Stadio: avanti su San Siro. Antonello:"Valutiamo piano B".

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Come riportato dalla GDS in edicola, per ora, riguardo la costruzione de La Cattedrale, si va avanti sulla zona di San Siro. Ma Sala vuoel coinvolgere la popolazione col dibattito pubblico: obbligatorio per opere superiori ai 300 mln. Ma il Sindaco vorrebbe fare in fretta. Al massimo in otto mesi, e non in dodici. Stando così le cose, i lavori potrebbe iniziare nei tempi previsti, ovvero nel 2023. Dentro la maggioranza però cresce il dissenso. Possibile che tra settembre e ottobre si tenga un referendum comunale sul tema: la scadenza per la presentazione delle firme è il 5 marzo e, perché sia valido, dovrà andare a votare il 50% più uno degli elettori delle ultime comunali (250mila circa). Anche se basterebbe il dibattito pubblico a “sterilizzare” nei fatti il referendum, al momento manca forse un tavoo con tante sedie per gli attori in commedia: dalla politica cittadina all’amministrazione, dai club delusi ai comitati agguerriti, oc-
correrebbe tornare a parlarsi per capire se e come smussare gli angoli. In questo scenario, però, non è casuale che i due club siano vicini alla nomina di Beppe Bonomi come coordinatore del progetto: il manager che dovrebbe trasformare la Cattedrale da disegno in realtà è proprio quello che ha gestito la trasformazione delle ex Falck a Sesto.

Le parole di Antonello AD Inter

Antonello, il sindaco Sala ha detto che la pazienza dei club rischia di esaurirsi. Voi e il Milan l’avete effettivamente esaurita...?
«No, ma i club hanno fatto e stanno facendo tutto il possibile per portare avanti il progetto San Siro, che era la nostra priorità. Ma dall’altro lato, abbiamo percepito forse una scarsa adesione al progetto da parte dell’amministrazione. Ormai da più di tre anni abbiamo presentato il progetto e fatto tutte le varianti ri- chieste, dando disponibilità ad abbassare gli indici volumetrici, ma temiamo che l’iter burocratico si stia allungando. Come in tutti i progetti, però, esistono sempre dei piani alternativi...».

E il vostro si chiama Sesto San Giovanni?
«Intanto, la premessa è che da parte nostra non c’è più “l’esclusiva” su San Siro: non possiamo stare fermi, immobili, per tre anni senza avere delle risposte e, quindi, è giusto guardarsi intorno per dare uno stadio alla città e ai tifosi. Tra le varie ipotesi, su cui non c’è ancora uno screening complessivo, di sicuro resiste quella di Sesto San Giovanni che a suo tempo fu oggetto di valutazione».

In questo stallo, voi e il Milan siete ancora perfettamente allineati o divergete in qualcosa?
«Proseguiamo con la stessa unità di intenti, quella che abbiamo mostrato in tutte le attività progettuali. Entrambi vogliamo un impianto moderno, all’avanguardia, che resti per le future generazioni, che sia al- l’altezza del blasone dei club. E con tempi precisi...».

Ma c’è una dead line che date a Sala?
«Non vogliamo mettere pressione all’amministrazione o fare aut aut: rispettiamo al massimo tutte le fasi amministrative. Conosciamo che nella burocrazia ci sono intoppi e lungaggini, ma in questi casi è l’incertezza la cosa peggiore: il solo “dibattito pubblico” potrebbe durare un anno. Se tutti gli iter previsti, tra lo stesso dibattito più eventuali referendum e ricorsi, portassero a una estensione della “time line” di esecuzione progettuale, a quel punto i club non potrebbero che valutare altri progetti con una pianificazione più ristretta».

Ma nel dibattito ormai in partenza non sarebbe importante far sentire la vostra voce?
«Siamo ovviamente disponibili a chiarire tutti gli elementi progettuali ai comitati, anche se tutta la documentazione è disponibile agli uffici tecnici. Non siamo contrari a dare voce ai cittadini, anzi, ma non possiamo stare fermi: l’eventuale piano B dimostra la serietà e la determinazione che entrambi i club han- no per dotarsi di un nuovo stadio».

