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Paquetà torna a parlare del periodo al Milan a l'Equipe
"Se segno tanti gol qui è per la pressione di Rudi Garcia? No, non è una pressione dell'allenatore.. Neanche in generale. Sapete, a Milano mi ero messo molta pressione addosso. Troppa anche. Quindi, arrivando qui a Lione, mi sono detto che non me ne dovevo metto. Che avrei dato semplicemente il meglio di me. E se i gol arrivano, tanto meglio. Ad oggi ci sono, va bene. Pressione legata perché ero visto come un possibile fenomeno? No, conoscevo la mia responsabilità, sapevo perché ero là. Poi le cose non vanno sempre come dovrebbero. Ci si immagina delle cose, ci si mette pressione addosso... E' inspiegabile, a volte non c'è neanche un motivo per un fallimento. Anche se la mia esperienza a Milano non è stata straordinaria, inferiore a quello che ci si aspettava, mi è servita molto. Perché ora sono un giocatore migliore. Sono un Paquetà diverso, un Paquetà, più forte, un Paqeutà che ha ritrovato l'essenza di quello che era al Flamengo. La pressione c'è ancora e ci sarà sempre, ma non arriva più da me stesso. "Se ho bisogno di un mentore? Non lo so. A Milano, sono arrivato in un nuovo Paese, in un nuovo continente, era una lingua diversa. Leonardo mi ha aiutato molto, mi ha accompagnato. In una mezza stagione con lui, le cose sono andate bene per me. Possiamo dire che era il mio mentore, sì. Ma poi è andato a Parigi. In quel momento mi sono sentito un po' solo, non ancora adattato perfettamente alla cultura e al club. Ma quell'esperienza mi ha aiutato: sono cresciuto molto come giocatore e come uomo. Qui, a Lione, è vero che Juninho mi trasmette fiducia e voi vedete un Paquetà pronto, adattato ai compagni di squadra, identificato nel club. Ma lo devo anche al Milan e a Leonardo, che voglio ringraziare. Mi ha aiutato e grazie a lui sono diventato uno capace di affrontare le difficoltà".
"Se segno tanti gol qui è per la pressione di Rudi Garcia? No, non è una pressione dell'allenatore.. Neanche in generale. Sapete, a Milano mi ero messo molta pressione addosso. Troppa anche. Quindi, arrivando qui a Lione, mi sono detto che non me ne dovevo metto. Che avrei dato semplicemente il meglio di me. E se i gol arrivano, tanto meglio. Ad oggi ci sono, va bene. Pressione legata perché ero visto come un possibile fenomeno? No, conoscevo la mia responsabilità, sapevo perché ero là. Poi le cose non vanno sempre come dovrebbero. Ci si immagina delle cose, ci si mette pressione addosso... E' inspiegabile, a volte non c'è neanche un motivo per un fallimento. Anche se la mia esperienza a Milano non è stata straordinaria, inferiore a quello che ci si aspettava, mi è servita molto. Perché ora sono un giocatore migliore. Sono un Paquetà diverso, un Paquetà, più forte, un Paqeutà che ha ritrovato l'essenza di quello che era al Flamengo. La pressione c'è ancora e ci sarà sempre, ma non arriva più da me stesso. "Se ho bisogno di un mentore? Non lo so. A Milano, sono arrivato in un nuovo Paese, in un nuovo continente, era una lingua diversa. Leonardo mi ha aiutato molto, mi ha accompagnato. In una mezza stagione con lui, le cose sono andate bene per me. Possiamo dire che era il mio mentore, sì. Ma poi è andato a Parigi. In quel momento mi sono sentito un po' solo, non ancora adattato perfettamente alla cultura e al club. Ma quell'esperienza mi ha aiutato: sono cresciuto molto come giocatore e come uomo. Qui, a Lione, è vero che Juninho mi trasmette fiducia e voi vedete un Paquetà pronto, adattato ai compagni di squadra, identificato nel club. Ma lo devo anche al Milan e a Leonardo, che voglio ringraziare. Mi ha aiutato e grazie a lui sono diventato uno capace di affrontare le difficoltà".