Stadio Milan a San Donato. Settimana calda.

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Il quotidiano Il Cittadino sullo stadio del Milan:

Lo stadio del MiIan nell’area San Francesco, a San Donato, seconda puntata. Se sul fronte amministrativo non trapelano novità, dopo il primo incontro fra la società rossonera e la giunta Squeri - che una decina di giorni fa ha avviato positivamente il dialogo fra le parti - quello politico ha vissuto un’altra settimana “calda”, con manifestazioni pubbliche, comunicati, mozioni protocollate in Comune e prese di posizione a vario livello, per la maggior parte contrarie alla proposta.

Proposta che ha riportato a galla anche il progetto di Sportlifecity avanzato sull’area da una società sandonatese (ma sui cui finanzatori nulla si è mai davvero concretizzato) e a cui l’esecutivo Checchi nel 2021 ha dato parere di conformità favorevole relativamente agli strumenti di regolazione urbanistica esistenti, senza però impegnarsi oltre. Il tutto senza trascurare una ripresa di attualità dell’altro tema che si staglia sullo sfondo e che da oltre quindici anni campeggia nella cittadella dell’Eni, quello del destino del parco Mattei, ceduto proprio dalla società del “Cane a sei zampe” all’amministrazione e, da allora, andato progressivamente degradandosi per gli enormi costi di gestione. E proprio da qui vorrei ripartire, perché è chiaro che ai sandonatesi interessa soprattutto il suo rilancio. Anzitutto perché il parco già c’è e conta su diverse strutture sportive, alcune riqualificate (pista e tribuna di atletica, palazzetto multifunzionale), altre da rimettere in ordine (i campi da tennis e le due piscine), e poi - cosa non da poco - perché il suo rilancio può avvenire senza intaccare nemmeno un metro quadrato di suolo, diversamente dagli interventi sull’area San Francesco. La riqualificazione del Mattei, peraltro, è stato uno dei temi che ha condotto alla vittoria di Squeri alle elezioni dello scorso anno. Da un lato, infatti, la sua formazione civica lo ha messo in alto fra le promesse elettorali (portando a casa gran parte dell’elettorato del quartiere Metanopoli), dall’altro la mancata ristrutturazione complessiva dello stesso da parte delle due giunte Checchi è costata cara al centrosinistra, che è uscito sconfitto dall’urna pur avendo prospettato “in zona Cesarini” un progetto di rilancio a cui i cittadini, evidentemente, non hanno creduto. Un progetto, peraltro, stoppato dalla nuova giunta che, dopo quasi un anno, non ha però ancora avanzato alcuna soluzione alternativa.

L’interesse sull’area San Francesco, oltre ai legittimi appetiti di chi lì può fare profitti, si incrocia inoltre con un altro tema caldissimo in città: quello della sicurezza. È noto infatti che proprio quella “terra di nessuno” al confine con Milano (e con “il fu” boschetto di Rogoredo) sia ricovero temporaneo o punto di partenza (e di fuga) di molti dei responsabili delle ripetute “spaccate” e dei furti perpetrati negli ultimi mesi a San Donato, in gran parte tossicodipendenti e senza fissa dimora. Il ragionamento che fanno molti in città, pertanto, è quello che se non si “riempie” in qualche modo l’area, il problema sicurezza non troverà mai soluzione. Dunque, bene anche lo stadio del Milan.

Ma è davvero così? Può essere questa la logica che muove una scelta del genere? Evidentemente no, anche perché l’area in questione è totalmente a verde, inserita lungo la cosiddetta “via dei monaci” e costituisce un raro polmone fra San Donato e Milano. Perché dunque non ragionare anche su una soluzione “green”, evitando nuove realizzazioni (siano pure a vocazione prevalentemente sportiva) e immaginandone piuttosto una fruizione pubblica di tipo naturalistico? I due Comuni non potrebbero sedersi a un tavolo e ragionare in tal senso?
 