Ma lasciare la zona di San Siro non sarebbe una sconfitta per entrambi i club?
«Se fossimo costretti a rinunciare al progetto origina- le, sarebbe certamente una sconfitta per tutti. Ma è più importante avere un impianto all’altezza dei top club europei. Ma se si costruisse nell’area metropoli- tana, che possiamo considerare del tutto organica a Milano, Inter e Milan rimarrebbero comunque attaccati ai valori della città e alla loro storia».
 

Masanijey

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Questi sono i veri mali che bisognerebbe contestare.
E non per lo stadio in sé, ma santoddio quanti anni di discussioni e burocrazia per la costruzione di un'infrastruttura che gioverebbe a tutti!
 

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Come riportato dalla GDS in edicola, per ora, riguardo la costruzione de La Cattedrale, si va avanti sulla zona di San Siro. Ma Sala vuoel coinvolgere la popolazione col dibattito pubblico: obbligatorio per opere superiori ai 300 mln. Ma il Sindaco vorrebbe fare in fretta. Al massimo in otto mesi, e non in dodici. Stando così le cose, i lavori potrebbe iniziare nei tempi previsti, ovvero nel 2023. Dentro la maggioranza però cresce il dissenso. Possibile che tra settembre e ottobre si tenga un referendum comunale sul tema: la scadenza per la presentazione delle firme è il 5 marzo e, perché sia valido, dovrà andare a votare il 50% più uno degli elettori delle ultime comunali (250mila circa). Anche se basterebbe il dibattito pubblico a “sterilizzare” nei fatti il referendum, al momento manca forse un tavoo con tante sedie per gli attori in commedia: dalla politica cittadina all’amministrazione, dai club delusi ai comitati agguerriti, oc-
correrebbe tornare a parlarsi per capire se e come smussare gli angoli. In questo scenario, però, non è casuale che i due club siano vicini alla nomina di Beppe Bonomi come coordinatore del progetto: il manager che dovrebbe trasformare la Cattedrale da disegno in realtà è proprio quello che ha gestito la trasformazione delle ex Falck a Sesto.

Le parole di Antonello AD Inter

Antonello, il sindaco Sala ha detto che la pazienza dei club rischia di esaurirsi. Voi e il Milan l’avete effettivamente esaurita...?
«No, ma i club hanno fatto e stanno facendo tutto il possibile per portare avanti il progetto San Siro, che era la nostra priorità. Ma dall’altro lato, abbiamo percepito forse una scarsa adesione al progetto da parte dell’amministrazione. Ormai da più di tre anni abbiamo presentato il progetto e fatto tutte le varianti ri- chieste, dando disponibilità ad abbassare gli indici volumetrici, ma temiamo che l’iter burocratico si stia allungando. Come in tutti i progetti, però, esistono sempre dei piani alternativi...».

E il vostro si chiama Sesto San Giovanni?
«Intanto, la premessa è che da parte nostra non c’è più “l’esclusiva” su San Siro: non possiamo stare fermi, immobili, per tre anni senza avere delle risposte e, quindi, è giusto guardarsi intorno per dare uno stadio alla città e ai tifosi. Tra le varie ipotesi, su cui non c’è ancora uno screening complessivo, di sicuro resiste quella di Sesto San Giovanni che a suo tempo fu oggetto di valutazione».

In questo stallo, voi e il Milan siete ancora perfettamente allineati o divergete in qualcosa?
«Proseguiamo con la stessa unità di intenti, quella che abbiamo mostrato in tutte le attività progettuali. Entrambi vogliamo un impianto moderno, all’avanguardia, che resti per le future generazioni, che sia al- l’altezza del blasone dei club. E con tempi precisi...».

Ma c’è una dead line che date a Sala?
«Non vogliamo mettere pressione all’amministrazione o fare aut aut: rispettiamo al massimo tutte le fasi amministrative. Conosciamo che nella burocrazia ci sono intoppi e lungaggini, ma in questi casi è l’incertezza la cosa peggiore: il solo “dibattito pubblico” potrebbe durare un anno. Se tutti gli iter previsti, tra lo stesso dibattito più eventuali referendum e ricorsi, portassero a una estensione della “time line” di esecuzione progettuale, a quel punto i club non potrebbero che valutare altri progetti con una pianificazione più ristretta».

Ma nel dibattito ormai in partenza non sarebbe importante far sentire la vostra voce?
«Siamo ovviamente disponibili a chiarire tutti gli elementi progettuali ai comitati, anche se tutta la documentazione è disponibile agli uffici tecnici. Non siamo contrari a dare voce ai cittadini, anzi, ma non possiamo stare fermi: l’eventuale piano B dimostra la serietà e la determinazione che entrambi i club han- no per dotarsi di un nuovo stadio».

