Edicola: Milan a terra. Ora sono guai. Serve l'impresa.

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GDS: E' un derby? Perché cambiare abitudini?», deve avere pensato Gianluca Mancini. Testa su corner, gol partita. Come contro la Lazio. La Roma espugna San Siro e mette un piede nella semifinale di Europa League. Vittoria sacrosanta, anzi, sproporzionata per difetto alla superiorità mostrata in campo. Un vincitore su tutti: Daniele De Rossi. Spiegava alla vigilia: «Nel calcio moderno (parola che ha fatto impallidire Fabio Capello ndr), bisogna studiare l’avversario e sapersi adeguare». Lo ha fatto alla grande. Con El Shaarawy a destra, invece del tenero Dybala, ha bloccato la temuta catena Theo-Leao; con la Joya a tutto campo, ha mandato in confusione il Diavolo. Un 4- 4-2 su misura che ha incartato il Milan. Ha miscelato la capacità di resistere e chiudersi educata da Mou con il nuovo coraggio che ha spinto i giallorossi a cercare sempre la porta di Maignan. Coverciano ha dato il diploma a Daniele, San Siro la laurea. Pioli non ha trovato il modo per liberarsi dalla ragnatela di De Rossi. Ma i primi colpevoli sono i giocatori, irriconoscibili, salvo poche eccezioni: Reijnders e Chukwueze, che poteva entrare prima. Milan sconfitto ovunque, tatticamente, tecnicamente, atleticamente, anche se a 2’ dal 90’ avrebbe potuto pareggiare con Giroud (traversa). Il minimo scarto lascia aperta la pratica qualificazione, ma a Roma dovrà presentarsi un altro Diavolo e un altro Leao, il più sconfitto. Molle e trasparente per tutta la partita, sostituito tra i fischi. La bella continuità delle ultime partite aveva illuso. È in campo, è in notti come queste, che deve dimostrare l’autenticità del suo talento. Anche a chi lo critica. Non sui social. L’esempio di Dybala, che si è spremuto a tutto campo per la squadra, può servire d’ispirazione. La bella idea di De Rossi frutta subito. Fa paura la catena di sinistra Hernandez-Leao? Mettiamo un sassolino negli ingranaggi: El Shaarawy, largo a destra, che raddoppia il presidio di Celik. Non l’atteso 4- 3-3, ma un 4-4-2 che ha un altro effetto collaterale positivo: Dybala seconda punta, accanto a Lukaku, in realtà fa di tutto, con un raggio d’azione enorme.

CorSera: Milan in castigo. Va alla Roma il primo atto dell’euroderby. Meritatamente. Il Milan sbaglia completamente approccio nel primo tempo e i giallorossi ne approfittano, prendendosi ora un gran bel vantaggio. Pioli perde il duello tattico con De Rossi. E ora, al ritorno all’Olimpico giovedì, servirà una mezza impresa per ribaltare il risultato e andarsi a conquistare il pass per la semifinale. Anche se tutto resta aperto, con un solo gol di scarto. Decide un colpo di testa del solito Mancini, match winner anche nel derby di sabato. I rossoneri si sono lamentati per un sospetto fuorigioco nell’azione precedente, ma più che protestare serve fare autocritica: troppa supponenza. Anche da parte dei big. Leao non ha combinato nulla ed è stato sostituito. Come Pulisic. La reazione è stata tardiva, con le due traverse di Adli e Giroud centrate nel finale. Ma era tardi.

