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L'ho visto ieri sera e volevo condividere con voi la mia personale recensione sul film 
Scrivere una recensione del film "La Grande Bellezza" non è semplice. Le sfaccettature che lo compongono sono veramente moltissime e tutte meriterebbero un'analisi più che approfondita vista la magnificenza.
Il film racconta la storia di Jep Gambardella (Toni Servillo), giornalista e scrittore di 65 anni trasferitosi a Roma in giovane età. Egli vive nella mondanità raccontando se stesso e la Roma che respira dall'interno attraverso un disagio, quello del "blocco dello scrittore" dove la voglia di poter cimentarsi nuovamente nella scrittura di un romanzo in seguito al discreto successo de "L'Apparato Umano", si scontra con la sua cinica e disincantata visione del mondo in cui vive.
La Grande Bellezza è la visione che Paolo Sorrentino ha dell'Italia, una visione Felliniana della Dolce Vita contemporanea, un affresco a 360 gradi dove tutto ciò che è insito nella nostra cultura viene mostrato attraverso immagini e metafore di rara bellezza. La regia è debordante, i movimenti di macchina e le inquadrature non sono mai fine a se stesse o banali, tutto ha un suo perché nella ricerca dell’immagine perfetta resa possibile anche da una fotografia di pregevole fattura. Intorno al mastodontico Toni Servillo, vero fulcro e centro di questa pellicola, ruotano vari personaggi tutti con un loro passato, una personalità e una visione propria della vita, delle speranze e delle disillusioni che in qualche modo contaminano l'atmosfera godereccia che tanto amano. Un carosello di personaggi che entrano ed escono come fossero delle entità, dei fantasmi.
C'è Romano (Carlo Verdone) drammaturgo teatrale senza talento che decide di andarsene da Roma incolpandola di non averlo compreso.
Serena Grandi nel ruolo della showgirl inoltrata da tempo verso il viale del tramonto che continua a frequentare feste e a sottoporsi al massacro estetico del botulino (rappresentato qui come un rito simile alla comunione di Cristo) convinta di poter ancora piacere.
Il ragazzo schizofrenico che fa diventare schizofrenica la madre convinta della guarigione del figlio.
Ramona (Sabrina Ferilli) spogliarellista dall'età non più florida, che spende misteriosamente tutto ciò che guadagna.
Dadina la direttrice del giornale dove lavora Jep, una nana che ricava tutto ciò che di buono offre la vita, un'amica ma anche una figura quasi materna per Jep.
L’artista autodistruttiva che parla di vibrazioni senza conoscerne ne il significato ne il senso logico.
Un ruolo di particolare rilievo è dato al clero: l'alto prelato che disconosce il voto di povertà cedendo ai peccati della tavola e del viver bene invece che diffondere la parola di Gesù. I sermoni vengono sostituiti da consigli su come cucinare questa o quell’altra pietanza.
Sorrentino crea una contrapposizione inserendo fra i personaggi una suora centenaria dedita alla vera essenza del vivere ecclesiastico che non prende parte ai frivoli discorsi. Immagine altrettanto forte è dedicata alla suora di clausura che rivolge uno sguardo languido all'uomo di colore.
Jep però è diverso, in lui alberga l'eterna realtà, il distacco disincantato verso quel carrozzone fatto di supponenza, ricchezza ostentata e cocaina ma fatto soprattutto di "sparuti incostanti sprazzi di bellezza e poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile"; è l'esatta contrapposizione di tutto questo circo, vive nella mondanità ma la critica aspramente "Non volevo essere semplicemente un mondano, volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alla feste, io volevo avere il potere di farle fallire", si frappone fra tutti questi personaggi e la realtà, frequenta i salotti ma fa tornare tutti con i piedi per terra attraverso un'analisi reale e spietata delle loro vite, mette in crisi l'artista chiedendo insistentemente il significato della parola "vibrazioni" senza averne risposta, chiede risposte sul mistero della fede ad un prelato che cerca sempre di cambiare il discorso. Jep potremo considerarlo una sorta di Virgilio che mostra la Nostra Italia nel bene e nel male perché è questo ciò che siamo.
Vive la Sua Grande Bellezza nel passato, nel ricordo tacito ma intriso di emozioni della sua prima volta, dove le parole non servono, dove lo sguardo intenso e incantato pervade i suoi occhi e raccontano da soli più di ogni parola. Tutto si svuota, ogni parola si fa inutile e lascia lo spazio ad un volo di fenicotteri. Il resto sono blablabla vuoti e senza un domani dove "i trenini delle feste romane sono i più belli. Sono belli perché non vanno da nessuna parte" con la consapevolezza che forse si, la vita è solo un enorme trucco da illusionista.
voto: 9

Scrivere una recensione del film "La Grande Bellezza" non è semplice. Le sfaccettature che lo compongono sono veramente moltissime e tutte meriterebbero un'analisi più che approfondita vista la magnificenza.