Ma lasciare la zona di San Siro non sarebbe una sconfitta per entrambi i club?
«Se fossimo costretti a rinunciare al progetto origina- le, sarebbe certamente una sconfitta per tutti. Ma è più importante avere un impianto all’altezza dei top club europei. Ma se si costruisse nell’area metropoli- tana, che possiamo considerare del tutto organica a Milano, Inter e Milan rimarrebbero comunque attaccati ai valori della città e alla loro storia».
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7AlePato7

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Come riportato dalla GDS in edicola, per ora, riguardo la costruzione de La Cattedrale, si va avanti sulla zona di San Siro. Ma Sala vuoel coinvolgere la popolazione col dibattito pubblico: obbligatorio per opere superiori ai 300 mln. Ma il Sindaco vorrebbe fare in fretta. Al massimo in otto mesi, e non in dodici. Stando così le cose, i lavori potrebbe iniziare nei tempi previsti, ovvero nel 2023. Dentro la maggioranza però cresce il dissenso. Possibile che tra settembre e ottobre si tenga un referendum comunale sul tema: la scadenza per la presentazione delle firme è il 5 marzo e, perché sia valido, dovrà andare a votare il 50% più uno degli elettori delle ultime comunali (250mila circa). Anche se basterebbe il dibattito pubblico a “sterilizzare” nei fatti il referendum, al momento manca forse un tavoo con tante sedie per gli attori in commedia: dalla politica cittadina all’amministrazione, dai club delusi ai comitati agguerriti, oc-
correrebbe tornare a parlarsi per capire se e come smussare gli angoli. In questo scenario, però, non è casuale che i due club siano vicini alla nomina di Beppe Bonomi come coordinatore del progetto: il manager che dovrebbe trasformare la Cattedrale da disegno in realtà è proprio quello che ha gestito la trasformazione delle ex Falck a Sesto.

Le parole di Antonello AD Inter

Antonello, il sindaco Sala ha detto che la pazienza dei club rischia di esaurirsi. Voi e il Milan l’avete effettivamente esaurita...?
«No, ma i club hanno fatto e stanno facendo tutto il possibile per portare avanti il progetto San Siro, che era la nostra priorità. Ma dall’altro lato, abbiamo percepito forse una scarsa adesione al progetto da parte dell’amministrazione. Ormai da più di tre anni abbiamo presentato il progetto e fatto tutte le varianti ri- chieste, dando disponibilità ad abbassare gli indici volumetrici, ma temiamo che l’iter burocratico si stia allungando. Come in tutti i progetti, però, esistono sempre dei piani alternativi...».

E il vostro si chiama Sesto San Giovanni?
«Intanto, la premessa è che da parte nostra non c’è più “l’esclusiva” su San Siro: non possiamo stare fermi, immobili, per tre anni senza avere delle risposte e, quindi, è giusto guardarsi intorno per dare uno stadio alla città e ai tifosi. Tra le varie ipotesi, su cui non c’è ancora uno screening complessivo, di sicuro resiste quella di Sesto San Giovanni che a suo tempo fu oggetto di valutazione».

In questo stallo, voi e il Milan siete ancora perfettamente allineati o divergete in qualcosa?
«Proseguiamo con la stessa unità di intenti, quella che abbiamo mostrato in tutte le attività progettuali. Entrambi vogliamo un impianto moderno, all’avanguardia, che resti per le future generazioni, che sia al- l’altezza del blasone dei club. E con tempi precisi...».

Ma c’è una dead line che date a Sala?
«Non vogliamo mettere pressione all’amministrazione o fare aut aut: rispettiamo al massimo tutte le fasi amministrative. Conosciamo che nella burocrazia ci sono intoppi e lungaggini, ma in questi casi è l’incertezza la cosa peggiore: il solo “dibattito pubblico” potrebbe durare un anno. Se tutti gli iter previsti, tra lo stesso dibattito più eventuali referendum e ricorsi, portassero a una estensione della “time line” di esecuzione progettuale, a quel punto i club non potrebbero che valutare altri progetti con una pianificazione più ristretta».

