Come ha detto il nostro amministratore, la notizia comunicata oggi era nell'aria da almeno una decina di anni. Voglio pensare che l'origine sia nello schifo che tutti noi tifosi rossoneri, da Berlusconi all'ultimo che sono io, abbiamo provato in quell'estate del 2006, tra un'Italia che vinceva il Mondiale ed un'altra che scopriva l'altra metà della Luna, quella oscura di Moggi, Giraudo, Pairetto, Bergamo, l'idea che a nulla valevano gli sforzi di investire per competere, se la competizione era segnata in partenza da un sistema arbitrale a dir poco corrotto. Lì Berlusconi si è fermato, consapevole come era che gli impegni che si stavano profondendo avrebbero solo reso più amaro il sapore di uno sport ormai venduto alle esigenze criminali del business. Voglio pensare che, al profondo, questa idea malsana di sport lo abbia condizionato sino al punto di togliere il piede dall'acceleratore, smettere di sognare di portare 85.000 tifosi italiani in uno stadio straniero, di comprare Palloni d'Oro per tenerli in panchina, di cercare la sfida tecnica, estetica e morale nuova ed avvincente, di misurarsi con il mondo per batterlo. E sono venuti gli ultimi dieci anni, il budget, il ranking, se non esce nessuno non entra nessuno, la poltrona presidenziale di San Siro quasi sempre vuota, Milanello lontana dal cuore e dai pensieri. Non avremmo voluto vederli, questi anni, penso che Berlusconi abbia dimenticato, da grande imprenditore, il principale dovere di chi fa impresa, ovvero la sua responsabilità sociale, la consapevolezza, cioè, dell'effetto che la propria azione, il proprio rischio economico e finanziario produce sugli altri, l'influenza che esercita sulle loro vite. Nel caso del calcio, le attese, speranze, illusioni dei tifosi, che nella squadra del cuore trovano le ali che il famoso gabbiano di Gaber avrebbe voluto aprire per volare. Rimprovero a Berlusconi di aver ad un dato momento ignorato, non percepito che il Milan è dei suoi tifosi, che meritano rispetto e chiarezza, coinvolgimento, passione, ma soprattutto verità, senza sentirsi dire che esso appartiene a chi mette i soldi, e che per ciò stesso pretenderebbe di aver diritto di vita e di morte sul cuore delle persone. Ma oggi è solo il tempo della gratitudine a Silvio, per aver avuto la lucidità, serenità e consapevolezza della scelta, per averla fatta a ragione veduta, e per aver preteso il meglio, nel suo giudizio, per il futuro del club. Avremo tempo e modo di vigilare sui primi tempi e mosse del consorzio cinese, ma a loro raccomandiamo una cosa: di imparare davvero la storia del nostro club, che è piena di pagine di grande bellezza e fair play, di apertura all'Europa ed al mondo, di lealtà contro la corruzione ed i soprusi degli altri. E di farne l'oggetto di una irresistibile voglia di fare e di vincere, di essere sempre i migliori nel rispetto degli avversari, e di uscire dal campo sempre con l'ammirazione ed il rispetto di tutti. Chi ci sta lasciando, al suo meglio, ha insegnato a noi questo, e ci ha fatto sentire orgogliosi di essere tifosi rossoneri. Forza Milan!