Tra Grecia, Roma e Cristianesimo: l'unicità di Bisanzio

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Ti ringrazio per i complimenti! Ci tenevo poi a dirti che questo topic non sostituisce “L’angolo della Storia e della Letteratura”, ma sia affianca ad esso: attendo infatti con piacere di leggere i tuoi interventi sui costumi e sulle cerimonie della corte bizantina, nonché di vedere i tuoi disegni! Abbiamo ancora molto di cui discutere :ok:

Ovviamente. Purtroppo lavorando da casa devo gestire un attimo il tempo....
Piano piano parliamo di tutto
 
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Parte della storia molto affascinante dove, leggendo attentamente si capisce che le Religioni siano fin dall'inizio state il pretesto delle conquiste.

Ho letto molto la storia Mesopotamica, la Storia Greca e quella Romana. Tutte quelle che sono le colonne portati dell'umanità, ovvero Dio, Figlio di Dio che muore per la salvezza dell'uomo, Risurrezione, Vita Eterna sono delle invenzioni teologiche per giustificare l'esistenza di Dio. I testi "sacri" invece raccontano ben altro, Bibbia compresa
 
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Parte della storia molto affascinante dove, leggendo attentamente si capisce che le Religioni siano fin dall'inizio state il pretesto delle conquiste.

Ho letto molto la storia Mesopotamica, la Storia Greca e quella Romana. Tutte quelle che sono le colonne portati dell'umanità, ovvero Dio, Figlio di Dio che muore per la salvezza dell'uomo, Risurrezione, Vita Eterna sono delle invenzioni teologiche per giustificare l'esistenza di Dio. I testi "sacri" invece raccontano ben altro, Bibbia compresa

Non ti nascondo che mi piacerebbe trattare il tema della religione nell’antica Roma, dando rilievo alle implicazioni politiche della stessa: una volta conclusa la tematica della conquista romana della Grecia e dell’influenza culturale greca su Roma, il capitolo relativo al cristianesimo potrei aprirlo con una digressione sulla situazione religiosa nell’impero tra I sec. a.C. e I sec. d.C.
 
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La seconda guerra macedonica (200-196 a.C.)

All’indomani della pace di Fenice, la Macedonia iniziò una proficua espansione nell’Egeo settentrionale che le permise di sottomettere diverse città nella zona degli Stretti: queste manovre provocarono la reazione di Attalo I e dei suoi alleati Bisanzio, Cizico e Rodi, che sconfissero Filippo V nella battaglia navale di Chio (201 a.C.). Il successivo passaggio del re antigonide in Caria costrinse il sovrano pergameno ad appellarsi direttamente ai Romani, usciti vittoriosi dal conflitto con Cartagine solamente un anno prima. Non è possibile escludere con certezza che l’intervento di Roma sia dipeso da un ipotetico accordo fra la Macedonia e la Siria dei Seleucidi, accordo che avrebbe portato ad una congiunta aggressione ai danni dell’Egitto tolemaico. Fra i regni ellenistici, infatti, l’Egitto rappresentava la potenza più vicina a Roma, in virtù di una serie di abboccamenti diplomatici iniziati nel 273 a.C. da Tolemeo II dopo la vittoria delle legioni italiche contro Pirro. Che il patto tra la Macedonia e la Siria fosse stato firmato o meno, Roma considerò pericoloso per i propri alleati anche il semplice avvicinamento fra due Paesi militarmente ben organizzati.
 
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Il senato decretò così il dispiegamento della propria macchina bellica nei Balcani, adducendo come pretesto la tutela degli interessi di Attalo e dei suoi “socii”. In realtà, la “Res publica” latina non era mossa né da un afflato filellenico né da esigenze di carattere difensivo, ma dal desiderio di scongiurare un rafforzamento di Macedonia e Siria nel Mediterraneo orientale: Roma voleva infatti estendere il suo controllo in questa zona strategica e, per farlo, necessitava dell’appoggio dell’Egitto, di Pergamo e di Rodi. Nell’estate del 200 a.C. l’ambasciatore romano Marco Emilio Lepido chiese formalmente a Filippo V di porre fine alle ostilità contro i Greci e di abbandonare l’Asia: due richieste assai gravose, ma che di fatto circoscrivevano il conflitto degli Italici alla sola Macedonia – la Siria non aveva allora alcun interesse a lasciarsi coinvolgere in uno scontro che non ne minava la stabilità. Dopo due anni di battaglie inconcludenti, l’elezione a console di Tito Quinzio Flaminino portò la guerra a un punto di svolta (198 a.C.): il suo intervento in Macedonia contribuì a dare un carattere filellenico alla campagna militare. I primi frutti di quest’impostazione ideologica si colsero nel momento in cui costrinse Filippo V ad abbandonare la Tessaglia per cercare riparo a Tempe: nel congresso di Sicione, Flaminino riuscì a conquistarsi l’aiuto della Lega Achea e poco dopo dei Beoti. Il console andava infatti ripetendo che l’obiettivo di Roma non era limitato al solo conseguimento della pace ma contemplava anche la restituzione della libertà ai Greci. Fallite le trattative di Nicea, Filippo V ritornò in Tessaglia ma nel giugno del 197 a.C. fu sonoramente sconfitto a Cinoscefale. L’anno seguente si giunse alla firma della pace, con l’imposizione di clausole durissime ai danni del re antigonide: i suoi possedimenti in Grecia e in Asia minore svanivano nel nulla assieme alla flotta macedone; doveva inoltre risarcire Roma facendo confluire nelle casse dello stato italico 1000 talenti d’argento e fornendo truppe ausiliarie utili alla causa del senato.
 