Tuttosport: che Roma. De Rossi non si ferma più. Dublino è un po’ meno lontana vista da Roma dopo il primo euroderby d’Italia in Europa League. In occasione dell’ultima vittoria giallorossa a San Siro (1° ottobre 2017, 2-0 con reti di Dzeko e Florenzi, allenatore Di Francesco), Daniele De Rossi era in campo, mentre ieri ha guidato la sua squadra da professore, perché lui era allenatore già quando giocava e certe qualità si possiedono nel dna. A matare il Milan la gran capocciata di Mancini che, a quattro giorni dal derby, ha vissuto altri novanta minuti da leone. Però stavolta - per fortuna - non ci sono stati quegli eccessi nell’esultanza visti nella stracittadina. Ad avvelenare un po’ il clima la modalità con cui è arrivata la rete della Roma: nell’azione che ha preceduto il calcio d’angolo, peraltro battuto benissimo da El Shaarawy, restano dubbi sulla posizione di Lukaku (che sembrava leggermente oltre la linea milanista) da qui l’arrabbiatura di Stefano Pioli, ammonito nell’occasione da Turpin con cui il Milan - sarà un caso - non vince mai (due pareggi e tre ko, non proprio un amuleto). A rendere ancora più nero l’umore dell’allenatore l’errore di Giroud in coda alla partita, riuscito nell’impresa - con il destro, non il piede buono, unico piccolo alibi per il francese - di centrare la traversa tirando da pochi metri dalla porta sull’assist al bacio di Chukwueze, il cui ingresso in campo è stato decisamente tardivo, anche alla luce di quanto di buono combinato dal nigeriano contro il Lecce. Agli atti, per il Milan, sempre in coda alla gara pure un’occasione con Adli, il cui tiro-cross è stato smanacciato in angolo da Svilar con l’aiuto della traversa. Al netto del risultato (che comunque è la cosa che conta più di tutte), la partita a scacchi tra allenatori l’ha vinta De Rossi, piazzando El Shaarawy in marcatura su Theo Hernandez con Pellegrini larghissimo a sinistra nel comporre un 4-4-2 tutta qualità. Nel primo tempo, fatta eccezione per il doppio salvataggio nei pressi della linea di porta di Lukaku su Giroud e un paio di tiri dalla distanza di Reijnders parati da Svilar, il pallino l’hanno sempre tenuto gli ospiti che, oltre a segnare con Mancini, hanno costretto Maignan a un eccezionale colpo di reni per evitare di prendere gol sul tiro di El Shaarawy sporcato da Gabbia. Nella ripresa, almeno fino all’ultimo quarto d’ora, il copione non è cambiato, ma la Roma - nonostante un giro palla a tratti dominante e stordente per gli avversari (si vede che De Rossi si è abbeverato alla fonte del guardiolismo) - non ha più avuto la lucidità necessaria per essere incisiva in zona gol, pagando evidentemente le fatiche nel derby.

CorSport in edicola:
bella da non credere, forte da impazzire, granitica come una cassaforte. La Roma vince, la Roma sogna. È solo il primo round ma questo blitz a San Siro, soprattutto per come è venuto, alimenta le speranze di qualificazione alla semifinale. Il Milan ha perso non per sfortuna - le due traverse del secondo tempo potrebbero lasciarlo pensare - ma perché per almeno 75 minuti è stato inferiore in tutto. Strategicamente, agonisticamente e persino tecnicamente. Leao è stato il peggiore in campo, meritando anche qualche fi - schio al momento della sostituzione, ma anche gli altri tenori hanno steccato. Dall’altra parte invece lo schema-derby, con angolo di Dybala e gol di testa di Mancini, può essere la premessa di un altro anno di sogni internazionali. Ma la Roma è stata brava nel suo collettivo, confermando qualità a tutto campo e una solidità insospettabile: Svilar non prende gol da 381 minuti. È stata in sostanza la vittoria di De Rossi, che ha sorpreso Pioli con una intelligente intuizione: invece di insistere sul 4-3- 3 ibrido, che avrebbe scoperto le fasce, ha proposto un 4-4-2 atipico quanto equilibrato piazzando El Shaarawy a destra su Theo Hernandez e Pellegrini a sinistra sulle tracce di Calabria. Con questa idea ha anche consentito a Dybala di giocare più vicino a Lukaku e ha liberato Spinazzola per gli aff ondi laterali. Il dispositivo ha funzionato benissimo, sia per l’applicazione difensiva sia per la capacità di ripartire in velocità senza tremare davanti ai 75.000 di San Siro. Il gol è arrivato come nel derby da calcio d’angolo, sempre sull’asse Dybala-Mancini, sfruttando il buco di Theo sul pallone e la disattenzione di Loftus-Cheek in marcatura. Ma la Roma avrebbe potuto segnare altre volte su azione. Se non lo ha fatto è stato per la scarsa precisione nell’ultima scelta (passaggio o tiro).

Repubblica: la vittoria della Roma a San Siro era il risultato meno pronosticato: ha irritato la folla milanista e soprattutto l’azionista di maggioranza americano Gerry Cardinale, che pregustava il successo e si era fatto accompagnare dall’ambasciatore Usa Jack Markell, esibendo ostentata serenità verso l’indagine della magistratura milanese sulla proprietà del club. Ma l’esito del primo atto del duello, che vale un posto tra le prime quattro dell’Europa League, è stato tecnicamente ineccepibile. Al di là del gol su corner di Mancini, il difensore con guizzi da attaccante che stavolta ha evitato di festeggiare con striscioni zoomorfi come sabato scorso con la Lazio («Per me una felicità immensa ma c’è ancora il ritorno»), la squadra di De Rossi si è dimostrata più verticale e affilata di quella di Pioli, troppo barocca, ridondante e torpida per risultare efficace. La qualificazione non è ancora scritta. Però tra una settimana, all’Olimpico, al Milan servirà ben altro ritmo per capovolgere la situazione. Non può certo essere addebitato a Turpin il presepe delle statuine in maglia rossonera sulla parabola di Dybala, schiacciata in porta da Mancini. Né è colpa del fischietto straniero, se nel primo tempo il languido e arzigogolato balletto degli attaccanti e dei centrocampisti di Pioli, in particolare di Leao e Pulisic inclini a lasciarsi carpire sempre il pallone, ha prodotto solo i tiri resistibili di Reijnders, parati senza affanno da Svilar. Invece De Rossi ha preparato mosse semplici quanto lineari, e tuttavia utili a inguaiare il rivale.

