Milan: decreto crescita oro. Quanti acquisti dall'estero.

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Tuttosport in edicola: i due dirigenti calcistici italiani che nelle ultime settimane si sono espressi con più decisione a favore della difesa del Decreto Crescita, sono al vertice del Milan. Lo ha fatto l’ad Giorgio Furlani: «Il calcio italiano sta recuperando competitività – ha detto a Radio Serie A – il Decreto Crescita è l'unica norma che ci aiuta perché ci consente di attirare talento che altrimenti non ci potremmo permettere. Mi sembra una follia andare contro questa norma». Il presidente Paolo Scaroni, che ha solidi agganci politici dopo tanti incarichi da manager pubblico (è stato nominato alla presidenza dell’Enel dall’attuale maggioranza), ha espresso concetti simili dopo l’assemblea dei soci rossoneri: «Se il Decreto Crescita dovesse eliminare i vantaggi fiscali per i giocatori stranieri, non li potremmo più prendere, ma il fisco non ci guadagnerebbe. Il calcio italiano perderebbe valore con meno sponsor e meno spettatori». Le posizioni di Furlani e Scaroni si riflettono sulle campagne acquisti condotte dal Milan dopo l’entrata in vigore delle agevolazioni per i calciatori ingaggiati all’estero. Dalla sessione estiva 2019-20 in avanti il Milan ha investito in Italia appena il 16,4% delle spese totali effettuate per i cartellini dei nuovi giocatori: 63,1 milioni contro 320,5 milioni destinati oltre confine. Emblematico l’ultimo mercato: quasi 130 milioni, tutti fuori dal nostro Paese per Loftus-Cheek, Pulisic, Musah, Reijnders, Chukwueze, Pellegrino e Okafor. In Serie A sono stati prelevati Sportiello, Jovic e Romero, tutti a zero. Il Milan è l’unica grande che sfrutta in maniera così pronunciata il Decreto Crescita. Inter, Juventus e Napoli – prendendo come riferimento le altre vincitrici degli ultimi scudetti, attualmente tra le prime quattro della Serie A insieme al Milan – lo fanno in modo più bilanciato. La Juventus ha speso addirittura più in Italia che all’estero: 348,7 milioni contro 303,3. Determinanti i colpi Chiesa e Vlahovic dalla Fiorentina, ma anche Bremer dal Torino, Locatelli dal Sassuolo e Kulusevski dall’Atalanta (valgono quasi 250 milioni solo questi cinque). Quasi in equilibrio l’Inter che ha distribuito in Italia il 49,7% dei 437,2 milioni stanziati per rinforzarsi. Il Napoli si ferma al 28,2%, comunque più del 16,4% del Milan. Questa situazione dimostra che il Decreto Crescita finisce per spingere alcuni grandi club a dirigere massicciamente risorse all’estero pur di tenere sotto controllo il monte-ingaggi. Un risultato che viene scaricato di fatto sui club medio-piccoli, con la conseguenza ulteriore di interrogarsi sull'utilità economica di mantenere settori giovanili attrezzati in provincia. Un problema aggiuntivo rispetto a quello della diminuzione del minutaggio degli italiani in Serie A. Non a caso proprio il Milan, tra le grandi, è quella che schiera meno titolari 'azzurrabili': ultimamente solo Calabria.
 

Franco

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Pure io se pagassi le tasse solo su metà stipendio potrei permettermi qualche acquisto in più e quindi riversare soldi nel sistema. Invece le tasse devo pagarle tutte. E come me milioni di italiani. Scaroni e Furlani sono senza vergogna: dovete pagare le tasse come tutti gli altri. Una follia dimezzare le tasse ai calciatori nel mentre si tagliano le pensioni perché non c'è più un soldo. Spero che il governo non ceda alle pressioni della lobby del pallone e tiri dritto, ma ci credo poco.
 
