Boban:"Addio Maldini una verogna. Olmo, Moncada e co...

Zenos

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Boban a Sportialia:

tanta differenza oggi tra Inter e Milan? E a che livello?
"Quando guardiamo i risultati ovvio. Quando guardiamo la società ovvio. Quando guardiamo nel complesso, quello che rappresenta oggi l'Inter e il Milan è ovvio. È facile da capire, dispiace tanto, ma sul piano tecnico non credo sia così lontano. Sul piano di come creare una squadra che funzioni bene si, sia lontano. Se il Milan fa 3, 4 innesti giusti che riequilibrano un po' la cosa e diano una logica al gioco, che non c'è, perché non c'è da tutto l'anno, allora si può sperare di avere una squadra vera. Adesso questa non lo è, invece l'Inter lo è, una squadra competitiva, che sa sempre cosa sempre, che ha una chiara identità. Noi no, non abbiamo un'identità, anzi, c'è ne sono state 100 di identità in questa stagione, e nessuna alla fine è stata giusta. Perché non si può con questi giocatori, come sono stati presi e farli giocare, avere una chiara identità. E questo, vuoi anche tanti di noi, lo abbiamo capito dall'estate. Si è capito dall'estate e poi si è dimostrato purtroppo è vero".

Facciamo un passo indietro, al 2019 quando diventi dirigente del Milan. Che ricordi hai?
"Io lascio la FIFA, Paolo mi chiama quando Leonardo è andato via. Il mio lavoro alla FIFA era abbastanza completato, andava solo amministrato dopo che in tre anni abbiamo ripulito l'organizzazione. Paolo voleva andare via, gli dissi: 'Sei più tu Milan del Milan che c'è oggi, non puoi andare via'. Così sono partito per Milano, Paolo era incerto se restare o no, io ero felice di tornare nella società che amo profondamente. Non sono nato milanista, ma lo sono diventato. Questa società ha qualcosa di diverso rispetto a tutte le società che ho conosciuto e lo dico non perché ci ho giocato, ma perché è vero. Arrivo, mi rendo conto che la squadra va cambiata tutta e di fatto in sei mesi abbiamo cambiato 13 giocatori. Era chiaro che non eravamo completi, infatti dopo il mercato dico in un'intervista che i bimbi da soli non possono giocare. E in società erano abbastanza incazzati. Ma ho dovuto dirlo perché era giusto così, non potevano crescere da soli e infatti a gennaio prendiamo Kjaer e Ibrahimovic, due innesti fondamentali per tutto il viaggio verso lo scudetto. Io lascio due mesi dopo per le ragioni che i milanisti sanno. Senza quei due, soprattutto senza Ibrahimovic, nulla sarebbe stato creato di quel Milan che va verso lo scudetto e anche verso un'identità. Che Pioli, pur con tante cose sulle quali non ero d'accordo, è riuscito a inculcare".

C'è qualche giocatore di quell'annata che tu ricordi con orgoglio, perché c'è stato il tuo timbro?
"C'era un accordo con Paolo: lui aveva più da dire sui difensori. Lo facevamo insieme, riuscivamo perché c'era troppo rispetto tra di noi. A volte mi piaceva qualche difensore, che per Paolo era un disastro. Invece sull'inquadratura tattica, io che ho giocato centrocampista in tutti i sistemi, capivo certe dinamiche meglio di Paolo. Alla fine sceglievamo insieme i giocatori, non c'è mai stato un giocatore preso senza che l'altro non fosse d'accordo. Magari l'operazione Saelemaekers è stata simpatica, ho fatto abbastanza tutto io: operazione da 6 milioni, diventata poi da 8 e qualcuno lo dovrà spiegare forse un giorno. Devo dire, per non essere inelegante, che ho fatto delle cose con Furlani molto strane nel senso che dovevamo convincere Gordon Singer di lasciarci almeno un po' di soldi dalla vendita di Suso e di Piatek".

Quando ti accorgi che qualcosa non va?
"Dall'inizio. Già con Paolo quella volta a casa quando mi hanno raccontato l'idea di come funziona mi sono detto: 'Allora dobbiamo lottare contro la nostra proprietà per il bene del Milan'. E Paolo mi fa: 'Più o meno'. Non è che non sapessi prima di entrare che certe culture o certe non culture non sarebbero state un problema per noi nel nostro lavoro. L'ho accettata come una sfida molto grande, per me è finita presto ma rifarei tutto perché andava fatto. Già ad agosto mi hanno tolto il potere di firma senza dirmelo, stranamente. A tutti quelli che vogliono sapere come sono andate le cose dico, leggete l'intervista di Paolo Maldini a 'La Repubblica': quella è sacrosanta verità. Poi ci sono tanti dettagli brutti, ma non carichiamo la gente di tante piccole storie inutili e di cattiverie ridicole e di paletti messi nella maniera assurda. Ci avevano messo un certo Endrick che non so cosa ne capisce lui di pallone che doveva avallare quello che facevamo come un controllore tecnico. Se pur stando pochi mesi sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto. Si è dimostrato non col mio lavoro, ma con Paolo e Ricky bravissimi nonostante le difficoltà a creare un grande cammino e poi si è vinto lo scudetto. Io avevo firmato un contratto di tre anni e doveva essere: il primo di pulizia, il secondo di stabilità e il terzo di competitività. In tutte le attività del mondo ci vogliono tre anni, figurati in un club come il Milan: è il minimo. Ma loro dopo tre mesi ci hanno quasi delegittimato con una 'imboscata' come l'ha chiamata Paolo. Ma funziona così, il fondo funziona così: se compro a 10 domani deve valere 15, non c'è logica, non è gente di calcio. Non è cattiveria, è che non capiscono di calcio".


Nella tua intervista del febbraio del 2020 ci sono tre concetti chiave: ambizione, milanismo e italianità
"Io ho parlato di de-milanizzazione, quella era la paura. Ed era chiaro che si volesse far perdere quella forza di voler appartenere. Perché è un'emozione troppo grande per qualcuno che vuol controllare diversamente la cosa. 'Always Milan': che ***** vuol dire? Tutto il mondo sa cosa è il Milan, loro hanno messo 'Always Milan' anche sul pullman. Per favore… Ovvio che dà fastidio, appiattisce, ti fa diventare quasi un robot. L'idea è quella, che i tifosi diventano clienti, i giocatori diventano asset. E via così, questa è la loro via".