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Tuttosport: che Roma. De Rossi non si ferma più. Dublino è un po’ meno lontana vista da Roma dopo il primo euroderby d’Italia in Europa League. In occasione dell’ultima vittoria giallorossa a San Siro (1° ottobre 2017, 2-0 con reti di Dzeko e Florenzi, allenatore Di Francesco), Daniele De Rossi era in campo, mentre ieri ha guidato la sua squadra da professore, perché lui era allenatore già quando giocava e certe qualità si possiedono nel dna. A matare il Milan la gran capocciata di Mancini che, a quattro giorni dal derby, ha vissuto altri novanta minuti da leone. Però stavolta - per fortuna - non ci sono stati quegli eccessi nell’esultanza visti nella stracittadina. Ad avvelenare un po’ il clima la modalità con cui è arrivata la rete della Roma: nell’azione che ha preceduto il calcio d’angolo, peraltro battuto benissimo da El Shaarawy, restano dubbi sulla posizione di Lukaku (che sembrava leggermente oltre la linea milanista) da qui l’arrabbiatura di Stefano Pioli, ammonito nell’occasione da Turpin con cui il Milan - sarà un caso - non vince mai (due pareggi e tre ko, non proprio un amuleto). A rendere ancora più nero l’umore dell’allenatore l’errore di Giroud in coda alla partita, riuscito nell’impresa - con il destro, non il piede buono, unico piccolo alibi per il francese - di centrare la traversa tirando da pochi metri dalla porta sull’assist al bacio di Chukwueze, il cui ingresso in campo è stato decisamente tardivo, anche alla luce di quanto di buono combinato dal nigeriano contro il Lecce. Agli atti, per il Milan, sempre in coda alla gara pure un’occasione con Adli, il cui tiro-cross è stato smanacciato in angolo da Svilar con l’aiuto della traversa. Al netto del risultato (che comunque è la cosa che conta più di tutte), la partita a scacchi tra allenatori l’ha vinta De Rossi, piazzando El Shaarawy in marcatura su Theo Hernandez con Pellegrini larghissimo a sinistra nel comporre un 4-4-2 tutta qualità. Nel primo tempo, fatta eccezione per il doppio salvataggio nei pressi della linea di porta di Lukaku su Giroud e un paio di tiri dalla distanza di Reijnders parati da Svilar, il pallino l’hanno sempre tenuto gli ospiti che, oltre a segnare con Mancini, hanno costretto Maignan a un eccezionale colpo di reni per evitare di prendere gol sul tiro di El Shaarawy sporcato da Gabbia. Nella ripresa, almeno fino all’ultimo quarto d’ora, il copione non è cambiato, ma la Roma - nonostante un giro palla a tratti dominante e stordente per gli avversari (si vede che De Rossi si è abbeverato alla fonte del guardiolismo) - non ha più avuto la lucidità necessaria per essere incisiva in zona gol, pagando evidentemente le fatiche nel derby.