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Lo stadio del MiIan nell’area San Francesco, a San Donato, seconda puntata. Se sul fronte amministrativo non trapelano novità, dopo il primo incontro fra la società rossonera e la giunta Squeri - che una decina di giorni fa ha avviato positivamente il dialogo fra le parti - quello politico ha vissuto un’altra settimana “calda”, con manifestazioni pubbliche, comunicati, mozioni protocollate in Comune e prese di posizione a vario livello, per la maggior parte contrarie alla proposta.

Proposta che ha riportato a galla anche il progetto di Sportlifecity avanzato sull’area da una società sandonatese (ma sui cui finanzatori nulla si è mai davvero concretizzato) e a cui l’esecutivo Checchi nel 2021 ha dato parere di conformità favorevole relativamente agli strumenti di regolazione urbanistica esistenti, senza però impegnarsi oltre. Il tutto senza trascurare una ripresa di attualità dell’altro tema che si staglia sullo sfondo e che da oltre quindici anni campeggia nella cittadella dell’Eni, quello del destino del parco Mattei, ceduto proprio dalla società del “Cane a sei zampe” all’amministrazione e, da allora, andato progressivamente degradandosi per gli enormi costi di gestione. E proprio da qui vorrei ripartire, perché è chiaro che ai sandonatesi interessa soprattutto il suo rilancio. Anzitutto perché il parco già c’è e conta su diverse strutture sportive, alcune riqualificate (pista e tribuna di atletica, palazzetto multifunzionale), altre da rimettere in ordine (i campi da tennis e le due piscine), e poi - cosa non da poco - perché il suo rilancio può avvenire senza intaccare nemmeno un metro quadrato di suolo, diversamente dagli interventi sull’area San Francesco. La riqualificazione del Mattei, peraltro, è stato uno dei temi che ha condotto alla vittoria di Squeri alle elezioni dello scorso anno. Da un lato, infatti, la sua formazione civica lo ha messo in alto fra le promesse elettorali (portando a casa gran parte dell’elettorato del quartiere Metanopoli), dall’altro la mancata ristrutturazione complessiva dello stesso da parte delle due giunte Checchi è costata cara al centrosinistra, che è uscito sconfitto dall’urna pur avendo prospettato “in zona Cesarini” un progetto di rilancio a cui i cittadini, evidentemente, non hanno creduto. Un progetto, peraltro, stoppato dalla nuova giunta che, dopo quasi un anno, non ha però ancora avanzato alcuna soluzione alternativa.

L’interesse sull’area San Francesco, oltre ai legittimi appetiti di chi lì può fare profitti, si incrocia inoltre con un altro tema caldissimo in città: quello della sicurezza. È noto infatti che proprio quella “terra di nessuno” al confine con Milano (e con “il fu” boschetto di Rogoredo) sia ricovero temporaneo o punto di partenza (e di fuga) di molti dei responsabili delle ripetute “spaccate” e dei furti perpetrati negli ultimi mesi a San Donato, in gran parte tossicodipendenti e senza fissa dimora. Il ragionamento che fanno molti in città, pertanto, è quello che se non si “riempie” in qualche modo l’area, il problema sicurezza non troverà mai soluzione. Dunque, bene anche lo stadio del Milan.

Ma è davvero così? Può essere questa la logica che muove una scelta del genere? Evidentemente no, anche perché l’area in questione è totalmente a verde, inserita lungo la cosiddetta “via dei monaci” e costituisce un raro polmone fra San Donato e Milano. Perché dunque non ragionare anche su una soluzione “green”, evitando nuove realizzazioni (siano pure a vocazione prevalentemente sportiva) e immaginandone piuttosto una fruizione pubblica di tipo naturalistico? I due Comuni non potrebbero sedersi a un tavolo e ragionare in tal senso?
Basta che la capienza non diventi meno di 70k… perché essere lo cessium stadium di gobbi in Europa anche no (i ns 60k contro i futuri 130k del camp nou ci faran percepire come una provinciale europea, un po come lo Juventus stadium in Italia paragonato a San siro).
 

