Prendiamoci come sempre il buono di tutto questo: Fininvest e Berlusconi hanno deciso di vendere, e per farlo il Milan accetta di quotarsi sul mercato. Eventi importanti, in ogni caso frutto di decisioni connesse tra loro ed irreversibili, che ne evocano altre, tutte positive seppure impegnative e di prospettiva. Berlusconi dunque ha deciso di vendere, cosa che sembrava a dir poco lunare poco più di un anno fa. Questione di orgoglio, di sconfinata fiducia nelle proprie capacità demiurgiche, in realtà segno di decadenza ed velleitarismo. Se Mr. Bee malauguratamente dovesse tramontare, ormai la breccia è aperta nel suo ego, e le aspettative del pubblico e del mercato renderanno questo un passo di non ritorno. L'apertura ad investitori professionali più che a munifici mecenati impone poi la seconda decisione, quella di quotare il club sul mercato, delegando al mercato il giudizio sul suo effettivo valore. Se Mr. Bee non riuscirà nel suo tentativo, i futuri ed eventuali acquirenti, anche successivi, di quote del capitale lo faranno sulla base di quotazioni realistiche e non fantasmagoriche del mercato, e dunque su valori più bassi di quelli sin qui ipotizzati. Berlusconi lo sa, ecco perché punta a fare il bottino ora che il Milan non è ancora quotato, perché le future dismissioni avverranno sul mercato, a prezzi considerevolmente più bassi. Queste decisioni, tutte positive, ne evocano una terza, fondamentale: lo stadio di proprietà, che il Milan per ora ha accantonato ma che rimane fondamentale: senza quello ogni previsione di stabilità economico-finanziario è puramente virtuale, perché i dati di bilancio rimangono ancorati ad eventi del tutto imprevedibili ed occasionali, come i risultati sportivi che portano alla qualificazione in Champions League: troppo poco, e del tutto aleatorio. Ve ne sarebbe una quarta, ed è la effettiva scalabilità del Milan, per ora esclusa dall'orizzonte degli eventi, ma resa futuribile da una Fininvest poco propensa a sostenere a lungo il peso più importante della gestione e, si direbbe, da una governance attuale che ha proditoriamente portato il Milan al limite del dissesto e domani alla condanna del mercato. Quanto a Mr. Bee, apprezziamo il suo sforzo, e lo valutiamo senza pregiudizi, ma egli è un mero nome, un cartello di investitori industriali ignoti, e come tale introduce elementi di incertezza che ne minano la credibilità. Sosterremo il suo sforzo, ma con la consapevolezza che se egli fallisce il sipario sulla scena non cala, ma semplicemente si apre ad ulteriori atti, con altri attori protagonisti. Berlusconi ha aperto il teatro, e non ha più la forza di un tempo per mandarlo avanti da solo.