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A parte che non mi pare, visto che fino a qualche anno fa si derideva il calcio inglese che non faceva più risultati, ed ora ci si lamenta che vanno avanti solo squadre di Premier. Ma la ripetitività non c'entra nulla e non è certo il parametro che annulla il merito, perché se vogliamo anche in campionati in cui si parte tutti alla pari Golden State e San Antonio, una volta arrivati al vertice per meriti propri, monopolizzano le Finals e l'albo d'oro, così come Bulls e Lakers qualche anno fa.
Quello che conta è il percorso e come ci si arriva.
Liverpool-Tottenham è esattamente l'esempio della meritocrazia del sistema oltre che della programmazione, perché le squadre di Premier non volano a causa del FPF che permette loro di spendere, ma volano perché il marketing della Premier vende da Dio e come nessuno il prodotto, generando introiti dei diritti televisivi che noi ci scordiamo. E poiché hanno soldi, li spendono all'interno delle norme imposte dalla UEFA, è una conseguenza naturale.
E lo fanno (insieme a tante altre cose) con una regola tassativa imposta qualche anno fa, che ora dà i suoi ovvi risultati, ovvero che l'ultima di Premier deve prendere non meno della metà della prima. Come se, fissando la Juve a 120 milioni di diritti tv, il Crotone o il Frosinone o il Lecce invece di prendere 15 milioni ne prendesse almeno 60. E così via tutte le altre a salire.
Il Tottenham è l'esempio più fulgido di programmazione, derisa fino a ieri ed oggi ammirata: addirittura non hanno comprato giocatori nell'anno in cui hanno raggiunto la Champions.
E non scomodo il discorso stadi, perché mentre noi in questi 20 anni spendiamo tutto il fatturato per il Bacca o il Bonucci di turno, loro tengono da parte un tesoretto per poi investire sulle strutture, col risultato che oggi mettere un Arsenal qualsiasi sullo stesso piano del Milan fa quasi ridere.
Non c'entri il punto, parlare della Premier è fuorviante. Il calcio inglese attualmente vive in una realtà a parte, nella quale i dettami del rigido FPF non costituiscono un ostacolo insormontabile.
Per il resto del calcio europeo certe regole non hanno fatto altro che acuire le differenze pre-esistenti tra top clubs e outsider/nobili decadute/mal gestite.
L'esempio più fulgido sono proprio i recenti risultati nella massima competizione europea: citi ad esempio l'ultima finale di CL disputata tra 2 squadre che vivono in una realtà a parte, che permette loro manovre di mercato importanti, al di là della gestione societaria più o meno buona, dimenticando però che nelle edizioni precedenti le finali sono sempre state vinte da top team (Barcellona-Real-Bayern-Liverpool e Chelsea), giocando sempre o quasi in semifinale e finale contro altri top club (Juventus-Atletico e altre che hanno poi vinto la coppa).
L'attuale non è assolutamente un sistema equilibrato. Sono sufficientemente vecchio per essere cresciuto in un calcio dove il Milan risaliva dal suo inferno, durato 10 anni, alzando la sua terza coppa Campioni dopo aver battuto i rumeni dello Steaua Bucarest, succedendo al PSV che l'edizione prima se la era aggiudicata; era un'era nella quale trovavano spazio negli anni successivi il Marsiglia, non certo una società gloriosa e storicamente vincente, di Desailly, Dechamps e Boksic, o l'Ajax dei giovani Kluivert, Davids e Seedorf ed il Borussia fucina del nuovo corso della nazionale tedesca.
Il calcio di adesso è totalmente diverso, è in mano ad un granitico monopolio gestito da poche società proprio a causa dei paletti insuperabili imposti dalla Uefa. Per emergere si potrebbe solo sperare in una gestione formidabile delle finanze, anche se neppure questo costituirebbe una garanzia: se consideriamo le tante realtà vincenti di squadre ben costruite negli ultimi anni come Ajax, Siviglia o Benfica notiamo che alla fine nessuna tra queste è riuscita a fare l'ultimo salto di qualità, perchè appunto costrette a rivendere subito i propri talenti , strozzate dalle rigide normative vigenti.