Vieni licenziato per giusta causa. Come è andata finire?
"Alla fine la giusta causa non sussiste, è stato dimostrato. Nel secondo grado è stata tolta la parte che il Milan doveva pagarmi per la reputazionale, diciamo. Però la giusta causa che è la cosa più importante per me personalmente non esiste. Adesso ci dobbiamo ancora trovare per chiuderla in santa pace".

Qualcuno in zona Milan quando si parlava degli acquisti tendeva ad attribuire certe operazioni a Moncada per screditare te e Maldini. Qual era il vostro rapporto con Moncada?
"È un ottimo scout, un ottimo capo scout. Ma tutti gli uffici scout al mondo conoscono gli stessi giocatori. Magari capita che uno arriva a questo o quello, ma per Leao sapeva tutto il mondo. Era importante capire se Leao poteva cambiare certi atteggiamenti per giocare al Milan. E Moncada è un ottimo scout o capo scout, ma dopo i giocatori li sceglievamo noi. Lui te li presentava e non entrava mai nel merito, anche elegantemente. Perché non è il suo, cosa ne sa lui cosa vuol dire giocare a San Siro o meno? Credo che abbiamo dimostrato di capire chi poteva e chi no. Alla fine non è che si è sbagliato degli acquisti, ma sono cose per denigrare la forza del lavoro di Paolo, visto che è rimasto tutti questi anni, mentre io sono rimasto sette mesi. Dove però è stata fatta quella rivoluzione dove sono state poste le basi per quella che è stata la squadra che ha vinto lo scudetto".

C'è qualche giocatore che tu e Paolo volevate prendere e vi è stato impedito?
"Personalmente sono andato a chiudere Dani Olmo. Non hanno voluto farlo, era gennaio 2020. Era tutto accordato, si doveva magari alzare qualcosa, ma era un affare da 18 più 2. Il ragazzo non chiedeva nemmeno troppo ma dopo si doveva pagare qualcosa di più e alla fine non ho avuto alcuna risposta, quindi era chiaro che era un no. Poi abbiamo preso anche Szoboszlai, era tutto accordato: 20 milioni della clausola col Salisburgo. Anche lì negato e mi son detto: 'Ma che roba è?' poi ho cercato di vederli e non ci hanno voluto vedere per due mesi e ho dovuto così fare quello che ho fatto. Per qualcuno è arrivata come improvvisa, la cosa, ma invece non è stata improvvisa. Ma io non è che potessi ogni giorno dire cose pubblicamente o spingere per riceverci per un chiarimento che non è arrivato. Eravamo d'accordo che tutto quel che vendevamo sarebbe stato reinvestito: quindi c'erano quasi 50 milioni da Suso e Piatek, questi due (Olmo e Szoboszlai) sarebbero arrivati da quei due. Su Olmo non ero certo all'inizio perché aveva in campo una posizione abbastanza strana, il suo ideale era dietro la punta ma la nostra idea di gioco era il 4-3-3 ma anche il 4-2-3-1 che poi abbiamo visto, in quel caso era ideale farlo giocare di là perché Calhanoglu non poteva farlo. Lui è un playmaker e un 8, ma non un 10. Perché non fa l'uno contro uno e non ha velocità. Infatti alla fine con Brahim Diaz in quella posizione si è fatto di più. Szoboszlai si chiude a Innsbruck, Paolo non era andato perché aveva paura che lo riconoscessero. È un'icona, dove vai vai lo riconoscono. Quindi Ricky e io siamo andati col papà di Szoboszlai. Avevamo chiuso l'affare, il ragazzo voleva venire subito: negato. Ho dovuto dirgli: 'Guarda, vediamo per l'estate'. Lui delusissimo, voleva venire subito al Milan. Lui non è un grandissimo giocatore, ma un ottimo giocatore. Olmo potenzialmente lo era. Szoboszlai nella mia testa era un 8 e alla lunga può diventare un grandissimo play".

Sulla cacciata di Maldini
"Una pagina vergognosa, fatta in maniera vergognosa. Indecente, inaccettabile e potrei dire altre mille cose brutte. Soprattutto inspiegabile anche per loro. Per loro Paolo rappresentava l'ultimo ostacolo per fare quello che volevano. E tanto ha inciso il fatto di Tonali, Paolo non l'avrebbe mai lasciato andare. Siamo davanti a 70 milioni di differenza, non so quanti nello specifico. Tanti soldi ma che non dovevano mai venire al Milan perché Tonali non doveva andare via dal Milan. Perché il ragazzo è milanista. Quando li avevamo contattati mi disse che non sarebbe mai andato alla Juventus e all'Inter. Paolo e Ricky lo prendono a una cifra super per un giocatore così. Lui al primo anno era irrigidito dall'amore verso il Milan, dal rispetto verso lo stadio e tanti si sono fatti domande. Mio papà mi diceva: 'Ma guarda, ha paura di giocare'. Era vero, ma date le potenzialità necessitava di un anno di rodaggio e di respirare libero. Prima non era libero, era troppo milanista. Lasciare un simbolo così, poi dopo lo scudetto, dopo tutto quello che ha fatto e come l'ha fatto".

Vedi l'allegato 9581
Cos'altro ci devono dire per andarli a prendere uno ad uno?
Hanno raggiunto il loro obiettivo,demilanizzare tutto ed i 70k maiali che cantano e ballano dopo la vittoria con il Bologna ne sono il chiaro esempio.
 

vicky3464

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Ecco, se fossi abbastanza ricco da comperare il Milan, chiederei loro di tornare: il ruolo se lo possono scegliere da soli, e se mai dovessi firmare qualcosa da loro proposta farei una unica domanda: devo firmare in basso a destra o a sinistra?
 