Il film racconta la storia di Jep Gambardella (Toni Servillo), giornalista e scrittore di 65 anni trasferitosi a Roma in giovane età. Egli vive nella mondanità raccontando se stesso e la Roma che respira dall'interno attraverso un disagio, quello del "blocco dello scrittore" dove la voglia di poter cimentarsi nuovamente nella scrittura di un romanzo in seguito al discreto successo de "L'Apparato Umano", si scontra con la sua cinica e disincantata visione del mondo in cui vive.
La Grande Bellezza è la visione che Paolo Sorrentino ha dell'Italia, una visione Felliniana della Dolce Vita contemporanea, un affresco a 360 gradi dove tutto ciò che è insito nella nostra cultura viene mostrato attraverso immagini e metafore di rara bellezza. La regia è debordante, i movimenti di macchina e le inquadrature non sono mai fine a se stesse o banali, tutto ha un suo perché nella ricerca dell’immagine perfetta resa possibile anche da una fotografia di pregevole fattura. Intorno al mastodontico Toni Servillo, vero fulcro e centro di questa pellicola, ruotano vari personaggi tutti con un loro passato, una personalità e una visione propria della vita, delle speranze e delle disillusioni che in qualche modo contaminano l'atmosfera godereccia che tanto amano. Un carosello di personaggi che entrano ed escono come fossero delle entità, dei fantasmi.
C'è Romano (Carlo Verdone) drammaturgo teatrale senza talento che decide di andarsene da Roma incolpandola di non averlo compreso.
Serena Grandi nel ruolo della showgirl inoltrata da tempo verso il viale del tramonto che continua a frequentare feste e a sottoporsi al massacro estetico del botulino (rappresentato qui come un rito simile alla comunione di Cristo) convinta di poter ancora piacere.
Il ragazzo schizofrenico che fa diventare schizofrenica la madre convinta della guarigione del figlio.
Ramona (Sabrina Ferilli) spogliarellista dall'età non più florida, che spende misteriosamente tutto ciò che guadagna.
Dadina la direttrice del giornale dove lavora Jep, una nana che ricava tutto ciò che di buono offre la vita, un'amica ma anche una figura quasi materna per Jep.
L’artista autodistruttiva che parla di vibrazioni senza conoscerne ne il significato ne il senso logico.
Un ruolo di particolare rilievo è dato al clero: l'alto prelato che disconosce il voto di povertà cedendo ai peccati della tavola e del viver bene invece che diffondere la parola di Gesù. I sermoni vengono sostituiti da consigli su come cucinare questa o quell’altra pietanza.
Sorrentino crea una contrapposizione inserendo fra i personaggi una suora centenaria dedita alla vera essenza del vivere ecclesiastico che non prende parte ai frivoli discorsi. Immagine altrettanto forte è dedicata alla suora di clausura che rivolge uno sguardo languido all'uomo di colore.
Jep però è diverso, in lui alberga l'eterna realtà, il distacco disincantato verso quel carrozzone fatto di supponenza, ricchezza ostentata e cocaina ma fatto soprattutto di "sparuti incostanti sprazzi di bellezza e poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile"; è l'esatta contrapposizione di tutto questo circo, vive nella mondanità ma la critica aspramente "Non volevo essere semplicemente un mondano, volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alla feste, io volevo avere il potere di farle fallire", si frappone fra tutti questi personaggi e la realtà, frequenta i salotti ma fa tornare tutti con i piedi per terra attraverso un'analisi reale e spietata delle loro vite, mette in crisi l'artista chiedendo insistentemente il significato della parola "vibrazioni" senza averne risposta, chiede risposte sul mistero della fede ad un prelato che cerca sempre di cambiare il discorso. Jep potremo considerarlo una sorta di Virgilio che mostra la Nostra Italia nel bene e nel male perché è questo ciò che siamo.
Vive la Sua Grande Bellezza nel passato, nel ricordo tacito ma intriso di emozioni della sua prima volta, dove le parole non servono, dove lo sguardo intenso e incantato pervade i suoi occhi e raccontano da soli più di ogni parola. Tutto si svuota, ogni parola si fa inutile e lascia lo spazio ad un volo di fenicotteri. Il resto sono blablabla vuoti e senza un domani dove "i trenini delle feste romane sono i più belli. Sono belli perché non vanno da nessuna parte" con la consapevolezza che forse si, la vita è solo un enorme trucco da illusionista.
voto: 9