Mi pare chiaro che il suo obiettivo sia evitare di far fatica durante i carichi del ritiro, non riesce proprio mentalmente a pensare calcio con spirito di sacrificio.
E questo è un problema che si riflette anche nel discorso che faccio spesso coi difensori di colore nelle giovanili, palesemente più pronti e strutturati rispetto ai pari età normodotati: quando un allenatore degli Allievi prova a dire ad un Koulibaly o ad un Mangala 16enne di fare la diagonale o di rispettare le distanze dal compagno o addirittura di scappare indietro quando l'avversario ha la palla, questo ti guarda malissimo perché sa che solo con uno scatto, un salto o una spallata ha recuperato e recupererà sempre quel pallone, mandando al bar l'attaccante.
E quindi non fanno lo sforzo mentale per impostarsi sul piano tattico, arrivando regolarmente impreparati tra i professionisti e commettendo errori invasivi, dovendo poi sperare di incontrare nella propria strada il Sarri di turno che gli insegna di nuovo il mestiere.
Spesso si cade addirittura nella trappola del razzismo su questi temi (ha fatto un disastro Eranio tempo fa spiegandosi malissimo in Svizzera), ma in realtà ci sono precise ragioni somatiche e di campo.
Allo stesso modo i grandi talenti palla al piede che hanno sempre ottenuto tutto facilmente su un campo di calcio danno per sottintesa una sorta di onnipotenza tecnica che permette loro anche di trascurare l'aspetto atletico, fisico e tattico, perché tanto mettono la palla dove vogliono.
Non voglio scomodare Maradona nella stessa frase di Cassano, ma il senso è più o meno quello. Diciamo pure Sodinha, ma gli esempi sono tantissimi.
Sia chiaro che non ci sono regole, ovviamente sono solo possibili tendenze e c'è poi cultura e cultura tra le varie persone, però se Cassano è diventato e rimasto "solo" un Cassano, non è perché è scemo e basta nella sua ignoranza di Bari vecchia, ma anche per un banale motivo di campo, più o meno inconscio, che non gli ha mai fatto scattare qualcosa di diverso nella testa.