Invece il problema è proprio affrontare la questione sull’onda emotiva. Mi è capitato di sentire il messaggio vocale di Giulia Cecchettin nel quale lei si preoccupava che lui potesse suicidarsi. Una cosa straziante, soprattutto sapendo che poi lui non ha esitato a massacrarla e, probabilmente, a tutto ha pensato meno che a rivolgere violenza verso se stesso. Bisogna essere una non-persona per non sentirsi toccati.
Tuttavia, se si vuole analizzare una questione in modo logico e produttivo, non bisogna farsi trascinare dall’emotività ma bisogna fare astrazione dai casi specifici e valutare il quadro complessivo. E, per quanto possa essere cinico, l’unico modo per farlo è prendere in considerazione i freddi numeri e le crude statistiche, cosa appunto non possibile sull’onda emotiva perché si finisce col sentirsi dire “eh ma sei un mostro, pensi alle statistiche con una persona uccisa?”. Ma, ripeto, questo è l’unico modo per capire se ci sia o meno un problema criminologico e culturale.
In Italia abbiamo poco più di trecento omicidi all’anno e siamo tra i Paesi europei col più basso tasso di omicidi. Di questi, poco meno della metà(circa 45%) sono omicidi commessi nell’ambito di rapporti di coppia, finiti o in essere. Tra questi nel 70% dei casi le vittime sono donne per mano di un uomo, nel 30% le vittime sono uomini per mano di una donna.
Chiaramente non è possibile stabilire a tavolino quale sia il numero socialmente tollerabile di omicidi ma penso che sia in qualche modo “fisiologico”(passami il termine)che un certo numero di omicidi venga commesso. A livello comparatistico l’Italia è, come ho già scritto, uno dei Paesi europei col più basso tasso di omicidi e, all’interno della categoria “omicidi”, quelli che vengono impropriamente definiti “femminicidi” sono solo una parte. Chiaramente, pur nel numero molto basso in valore assoluto, all’interno della categoria, anch’essa impropria, degli “omicidi di genere” esiste una sproporzione tra donne uccise da uomini e uomini uccisi da donne: 70% VS 30%. Ma se andiamo a vedere i dati sugli omicidi complessivi, esclusi quelli “di genere”, vediamo che nel 90% degli omicidi l’autore è un uomo. Quindi abbiamo una sproporzione ancor più evidente, che nulla ha a che vedere con una presunta mentalità patriarcale.
Insomma, messa da parte l’emotività, l’analisi di numeri e statistiche disegna una realtà nella quale parlare di emergenza sociale in relazione ai cosiddetti “femminicidi” è, quanto meno, una forzatura. Blaterare di “educare tutti gli uomini” e simili è semplicemente folle e chi lo fa, a mio parere, rientra, per dirla con Eco, tra quella “gente che di solito veniva messa a tacere dai compagni”.
Resta ovviamente fermo che ognuno abbia il diritto di manifestare per quel che vuole e di portare avanti le battaglie che preferisce, ma penso anche che dovrebbe esserci una maggiore consapevolezza sui corretti contorni delle battaglie che si vogliono sostenere: se non si è in grado neanche di capire la reale portata di una questione, difficilmente si potrà dare un contributo utile all’individuazione e alla soluzione degli eventuali problemi connessi. Il tutto si riduce a un mero sfogo di pancia, che può anch’esso essere legittimo ma è fine a se stesso.