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Boban a Sportialia:

tanta differenza oggi tra Inter e Milan? E a che livello?
"Quando guardiamo i risultati ovvio. Quando guardiamo la società ovvio. Quando guardiamo nel complesso, quello che rappresenta oggi l'Inter e il Milan è ovvio. È facile da capire, dispiace tanto, ma sul piano tecnico non credo sia così lontano. Sul piano di come creare una squadra che funzioni bene si, sia lontano. Se il Milan fa 3, 4 innesti giusti che riequilibrano un po' la cosa e diano una logica al gioco, che non c'è, perché non c'è da tutto l'anno, allora si può sperare di avere una squadra vera. Adesso questa non lo è, invece l'Inter lo è, una squadra competitiva, che sa sempre cosa sempre, che ha una chiara identità. Noi no, non abbiamo un'identità, anzi, c'è ne sono state 100 di identità in questa stagione, e nessuna alla fine è stata giusta. Perché non si può con questi giocatori, come sono stati presi e farli giocare, avere una chiara identità. E questo, vuoi anche tanti di noi, lo abbiamo capito dall'estate. Si è capito dall'estate e poi si è dimostrato purtroppo è vero".

Facciamo un passo indietro, al 2019 quando diventi dirigente del Milan. Che ricordi hai?
"Io lascio la FIFA, Paolo mi chiama quando Leonardo è andato via. Il mio lavoro alla FIFA era abbastanza completato, andava solo amministrato dopo che in tre anni abbiamo ripulito l'organizzazione. Paolo voleva andare via, gli dissi: 'Sei più tu Milan del Milan che c'è oggi, non puoi andare via'. Così sono partito per Milano, Paolo era incerto se restare o no, io ero felice di tornare nella società che amo profondamente. Non sono nato milanista, ma lo sono diventato. Questa società ha qualcosa di diverso rispetto a tutte le società che ho conosciuto e lo dico non perché ci ho giocato, ma perché è vero. Arrivo, mi rendo conto che la squadra va cambiata tutta e di fatto in sei mesi abbiamo cambiato 13 giocatori. Era chiaro che non eravamo completi, infatti dopo il mercato dico in un'intervista che i bimbi da soli non possono giocare. E in società erano abbastanza incazzati. Ma ho dovuto dirlo perché era giusto così, non potevano crescere da soli e infatti a gennaio prendiamo Kjaer e Ibrahimovic, due innesti fondamentali per tutto il viaggio verso lo scudetto. Io lascio due mesi dopo per le ragioni che i milanisti sanno. Senza quei due, soprattutto senza Ibrahimovic, nulla sarebbe stato creato di quel Milan che va verso lo scudetto e anche verso un'identità. Che Pioli, pur con tante cose sulle quali non ero d'accordo, è riuscito a inculcare".

C'è qualche giocatore di quell'annata che tu ricordi con orgoglio, perché c'è stato il tuo timbro?
"C'era un accordo con Paolo: lui aveva più da dire sui difensori. Lo facevamo insieme, riuscivamo perché c'era troppo rispetto tra di noi. A volte mi piaceva qualche difensore, che per Paolo era un disastro. Invece sull'inquadratura tattica, io che ho giocato centrocampista in tutti i sistemi, capivo certe dinamiche meglio di Paolo. Alla fine sceglievamo insieme i giocatori, non c'è mai stato un giocatore preso senza che l'altro non fosse d'accordo. Magari l'operazione Saelemaekers è stata simpatica, ho fatto abbastanza tutto io: operazione da 6 milioni, diventata poi da 8 e qualcuno lo dovrà spiegare forse un giorno. Devo dire, per non essere inelegante, che ho fatto delle cose con Furlani molto strane nel senso che dovevamo convincere Gordon Singer di lasciarci almeno un po' di soldi dalla vendita di Suso e di Piatek".

Quando ti accorgi che qualcosa non va?
"Dall'inizio. Già con Paolo quella volta a casa quando mi hanno raccontato l'idea di come funziona mi sono detto: 'Allora dobbiamo lottare contro la nostra proprietà per il bene del Milan'. E Paolo mi fa: 'Più o meno'. Non è che non sapessi prima di entrare che certe culture o certe non culture non sarebbero state un problema per noi nel nostro lavoro. L'ho accettata come una sfida molto grande, per me è finita presto ma rifarei tutto perché andava fatto. Già ad agosto mi hanno tolto il potere di firma senza dirmelo, stranamente. A tutti quelli che vogliono sapere come sono andate le cose dico, leggete l'intervista di Paolo Maldini a 'La Repubblica': quella è sacrosanta verità. Poi ci sono tanti dettagli brutti, ma non carichiamo la gente di tante piccole storie inutili e di cattiverie ridicole e di paletti messi nella maniera assurda. Ci avevano messo un certo Endrick che non so cosa ne capisce lui di pallone che doveva avallare quello che facevamo come un controllore tecnico. Se pur stando pochi mesi sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto. Si è dimostrato non col mio lavoro, ma con Paolo e Ricky bravissimi nonostante le difficoltà a creare un grande cammino e poi si è vinto lo scudetto. Io avevo firmato un contratto di tre anni e doveva essere: il primo di pulizia, il secondo di stabilità e il terzo di competitività. In tutte le attività del mondo ci vogliono tre anni, figurati in un club come il Milan: è il minimo. Ma loro dopo tre mesi ci hanno quasi delegittimato con una 'imboscata' come l'ha chiamata Paolo. Ma funziona così, il fondo funziona così: se compro a 10 domani deve valere 15, non c'è logica, non è gente di calcio. Non è cattiveria, è che non capiscono di calcio".


Nella tua intervista del febbraio del 2020 ci sono tre concetti chiave: ambizione, milanismo e italianità
"Io ho parlato di de-milanizzazione, quella era la paura. Ed era chiaro che si volesse far perdere quella forza di voler appartenere. Perché è un'emozione troppo grande per qualcuno che vuol controllare diversamente la cosa. 'Always Milan': che ***** vuol dire? Tutto il mondo sa cosa è il Milan, loro hanno messo 'Always Milan' anche sul pullman. Per favore… Ovvio che dà fastidio, appiattisce, ti fa diventare quasi un robot. L'idea è quella, che i tifosi diventano clienti, i giocatori diventano asset. E via così, questa è la loro via".