Ma nel dibattito ormai in partenza non sarebbe importante far sentire la vostra voce?
«Siamo ovviamente disponibili a chiarire tutti gli elementi progettuali ai comitati, anche se tutta la documentazione è disponibile agli uffici tecnici. Non siamo contrari a dare voce ai cittadini, anzi, ma non possiamo stare fermi: l’eventuale piano B dimostra la serietà e la determinazione che entrambi i club han- no per dotarsi di un nuovo stadio».

Ma lasciare la zona di San Siro non sarebbe una sconfitta per entrambi i club?
«Se fossimo costretti a rinunciare al progetto origina- le, sarebbe certamente una sconfitta per tutti. Ma è più importante avere un impianto all’altezza dei top club europei. Ma se si costruisse nell’area metropoli- tana, che possiamo considerare del tutto organica a Milano, Inter e Milan rimarrebbero comunque attaccati ai valori della città e alla loro storia».
L'Itaglia delle contraddizioni: dibattito pubblico per la costruzione di uno stadio, ma io avrei voluto dibattere per altre tematiche come per esempio il grin cas o l'obbligo vaccinale o la violazione della privacy da parte dell'agenzia delle entrate che ficca il naso nei conti correnti e usa l'intelligenza artificiale per fare cassa.
 

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Le parole di Antonello AD Inter

Antonello, il sindaco Sala ha detto che la pazienza dei club rischia di esaurirsi. Voi e il Milan l’avete effettivamente esaurita...?
«No, ma i club hanno fatto e stanno facendo tutto il possibile per portare avanti il progetto San Siro, che era la nostra priorità. Ma dall’altro lato, abbiamo percepito forse una scarsa adesione al progetto da parte dell’amministrazione. Ormai da più di tre anni abbiamo presentato il progetto e fatto tutte le varianti ri- chieste, dando disponibilità ad abbassare gli indici volumetrici, ma temiamo che l’iter burocratico si stia allungando. Come in tutti i progetti, però, esistono sempre dei piani alternativi...».

E il vostro si chiama Sesto San Giovanni?
«Intanto, la premessa è che da parte nostra non c’è più “l’esclusiva” su San Siro: non possiamo stare fermi, immobili, per tre anni senza avere delle risposte e, quindi, è giusto guardarsi intorno per dare uno stadio alla città e ai tifosi. Tra le varie ipotesi, su cui non c’è ancora uno screening complessivo, di sicuro resiste quella di Sesto San Giovanni che a suo tempo fu oggetto di valutazione».

In questo stallo, voi e il Milan siete ancora perfettamente allineati o divergete in qualcosa?
«Proseguiamo con la stessa unità di intenti, quella che abbiamo mostrato in tutte le attività progettuali. Entrambi vogliamo un impianto moderno, all’avanguardia, che resti per le future generazioni, che sia al- l’altezza del blasone dei club. E con tempi precisi...».

Ma c’è una dead line che date a Sala?
«Non vogliamo mettere pressione all’amministrazione o fare aut aut: rispettiamo al massimo tutte le fasi amministrative. Conosciamo che nella burocrazia ci sono intoppi e lungaggini, ma in questi casi è l’incertezza la cosa peggiore: il solo “dibattito pubblico” potrebbe durare un anno. Se tutti gli iter previsti, tra lo stesso dibattito più eventuali referendum e ricorsi, portassero a una estensione della “time line” di esecuzione progettuale, a quel punto i club non potrebbero che valutare altri progetti con una pianificazione più ristretta».

Ma nel dibattito ormai in partenza non sarebbe importante far sentire la vostra voce?
«Siamo ovviamente disponibili a chiarire tutti gli elementi progettuali ai comitati, anche se tutta la documentazione è disponibile agli uffici tecnici. Non siamo contrari a dare voce ai cittadini, anzi, ma non possiamo stare fermi: l’eventuale piano B dimostra la serietà e la determinazione che entrambi i club han- no per dotarsi di un nuovo stadio».