CorSport in edicola:
bella da non credere, forte da impazzire, granitica come una cassaforte. La Roma vince, la Roma sogna. È solo il primo round ma questo blitz a San Siro, soprattutto per come è venuto, alimenta le speranze di qualificazione alla semifinale. Il Milan ha perso non per sfortuna - le due traverse del secondo tempo potrebbero lasciarlo pensare - ma perché per almeno 75 minuti è stato inferiore in tutto. Strategicamente, agonisticamente e persino tecnicamente. Leao è stato il peggiore in campo, meritando anche qualche fi - schio al momento della sostituzione, ma anche gli altri tenori hanno steccato. Dall’altra parte invece lo schema-derby, con angolo di Dybala e gol di testa di Mancini, può essere la premessa di un altro anno di sogni internazionali. Ma la Roma è stata brava nel suo collettivo, confermando qualità a tutto campo e una solidità insospettabile: Svilar non prende gol da 381 minuti. È stata in sostanza la vittoria di De Rossi, che ha sorpreso Pioli con una intelligente intuizione: invece di insistere sul 4-3- 3 ibrido, che avrebbe scoperto le fasce, ha proposto un 4-4-2 atipico quanto equilibrato piazzando El Shaarawy a destra su Theo Hernandez e Pellegrini a sinistra sulle tracce di Calabria. Con questa idea ha anche consentito a Dybala di giocare più vicino a Lukaku e ha liberato Spinazzola per gli aff ondi laterali. Il dispositivo ha funzionato benissimo, sia per l’applicazione difensiva sia per la capacità di ripartire in velocità senza tremare davanti ai 75.000 di San Siro. Il gol è arrivato come nel derby da calcio d’angolo, sempre sull’asse Dybala-Mancini, sfruttando il buco di Theo sul pallone e la disattenzione di Loftus-Cheek in marcatura. Ma la Roma avrebbe potuto segnare altre volte su azione. Se non lo ha fatto è stato per la scarsa precisione nell’ultima scelta (passaggio o tiro).

Repubblica: la vittoria della Roma a San Siro era il risultato meno pronosticato: ha irritato la folla milanista e soprattutto l’azionista di maggioranza americano Gerry Cardinale, che pregustava il successo e si era fatto accompagnare dall’ambasciatore Usa Jack Markell, esibendo ostentata serenità verso l’indagine della magistratura milanese sulla proprietà del club. Ma l’esito del primo atto del duello, che vale un posto tra le prime quattro dell’Europa League, è stato tecnicamente ineccepibile. Al di là del gol su corner di Mancini, il difensore con guizzi da attaccante che stavolta ha evitato di festeggiare con striscioni zoomorfi come sabato scorso con la Lazio («Per me una felicità immensa ma c’è ancora il ritorno»), la squadra di De Rossi si è dimostrata più verticale e affilata di quella di Pioli, troppo barocca, ridondante e torpida per risultare efficace. La qualificazione non è ancora scritta. Però tra una settimana, all’Olimpico, al Milan servirà ben altro ritmo per capovolgere la situazione. Non può certo essere addebitato a Turpin il presepe delle statuine in maglia rossonera sulla parabola di Dybala, schiacciata in porta da Mancini. Né è colpa del fischietto straniero, se nel primo tempo il languido e arzigogolato balletto degli attaccanti e dei centrocampisti di Pioli, in particolare di Leao e Pulisic inclini a lasciarsi carpire sempre il pallone, ha prodotto solo i tiri resistibili di Reijnders, parati senza affanno da Svilar. Invece De Rossi ha preparato mosse semplici quanto lineari, e tuttavia utili a inguaiare il rivale.

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I quotidiani in edicola sul KO del Milan contro la Roma

GDS: E' un derby? Perché cambiare abitudini?», deve avere pensato Gianluca Mancini. Testa su corner, gol partita. Come contro la Lazio. La Roma espugna San Siro e mette un piede nella semifinale di Europa League. Vittoria sacrosanta, anzi, sproporzionata per difetto alla superiorità mostrata in campo. Un vincitore su tutti: Daniele De Rossi. Spiegava alla vigilia: «Nel calcio moderno (parola che ha fatto impallidire Fabio Capello ndr), bisogna studiare l’avversario e sapersi adeguare». Lo ha fatto alla grande. Con El Shaarawy a destra, invece del tenero Dybala, ha bloccato la temuta catena Theo-Leao; con la Joya a tutto campo, ha mandato in confusione il Diavolo. Un 4- 4-2 su misura che ha incartato il Milan. Ha miscelato la capacità di resistere e chiudersi educata da Mou con il nuovo coraggio che ha spinto i giallorossi a cercare sempre la porta di Maignan. Coverciano ha dato il diploma a Daniele, San Siro la laurea. Pioli non ha trovato il modo per liberarsi dalla ragnatela di De Rossi. Ma i primi colpevoli sono i giocatori, irriconoscibili, salvo poche eccezioni: Reijnders e Chukwueze, che poteva entrare prima. Milan sconfitto ovunque, tatticamente, tecnicamente, atleticamente, anche se a 2’ dal 90’ avrebbe potuto pareggiare con Giroud (traversa). Il minimo scarto lascia aperta la pratica qualificazione, ma a Roma dovrà presentarsi un altro Diavolo e un altro Leao, il più sconfitto. Molle e trasparente per tutta la partita, sostituito tra i fischi. La bella continuità delle ultime partite aveva illuso. È in campo, è in notti come queste, che deve dimostrare l’autenticità del suo talento. Anche a chi lo critica. Non sui social. L’esempio di Dybala, che si è spremuto a tutto campo per la squadra, può servire d’ispirazione. La bella idea di De Rossi frutta subito. Fa paura la catena di sinistra Hernandez-Leao? Mettiamo un sassolino negli ingranaggi: El Shaarawy, largo a destra, che raddoppia il presidio di Celik. Non l’atteso 4- 3-3, ma un 4-4-2 che ha un altro effetto collaterale positivo: Dybala seconda punta, accanto a Lukaku, in realtà fa di tutto, con un raggio d’azione enorme.