Vieni licenziato per giusta causa. Come è andata finire?
"Alla fine la giusta causa non sussiste, è stato dimostrato. Nel secondo grado è stata tolta la parte che il Milan doveva pagarmi per la reputazionale, diciamo. Però la giusta causa che è la cosa più importante per me personalmente non esiste. Adesso ci dobbiamo ancora trovare per chiuderla in santa pace".

Qualcuno in zona Milan quando si parlava degli acquisti tendeva ad attribuire certe operazioni a Moncada per screditare te e Maldini. Qual era il vostro rapporto con Moncada?
"È un ottimo scout, un ottimo capo scout. Ma tutti gli uffici scout al mondo conoscono gli stessi giocatori. Magari capita che uno arriva a questo o quello, ma per Leao sapeva tutto il mondo. Era importante capire se Leao poteva cambiare certi atteggiamenti per giocare al Milan. E Moncada è un ottimo scout o capo scout, ma dopo i giocatori li sceglievamo noi. Lui te li presentava e non entrava mai nel merito, anche elegantemente. Perché non è il suo, cosa ne sa lui cosa vuol dire giocare a San Siro o meno? Credo che abbiamo dimostrato di capire chi poteva e chi no. Alla fine non è che si è sbagliato degli acquisti, ma sono cose per denigrare la forza del lavoro di Paolo, visto che è rimasto tutti questi anni, mentre io sono rimasto sette mesi. Dove però è stata fatta quella rivoluzione dove sono state poste le basi per quella che è stata la squadra che ha vinto lo scudetto".

C'è qualche giocatore che tu e Paolo volevate prendere e vi è stato impedito?
"Personalmente sono andato a chiudere Dani Olmo. Non hanno voluto farlo, era gennaio 2020. Era tutto accordato, si doveva magari alzare qualcosa, ma era un affare da 18 più 2. Il ragazzo non chiedeva nemmeno troppo ma dopo si doveva pagare qualcosa di più e alla fine non ho avuto alcuna risposta, quindi era chiaro che era un no. Poi abbiamo preso anche Szoboszlai, era tutto accordato: 20 milioni della clausola col Salisburgo. Anche lì negato e mi son detto: 'Ma che roba è?' poi ho cercato di vederli e non ci hanno voluto vedere per due mesi e ho dovuto così fare quello che ho fatto. Per qualcuno è arrivata come improvvisa, la cosa, ma invece non è stata improvvisa. Ma io non è che potessi ogni giorno dire cose pubblicamente o spingere per riceverci per un chiarimento che non è arrivato. Eravamo d'accordo che tutto quel che vendevamo sarebbe stato reinvestito: quindi c'erano quasi 50 milioni da Suso e Piatek, questi due (Olmo e Szoboszlai) sarebbero arrivati da quei due. Su Olmo non ero certo all'inizio perché aveva in campo una posizione abbastanza strana, il suo ideale era dietro la punta ma la nostra idea di gioco era il 4-3-3 ma anche il 4-2-3-1 che poi abbiamo visto, in quel caso era ideale farlo giocare di là perché Calhanoglu non poteva farlo. Lui è un playmaker e un 8, ma non un 10. Perché non fa l'uno contro uno e non ha velocità. Infatti alla fine con Brahim Diaz in quella posizione si è fatto di più. Szoboszlai si chiude a Innsbruck, Paolo non era andato perché aveva paura che lo riconoscessero. È un'icona, dove vai vai lo riconoscono. Quindi Ricky e io siamo andati col papà di Szoboszlai. Avevamo chiuso l'affare, il ragazzo voleva venire subito: negato. Ho dovuto dirgli: 'Guarda, vediamo per l'estate'. Lui delusissimo, voleva venire subito al Milan. Lui non è un grandissimo giocatore, ma un ottimo giocatore. Olmo potenzialmente lo era. Szoboszlai nella mia testa era un 8 e alla lunga può diventare un grandissimo play".

Sulla cacciata di Maldini
"Una pagina vergognosa, fatta in maniera vergognosa. Indecente, inaccettabile e potrei dire altre mille cose brutte. Soprattutto inspiegabile anche per loro. Per loro Paolo rappresentava l'ultimo ostacolo per fare quello che volevano. E tanto ha inciso il fatto di Tonali, Paolo non l'avrebbe mai lasciato andare. Siamo davanti a 70 milioni di differenza, non so quanti nello specifico. Tanti soldi ma che non dovevano mai venire al Milan perché Tonali non doveva andare via dal Milan. Perché il ragazzo è milanista. Quando li avevamo contattati mi disse che non sarebbe mai andato alla Juventus e all'Inter. Paolo e Ricky lo prendono a una cifra super per un giocatore così. Lui al primo anno era irrigidito dall'amore verso il Milan, dal rispetto verso lo stadio e tanti si sono fatti domande. Mio papà mi diceva: 'Ma guarda, ha paura di giocare'. Era vero, ma date le potenzialità necessitava di un anno di rodaggio e di respirare libero. Prima non era libero, era troppo milanista. Lasciare un simbolo così, poi dopo lo scudetto, dopo tutto quello che ha fatto e come l'ha fatto".

Vedi l'allegato 9581

Un'intervista che fa esplodere tanti sentimenti, amore, rabbia, delusione, nostalgia. Se solo si potesse riavvolgere il nastro e al bivio prendere una strada diversa. Riscriverla.
 

El picinin

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rendiamoci conto che avevano preso Olmo e Szobozlai coi soldi di Piatek e Suso. Li hanno cacciati entrambi, ora c'è il team in degrado e i risultati si vedono. Io sono abbastanza convinto che saremmo nelle top8 d'Europa oggi con Zvone e Paolo.
E credo in un periodo successivo a Zvone ,con Paolo avevano chiuso anche Alvarez.
 

El picinin

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Un'intervista che fa esplodere tanti sentimenti, amore, rabbia, delusione, nostalgia. Se solo si potesse riavvolgere il nastro e al bivio prendere una strada diversa. Riscriverla.
Per capire quanto e divisa la tifoseria del Milan bastava capire quanti qua dentro erano Contro Maldini, e non credo fossero stranieri o occasionali.
 

