Ho visto il film domenica scorsa e devo dire che, nel complesso, l'ho ritenuto soddisfacente. Il Lazio primitivo ha il suo fascino, specie se raffrontato coi fasti della Roma classica: il contrasto tra la povertà di Romolo (e Remo) e la magnificenza della corte imperiale che siamo abituati a vedere nelle varie produzioni cinematografiche è stridente. La scelta di ambientare un film in un'epoca scarsamente documentata dalle fonti letterarie (nel 386 a.C. il tempio di Giove Ottimo Massimo, in cui erano conservati gli archivi statali, subì ingenti danni in seguito alla presa di Brenno: questo per dire che anche i Romani d'età tardo-reppublicana e imperiale avevano difficoltà a ricostruire in modo esatto il loro passato; è sufficiente leggere gli Ab Urbe Condita Libri di Tito Livio per farsene un'idea) è senza dubbio coraggiosa: mi chiedo che influenza abbiano avuto i reperti archeologici sull'operato del regista ma non essendo questo il mio campo, non posso esprimermi con sicurezza (consiglierei al riguardo l'Archeologia Romana di Dionigi di Alicarnasso, retore greco vissuto ai tempi di Augusto).
Quanto alla lingua usata, avrei qualche perplessità: la pronuncia biascicata ostruisce di fatto una completa comprensione dei (pochi) dialoghi presenti; alcune scelte non mi hanno convinto in pieno - vedi l'alternanza tra vocali scure e chiare, la pronuncia di V - mentre altre sono davvero azzeccate - vedi il rotacismo. Del resto il protolatino non è una lingua attestata ed è stata ricostruita dai semiologi della Sapienza a partire dall'indoeuropeo: a me è sembrato più latino arcaico che protolatino, integrato con alcune espressioni desunte dal latino classico.