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A Corinto, in occasione dei Giochi Istmici del 196 a.C., Flaminino proclamò la libertà dei Greci: nel rispetto della loro autonomia, le genti elleniche non sarebbero più state sottoposte al pagamento di tributi e non avrebbero più dovuto sopportare la presenza di presidi nei loro territori. Roma lasciò la Grecia solamente nel 194 a.C. dopo aver vinto in guerra Nabide, il re spartano promotore di una serie di riforme in territorio laconico, che si rifiutava di riconsegnare Argo alla Lega Achea: nell’ottica romana, Nabide rappresentava un elemento d’instabilità il cui potenziale destabilizzante andava disinnescato a ogni costo. Alla conclusione della seconda guerra macedonica, la potenza italica non aveva ancora maturato l’idea di estendere il suo “imperium” nei Balcani: si era invece calata nel ruolo di garante della pace che le era stato affidato ai tempi degli accordi di Fenice.
 
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È interessante notare come Roma riuscì a destreggiarsi abilmente tra 2 guerre e nonostante il gravoso conflitto punico, riuscì a sconvolgere il mondo e greco e stabilire la proprio egemonia sui greci. Con la battaglia di Cinocefale, cade il secolare impero macedone, si sgretola per sempre l’eredità di Alessandro Magno e si apre la nuova era Romana.

Lo spirito macedone comunque non si fiaccò immediatamente del tutto e un ventennio dopo Perseo, re dei Macedoni, prova ribellarsi nel tentativo di riavere la propria autonomia. Ecco che scoppia la terza guerra Macedonica. Perseo cerca l’appoggio della penisola ellenica, progettando l’alleanza delle poleis greche e promettendo che la Grecia sarebbe tornata all’antico glorioso splendore.
Contro di lui si levò immediatamente Eumene III re di Pergamo che avversava Perseo e aizzò i Romani, che essendo già preoccupati dalla situazione greca, non possono far altro che dichiarare guerra.
Inizialmente la guerra volge in favore dei Macedoni, che sconfiggono i romani a più riprese ma che nonostante tutto non si arrendono. I romani hanno difficoltà a reagire e non riescono ad affondare in Macedonia.
La guerra però verrà risolta nel 168 con la battaglia di Pidna, dove Perseo viene sconfitto pesantemente ed è costretto ad arrendersi decretando cosi la sua fine: verrà deposto, umiliato e portato a Roma come trofeo.
La Macedonia viene smembrata in 4 parti, 4 repubbliche clienti di Roma che non potevano più intrattenere rapporti tra di loro e neanche con la Grecia.
Roma distrugge la Macedonia ponendo fine al secolare stato ellenistico e segna la fine della gloriosa dinastia degli Antigonidi.
Roma si sostituisce alla Grecia e inizia la romanizzazione degli elleni, primo grande punto di svolta della storia Romane e dell’intera storia occidentale
 
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È interessante notare come Roma riuscì a destreggiarsi abilmente tra 2 guerre e nonostante il gravoso conflitto punico, riuscì a sconvolgere il mondo e greco e stabilire la proprio egemonia sui greci. Con la battaglia di Cinocefale, cade il secolare impero macedone, si sgretola per sempre l’eredità di Alessandro Magno e si apre la nuova era Romana.

Lo spirito macedone comunque non si fiaccò immediatamente del tutto e un ventennio dopo Perseo, re dei Macedoni, prova ribellarsi nel tentativo di riavere la propria autonomia. Ecco che scoppia la terza guerra Macedonica. Perseo cerca l’appoggio della penisola ellenica, progettando l’alleanza delle poleis greche e promettendo che la Grecia sarebbe tornata all’antico glorioso splendore.
Contro di lui si levò immediatamente Eumene III re di Pergamo che avversava Perseo e aizzò i Romani, che essendo già preoccupati dalla situazione greca, non possono far altro che dichiarare guerra.
Inizialmente la guerra volge in favore dei Macedoni, che sconfiggono i romani a più riprese ma che nonostante tutto non si arrendono. I romani hanno difficoltà a reagire e non riescono ad affondare in Macedonia.
La guerra però verrà risolta nel 168 con la battaglia di Pidna, dove Perseo viene sconfitto pesantemente ed è costretto ad arrendersi decretando cosi la sua fine: verrà deposto, umiliato e portato a Roma come trofeo.
La Macedonia viene smembrata in 4 parti, 4 repubbliche clienti di Roma che non potevano più intrattenere rapporti tra di loro e neanche con la Grecia.
Roma distrugge la Macedonia ponendo fine al secolare stato ellenistico e segna la fine della gloriosa dinastia degli Antigonidi.
Roma si sostituisce alla Grecia e inizia la romanizzazione degli elleni, primo grande punto di svolta della storia Romane e dell’intera storia occidentale

Ecco, questo è un punto fondamentale che ha volte viene sottovalutato: si dà spesso importanza alla penetrazione della cultura greca a Roma, ben esemplificata dal "circolo" degli Scipioni, ma non si sottolinea mai abbastanza come i Greci abbiano subito un progressivo processo di "romanizzazione" che li ha portati a considerarsi sempre di più parte del mondo romano. Due saranno poi i tasselli che contribuiranno in modo significativo a ciò: la "Constitutio Antoniniana" di Caracalla nel 212 d.C. e la rifondazione di Bisanzio da parte di Costantino nel 330 d.C.
 
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