CS10

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Zvone e Seedorf sono i miei giocatori preferiti.
Avere Boban e Maldini in società era la cosa migliore che potesse capitarci e li hanno cacciati.
Chiaro che ai nostri proprietari non interessi un ca22o del Milan
 

Dexter

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Boban a Sportialia:

tanta differenza oggi tra Inter e Milan? E a che livello?
"Quando guardiamo i risultati ovvio. Quando guardiamo la società ovvio. Quando guardiamo nel complesso, quello che rappresenta oggi l'Inter e il Milan è ovvio. È facile da capire, dispiace tanto, ma sul piano tecnico non credo sia così lontano. Sul piano di come creare una squadra che funzioni bene si, sia lontano. Se il Milan fa 3, 4 innesti giusti che riequilibrano un po' la cosa e diano una logica al gioco, che non c'è, perché non c'è da tutto l'anno, allora si può sperare di avere una squadra vera. Adesso questa non lo è, invece l'Inter lo è, una squadra competitiva, che sa sempre cosa sempre, che ha una chiara identità. Noi no, non abbiamo un'identità, anzi, c'è ne sono state 100 di identità in questa stagione, e nessuna alla fine è stata giusta. Perché non si può con questi giocatori, come sono stati presi e farli giocare, avere una chiara identità. E questo, vuoi anche tanti di noi, lo abbiamo capito dall'estate. Si è capito dall'estate e poi si è dimostrato purtroppo è vero".

Facciamo un passo indietro, al 2019 quando diventi dirigente del Milan. Che ricordi hai?
"Io lascio la FIFA, Paolo mi chiama quando Leonardo è andato via. Il mio lavoro alla FIFA era abbastanza completato, andava solo amministrato dopo che in tre anni abbiamo ripulito l'organizzazione. Paolo voleva andare via, gli dissi: 'Sei più tu Milan del Milan che c'è oggi, non puoi andare via'. Così sono partito per Milano, Paolo era incerto se restare o no, io ero felice di tornare nella società che amo profondamente. Non sono nato milanista, ma lo sono diventato. Questa società ha qualcosa di diverso rispetto a tutte le società che ho conosciuto e lo dico non perché ci ho giocato, ma perché è vero. Arrivo, mi rendo conto che la squadra va cambiata tutta e di fatto in sei mesi abbiamo cambiato 13 giocatori. Era chiaro che non eravamo completi, infatti dopo il mercato dico in un'intervista che i bimbi da soli non possono giocare. E in società erano abbastanza incazzati. Ma ho dovuto dirlo perché era giusto così, non potevano crescere da soli e infatti a gennaio prendiamo Kjaer e Ibrahimovic, due innesti fondamentali per tutto il viaggio verso lo scudetto. Io lascio due mesi dopo per le ragioni che i milanisti sanno. Senza quei due, soprattutto senza Ibrahimovic, nulla sarebbe stato creato di quel Milan che va verso lo scudetto e anche verso un'identità. Che Pioli, pur con tante cose sulle quali non ero d'accordo, è riuscito a inculcare".

C'è qualche giocatore di quell'annata che tu ricordi con orgoglio, perché c'è stato il tuo timbro?
"C'era un accordo con Paolo: lui aveva più da dire sui difensori. Lo facevamo insieme, riuscivamo perché c'era troppo rispetto tra di noi. A volte mi piaceva qualche difensore, che per Paolo era un disastro. Invece sull'inquadratura tattica, io che ho giocato centrocampista in tutti i sistemi, capivo certe dinamiche meglio di Paolo. Alla fine sceglievamo insieme i giocatori, non c'è mai stato un giocatore preso senza che l'altro non fosse d'accordo. Magari l'operazione Saelemaekers è stata simpatica, ho fatto abbastanza tutto io: operazione da 6 milioni, diventata poi da 8 e qualcuno lo dovrà spiegare forse un giorno. Devo dire, per non essere inelegante, che ho fatto delle cose con Furlani molto strane nel senso che dovevamo convincere Gordon Singer di lasciarci almeno un po' di soldi dalla vendita di Suso e di Piatek".

Quando ti accorgi che qualcosa non va?
"Dall'inizio. Già con Paolo quella volta a casa quando mi hanno raccontato l'idea di come funziona mi sono detto: 'Allora dobbiamo lottare contro la nostra proprietà per il bene del Milan'. E Paolo mi fa: 'Più o meno'. Non è che non sapessi prima di entrare che certe culture o certe non culture non sarebbero state un problema per noi nel nostro lavoro. L'ho accettata come una sfida molto grande, per me è finita presto ma rifarei tutto perché andava fatto. Già ad agosto mi hanno tolto il potere di firma senza dirmelo, stranamente. A tutti quelli che vogliono sapere come sono andate le cose dico, leggete l'intervista di Paolo Maldini a 'La Repubblica': quella è sacrosanta verità. Poi ci sono tanti dettagli brutti, ma non carichiamo la gente di tante piccole storie inutili e di cattiverie ridicole e di paletti messi nella maniera assurda. Ci avevano messo un certo Endrick che non so cosa ne capisce lui di pallone che doveva avallare quello che facevamo come un controllore tecnico. Se pur stando pochi mesi sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto. Si è dimostrato non col mio lavoro, ma con Paolo e Ricky bravissimi nonostante le difficoltà a creare un grande cammino e poi si è vinto lo scudetto. Io avevo firmato un contratto di tre anni e doveva essere: il primo di pulizia, il secondo di stabilità e il terzo di competitività. In tutte le attività del mondo ci vogliono tre anni, figurati in un club come il Milan: è il minimo. Ma loro dopo tre mesi ci hanno quasi delegittimato con una 'imboscata' come l'ha chiamata Paolo. Ma funziona così, il fondo funziona così: se compro a 10 domani deve valere 15, non c'è logica, non è gente di calcio. Non è cattiveria, è che non capiscono di calcio".


