quando siamo riusciti a prenderci quel poco, la convinzione della squadra è salita e giocava con fiducia e positività, sapendo di poterle vincere quelle partite. Quello è stato il passo decisivo del nostro percorso”.

Sulla conferma al Milan: “Quando Ivan mi ha comunicato la scelta, appena prima della trasferta di Sassuolo, simpaticamente mi disse: “Non mi avevi creduto quando ho detto davanti alla squadra che vi giocavate la conferma e che sarebbero state le vostre prestazioni a determinare il vostro futuro”. Io gli dissi che ci credevo ed era per quello che ho lavorato a testa bassa. Mi ha chiamato e mi ha detto che la proprietà aveva deciso di lavorare insieme. È stato la sera prima di Sassuolo. Ci ho pensato un attimo (ride ndr) e poi gli ho detto che mi stava bene. La squadra non lo sapeva e non lo sapeva nemmeno il mio staff”.

Sulla permanenza di Ibrahimovic: “Il primo approccio c’è stato il giorno dopo la gara con il Sassuolo dove gli chiesi che intenzioni avesse e lui mi disse che gli mancava la famiglia. E lì per lì non ho avuto subito una reazione importante. Ho incassato e ho pensato che conveniva lasciarlo sereno. Zlatan ho imparato a conoscerlo e ho capito che ci sono dei momenti in cui va lasciato solo. Tornando a casa pensavo che non fosse giusto quello che stava succedendo e il giorno dopo ho preso Zlatan e gli ho detto che non mi era piaciuto l’incontro del giorno prima. Gli dissi che il nostro lavoro insieme era appena cominciato e che avevamo fatto tanto, che aveva dimostrato di essere ancora un campione e che non poteva finire in quel modo e che sia io sia la società avremmo fatto di tutto per trattenerlo”.

Sul rinnovo di Ibra e sul mercato estivo: “Credo che la società abbia fatto delle grandi cose in quei giorni, annunciando il rinnovo di Zlatan e l’acquisto di Tonali. Ha dato continuità al progetto per tornare ad essere quello che il Milan è sempre stato”.

Sulla ripesa della nuova stagione: “Sembrava che non ci fossimo mai lasciati. Ho ritrovato entusiasmo, voglia di stare insieme, disponibilità. C’è stata molta positività dentro di noi. Ci siamo preparati poco per giocare tante partite. I preliminari di Europa League sono state particolari e difficili, però siamo stati bravi a tenere un determinato livello di prestazioni anche senza giocatori importanti che avevano ancora qualche problema fisico, però i preliminari sono stati importanti per dare certezze e forza alla squadra, per far crescere tutti e dare la possibilità a tutti di giocare”.

Sul 2020: “E’ stato un anno gratificante, alleno in un grande club ed un gruppo di ragazzi che mi piacciono tanto. Per i loro comportamenti, perché pur essendo così giovani sono molto responsabili perché ci troviamo anche in una situazione molto particolare e complicata per loro. Il primo giorno che sono arrivato a Milanello mi sono sentito bene, con tutti. Qui c’è il meglio possibile per lavorare bene. Dobbiamo continuare su così, puntando al massimo e possiamo toglierci delle grandi soddisfazioni”.

Sui mesi post lockdown: “Pensare di fare nove mesi come li abbiamo fatti noi, con tutti questi risultati, diventa difficile. Ma tutto ciò che abbiamo ottenuto, ce lo siamo conquistato sul campo. Abbiamo messo fuori la classifica dell’anno solare dopo il Cagliari e, pian piano, abbiamo iniziato a lavorare per questo obiettivo dicendo ai ragazzi che da quando abbiamo cambiato modo di giocare e di stare insieme, gli abbiamo fatto vedere dove eravamo. Era un obiettivo, quello della classifica, nel quale la squadra ha creduto fortemente. Abbiamo centrato tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati in questa prima fase di stagione ovvero passare i preliminari, passare il girone di Europa League ed essere in testa alla classifica dell’anno solare. Non ci dà nessun trofeo, ma credo che ci faccia capire di che livello possiamo essere e a quale livello possiamo competere. Siamo a metà della salita, che è ancora lunga e ripida. Dobbiamo continuare a pensare partita per partita, giocare un calcio propositivo. Ci sarà tempo e spazio per cercare altro”.

Sul coro “Pioli is on fire”: “E’ una cosa nata spontaneamente. Siamo un gruppo giovane, che si impegna tanto, che dà il massimo e che trova in queste situazioni molta positività. Mi auguro che possa durare a lungo”.

Su Astori: “Io credo che l’esperienza vissuta a Firenze, insieme alla perdita di mio padre dell’anno scorso, siano state importanti. Credo che ho due angeli custodi in più e penso che in tutti questi bei risultati, ci siano anche loro”.

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E' l'unico modo per mantenere inalterati gli equilibri. E per fare questo o prendi gente seria e matura, o giovani che devono ancora formarsi dal punto di vista del carattere.

Comunque l'ho appena vista in versione integrale e posso solo confermare quale grande Persona sia.

infatti, qui non c'è spazio per le 1e donne. per dire gente come depay o diego costa, per dirne 2 di cui si parla... per me sarebbero errori grossolani.
thauvin non lo conosco ma già dalla situazione mi sempra un po' al limite.
 
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