Pian pianino la costruzione sta venendo su, e con tratti sempre più marcati. Pareva strano che i cinesi, maestri nelle operazioni speculative per la raccolta di fondi per autofinanziare le proprie attività societarie (vendo un pezzo di capitale, non di controllo, in Borsa, gioco sulla leva finanziaria derivante dal collocamento, e rastrello denaro che riciclo nella società stessa: vedi caso Guangzhou-Evergrande-Taobao di un anno e mezzo fa, raccontato da Ozanian su Forbes), non costituissero analogo passaggio in questo complesso meccanismo societario concepito per acquistare il Milan. Ed invece c'è: una società veicolo, vedremo se cinese o, più probabilmente, americana o italiana, acquisirà il controllo del Milan, finanziandosi con la partecipazione totalitaria di questo hedge fund costituito ad hoc dal consorzio di Galatioto, successivamente collocandosi in Borsa con una diluizione apparentemente minoritaria del capitale per attivare una leva finanziaria virtuosa che consenta di recuperare subito liquidità per la programmazione futura (direi, per i prossimi due-tre esercizi) in relazione a mercato, sfruttamento del marchio, stadio. Tutto bello, direi, ma adesso si comprende bene la cautela di Fininvest che sta richiedendo garanzie precise, sulla permanenza del fondo nella società veicolo per un dato numero di anni, sulla efficienza del piano industriale imponente annunciato dai cinesi, sulle caratteristiche statutarie del nuovo soggetto, sulla compatibilità con la normativa italiana in materia di acquisto di azioni proprie. E sulla nascita del nuovo soggetto, soprattutto. L'esclusiva annunciata nell'accordo del 10 maggio sta per scadere, ma non credo proprio che le parti non si concederanno una utile proroga per l'approfondimento degli aspetti tecnici, non meramente formali, correlati all'operazione. Da quello che emerge è in ogni caso scongiurata la favoletta che tutto dipenda dalle esitazioni romantiche di Silvio: qui sono in ballo questioni economiche e giuridiche di un carta delicatezza, mosse anche, e soprattutto, da Fininvest in quanto tale, ferma restando la volontà di vendere. Si sta vendendo ai cinesi perché sono loro, con la loro solidità patrimoniale e la loro capacità finanziaria, non perché domani possano essere scalzati da qualche ignoto speculatore in Borsa nella società veicolo, senza prospettive né programmi. Lo stesso principio, a ben vedere, che indusse lo scorso anno Fininvest a dire no al LBO concepito da tale Mr. Bee. Con cautela, dunque, ma avanti.