Nella tua intervista del febbraio del 2020 ci sono tre concetti chiave: ambizione, milanismo e italianità
"Io ho parlato di de-milanizzazione, quella era la paura. Ed era chiaro che si volesse far perdere quella forza di voler appartenere. Perché è un'emozione troppo grande per qualcuno che vuol controllare diversamente la cosa. 'Always Milan': che ***** vuol dire? Tutto il mondo sa cosa è il Milan, loro hanno messo 'Always Milan' anche sul pullman. Per favore… Ovvio che dà fastidio, appiattisce, ti fa diventare quasi un robot. L'idea è quella, che i tifosi diventano clienti, i giocatori diventano asset. E via così, questa è la loro via".

Vieni licenziato per giusta causa. Come è andata finire?
"Alla fine la giusta causa non sussiste, è stato dimostrato. Nel secondo grado è stata tolta la parte che il Milan doveva pagarmi per la reputazionale, diciamo. Però la giusta causa che è la cosa più importante per me personalmente non esiste. Adesso ci dobbiamo ancora trovare per chiuderla in santa pace".

Qualcuno in zona Milan quando si parlava degli acquisti tendeva ad attribuire certe operazioni a Moncada per screditare te e Maldini. Qual era il vostro rapporto con Moncada?
"È un ottimo scout, un ottimo capo scout. Ma tutti gli uffici scout al mondo conoscono gli stessi giocatori. Magari capita che uno arriva a questo o quello, ma per Leao sapeva tutto il mondo. Era importante capire se Leao poteva cambiare certi atteggiamenti per giocare al Milan. E Moncada è un ottimo scout o capo scout, ma dopo i giocatori li sceglievamo noi. Lui te li presentava e non entrava mai nel merito, anche elegantemente. Perché non è il suo, cosa ne sa lui cosa vuol dire giocare a San Siro o meno? Credo che abbiamo dimostrato di capire chi poteva e chi no. Alla fine non è che si è sbagliato degli acquisti, ma sono cose per denigrare la forza del lavoro di Paolo, visto che è rimasto tutti questi anni, mentre io sono rimasto sette mesi. Dove però è stata fatta quella rivoluzione dove sono state poste le basi per quella che è stata la squadra che ha vinto lo scudetto".

C'è qualche giocatore che tu e Paolo volevate prendere e vi è stato impedito?
"Personalmente sono andato a chiudere Dani Olmo. Non hanno voluto farlo, era gennaio 2020. Era tutto accordato, si doveva magari alzare qualcosa, ma era un affare da 18 più 2. Il ragazzo non chiedeva nemmeno troppo ma dopo si doveva pagare qualcosa di più e alla fine non ho avuto alcuna risposta, quindi era chiaro che era un no. Poi abbiamo preso anche Szoboszlai, era tutto accordato: 20 milioni della clausola col Salisburgo. Anche lì negato e mi son detto: 'Ma che roba è?' poi ho cercato di vederli e non ci hanno voluto vedere per due mesi e ho dovuto così fare quello che ho fatto. Per qualcuno è arrivata come improvvisa, la cosa, ma invece non è stata improvvisa. Ma io non è che potessi ogni giorno dire cose pubblicamente o spingere per riceverci per un chiarimento che non è arrivato. Eravamo d'accordo che tutto quel che vendevamo sarebbe stato reinvestito: quindi c'erano quasi 50 milioni da Suso e Piatek, questi due (Olmo e Szoboszlai) sarebbero arrivati da quei due. Su Olmo non ero certo all'inizio perché aveva in campo una posizione abbastanza strana, il suo ideale era dietro la punta ma la nostra idea di gioco era il 4-3-3 ma anche il 4-2-3-1 che poi abbiamo visto, in quel caso era ideale farlo giocare di là perché Calhanoglu non poteva farlo. Lui è un playmaker e un 8, ma non un 10. Perché non fa l'uno contro uno e non ha velocità. Infatti alla fine con Brahim Diaz in quella posizione si è fatto di più. Szoboszlai si chiude a Innsbruck, Paolo non era andato perché aveva paura che lo riconoscessero. È un'icona, dove vai vai lo riconoscono. Quindi Ricky e io siamo andati col papà di Szoboszlai. Avevamo chiuso l'affare, il ragazzo voleva venire subito: negato. Ho dovuto dirgli: 'Guarda, vediamo per l'estate'. Lui delusissimo, voleva venire subito al Milan. Lui non è un grandissimo giocatore, ma un ottimo giocatore. Olmo potenzialmente lo era. Szoboszlai nella mia testa era un 8 e alla lunga può diventare un grandissimo play".

Sulla cacciata di Maldini
"Una pagina vergognosa, fatta in maniera vergognosa. Indecente, inaccettabile e potrei dire altre mille cose brutte. Soprattutto inspiegabile anche per loro. Per loro Paolo rappresentava l'ultimo ostacolo per fare quello che volevano. E tanto ha inciso il fatto di Tonali, Paolo non l'avrebbe mai lasciato andare. Siamo davanti a 70 milioni di differenza, non so quanti nello specifico. Tanti soldi ma che non dovevano mai venire al Milan perché Tonali non doveva andare via dal Milan. Perché il ragazzo è milanista. Quando li avevamo contattati mi disse che non sarebbe mai andato alla Juventus e all'Inter. Paolo e Ricky lo prendono a una cifra super per un giocatore così. Lui al primo anno era irrigidito dall'amore verso il Milan, dal rispetto verso lo stadio e tanti si sono fatti domande. Mio papà mi diceva: 'Ma guarda, ha paura di giocare'. Era vero, ma date le potenzialità necessitava di un anno di rodaggio e di respirare libero. Prima non era libero, era troppo milanista. Lasciare un simbolo così, poi dopo lo scudetto, dopo tutto quello che ha fatto e come l'ha fatto".

Vedi l'allegato 9581
Tonali ha 3 capi di imputazione.
Boban e Maldini sono la tua prima ex cessa ingrassata che ti riprenderesti per non stare da solo
D'altronde la storia é ciclica, ricordo che si rimpiangeva Adriano Galliani per il semplice fatto che Mirabelli/Fassone combinarono un casino.
La mediocrità di Furlani e soci é stata la fortuna di questi soggetti e di giornalai vari, perché il degrado attuale permette di rivalutare positivamente un progetto che era in piedi solo nelle loro teste e in quelle dei tifosi: proprietario identico, stessi paletti finanziari.
 
