La strategia di Raiola è stata chiara: egli intendeva portare il Milan, con un gioco di surplace, stop and go, a trattare il presunto rinnovo contrattuale di Donnarumma dopo la chiusura del mercato estivo, in un tempo, cioè, in cui sarebbe stato impossibile, nella ipotesi programmata di rottura delle trattative, sostituire il giocatore, onde assicurarne l'indispensabilità tecnica anche per la prossima stagione per stato di necessità, e lo stabile impiego in campo in attesa dello svincolo a fine anno. Qui l'intelligenza tra il famoso agente, che parlava di fantomatiche esigenze di verifica postuma delle ambizioni della società, e Donnarumma, cui non inverosimilmente sono state attribuite parole di risposta a Mirabelli sul perché non fosse possibile trattare da ottobre in poi, è stata assoluta. Ma i due non avevano fatto i conti con la capacità strategica di Fassone, e soprattutto con il metodo di affari cinese: prevenzione, velocità, nei contenuti e nei modi, per dettare le regole di contesto entro cui far germinare un accordo alle proprie condizioni. Più tempo per trattare? Si tratta ora, 13 giugno. Non si parla di cifre ma solo di verifica di programmi e progetti? Di soldi si parla, 10 milioni lordi annui, una montagna di denaro per un diciottenne, i programmi sono nei fatti, moneta sonante, prendere o lasciare. Donnarumma comunque indispensabile ed insostituibile? Donnarumma che viene dichiarato assolutamente incedibile, che però se non firma scala al terzo o quarto posto, diventa persino eleggibile per la Primavera di Gattuso, costrettovi da un contratto non professionistico da duecentomila euro, nella disistima di tutto l'ambiente che infine lo respinge e marginalizza, e mentre il club tratta contemporaneamente dieci portieri per sostituirlo, riservandosi di decidere entro dieci giorni, e ponendo di fatto sul tavolo negoziale un timer alla rovescia, per l'accettazione di quella e solo di quella proposta contrattuale. Ed il tempo scorre, ma ora contro Raiola e Donnarumma che pensavano fino a quel momento di usarlo, e la prospettiva per costoro non è più quella di una trattativa dilatoria ed inconcludente, di cui Raiola è maestro, ma di una accettazione quasi obbligata di quel pacchetto contrattuale, prendere o lasciare. Un nodo scorsoio che si stringe intorno al collo sarebbe meno opprimente: mettere gentilmente la controparte nella inevitabile situazione di dover trattare alle proprie condizioni, e quella che se ne accorge quando ormai è impossibile uscirne. Raiola ha voluto sfidare i cinesi, il loro metodo lo ha letteralmente disintegrato. Che fa, ora, insiste? Potrebbe andare anche peggio: si, potrebbe perdere il giocatore.