Ma infatti i Gilardini moderni non hanno più senso in questo calcio che è fatto per la maggior parte di potenza, corsa e ritmo (oltre alla tecnica di base che nessuno di questi Gilardini moderni ha ma che al tempo giocatori come il RealGila o lo stesso Pippo compensavano con una grandissima vena realizzativa).
Pippo poi era fuori scala e giocatori come il Gila non si sono nemmeno avvicinati a quella tipologia di giocatori che tecnicamente erano poca roba ma sapevano segnare in tutte le maniere.
Non è più un calcio per giocatori del genere, i giocatori rappresentano il periodo storico in cui nascono e il calcio purtroppo per loro evolve.
Rary, concordo sul fatto che giocatori del genere siano anacronistici, oggi, però è altrettanto vero che oggi si fa troppo presto a etichettare di “Inzaghi” della situazione il primo centravanti brocco con due ferri da stiro al posto dei piedi che però mostra qualche buon movimento in area e un discreto fiuto del goal (spesso per un breve periodo, per poi assestarsi ad aver bisogno di cinque palle nitide per metterne una). E io capisco anche perché vengano etichettati facilmente, perché “fanno simpatia”, è il profilo dell’underdog, no? Lo scarpone senza tecnica che però sapendo muoversi in area può vincere mondiali e Champions, piace perché da un senso di “mobilità sociale”, di democrazia, una specie di sogno americano applicato al calcio.
Il problema è a monte, e cioè appunto che questi giocatori spesso vengono accostati ad altri del passato, tipo Inzaghi (o allo stesso Gilardino, che valeva un quinto di Inzaghi e allo stesso tempo valeva dieci Piatek e Cutrone, che 200 goal farebbero fatica a farli in Serie B, figuriamoci in Serie A).
A parte che Inzaghi a modo suo era un fuoriclasse, perché nei tempi e nelle letture è stato uno dei più grandi attaccanti di sempre, anche se non aveva certo un tocco fatato, il problema di questi brocchi d’area moderni è che non sono buoni manco come poachers.
Per dire, se Piatek lo scorso anno con noi, pur essendo un fantasma totale fuori area, avesse confermato di avere davvero un buon fiuto del goal come in effetti aveva nel suo periodo magico, avrebbe chiuso il girone d’andata con almeno (almeno) 7/8 goal su azione, almeno, e noi con 33/35 punti in classifica (avremmo vinto col Toro, col Napoli, e almeno pareggiato coi gobbi, giusto per ricordare tre partite perse o pareggiate a causa di suoi goal mangiati incredibilmente, e se ne è mangiati tanti in tante altre, ma quelle le ricordo benissimo). Non so se mi spiego.
Poi ovviamente saremmo dovuti andare alla ricerca di un’altra punta più completa, però è per dire, e so che su questo concordi, che il problema di gente come Cutrone e Piatek è che sanno fare una sola cosa, ossia finalizzare, per il resto è come giocare in 10, e in più manco quell’unica cosa che sanno fare la sanno fare bene davvero, perché finito il loro momento magico (che per Cutrone fu il 2017/2018 in cui fece 18 goal tra le varie competizioni, bottino davvero degno di nota per un diciannovenne, mentre per Piatek fu l’anno dopo), oltre ad essere dei pesi morti fuori area, pure in area ne mettono una su cinque.
In altre parole, di sicuro il calcio moderno non è fatto per i centravanti agli Inzaghi, ma se uno è un poacher forte, tipo Icardi, non finisce a giocare all’Hertha Berlino o alla Fiorentina, se uno invece è un poacher e in più brocco come pochi, eh, lì son zacci amari.
Perché parliamoci chiaro, Icardi è della stessa “tipologia” di centravanti di Piatek e Cutrone. La differenza qui è banalmente il “livello”, esponenzialmente più alto in Icardi, ecco Icardi se mettesse la testa a posto nella squadra giusta potrebbe essere davvero “un grande poacher”, uno di quelli che in fase di manovra ti lasciano in 10 ma che ne mettono dentro due su tre, di occasioni, uno di quelli coi quali vincere campionati e Champions, potenzialmente (anche se preferisco punte più complete).
Ma Piatek e Cutrone... forse la Coppa ali della vittoria ti possono far vincere. Forse.