Repubblica Sinisa Mihajlovic è morto a 53 anni ieri, poco dopo le 15, alla clinica Paideia a Roma Nord, a due passi dalla sua casa nel quartiere Fleming. Era ricoverato da domenica sera in gravissime condizioni a causa della leucemia mieloide acuta: la malattia, che lo aveva colpito nell’estate del 2019 e che inizialmente aveva battuto, si è ripresentata con più aggressività lo scorso marzo. Si è spento circondato dall’amore della famiglia: la moglie Arianna, i loro cinque figli e anche il ct Roberto Mancini, devastato dal dolore per il suo grande amico ed ex compagno di squadra nella Samp e nella Lazio. In una settimana il quadro clinico dell’ex calciatore e allenatore serbo, fino al 6 settembre al Bologna, si è aggravato drasticamente. Due settimane fa scherzava alla presentazione del libro di Zeman. Venerdì sera Mihajlovic parlava con i suoi amici del futuro. «Coraggio ne ho da vendere», diceva. Poi, domenica, la febbre si è alzata e la situazione è diventata sempre più critica. Da qui la decisione del ricovero. Increduli i suoi amici e i tifosi in ogni parte d’Italia. Non tutti sapevano del peggioramento delle condizioni. Chi invece nei giorni scorsi era venuto a trovarlo in ospedale è uscito in lacrime. La camera ardente domani potrebbe essere allestita in Campidoglio. Lunedì i funerali in piazza della Repubblica.