ilPresidente

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Lo stadio del MiIan nell’area San Francesco, a San Donato, seconda puntata. Se sul fronte amministrativo non trapelano novità, dopo il primo incontro fra la società rossonera e la giunta Squeri - che una decina di giorni fa ha avviato positivamente il dialogo fra le parti - quello politico ha vissuto un’altra settimana “calda”, con manifestazioni pubbliche, comunicati, mozioni protocollate in Comune e prese di posizione a vario livello, per la maggior parte contrarie alla proposta.

Proposta che ha riportato a galla anche il progetto di Sportlifecity avanzato sull’area da una società sandonatese (ma sui cui finanzatori nulla si è mai davvero concretizzato) e a cui l’esecutivo Checchi nel 2021 ha dato parere di conformità favorevole relativamente agli strumenti di regolazione urbanistica esistenti, senza però impegnarsi oltre. Il tutto senza trascurare una ripresa di attualità dell’altro tema che si staglia sullo sfondo e che da oltre quindici anni campeggia nella cittadella dell’Eni, quello del destino del parco Mattei, ceduto proprio dalla società del “Cane a sei zampe” all’amministrazione e, da allora, andato progressivamente degradandosi per gli enormi costi di gestione. E proprio da qui vorrei ripartire, perché è chiaro che ai sandonatesi interessa soprattutto il suo rilancio. Anzitutto perché il parco già c’è e conta su diverse strutture sportive, alcune riqualificate (pista e tribuna di atletica, palazzetto multifunzionale), altre da rimettere in ordine (i campi da tennis e le due piscine), e poi - cosa non da poco - perché il suo rilancio può avvenire senza intaccare nemmeno un metro quadrato di suolo, diversamente dagli interventi sull’area San Francesco. La riqualificazione del Mattei, peraltro, è stato uno dei temi che ha condotto alla vittoria di Squeri alle elezioni dello scorso anno. Da un lato, infatti, la sua formazione civica lo ha messo in alto fra le promesse elettorali (portando a casa gran parte dell’elettorato del quartiere Metanopoli), dall’altro la mancata ristrutturazione complessiva dello stesso da parte delle due giunte Checchi è costata cara al centrosinistra, che è uscito sconfitto dall’urna pur avendo prospettato “in zona Cesarini” un progetto di rilancio a cui i cittadini, evidentemente, non hanno creduto. Un progetto, peraltro, stoppato dalla nuova giunta che, dopo quasi un anno, non ha però ancora avanzato alcuna soluzione alternativa.

L’interesse sull’area San Francesco, oltre ai legittimi appetiti di chi lì può fare profitti, si incrocia inoltre con un altro tema caldissimo in città: quello della sicurezza. È noto infatti che proprio quella “terra di nessuno” al confine con Milano (e con “il fu” boschetto di Rogoredo) sia ricovero temporaneo o punto di partenza (e di fuga) di molti dei responsabili delle ripetute “spaccate” e dei furti perpetrati negli ultimi mesi a San Donato, in gran parte tossicodipendenti e senza fissa dimora. Il ragionamento che fanno molti in città, pertanto, è quello che se non si “riempie” in qualche modo l’area, il problema sicurezza non troverà mai soluzione. Dunque, bene anche lo stadio del Milan.

Ma è davvero così? Può essere questa la logica che muove una scelta del genere? Evidentemente no, anche perché l’area in questione è totalmente a verde, inserita lungo la cosiddetta “via dei monaci” e costituisce un raro polmone fra San Donato e Milano. Perché dunque non ragionare anche su una soluzione “green”, evitando nuove realizzazioni (siano pure a vocazione prevalentemente sportiva) e immaginandone piuttosto una fruizione pubblica di tipo naturalistico? I due Comuni non potrebbero sedersi a un tavolo e ragionare in tal senso?
Frequento il parco tutte le settimane
???
Se mai facessero lo stadio a San Donato offro da bere a tutta la community : sono a 3 min a piedi dalle due zone indicate.
Il comune sarebbe capace di firmare in bianco ? a patto il main contractor gli elimini il problema degrado dell’area San Francesco e riqualifichi il parco Mattei.
Potrebbe rimodernare l’area sportiva esistente, creando un training center a cui il comune ha accesso per le attività sportive cittadine e in cambio si prende l’area San Francesco per farci tutto ciò che vuole: stadio, hotel, mongolfiere e circo.
 