CorSera: Milan in castigo. Va alla Roma il primo atto dell’euroderby. Meritatamente. Il Milan sbaglia completamente approccio nel primo tempo e i giallorossi ne approfittano, prendendosi ora un gran bel vantaggio. Pioli perde il duello tattico con De Rossi. E ora, al ritorno all’Olimpico giovedì, servirà una mezza impresa per ribaltare il risultato e andarsi a conquistare il pass per la semifinale. Anche se tutto resta aperto, con un solo gol di scarto. Decide un colpo di testa del solito Mancini, match winner anche nel derby di sabato. I rossoneri si sono lamentati per un sospetto fuorigioco nell’azione precedente, ma più che protestare serve fare autocritica: troppa supponenza. Anche da parte dei big. Leao non ha combinato nulla ed è stato sostituito. Come Pulisic. La reazione è stata tardiva, con le due traverse di Adli e Giroud centrate nel finale. Ma era tardi.

Tuttosport: che Roma. De Rossi non si ferma più. Dublino è un po’ meno lontana vista da Roma dopo il primo euroderby d’Italia in Europa League. In occasione dell’ultima vittoria giallorossa a San Siro (1° ottobre 2017, 2-0 con reti di Dzeko e Florenzi, allenatore Di Francesco), Daniele De Rossi era in campo, mentre ieri ha guidato la sua squadra da professore, perché lui era allenatore già quando giocava e certe qualità si possiedono nel dna. A matare il Milan la gran capocciata di Mancini che, a quattro giorni dal derby, ha vissuto altri novanta minuti da leone. Però stavolta - per fortuna - non ci sono stati quegli eccessi nell’esultanza visti nella stracittadina. Ad avvelenare un po’ il clima la modalità con cui è arrivata la rete della Roma: nell’azione che ha preceduto il calcio d’angolo, peraltro battuto benissimo da El Shaarawy, restano dubbi sulla posizione di Lukaku (che sembrava leggermente oltre la linea milanista) da qui l’arrabbiatura di Stefano Pioli, ammonito nell’occasione da Turpin con cui il Milan - sarà un caso - non vince mai (due pareggi e tre ko, non proprio un amuleto). A rendere ancora più nero l’umore dell’allenatore l’errore di Giroud in coda alla partita, riuscito nell’impresa - con il destro, non il piede buono, unico piccolo alibi per il francese - di centrare la traversa tirando da pochi metri dalla porta sull’assist al bacio di Chukwueze, il cui ingresso in campo è stato decisamente tardivo, anche alla luce di quanto di buono combinato dal nigeriano contro il Lecce. Agli atti, per il Milan, sempre in coda alla gara pure un’occasione con Adli, il cui tiro-cross è stato smanacciato in angolo da Svilar con l’aiuto della traversa. Al netto del risultato (che comunque è la cosa che conta più di tutte), la partita a scacchi tra allenatori l’ha vinta De Rossi, piazzando El Shaarawy in marcatura su Theo Hernandez con Pellegrini larghissimo a sinistra nel comporre un 4-4-2 tutta qualità. Nel primo tempo, fatta eccezione per il doppio salvataggio nei pressi della linea di porta di Lukaku su Giroud e un paio di tiri dalla distanza di Reijnders parati da Svilar, il pallino l’hanno sempre tenuto gli ospiti che, oltre a segnare con Mancini, hanno costretto Maignan a un eccezionale colpo di reni per evitare di prendere gol sul tiro di El Shaarawy sporcato da Gabbia. Nella ripresa, almeno fino all’ultimo quarto d’ora, il copione non è cambiato, ma la Roma - nonostante un giro palla a tratti dominante e stordente per gli avversari (si vede che De Rossi si è abbeverato alla fonte del guardiolismo) - non ha più avuto la lucidità necessaria per essere incisiva in zona gol, pagando evidentemente le fatiche nel derby.