Ma lasciare la zona di San Siro non sarebbe una sconfitta per entrambi i club?
«Se fossimo costretti a rinunciare al progetto origina- le, sarebbe certamente una sconfitta per tutti. Ma è più importante avere un impianto all’altezza dei top club europei. Ma se si costruisse nell’area metropoli- tana, che possiamo considerare del tutto organica a Milano, Inter e Milan rimarrebbero comunque attaccati ai valori della città e alla loro storia».
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Mika

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Come riportato dalla GDS in edicola, per ora, riguardo la costruzione de La Cattedrale, si va avanti sulla zona di San Siro. Ma Sala vuoel coinvolgere la popolazione col dibattito pubblico: obbligatorio per opere superiori ai 300 mln. Ma il Sindaco vorrebbe fare in fretta. Al massimo in otto mesi, e non in dodici. Stando così le cose, i lavori potrebbe iniziare nei tempi previsti, ovvero nel 2023. Dentro la maggioranza però cresce il dissenso. Possibile che tra settembre e ottobre si tenga un referendum comunale sul tema: la scadenza per la presentazione delle firme è il 5 marzo e, perché sia valido, dovrà andare a votare il 50% più uno degli elettori delle ultime comunali (250mila circa). Anche se basterebbe il dibattito pubblico a “sterilizzare” nei fatti il referendum, al momento manca forse un tavoo con tante sedie per gli attori in commedia: dalla politica cittadina all’amministrazione, dai club delusi ai comitati agguerriti, oc-
correrebbe tornare a parlarsi per capire se e come smussare gli angoli. In questo scenario, però, non è casuale che i due club siano vicini alla nomina di Beppe Bonomi come coordinatore del progetto: il manager che dovrebbe trasformare la Cattedrale da disegno in realtà è proprio quello che ha gestito la trasformazione delle ex Falck a Sesto.

Le parole di Antonello AD Inter

Antonello, il sindaco Sala ha detto che la pazienza dei club rischia di esaurirsi. Voi e il Milan l’avete effettivamente esaurita...?
«No, ma i club hanno fatto e stanno facendo tutto il possibile per portare avanti il progetto San Siro, che era la nostra priorità. Ma dall’altro lato, abbiamo percepito forse una scarsa adesione al progetto da parte dell’amministrazione. Ormai da più di tre anni abbiamo presentato il progetto e fatto tutte le varianti ri- chieste, dando disponibilità ad abbassare gli indici volumetrici, ma temiamo che l’iter burocratico si stia allungando. Come in tutti i progetti, però, esistono sempre dei piani alternativi...».

E il vostro si chiama Sesto San Giovanni?
«Intanto, la premessa è che da parte nostra non c’è più “l’esclusiva” su San Siro: non possiamo stare fermi, immobili, per tre anni senza avere delle risposte e, quindi, è giusto guardarsi intorno per dare uno stadio alla città e ai tifosi. Tra le varie ipotesi, su cui non c’è ancora uno screening complessivo, di sicuro resiste quella di Sesto San Giovanni che a suo tempo fu oggetto di valutazione».

In questo stallo, voi e il Milan siete ancora perfettamente allineati o divergete in qualcosa?
«Proseguiamo con la stessa unità di intenti, quella che abbiamo mostrato in tutte le attività progettuali. Entrambi vogliamo un impianto moderno, all’avanguardia, che resti per le future generazioni, che sia al- l’altezza del blasone dei club. E con tempi precisi...».

Ma c’è una dead line che date a Sala?
«Non vogliamo mettere pressione all’amministrazione o fare aut aut: rispettiamo al massimo tutte le fasi amministrative. Conosciamo che nella burocrazia ci sono intoppi e lungaggini, ma in questi casi è l’incertezza la cosa peggiore: il solo “dibattito pubblico” potrebbe durare un anno. Se tutti gli iter previsti, tra lo stesso dibattito più eventuali referendum e ricorsi, portassero a una estensione della “time line” di esecuzione progettuale, a quel punto i club non potrebbero che valutare altri progetti con una pianificazione più ristretta».

Ma nel dibattito ormai in partenza non sarebbe importante far sentire la vostra voce?
«Siamo ovviamente disponibili a chiarire tutti gli elementi progettuali ai comitati, anche se tutta la documentazione è disponibile agli uffici tecnici. Non siamo contrari a dare voce ai cittadini, anzi, ma non possiamo stare fermi: l’eventuale piano B dimostra la serietà e la determinazione che entrambi i club han- no per dotarsi di un nuovo stadio».

