Io credo, senza offesa e senza volere insegnare niente a nessuno, che il calcio e nella fattispecie il nostro Milan debbano far parte della nostra vita così come TANTE altre cose fanno parte della nostra vita, tributandogli la GIUSTA importanza. Nella nostra lunga storia spesso siamo stati parecchi anni, se non lustri, a vincere un emerito NIENTE. Io c'ero, e non per questo ho lasciato che ciò condizionasse la mia vita. Con questo non voglio dire che stento a capire molti di voi, perche molti hanno solo conosciuto vittorie e trofei per cui è difficile vivere questi tempi. Il Milan è eterno, mentre noi purtroppo non lo siamo ed è appunto per questo motivo che non serve a nulla deprimersi oltre modo. Parleranno del Crotone a milano per i prossimi 50 anni...poco mi importa, tanto non ci sarò più, ma pochi potranno vantare il privilegio di avere visto sollevare 6 coppe dei campioni come il sottoscritto. Tutto nella vita è ciclico, il difficile sta nel saper gestire ogni ciclo, sia buono che cattivo, e dare un senso ad ognuno di essi. Il Milan è vita e passione, ci accompagna per tutta la vita, se lo vogliamo, l'importante è non permettere che ci avveleni. Scusate
Ricordi la prima pagina della Gazzetta dello Sport del 16 maggio 1988, celebrativa dell'undicesimo scudetto, quello del Milan di Sacchi, vinto il giorno prima a Como? Nell'occhiello del titolo, 'Milan campione', vi era riportato 'Un grande scudetto dopo nove anni di guai'. Delle varie delizie di quella storica prima pagina (ho ancora qui una copia della edizione di quel giorno), tra foto, disegni, articoli celebrativi del trionfo, ricordo con particolare piacere, e ti propongo il ricordo, di quel minuscolo occhiello, in posizione anonima. Dopo nove anni di guai: il calcioscommesse, le due retrocessioni, gli anni agri con Giussi, a gioire per trionfi con goleade ad Empoli e Taranto, e mio padre che mi ricordava, quasi con maligno piacere, gioie mai vissute, quelle di Wembley, Madrid, Rotterdam, le Intercontinentali, come a tarare quegli innocenti entusiasmi per i gol di Hateley, e l'orgoglio per le prodezze di Evani, Battistini, Icardi, e Filippo Galli che, serioso, non esultava nemmeno quando segnava, quasi a riportarmi alla cruda realtà di una triste situazione del nostro club, le cui impressioni pallide di nuova grandezza svanivano di fronte ad una storia tanto grande, quanto pesante nella sua apparente inattingibilita'. Eppure, tutte queste malinconie, questi piccoli dolori di tifoso, dopo nove anni di guai, sembravano dissolti di colpo, la mattina di quel 16 maggio di trenta anni fa. Quasi felice di averli vissuti, perché ero riuscito a resistervi, e ad uscirne ancora più saldo ed innamorato della maglia rossonera; dissi a me stesso che nulla avrebbe potuto farmi rinunciare al ricordo di quella lunga traversata nel deserto, perché essa mi ricordava da dove venivo, e l'averla superata mi diceva un po' anche chi ero. Con il medesimo spirito, nel condividere ed apprezzare le tue parole, ora vivo questa fase di declino della stella del nostro club, accettando i momenti non felici che sto vivendo per quello che semplicemente sono: le tappe intermedie di un viaggio per l'attraversamento del deserto. Fatto con i medesimi, poveri mezzi di quei nove anni: tanta acqua in borraccia, per i tratti più duri ed assolati, ed una fede nella mente e nel cuore, fresca come brezza di pioggia, che anche il più duro dei deserti prima o poi finisce, e che alla fine di esso arriveranno gioie, fresco e riposo, capaci di appagare in un solo istante di pura felicità ogni tipo di sforzo e sacrificio per raggiungerli. E, la storia del Milan lo dimostra ciclicamente, quando quel momento arriva, ogni dono ci è dato, fatto della stessa materia dei sogni più impudichi e follu della notte prima. Come sempre, allora, cammino, e aspetto quel che deve arrivare, e che so che mi attenderà alla fine del viaggio.