CorSport in edicola:
bella da non credere, forte da impazzire, granitica come una cassaforte. La Roma vince, la Roma sogna. È solo il primo round ma questo blitz a San Siro, soprattutto per come è venuto, alimenta le speranze di qualificazione alla semifinale. Il Milan ha perso non per sfortuna - le due traverse del secondo tempo potrebbero lasciarlo pensare - ma perché per almeno 75 minuti è stato inferiore in tutto. Strategicamente, agonisticamente e persino tecnicamente. Leao è stato il peggiore in campo, meritando anche qualche fi - schio al momento della sostituzione, ma anche gli altri tenori hanno steccato. Dall’altra parte invece lo schema-derby, con angolo di Dybala e gol di testa di Mancini, può essere la premessa di un altro anno di sogni internazionali. Ma la Roma è stata brava nel suo collettivo, confermando qualità a tutto campo e una solidità insospettabile: Svilar non prende gol da 381 minuti. È stata in sostanza la vittoria di De Rossi, che ha sorpreso Pioli con una intelligente intuizione: invece di insistere sul 4-3- 3 ibrido, che avrebbe scoperto le fasce, ha proposto un 4-4-2 atipico quanto equilibrato piazzando El Shaarawy a destra su Theo Hernandez e Pellegrini a sinistra sulle tracce di Calabria. Con questa idea ha anche consentito a Dybala di giocare più vicino a Lukaku e ha liberato Spinazzola per gli aff ondi laterali. Il dispositivo ha funzionato benissimo, sia per l’applicazione difensiva sia per la capacità di ripartire in velocità senza tremare davanti ai 75.000 di San Siro. Il gol è arrivato come nel derby da calcio d’angolo, sempre sull’asse Dybala-Mancini, sfruttando il buco di Theo sul pallone e la disattenzione di Loftus-Cheek in marcatura. Ma la Roma avrebbe potuto segnare altre volte su azione. Se non lo ha fatto è stato per la scarsa precisione nell’ultima scelta (passaggio o tiro).

Repubblica: la vittoria della Roma a San Siro era il risultato meno pronosticato: ha irritato la folla milanista e soprattutto l’azionista di maggioranza americano Gerry Cardinale, che pregustava il successo e si era fatto accompagnare dall’ambasciatore Usa Jack Markell, esibendo ostentata serenità verso l’indagine della magistratura milanese sulla proprietà del club. Ma l’esito del primo atto del duello, che vale un posto tra le prime quattro dell’Europa League, è stato tecnicamente ineccepibile. Al di là del gol su corner di Mancini, il difensore con guizzi da attaccante che stavolta ha evitato di festeggiare con striscioni zoomorfi come sabato scorso con la Lazio («Per me una felicità immensa ma c’è ancora il ritorno»), la squadra di De Rossi si è dimostrata più verticale e affilata di quella di Pioli, troppo barocca, ridondante e torpida per risultare efficace. La qualificazione non è ancora scritta. Però tra una settimana, all’Olimpico, al Milan servirà ben altro ritmo per capovolgere la situazione. Non può certo essere addebitato a Turpin il presepe delle statuine in maglia rossonera sulla parabola di Dybala, schiacciata in porta da Mancini. Né è colpa del fischietto straniero, se nel primo tempo il languido e arzigogolato balletto degli attaccanti e dei centrocampisti di Pioli, in particolare di Leao e Pulisic inclini a lasciarsi carpire sempre il pallone, ha prodotto solo i tiri resistibili di Reijnders, parati senza affanno da Svilar. Invece De Rossi ha preparato mosse semplici quanto lineari, e tuttavia utili a inguaiare il rivale.

In aggiornamento con tutti i quotidiani.

Mancini_Milan_Roma_Europa_League.jpg
Non vedo il problema, il quarto posto (al 99% basta pure il quinto) è in cassaforte. Obiettivo stagionale raggiunto.

Per Gerry e Stefano hip hip urra!
 

