Editoriale MW: perché l'Italia ha bisogno del Milan
Il calcio italiano senza Milan assomiglia a quella madre pia che vede il proprio figlio abbandonare gli studi da medico per darsi all'accattonaggio: le fa male, quel ragazzone su cui aveva riposto tutte le sue speranze è venuto a mancare e ora lei non sa a cosa aggrapparsi. Ciò che le fa più male è che il suo pargolo ha scelto scientemente quella strada, rinunciando con sinistra lucidità ad agi e privilegi in favore di una inspiegabile indigenza.
Dove sei finito, Milan?
Nel frattempo, mentre il diavolo è in esilio a centro classifica, un dottore di Torino sta monopolizzando le attenzioni del mondo scientifico.
La Juventus è una squadra forte, che in patria domina da anni e che finalmente si è affacciata anche sul panorama principale, quella competizione europea che è ormai l'obiettivo primo di tutte le corazzate continentali. Ha uno stadio di proprietà, un organico esperto e di qualità, una dirigenza ambiziosa: le basi per continuare a arricchire la bacheca di trofei ci sono tutte.
Io sono un tifoso della Juventus, ho seguito la mia squadra a Rimini e la seguo ora che va di moda. Ho masticato amaro per i settimi posti (figurarsi in B...), per Cobolli Gigli, Secco, Knezevic, Boumsong, Zaccheroni, il gol di Gattuso a Torino.
Ora la mia amata Signora è tornata dove merita, ai vertici del calcio italiano e, spero, anche del calcio europeo. Eppure non sono ancora completamente appagato: oltre la coppa dalle grandi orecchie, che mi ossessiona, ho bisogno di un'altra cosa: un avversario.
Non mi vergogno di dire che di questi ultimi 4 Scudetti, l'unico che mi abbia spinto a festeggiare davvero sia stato il primo, quello strappato al Milan di Ibrahimovic e Thiago Silva al termine di una rincorsa mozzafiato. E poi? Un'altra gioia è arrivata dalla decima Coppa Italia, un trofeo che mancava colpevolmente da troppo tempo nella nostra teca.
Le restanti vittorie sono state accolte con piacere, ma senza esultanze particolari. Vincere è sempre bello ed importante, ma vincere contro il violino di Rudy Garcia o i pianti di Walter Mazzarri davvero non mi interessa granché.
Ecco perché il nostro calcio ha bisogno del Milan più di tutte le altre: Roma, Napoli, ma anche Inter, sono realtà che possono avere sparuti exploit, ma non si ripuliranno mai da quell'aura di perdente provincialità che le circonda. Il Milan, al contrario, ha una tradizione più che invidiabile, e sono certo sia l'unica squadra capace di competere davvero con la mia Juventus.
Cosa è successo ai diavoli di Milano? Da esterno, ho assistito a una serie di scelte incomprensibili: da Shevchenko in poi (Kakà, Ibrahimovic, Thiago Silva...) il Milan ha iniziato lentamente a smobilitare, a passare da gioielleria chiusa al pubblico a mercato spalancato. E soprattutto, ha venduto senza investire, abbassando a ogni cessione la qualità della rosa. E i risultati si sono visti: Europa abbandonata, squadra incapace di imporsi anche in Serie A, la costante impressione che al timone della barca non ci fosse più nessuno, se non che il timoniere volesse volontariamente schiantarsi sugli scogli.
Le cose sembrano cambiate (Jackson Martinez è il primo di una serie di acquisti importanti e inequivocabili) e io, da tifoso per un momento super partes, sono felice. Un campionato a una sola voce, chiuso a marzo, mi fa perdere molto interesse nei suoi confronti, anche se a comandarlo è la mia squadra del cuore; nulla è bello come vincere una gara all'ultimo respiro, o comunque al termine di un corpo a corpo feroce, anziché contro nessuno.
Parliamo di sport, e il suo sale è la competizione. Il nostro calcio ha disperatamente bisogno del Milan per tornare a respirare aria nuova, più nobile, più gerarchicamente rispettabile. Per evitare che la stessa Juventus si imborghesisca sedendosi su facili successi (per poi puntualmente raccogliere poco oltre i confini, dove i nostri avversari non sono la Roma che celebra un secondo posto come una Coppa del Mondo o il Napoli che fa i fuochi d'artificio per le sconfitte altrui), per alzare il livello della Serie A e renderla nuovamente attrattiva, per far gioire anche un tifoso atipico come me che di queste vittorie in solitaria è stanco.