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Pure io se pagassi le tasse solo su metà stipendio potrei permettermi qualche acquisto in più e quindi riversare soldi nel sistema. Invece le tasse devo pagarle tutte. E come me milioni di italiani. Scaroni e Furlani sono senza vergogna: dovete pagare le tasse come tutti gli altri. Una follia dimezzare le tasse ai calciatori nel mentre si tagliano le pensioni perché non c'è più un soldo. Spero che il governo non ceda alle pressioni della lobby del pallone e tiri dritto, ma ci credo poco.
se gli danno la possibilità per legge di pagarne meno la colpa è loro?
cioè.. criticarli anche per questo no dai.
 

Commodore06

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Tuttosport in edicola: i due dirigenti calcistici italiani che nelle ultime settimane si sono espressi con più decisione a favore della difesa del Decreto Crescita, sono al vertice del Milan. Lo ha fatto l’ad Giorgio Furlani: «Il calcio italiano sta recuperando competitività – ha detto a Radio Serie A – il Decreto Crescita è l'unica norma che ci aiuta perché ci consente di attirare talento che altrimenti non ci potremmo permettere. Mi sembra una follia andare contro questa norma». Il presidente Paolo Scaroni, che ha solidi agganci politici dopo tanti incarichi da manager pubblico (è stato nominato alla presidenza dell’Enel dall’attuale maggioranza), ha espresso concetti simili dopo l’assemblea dei soci rossoneri: «Se il Decreto Crescita dovesse eliminare i vantaggi fiscali per i giocatori stranieri, non li potremmo più prendere, ma il fisco non ci guadagnerebbe. Il calcio italiano perderebbe valore con meno sponsor e meno spettatori». Le posizioni di Furlani e Scaroni si riflettono sulle campagne acquisti condotte dal Milan dopo l’entrata in vigore delle agevolazioni per i calciatori ingaggiati all’estero. Dalla sessione estiva 2019-20 in avanti il Milan ha investito in Italia appena il 16,4% delle spese totali effettuate per i cartellini dei nuovi giocatori: 63,1 milioni contro 320,5 milioni destinati oltre confine. Emblematico l’ultimo mercato: quasi 130 milioni, tutti fuori dal nostro Paese per Loftus-Cheek, Pulisic, Musah, Reijnders, Chukwueze, Pellegrino e Okafor. In Serie A sono stati prelevati Sportiello, Jovic e Romero, tutti a zero. Il Milan è l’unica grande che sfrutta in maniera così pronunciata il Decreto Crescita. Inter, Juventus e Napoli – prendendo come riferimento le altre vincitrici degli ultimi scudetti, attualmente tra le prime quattro della Serie A insieme al Milan – lo fanno in modo più bilanciato. La Juventus ha speso addirittura più in Italia che all’estero: 348,7 milioni contro 303,3. Determinanti i colpi Chiesa e Vlahovic dalla Fiorentina, ma anche Bremer dal Torino, Locatelli dal Sassuolo e Kulusevski dall’Atalanta (valgono quasi 250 milioni solo questi cinque). Quasi in equilibrio l’Inter che ha distribuito in Italia il 49,7% dei 437,2 milioni stanziati per rinforzarsi. Il Napoli si ferma al 28,2%, comunque più del 16,4% del Milan. Questa situazione dimostra che il Decreto Crescita finisce per spingere alcuni grandi club a dirigere massicciamente risorse all’estero pur di tenere sotto controllo il monte-ingaggi. Un risultato che viene scaricato di fatto sui club medio-piccoli, con la conseguenza ulteriore di interrogarsi sull'utilità economica di mantenere settori giovanili attrezzati in provincia. Un problema aggiuntivo rispetto a quello della diminuzione del minutaggio degli italiani in Serie A. Non a caso proprio il Milan, tra le grandi, è quella che schiera meno titolari 'azzurrabili': ultimamente solo Calabria.
Il sogno di riavere uno zoccolo duro italiano in squadra tra decreto crescita e dirigenza penso sia diventata oramai un'utopia
 