Ruuddil23

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Proposta che ha riportato a galla anche il progetto di Sportlifecity avanzato sull’area da una società sandonatese (ma sui cui finanzatori nulla si è mai davvero concretizzato) e a cui l’esecutivo Checchi nel 2021 ha dato parere di conformità favorevole relativamente agli strumenti di regolazione urbanistica esistenti, senza però impegnarsi oltre. Il tutto senza trascurare una ripresa di attualità dell’altro tema che si staglia sullo sfondo e che da oltre quindici anni campeggia nella cittadella dell’Eni, quello del destino del parco Mattei, ceduto proprio dalla società del “Cane a sei zampe” all’amministrazione e, da allora, andato progressivamente degradandosi per gli enormi costi di gestione. E proprio da qui vorrei ripartire, perché è chiaro che ai sandonatesi interessa soprattutto il suo rilancio. Anzitutto perché il parco già c’è e conta su diverse strutture sportive, alcune riqualificate (pista e tribuna di atletica, palazzetto multifunzionale), altre da rimettere in ordine (i campi da tennis e le due piscine), e poi - cosa non da poco - perché il suo rilancio può avvenire senza intaccare nemmeno un metro quadrato di suolo, diversamente dagli interventi sull’area San Francesco. La riqualificazione del Mattei, peraltro, è stato uno dei temi che ha condotto alla vittoria di Squeri alle elezioni dello scorso anno. Da un lato, infatti, la sua formazione civica lo ha messo in alto fra le promesse elettorali (portando a casa gran parte dell’elettorato del quartiere Metanopoli), dall’altro la mancata ristrutturazione complessiva dello stesso da parte delle due giunte Checchi è costata cara al centrosinistra, che è uscito sconfitto dall’urna pur avendo prospettato “in zona Cesarini” un progetto di rilancio a cui i cittadini, evidentemente, non hanno creduto. Un progetto, peraltro, stoppato dalla nuova giunta che, dopo quasi un anno, non ha però ancora avanzato alcuna soluzione alternativa.

L’interesse sull’area San Francesco, oltre ai legittimi appetiti di chi lì può fare profitti, si incrocia inoltre con un altro tema caldissimo in città: quello della sicurezza. È noto infatti che proprio quella “terra di nessuno” al confine con Milano (e con “il fu” boschetto di Rogoredo) sia ricovero temporaneo o punto di partenza (e di fuga) di molti dei responsabili delle ripetute “spaccate” e dei furti perpetrati negli ultimi mesi a San Donato, in gran parte tossicodipendenti e senza fissa dimora. Il ragionamento che fanno molti in città, pertanto, è quello che se non si “riempie” in qualche modo l’area, il problema sicurezza non troverà mai soluzione. Dunque, bene anche lo stadio del Milan.

Ma è davvero così? Può essere questa la logica che muove una scelta del genere? Evidentemente no, anche perché l’area in questione è totalmente a verde, inserita lungo la cosiddetta “via dei monaci” e costituisce un raro polmone fra San Donato e Milano. Perché dunque non ragionare anche su una soluzione “green”, evitando nuove realizzazioni (siano pure a vocazione prevalentemente sportiva) e immaginandone piuttosto una fruizione pubblica di tipo naturalistico? I due Comuni non potrebbero sedersi a un tavolo e ragionare in tal senso?

Ormai questa del "polmone verde" è diventata la retorica preferita dei signor no.
 
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