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GDS: E' un derby? Perché cambiare abitudini?», deve avere pensato Gianluca Mancini. Testa su corner, gol partita. Come contro la Lazio. La Roma espugna San Siro e mette un piede nella semifinale di Europa League. Vittoria sacrosanta, anzi, sproporzionata per difetto alla superiorità mostrata in campo. Un vincitore su tutti: Daniele De Rossi. Spiegava alla vigilia: «Nel calcio moderno (parola che ha fatto impallidire Fabio Capello ndr), bisogna studiare l’avversario e sapersi adeguare». Lo ha fatto alla grande. Con El Shaarawy a destra, invece del tenero Dybala, ha bloccato la temuta catena Theo-Leao; con la Joya a tutto campo, ha mandato in confusione il Diavolo. Un 4- 4-2 su misura che ha incartato il Milan. Ha miscelato la capacità di resistere e chiudersi educata da Mou con il nuovo coraggio che ha spinto i giallorossi a cercare sempre la porta di Maignan. Coverciano ha dato il diploma a Daniele, San Siro la laurea. Pioli non ha trovato il modo per liberarsi dalla ragnatela di De Rossi. Ma i primi colpevoli sono i giocatori, irriconoscibili, salvo poche eccezioni: Reijnders e Chukwueze, che poteva entrare prima. Milan sconfitto ovunque, tatticamente, tecnicamente, atleticamente, anche se a 2’ dal 90’ avrebbe potuto pareggiare con Giroud (traversa). Il minimo scarto lascia aperta la pratica qualificazione, ma a Roma dovrà presentarsi un altro Diavolo e un altro Leao, il più sconfitto. Molle e trasparente per tutta la partita, sostituito tra i fischi. La bella continuità delle ultime partite aveva illuso. È in campo, è in notti come queste, che deve dimostrare l’autenticità del suo talento. Anche a chi lo critica. Non sui social. L’esempio di Dybala, che si è spremuto a tutto campo per la squadra, può servire d’ispirazione. La bella idea di De Rossi frutta subito. Fa paura la catena di sinistra Hernandez-Leao? Mettiamo un sassolino negli ingranaggi: El Shaarawy, largo a destra, che raddoppia il presidio di Celik. Non l’atteso 4- 3-3, ma un 4-4-2 che ha un altro effetto collaterale positivo: Dybala seconda punta, accanto a Lukaku, in realtà fa di tutto, con un raggio d’azione enorme.

CorSera: Milan in castigo. Va alla Roma il primo atto dell’euroderby. Meritatamente. Il Milan sbaglia completamente approccio nel primo tempo e i giallorossi ne approfittano, prendendosi ora un gran bel vantaggio. Pioli perde il duello tattico con De Rossi. E ora, al ritorno all’Olimpico giovedì, servirà una mezza impresa per ribaltare il risultato e andarsi a conquistare il pass per la semifinale. Anche se tutto resta aperto, con un solo gol di scarto. Decide un colpo di testa del solito Mancini, match winner anche nel derby di sabato. I rossoneri si sono lamentati per un sospetto fuorigioco nell’azione precedente, ma più che protestare serve fare autocritica: troppa supponenza. Anche da parte dei big. Leao non ha combinato nulla ed è stato sostituito. Come Pulisic. La reazione è stata tardiva, con le due traverse di Adli e Giroud centrate nel finale. Ma era tardi.

Tuttosport: che Roma. De Rossi non si ferma più. Dublino è un po’ meno lontana vista da Roma dopo il primo euroderby d’Italia in Europa League. In occasione dell’ultima vittoria giallorossa a San Siro (1° ottobre 2017, 2-0 con reti di Dzeko e Florenzi, allenatore Di Francesco), Daniele De Rossi era in campo, mentre ieri ha guidato la sua squadra da professore, perché lui era allenatore già quando giocava e certe qualità si possiedono nel dna. A matare il Milan la gran capocciata di Mancini che, a quattro giorni dal derby, ha vissuto altri novanta minuti da leone. Però stavolta - per fortuna - non ci sono stati quegli eccessi nell’esultanza visti nella stracittadina. Ad avvelenare un po’ il clima la modalità con cui è arrivata la rete della Roma: nell’azione che ha preceduto il calcio d’angolo, peraltro battuto benissimo da El Shaarawy, restano dubbi sulla posizione di Lukaku (che sembrava leggermente oltre la linea milanista) da qui l’arrabbiatura di Stefano Pioli, ammonito nell’occasione da Turpin con cui il Milan - sarà un caso - non vince mai (due pareggi e tre ko, non proprio un amuleto). A rendere ancora più nero l’umore dell’allenatore l’errore di Giroud in coda alla partita, riuscito nell’impresa - con il destro, non il piede buono, unico piccolo alibi per il francese - di centrare la traversa tirando da pochi metri dalla porta sull’assist al bacio di Chukwueze, il cui ingresso in campo è stato decisamente tardivo, anche alla luce di quanto di buono combinato dal nigeriano contro il Lecce. Agli atti, per il Milan, sempre in coda alla gara pure un’occasione con Adli, il cui tiro-cross è stato smanacciato in angolo da Svilar con l’aiuto della traversa. Al netto del risultato (che comunque è la cosa che conta più di tutte), la partita a scacchi tra allenatori l’ha vinta De Rossi, piazzando El Shaarawy in marcatura su Theo Hernandez con Pellegrini larghissimo a sinistra nel comporre un 4-4-2 tutta qualità. Nel primo tempo, fatta eccezione per il doppio salvataggio nei pressi della linea di porta di Lukaku su Giroud e un paio di tiri dalla distanza di Reijnders parati da Svilar, il pallino l’hanno sempre tenuto gli ospiti che, oltre a segnare con Mancini, hanno costretto Maignan a un eccezionale colpo di reni per evitare di prendere gol sul tiro di El Shaarawy sporcato da Gabbia. Nella ripresa, almeno fino all’ultimo quarto d’ora, il copione non è cambiato, ma la Roma - nonostante un giro palla a tratti dominante e stordente per gli avversari (si vede che De Rossi si è abbeverato alla fonte del guardiolismo) - non ha più avuto la lucidità necessaria per essere incisiva in zona gol, pagando evidentemente le fatiche nel derby.