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Tuttosport in edicola: i due dirigenti calcistici italiani che nelle ultime settimane si sono espressi con più decisione a favore della difesa del Decreto Crescita, sono al vertice del Milan. Lo ha fatto l’ad Giorgio Furlani: «Il calcio italiano sta recuperando competitività – ha detto a Radio Serie A – il Decreto Crescita è l'unica norma che ci aiuta perché ci consente di attirare talento che altrimenti non ci potremmo permettere. Mi sembra una follia andare contro questa norma». Il presidente Paolo Scaroni, che ha solidi agganci politici dopo tanti incarichi da manager pubblico (è stato nominato alla presidenza dell’Enel dall’attuale maggioranza), ha espresso concetti simili dopo l’assemblea dei soci rossoneri: «Se il Decreto Crescita dovesse eliminare i vantaggi fiscali per i giocatori stranieri, non li potremmo più prendere, ma il fisco non ci guadagnerebbe. Il calcio italiano perderebbe valore con meno sponsor e meno spettatori». Le posizioni di Furlani e Scaroni si riflettono sulle campagne acquisti condotte dal Milan dopo l’entrata in vigore delle agevolazioni per i calciatori ingaggiati all’estero. Dalla sessione estiva 2019-20 in avanti il Milan ha investito in Italia appena il 16,4% delle spese totali effettuate per i cartellini dei nuovi giocatori: 63,1 milioni contro 320,5 milioni destinati oltre confine. Emblematico l’ultimo mercato: quasi 130 milioni, tutti fuori dal nostro Paese per Loftus-Cheek, Pulisic, Musah, Reijnders, Chukwueze, Pellegrino e Okafor. In Serie A sono stati prelevati Sportiello, Jovic e Romero, tutti a zero. Il Milan è l’unica grande che sfrutta in maniera così pronunciata il Decreto Crescita. Inter, Juventus e Napoli – prendendo come riferimento le altre vincitrici degli ultimi scudetti, attualmente tra le prime quattro della Serie A insieme al Milan – lo fanno in modo più bilanciato. La Juventus ha speso addirittura più in Italia che all’estero: 348,7 milioni contro 303,3. Determinanti i colpi Chiesa e Vlahovic dalla Fiorentina, ma anche Bremer dal Torino, Locatelli dal Sassuolo e Kulusevski dall’Atalanta (valgono quasi 250 milioni solo questi cinque). Quasi in equilibrio l’Inter che ha distribuito in Italia il 49,7% dei 437,2 milioni stanziati per rinforzarsi. Il Napoli si ferma al 28,2%, comunque più del 16,4% del Milan. Questa situazione dimostra che il Decreto Crescita finisce per spingere alcuni grandi club a dirigere massicciamente risorse all’estero pur di tenere sotto controllo il monte-ingaggi. Un risultato che viene scaricato di fatto sui club medio-piccoli, con la conseguenza ulteriore di interrogarsi sull'utilità economica di mantenere settori giovanili attrezzati in provincia. Un problema aggiuntivo rispetto a quello della diminuzione del minutaggio degli italiani in Serie A. Non a caso proprio il Milan, tra le grandi, è quella che schiera meno titolari 'azzurrabili': ultimamente solo Calabria.
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Pure io se pagassi le tasse solo su metà stipendio potrei permettermi qualche acquisto in più e quindi riversare soldi nel sistema. Invece le tasse devo pagarle tutte. E come me milioni di italiani. Scaroni e Furlani sono senza vergogna: dovete pagare le tasse come tutti gli altri. Una follia dimezzare le tasse ai calciatori nel mentre si tagliano le pensioni perché non c'è più un soldo. Spero che il governo non ceda alle pressioni della lobby del pallone e tiri dritto, ma ci credo poco.
Ne abbiamo già discusso qualche giorno fa.

Sacrosanto lo sdegno, vedere agiata una categoria privilegiata di suo, da fastidio.

Ma a mente fredda, a te non costa nulla.

Non è che perdi qualcosa, semplicemente sarebbero giocatori che non sarebbero arrivati senza decreto crescita ( che è appunto lo scopo del decreto crescita)

Quindi se ne fai una questione morale, ti appoggio, ma economica no.
Non ti stanno rubando il pane dal tavolo.

Tra l' altro i calciatori sono tra i pochi in Italia che pagano vagonate di tasse all' erario.

E aggiungo, c'è un equivoco di fondo: non sono i calciatori a guadagnarci, ma sono le società a risparmiare.
Differenza sottile ma importante.
Semplicemente sarebbero andati altrove.