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Per capire quanto e divisa la tifoseria del Milan bastava capire quanti qua dentro erano Contro Maldini, e non credo fossero stranieri o occasionali.
ho imparato nella vita che ci sono tifosi che hanno la "sumite" incorporata, credo che sia una forma di autodifesa.
Parlando ora con un mio amico, che vive per il Milan, se n'è uscito con il tempismo dell'intervista giusto prima della finale di coppa italia.
Purtroppo c'è una nutrita schiera di detrattori in mala fede, ma anche una buona fetta di tifosi che è in denial perenne, salvo svegliarsi e avere scatti di ira dopo le batoste o quando l'inter ci sbatte i trofei in faccia.
 
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Boban a Sportialia:

tanta differenza oggi tra Inter e Milan? E a che livello?
"Quando guardiamo i risultati ovvio. Quando guardiamo la società ovvio. Quando guardiamo nel complesso, quello che rappresenta oggi l'Inter e il Milan è ovvio. È facile da capire, dispiace tanto, ma sul piano tecnico non credo sia così lontano. Sul piano di come creare una squadra che funzioni bene si, sia lontano. Se il Milan fa 3, 4 innesti giusti che riequilibrano un po' la cosa e diano una logica al gioco, che non c'è, perché non c'è da tutto l'anno, allora si può sperare di avere una squadra vera. Adesso questa non lo è, invece l'Inter lo è, una squadra competitiva, che sa sempre cosa sempre, che ha una chiara identità. Noi no, non abbiamo un'identità, anzi, c'è ne sono state 100 di identità in questa stagione, e nessuna alla fine è stata giusta. Perché non si può con questi giocatori, come sono stati presi e farli giocare, avere una chiara identità. E questo, vuoi anche tanti di noi, lo abbiamo capito dall'estate. Si è capito dall'estate e poi si è dimostrato purtroppo è vero".

Facciamo un passo indietro, al 2019 quando diventi dirigente del Milan. Che ricordi hai?
"Io lascio la FIFA, Paolo mi chiama quando Leonardo è andato via. Il mio lavoro alla FIFA era abbastanza completato, andava solo amministrato dopo che in tre anni abbiamo ripulito l'organizzazione. Paolo voleva andare via, gli dissi: 'Sei più tu Milan del Milan che c'è oggi, non puoi andare via'. Così sono partito per Milano, Paolo era incerto se restare o no, io ero felice di tornare nella società che amo profondamente. Non sono nato milanista, ma lo sono diventato. Questa società ha qualcosa di diverso rispetto a tutte le società che ho conosciuto e lo dico non perché ci ho giocato, ma perché è vero. Arrivo, mi rendo conto che la squadra va cambiata tutta e di fatto in sei mesi abbiamo cambiato 13 giocatori. Era chiaro che non eravamo completi, infatti dopo il mercato dico in un'intervista che i bimbi da soli non possono giocare. E in società erano abbastanza incazzati. Ma ho dovuto dirlo perché era giusto così, non potevano crescere da soli e infatti a gennaio prendiamo Kjaer e Ibrahimovic, due innesti fondamentali per tutto il viaggio verso lo scudetto. Io lascio due mesi dopo per le ragioni che i milanisti sanno. Senza quei due, soprattutto senza Ibrahimovic, nulla sarebbe stato creato di quel Milan che va verso lo scudetto e anche verso un'identità. Che Pioli, pur con tante cose sulle quali non ero d'accordo, è riuscito a inculcare".

C'è qualche giocatore di quell'annata che tu ricordi con orgoglio, perché c'è stato il tuo timbro?
"C'era un accordo con Paolo: lui aveva più da dire sui difensori. Lo facevamo insieme, riuscivamo perché c'era troppo rispetto tra di noi. A volte mi piaceva qualche difensore, che per Paolo era un disastro. Invece sull'inquadratura tattica, io che ho giocato centrocampista in tutti i sistemi, capivo certe dinamiche meglio di Paolo. Alla fine sceglievamo insieme i giocatori, non c'è mai stato un giocatore preso senza che l'altro non fosse d'accordo. Magari l'operazione Saelemaekers è stata simpatica, ho fatto abbastanza tutto io: operazione da 6 milioni, diventata poi da 8 e qualcuno lo dovrà spiegare forse un giorno. Devo dire, per non essere inelegante, che ho fatto delle cose con Furlani molto strane nel senso che dovevamo convincere Gordon Singer di lasciarci almeno un po' di soldi dalla vendita di Suso e di Piatek".

Quando ti accorgi che qualcosa non va?
"Dall'inizio. Già con Paolo quella volta a casa quando mi hanno raccontato l'idea di come funziona mi sono detto: 'Allora dobbiamo lottare contro la nostra proprietà per il bene del Milan'. E Paolo mi fa: 'Più o meno'. Non è che non sapessi prima di entrare che certe culture o certe non culture non sarebbero state un problema per noi nel nostro lavoro. L'ho accettata come una sfida molto grande, per me è finita presto ma rifarei tutto perché andava fatto. Già ad agosto mi hanno tolto il potere di firma senza dirmelo, stranamente. A tutti quelli che vogliono sapere come sono andate le cose dico, leggete l'intervista di Paolo Maldini a 'La Repubblica': quella è sacrosanta verità. Poi ci sono tanti dettagli brutti, ma non carichiamo la gente di tante piccole storie inutili e di cattiverie ridicole e di paletti messi nella maniera assurda. Ci avevano messo un certo Endrick che non so cosa ne capisce lui di pallone che doveva avallare quello che facevamo come un controllore tecnico. Se pur stando pochi mesi sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto. Si è dimostrato non col mio lavoro, ma con Paolo e Ricky bravissimi nonostante le difficoltà a creare un grande cammino e poi si è vinto lo scudetto. Io avevo firmato un contratto di tre anni e doveva essere: il primo di pulizia, il secondo di stabilità e il terzo di competitività. In tutte le attività del mondo ci vogliono tre anni, figurati in un club come il Milan: è il minimo. Ma loro dopo tre mesi ci hanno quasi delegittimato con una 'imboscata' come l'ha chiamata Paolo. Ma funziona così, il fondo funziona così: se compro a 10 domani deve valere 15, non c'è logica, non è gente di calcio. Non è cattiveria, è che non capiscono di calcio".


