Una sciocchezza, permettimi di esprimermi in questo modo, che ti invito a togliere dall'orizzonte dei tuoi pensieri, unitamente alle banali falsità che si leggono. Ancora una volta, ricordiamolo insieme: il creditore, titolare di un pegno su azioni del debitore, non diventa proprietario dei beni impegnati dal debitore per il caso di inadempimento di quest'ultimo, ma può solo far vendere dal tribunale, a seguito della intrapresa di una azione esecutiva, le azioni, e soddisfarsi sul ricavato di tale vendita solo fino a concorrenza del valore del proprio credito, non un centesimo di euro in più.
Leggiamo insieme le norme del Codice Civile relative alla escussione del pegno su crediti. Art. 2796 c.c.: "Il creditore per il conseguimento di quanto gli è dovuto può far vendere la cosa ricevuta in pegno secondo le forme stabilite dall'articolo seguente".
Art. 2797 c.c.: "Prima di procedere alla vendita il creditore, a mezzo di ufficiale giudiziario, deve intimare al debitore di pagare il debito e gli accessori, avvertendolo che, in mancanza, si procederà alla vendita. L'intimazione deve essere notificata anche al terzo che abbia costituito il pegno. Se entro cinque giorni dall'intimazione non è proposta opposizione, o se questa è rigettata, il creditore può far vendere la cosa al pubblico incanto, o, se la cosa ha un prezzo di mercato, anche a prezzo corrente, a mezzo di persona autorizzata a tali atti. Se il debitore non ha residenza o domicilio eletto nel luogo di residenza del creditore, il termine per la opposizione è determinato a norma dell'articolo 163bis del codice di procedura civile. Il giudice, sull'opposizione del costituente, può limitare la vendita a quella tra più cose date in pegno, il cui valore basti a pagare il debito. Per la vendita della cosa data in pegno le parti possono convenire forme diverse".
Art. 2798 c.c.: "Il creditore può sempre domandare al giudice che la cosa gli venga assegnata in pagamento* fino alla concorrenza del debito, secondo la stima da farsi con perizia o secondo il prezzo corrente, se la cosa ha un prezzo di mercato".
Art. 2799 c.c.: "Il pegno è indivisibile e garantisce il credito finché questo non è integralmente soddisfatto, anche se il debito o la cosa data in pegno è divisibile".
Sullo sfondo, la norma architrave di tutto il sistema delle garanzie su crediti, l'art. 2744 c.c., che stabilisce il principio del divieto di patto commissorio, secondo cui: "È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell'ipoteca o del pegno". Tale norma costituisce il più solido argine contro il dilagare del fenomeno dell'usura, perché impedisce contrattazioni criminali, condizionate dallo stato di bisogno del debitore, in forza delle quali uno strozzino possa conseguire la proprietà di un bene, concesso in garanzia dal debitore, di valore economico sproporzionatamente superiore a quello del proprio credito per il semplice fatto del mancato pagamento di esso, viepiù quando questo credito sia lievitato per effetto della applicazione di tassi usurari.
In sintesi, quale conseguenza della applicazione delle norme citate, il creditore pignoratizio, al fine di realizzare la propria pretesa creditoria, può:
1) richiedere al tribunale la vendita delle azioni sottoposte a pegno sino alla concorrenza del debito;
2) richiedere al tribunale competente l'assegnazione delle azioni in pagamento, sino alla concorrenza del debito, previo espletamento di una stima da effettuarsi con perizia svolta da perito nominato dal tribunale medesimo (cfr. gli artt. 2796 ss. c.c.).
Tornando al caso che ci occupa, la Rossoneri Sport Investment, proprietaria del 99,93 per cento delle azioni del Milan, avrebbe dato in pegno esse a Project RedBlack, controllata da Elliott/Blue Skye, all'atto della erogazione di un prestito complessivo di 303 milioni di euro circa, concesso partitamente al Milan (123 milioni di euro circa), ed alla stessa Rossoneri Sport Investment (180 milioni di euro circa). Ove, alla sua scadenza, prevista per ottobre 2018, i due debitori non dovessero saldare in unica soluzione i rispettivi debiti, il creditore potrà dunque escutere il pegno sulle azioni, ovvero, come si è visto, previa una formale intimazione di pagamento, adire il Tribunale di Milano per far ordinare da esso la vendita delle azioni, o chiederne l'assegnazione diretta in proprio favore, fino a quando il valore del ricavato della vendita delle azioni, o il valore delle azioni assegnategli, non raggiunga il valore del proprio credito impagato, per sorte capitale, interessi, e spese. Questo valore, come si è letto, essendo il bene ancorato a correnti valori di mercato, deve essere stimato da un perito nominato dal Tribunale. Tale perizia, si ripete, deve essere condotta secondo criteri di mercato, non con sovrastime o sottostime che possano risultare dalla scrittura del bene a bilancio o dalle campagne giornalistiche ad effetto.
A mero titolo espositivo, ricordiamo che la rivista Forbes ha quotato a giugno 2017 il valore di capitalizzazione del Milan (c.d. market cap), ovvero il 100 per cento del capitale sociale, a 802 milioni di dollari, pari a 740 milioni di euro, stima che non tiene conto della successiva patrimonializzazione dei giocatori acquisiti e degli aumenti di capitale, con versamenti, effettuati dalla proprietà, che hanno accresciuto quei valori. Ove il perito nominato dal Tribunale dovesse valutare il 100 per cento del capitale a 740 milioni di euro, o anche più, ed il Tribunale dovesse ordinare la vendita al pubblico incanto delle azioni, o assegnare al creditore, che gliene faccia richiesta, un numero di azioni pari al valore attualizzato del suo credito (diciamo 350 milioni di euro), è probabile che il numero di azioni espropriate non sia sufficiente ad ottenere il controllo del club, che rimarrebbe nelle mani di Li se, ai sensi dell'art. 2797 c.c., come sopra richiamato, "Il giudice, sull'opposizione del costituente, può limitare la vendita a quella tra più cose date in pegno, il cui valore basti a pagare il debito", e quindi debbano attingersi le sole azioni impegnate che siano sufficienti a saldare il debito, rimanendo le altre, la maggioranza o una quota di controllo, nelle mani del proprietario.
Come noterai, uno scenario degli eventi ben diverso da quello che leggiamo, ove anche questo fosse probabile. E questa non è una opinione, ma è un fatto, anzi è la regina dei fatti. La legge.