Ma lasciare la zona di San Siro non sarebbe una sconfitta per entrambi i club?
«Se fossimo costretti a rinunciare al progetto origina- le, sarebbe certamente una sconfitta per tutti. Ma è più importante avere un impianto all’altezza dei top club europei. Ma se si costruisse nell’area metropoli- tana, che possiamo considerare del tutto organica a Milano, Inter e Milan rimarrebbero comunque attaccati ai valori della città e alla loro storia».
Se è ancora fattibile (so che la stanno facendo un polo medico) allora andiamo la, è l'unico sindaco che stava accendendo i ceri per avere lo stadio nella sua città e non ci possono essere comitati del no perché l'area scelta è la vecchia Falk, non c'è una casa e ora quella zona è completamente un costo per i sestesi. Verrebbero a fare i comitati del Si.
 
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Storie infinite per fare stadi di proprietà (non per tutti), VAR che viene usato per fini opposti a quelli per cui è stato ideato, storielle di indagini per plusvalenze etc etc…….poi non ci meravigliamo se la serie A è diventato un campionato ridicolo
 

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correrebbe tornare a parlarsi per capire se e come smussare gli angoli. In questo scenario, però, non è casuale che i due club siano vicini alla nomina di Beppe Bonomi come coordinatore del progetto: il manager che dovrebbe trasformare la Cattedrale da disegno in realtà è proprio quello che ha gestito la trasformazione delle ex Falck a Sesto.

Le parole di Antonello AD Inter

Antonello, il sindaco Sala ha detto che la pazienza dei club rischia di esaurirsi. Voi e il Milan l’avete effettivamente esaurita...?
«No, ma i club hanno fatto e stanno facendo tutto il possibile per portare avanti il progetto San Siro, che era la nostra priorità. Ma dall’altro lato, abbiamo percepito forse una scarsa adesione al progetto da parte dell’amministrazione. Ormai da più di tre anni abbiamo presentato il progetto e fatto tutte le varianti ri- chieste, dando disponibilità ad abbassare gli indici volumetrici, ma temiamo che l’iter burocratico si stia allungando. Come in tutti i progetti, però, esistono sempre dei piani alternativi...».

E il vostro si chiama Sesto San Giovanni?
«Intanto, la premessa è che da parte nostra non c’è più “l’esclusiva” su San Siro: non possiamo stare fermi, immobili, per tre anni senza avere delle risposte e, quindi, è giusto guardarsi intorno per dare uno stadio alla città e ai tifosi. Tra le varie ipotesi, su cui non c’è ancora uno screening complessivo, di sicuro resiste quella di Sesto San Giovanni che a suo tempo fu oggetto di valutazione».

In questo stallo, voi e il Milan siete ancora perfettamente allineati o divergete in qualcosa?
«Proseguiamo con la stessa unità di intenti, quella che abbiamo mostrato in tutte le attività progettuali. Entrambi vogliamo un impianto moderno, all’avanguardia, che resti per le future generazioni, che sia al- l’altezza del blasone dei club. E con tempi precisi...».

Ma c’è una dead line che date a Sala?
«Non vogliamo mettere pressione all’amministrazione o fare aut aut: rispettiamo al massimo tutte le fasi amministrative. Conosciamo che nella burocrazia ci sono into.ppi e lungaggini, ma in questi casi è l’incertezza la cosa peggiore: il solo “dibattito pubblico” potrebbe durare un anno. Se tutti gli iter previsti, tra lo stesso dibattito più eventuali referendum e ricorsi, portassero a una estensione della “time line” di esecuzione progettuale, a quel punto i club non potrebbero che valutare altri progetti con una pianificazione più ristretta».

Ma nel dibattito ormai in partenza non sarebbe importante far sentire la vostra voce?
«Siamo ovviamente disponibili a chiarire tutti gli elementi progettuali ai comitati, anche se tutta la documentazione è disponibile agli uffici tecnici. Non siamo contrari a dare voce ai cittadini, anzi, ma non possiamo stare fermi: l’eventuale piano B dimostra la serietà e la determinazione che entrambi i club han- no per dotarsi di un nuovo stadio».

Ma lasciare la zona di San Siro non sarebbe una sconfitta per entrambi i club?
«Se fossimo costretti a rinunciare al progetto origina- le, sarebbe certamente una sconfitta per tutti. Ma è più importante avere un impianto all’altezza dei top club europei. Ma se si costruisse nell’area metropoli- tana, che possiamo considerare del tutto organica a Milano, Inter e Milan rimarrebbero comunque attaccati ai valori della città e alla loro storia».
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