CorSport in edicola:
bella da non credere, forte da impazzire, granitica come una cassaforte. La Roma vince, la Roma sogna. È solo il primo round ma questo blitz a San Siro, soprattutto per come è venuto, alimenta le speranze di qualificazione alla semifinale. Il Milan ha perso non per sfortuna - le due traverse del secondo tempo potrebbero lasciarlo pensare - ma perché per almeno 75 minuti è stato inferiore in tutto. Strategicamente, agonisticamente e persino tecnicamente. Leao è stato il peggiore in campo, meritando anche qualche fi - schio al momento della sostituzione, ma anche gli altri tenori hanno steccato. Dall’altra parte invece lo schema-derby, con angolo di Dybala e gol di testa di Mancini, può essere la premessa di un altro anno di sogni internazionali. Ma la Roma è stata brava nel suo collettivo, confermando qualità a tutto campo e una solidità insospettabile: Svilar non prende gol da 381 minuti. È stata in sostanza la vittoria di De Rossi, che ha sorpreso Pioli con una intelligente intuizione: invece di insistere sul 4-3- 3 ibrido, che avrebbe scoperto le fasce, ha proposto un 4-4-2 atipico quanto equilibrato piazzando El Shaarawy a destra su Theo Hernandez e Pellegrini a sinistra sulle tracce di Calabria. Con questa idea ha anche consentito a Dybala di giocare più vicino a Lukaku e ha liberato Spinazzola per gli aff ondi laterali. Il dispositivo ha funzionato benissimo, sia per l’applicazione difensiva sia per la capacità di ripartire in velocità senza tremare davanti ai 75.000 di San Siro. Il gol è arrivato come nel derby da calcio d’angolo, sempre sull’asse Dybala-Mancini, sfruttando il buco di Theo sul pallone e la disattenzione di Loftus-Cheek in marcatura. Ma la Roma avrebbe potuto segnare altre volte su azione. Se non lo ha fatto è stato per la scarsa precisione nell’ultima scelta (passaggio o tiro).

Repubblica: la vittoria della Roma a San Siro era il risultato meno pronosticato: ha irritato la folla milanista e soprattutto l’azionista di maggioranza americano Gerry Cardinale, che pregustava il successo e si era fatto accompagnare dall’ambasciatore Usa Jack Markell, esibendo ostentata serenità verso l’indagine della magistratura milanese sulla proprietà del club. Ma l’esito del primo atto del duello, che vale un posto tra le prime quattro dell’Europa League, è stato tecnicamente ineccepibile. Al di là del gol su corner di Mancini, il difensore con guizzi da attaccante che stavolta ha evitato di festeggiare con striscioni zoomorfi come sabato scorso con la Lazio («Per me una felicità immensa ma c’è ancora il ritorno»), la squadra di De Rossi si è dimostrata più verticale e affilata di quella di Pioli, troppo barocca, ridondante e torpida per risultare efficace. La qualificazione non è ancora scritta. Però tra una settimana, all’Olimpico, al Milan servirà ben altro ritmo per capovolgere la situazione. Non può certo essere addebitato a Turpin il presepe delle statuine in maglia rossonera sulla parabola di Dybala, schiacciata in porta da Mancini. Né è colpa del fischietto straniero, se nel primo tempo il languido e arzigogolato balletto degli attaccanti e dei centrocampisti di Pioli, in particolare di Leao e Pulisic inclini a lasciarsi carpire sempre il pallone, ha prodotto solo i tiri resistibili di Reijnders, parati senza affanno da Svilar. Invece De Rossi ha preparato mosse semplici quanto lineari, e tuttavia utili a inguaiare il rivale.

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