Di solito l' Italia subisce il dumping fiscale degli altri, stavolta siamo noi a farlo.
E pensa quanto fastidio puo' dare agli altri paesi...
 

Franco

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Ne abbiamo già discusso qualche giorno fa.

Sacrosanto lo sdegno, vedere agiata una categoria privilegiata di suo, da fastidio.

Ma a mente fredda, a te non costa nulla.

Non è che perdi qualcosa, semplicemente sarebbero giocatori che non sarebbero arrivati senza decreto crescita ( che è appunto lo scopo del decreto crescita)

Quindi se ne fai una questione morale, ti appoggio, ma economica no.
Non ti stanno rubando il pane dal tavolo.

Tra l' altro i calciatori sono tra i pochi in Italia che pagano vagonate di tasse all' erario.

E aggiungo, c'è un equivoco di fondo: non sono i calciatori a guadagnarci, ma sono le società a risparmiare.
Differenza sottile ma importante.
Semplicemente sarebbero andati altrove.

Di solito l' Italia subisce il dumping fiscale degli altri, stavolta siamo noi a farlo.
E pensa quanto fastidio puo' dare agli altri paesi...

Come ho scritto nel messaggio che hai quotato questa logica è applicabile a tutti i lavori. Pure a me se lo Stato taglia il 50% di tasse sullo stipendio poi ha un ritorno in termini di maggiori consumi (e quindi più Iva, più lavoro ecc.). Invece io le tasse le devo pagare tutte. Sono scelte politiche. Non è nemmeno vero che non costa nulla allo Stato: i numeri li ha dato Giorgetti qualche settimana fa. Che poi stiamo parlando di una norma concepita per far tornare in Italia gli scienziati, i cosiddetti cervelli in fuga, e viene usata per acquistare i calciatori stranieri. E ho detto tutto.
 

-Lionard-

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Tutti questi acquisti dall'estero certamente hanno un prezzo da pagare perchè i tempi di adattamento e sviluppo sono un costo che va al di là dell'aspetto economico. Puoi anche azzeccare il giocatore ma se ti esplode dopo 3 anni allora rimane comunque un problema.

Giusto ricercare talenti e fare scouting ma i giovani che arrivano devono essere dei Theo, Leao, Bennacer o Tonali che vale la pena aspettare e non l'estone promettente che gioca nel campionato norvegese che al massimo ti diventa un buon giocatore dopo 20 partite sbagliate. L'Inter in questo senso ha ovviato ai suoi problemi di bilancio prendendo a 0 gente di usato sicuro in Serie A (Calhanoglu, Mkhitaryan, Acerbi, Darmian, Cuadrado, De Vrij) che ha reso subito e gli ha consentito di sostituire degnamente partenti importanti. Quando anche loro hanno puntato sui giovani, vedi Asllani e Bisseck, hanno incontrato altrettante difficoltà.
 
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Come ho scritto nel messaggio che hai quotato questa logica è applicabile a tutti i lavori. Pure a me se lo Stato taglia il 50% di tasse sullo stipendio poi ha un ritorno in termini di maggiori consumi (e quindi più Iva, più lavoro ecc.).
Ma non funziona affatto cosi, è un concetto diffusissimo fra la popolazione ( purtroppo)

Non è cosi perchè se lo stato di sconta 10 euro di tasse, per prima cosa tu rischi di rimetterne in circolo solo 9, quindi andremmo già in negativo, primo.
Secondo, anche se tu li spendessi tutti e 10, la somma è sempre ZERO.

Invece, se ti arriva un esterno che paga 5 di tasse invece che 10, tu Stato hai incassato 5, diversamente ne avresti incassato ZERO.

Hai presente quando quel genio di Salvini dice che non c'è problema con gli interessi sul debito pubblico, basterebbe che fossero gli italiani a detenerlo?

Certo, praticamente il cittadino paga più tasse per pagare maggiori interessi sul debito, che poi gli vengono restituiti sottoforma di interessi sui btp.

Nella migliore delle ipotesi per il contribuente la somma è sempre zero.
 
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