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Un'operatrice socio-sanitaria in forza all'azienda sanitaria Ulss n. 6 Euganea ha vinto il ricorso in tribunale a Padova contro la sospensione dal lavoro poichè non vaccinata e il giudice ordina il reintegro
Alcuni passi della sentenza:
"Può infatti considerarsi notorio il fatto che la persona che si è sottoposta al ciclo vaccinale, può comunque contrarre il virus e può quindi contagiare gli altri.
Può dunque notoriamente accadere, ed effettivamente accade, come conferma l’esperienza quotidiana, che una persona vaccinata contragga il virus e contagi le altre persone
E' quindi assodato che il mero fatto che un lavoratore si sia sottoposto al vaccino, non garantisce che egli non contragga il virus e che quindi, recandosi sul luogo di lavoro, non infetti le persone con cui 4 ivi viene a contatto, nella specie gli ospiti della struttura sanitaria. Di qui, come detto, il dubbio sulla ragionevolezza dell’imposizione dell’obbligo vaccinale in questione: imposizione non idonea al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza. Sempre come dimostra la comune esperienza, il metodo attualmente più sicuro per impedire che un lavoratore contagi le altre persone presenti sul luogo di lavoro, è invece quello di avere la ragionevole certezza che egli non sia infetto: ragionevole certezza che, come visto, non può essere data dalla vaccinazione, bensì dalla sottoposizione periodica del lavoratore al “tampone” che garantisce, sia pure solo temporaneamente, che egli, nei successivi 2-3 giorni in cui si reca al lavoro, non abbia contratto il virus
Resta il fatto che la persona vaccinata, che non si sia sottoposta al tampone, può essere ugualmente infetta e può quindi ugualmente infettare gli altri: la garanzia che la persona vaccinata non sia infetta, è pari a zero.
Invece la persona che, pur non vaccinata, si sia sottoposta al tampone, può ragionevolmente considerarsi non infetta per un limitato periodo di tempo. In tal caso, la garanzia che ella non abbia contratto il virus, non è assoluta, ma è certamente superiore a zero.
Nessun dubbio che il tampone accerti l’inesistenza della malattia solo alla data in cui viene effettuato; ma ciò costituisce un dato comune a tutti gli accertamenti diagnostici e tale è il motivo per cui esso deve essere ripetuto periodicamente.
La garanzia fornita dal tampone è senz’altro relativa; ma quella data dal vaccino è pari a zero"
Alcuni passi della sentenza:
"Può infatti considerarsi notorio il fatto che la persona che si è sottoposta al ciclo vaccinale, può comunque contrarre il virus e può quindi contagiare gli altri.
Può dunque notoriamente accadere, ed effettivamente accade, come conferma l’esperienza quotidiana, che una persona vaccinata contragga il virus e contagi le altre persone
E' quindi assodato che il mero fatto che un lavoratore si sia sottoposto al vaccino, non garantisce che egli non contragga il virus e che quindi, recandosi sul luogo di lavoro, non infetti le persone con cui 4 ivi viene a contatto, nella specie gli ospiti della struttura sanitaria. Di qui, come detto, il dubbio sulla ragionevolezza dell’imposizione dell’obbligo vaccinale in questione: imposizione non idonea al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza. Sempre come dimostra la comune esperienza, il metodo attualmente più sicuro per impedire che un lavoratore contagi le altre persone presenti sul luogo di lavoro, è invece quello di avere la ragionevole certezza che egli non sia infetto: ragionevole certezza che, come visto, non può essere data dalla vaccinazione, bensì dalla sottoposizione periodica del lavoratore al “tampone” che garantisce, sia pure solo temporaneamente, che egli, nei successivi 2-3 giorni in cui si reca al lavoro, non abbia contratto il virus
Resta il fatto che la persona vaccinata, che non si sia sottoposta al tampone, può essere ugualmente infetta e può quindi ugualmente infettare gli altri: la garanzia che la persona vaccinata non sia infetta, è pari a zero.
Invece la persona che, pur non vaccinata, si sia sottoposta al tampone, può ragionevolmente considerarsi non infetta per un limitato periodo di tempo. In tal caso, la garanzia che ella non abbia contratto il virus, non è assoluta, ma è certamente superiore a zero.
Nessun dubbio che il tampone accerti l’inesistenza della malattia solo alla data in cui viene effettuato; ma ciò costituisce un dato comune a tutti gli accertamenti diagnostici e tale è il motivo per cui esso deve essere ripetuto periodicamente.
La garanzia fornita dal tampone è senz’altro relativa; ma quella data dal vaccino è pari a zero"