Nella tua intervista del febbraio del 2020 ci sono tre concetti chiave: ambizione, milanismo e italianità
"Io ho parlato di de-milanizzazione, quella era la paura. Ed era chiaro che si volesse far perdere quella forza di voler appartenere. Perché è un'emozione troppo grande per qualcuno che vuol controllare diversamente la cosa. 'Always Milan': che ***** vuol dire? Tutto il mondo sa cosa è il Milan, loro hanno messo 'Always Milan' anche sul pullman. Per favore… Ovvio che dà fastidio, appiattisce, ti fa diventare quasi un robot. L'idea è quella, che i tifosi diventano clienti, i giocatori diventano asset. E via così, questa è la loro via".

Vieni licenziato per giusta causa. Come è andata finire?
"Alla fine la giusta causa non sussiste, è stato dimostrato. Nel secondo grado è stata tolta la parte che il Milan doveva pagarmi per la reputazionale, diciamo. Però la giusta causa che è la cosa più importante per me personalmente non esiste. Adesso ci dobbiamo ancora trovare per chiuderla in santa pace".

Qualcuno in zona Milan quando si parlava degli acquisti tendeva ad attribuire certe operazioni a Moncada per screditare te e Maldini. Qual era il vostro rapporto con Moncada?
"È un ottimo scout, un ottimo capo scout. Ma tutti gli uffici scout al mondo conoscono gli stessi giocatori. Magari capita che uno arriva a questo o quello, ma per Leao sapeva tutto il mondo. Era importante capire se Leao poteva cambiare certi atteggiamenti per giocare al Milan. E Moncada è un ottimo scout o capo scout, ma dopo i giocatori li sceglievamo noi. Lui te li presentava e non entrava mai nel merito, anche elegantemente. Perché non è il suo, cosa ne sa lui cosa vuol dire giocare a San Siro o meno? Credo che abbiamo dimostrato di capire chi poteva e chi no. Alla fine non è che si è sbagliato degli acquisti, ma sono cose per denigrare la forza del lavoro di Paolo, visto che è rimasto tutti questi anni, mentre io sono rimasto sette mesi. Dove però è stata fatta quella rivoluzione dove sono state poste le basi per quella che è stata la squadra che ha vinto lo scudetto".

C'è qualche giocatore che tu e Paolo volevate prendere e vi è stato impedito?
"Personalmente sono andato a chiudere Dani Olmo. Non hanno voluto farlo, era gennaio 2020. Era tutto accordato, si doveva magari alzare qualcosa, ma era un affare da 18 più 2. Il ragazzo non chiedeva nemmeno troppo ma dopo si doveva pagare qualcosa di più e alla fine non ho avuto alcuna risposta, quindi era chiaro che era un no. Poi abbiamo preso anche Szoboszlai, era tutto accordato: 20 milioni della clausola col Salisburgo. Anche lì negato e mi son detto: 'Ma che roba è?' poi ho cercato di vederli e non ci hanno voluto vedere per due mesi e ho dovuto così fare quello che ho fatto. Per qualcuno è arrivata come improvvisa, la cosa, ma invece non è stata improvvisa. Ma io non è che potessi ogni giorno dire cose pubblicamente o spingere per riceverci per un chiarimento che non è arrivato. Eravamo d'accordo che tutto quel che vendevamo sarebbe stato reinvestito: quindi c'erano quasi 50 milioni da Suso e Piatek, questi due (Olmo e Szoboszlai) sarebbero arrivati da quei due. Su Olmo non ero certo all'inizio perché aveva in campo una posizione abbastanza strana, il suo ideale era dietro la punta ma la nostra idea di gioco era il 4-3-3 ma anche il 4-2-3-1 che poi abbiamo visto, in quel caso era ideale farlo giocare di là perché Calhanoglu non poteva farlo. Lui è un playmaker e un 8, ma non un 10. Perché non fa l'uno contro uno e non ha velocità. Infatti alla fine con Brahim Diaz in quella posizione si è fatto di più. Szoboszlai si chiude a Innsbruck, Paolo non era andato perché aveva paura che lo riconoscessero. È un'icona, dove vai vai lo riconoscono. Quindi Ricky e io siamo andati col papà di Szoboszlai. Avevamo chiuso l'affare, il ragazzo voleva venire subito: negato. Ho dovuto dirgli: 'Guarda, vediamo per l'estate'. Lui delusissimo, voleva venire subito al Milan. Lui non è un grandissimo giocatore, ma un ottimo giocatore. Olmo potenzialmente lo era. Szoboszlai nella mia testa era un 8 e alla lunga può diventare un grandissimo play".

Sulla cacciata di Maldini
"Una pagina vergognosa, fatta in maniera vergognosa. Indecente, inaccettabile e potrei dire altre mille cose brutte. Soprattutto inspiegabile anche per loro. Per loro Paolo rappresentava l'ultimo ostacolo per fare quello che volevano. E tanto ha inciso il fatto di Tonali, Paolo non l'avrebbe mai lasciato andare. Siamo davanti a 70 milioni di differenza, non so quanti nello specifico. Tanti soldi ma che non dovevano mai venire al Milan perché Tonali non doveva andare via dal Milan. Perché il ragazzo è milanista. Quando li avevamo contattati mi disse che non sarebbe mai andato alla Juventus e all'Inter. Paolo e Ricky lo prendono a una cifra super per un giocatore così. Lui al primo anno era irrigidito dall'amore verso il Milan, dal rispetto verso lo stadio e tanti si sono fatti domande. Mio papà mi diceva: 'Ma guarda, ha paura di giocare'. Era vero, ma date le potenzialità necessitava di un anno di rodaggio e di respirare libero. Prima non era libero, era troppo milanista. Lasciare un simbolo così, poi dopo lo scudetto, dopo tutto quello che ha fatto e come l'ha fatto".

Vedi l'allegato 9581
Boban uomo vero.
Ha il coraggio di dire le cose come stanno, demolendo la facciata che i media hanno costruito attorno a questa proprietà (Elliott).
Idolo assoluto, lo era ieri da giocatore, lo è oggi.
 
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