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Mario Sconcerti dal CorSera in edicola oggi, 17 marzo, sul Milan e su Rangnick
Maldini ha detto di Rangnick che non è adatto al Milan, ma non ha spiegato perché. Nemmeno questo è elegante.
Se guardiamo bene, la guerra al Milan è nata per due pareri personali, quello di Maldinisenza spiegazioni, e quello di Boban che ha trovato irrispettoso che il suo capo incontrasse chi poteva sostituirlo. Né Maldini né Boban sono entrati nel merito: perché no Rangnick? Freud diceva che noi sentiamo il futuro dal disagio che ci porta il presente. Sappiamo cioè riconoscere un avversario prossimo fin dalla prima volta che lo sentiamo nominare. Rangnick ha molto più fascino
nel suo campo dei due grandi ragazzi milanisti. Ha molti tratti in comune con Sacchi, di cui è stato grande ammiratore.
Come Sacchi è stato solo un mediano nelle serie dilettantistiche. Come Sacchi ha avuto una visione del calcio opposta al suo presente. E come Sacchi con quello italiano, Rangnick ha finito per cambiare profondamente il calcio tedesco. A dargli questo merito è stato Ottmar Hitzfeld pochi giorni fa, il tecnico più vincente della storia tedesca, due volte eletto migliore del mondo. Eppure per Hitzfeld sono state le visioni di Rangnick a ribaltare la Bundesliga. Come gioca Ralf Rangnick? Rigorosamente con quattro difensori, e va ricordato che la Germania è stata la patria del 3-5-2. Uno dei centrali sta leggermente più indietro. Nei suoi tanti campionati in serie B, ha giocato spesso con un libero dichiarato. Ma l’essenza della sua teoria è il «gegenpressing», traducibile in italiano con la «riaggressione». Si parla di riconquista della palla persa in attacco. Deve avvenire tutto entro otto secondi. È il tempo limite per trasformare il gegenpressing
in una nuova ripartenza. Quella definitiva, perché hai già tanti giocatori in attacco e l’avversario si sta scoprendo pensando di poter ripartire. Non li ho contati personalmente, ma i giornali tedeschi attribuiscono a questo metodo il 60 per cento dei gol del Lipsia. Non è peraltro una novità assoluta. Klopp con la stessa teoria ha vinto tutto con il Liverpool.
Ma qui arriva la sorpresa: Klopp è stato un allievo di Rangnick. Il suo Liverpool ha in squadra quattro giocatori allenati dal maestro, tra cui Firmino. C’è stato un lungo momento in autunno in cui i cinque allenatori delle prime sei squadre tedesche erano tutti allievi di Rangnick. La Bundesliga veniva chiamata appunto Rangnickliga. C’è una cosa che il professore non ama (il titolo resiste dal 1998, quando una sera andò in televisione e spiegò che era l’alba di un nuovo calcio): i giocatori ingombranti, quelli che fanno pesare la loro gloria sulla squadra. Sono spesso quelli che non stanno dentro agli otto secondi, si considerano fuori dalla statistica. Forse Ibrahimovic sarebbe uno
di questi. Forse lo stesso Messi. Lui li riempie di regole, ha bisogno di ubbidienza. Fa tutto lui, li cerca,
li sceglie, li allena. Preferibilmente intorno ai 24 anni, meglio sotto. È il vecchio fanatismo di Sacchi. Negli spogliatoi le regole sono appese ai muri. In più c’è la famosa Ruota delle controindicazioni. Cosa rischiano i giocatori per ogni regola infranta. E qui viene fuori l’ironia del visionario, fanatico sì, ma con il gusto del paradosso, quindi senza mettere una confine serio fra realtà e finzione. Chi sbaglia fa girare la ruota e può trovarsi a doversi allenare in tutù o a lavorare per un giorno come commesso allo store ufficiale. Il professore dice di dare tutto ai suoi giocatori. Se non sai capirli, non puoi gestirli. «La loro smisurata quantità di soldi li porta a vivere una realtà finta. È mio dovere aiutarli in ogni momento» (lo ha detto lui). Il professore non ha vinto tanto, ha inventato moltissimo. Tra le idee anche lo Schalke che eliminò l’Inter ai quarti di Champions dopo il triplete battendola per 5-2. E il Lipsia di adesso. Capita che le visioni lo prosciughino, anche questo è una colleganza con Sacchi. È stato due anni fermo per esaurimento nervoso. Ora è l’uomo di calcio più cercato al mondo, forse l’unica cosa buona di Gazidis. Perché no?
Maldini ha detto di Rangnick che non è adatto al Milan, ma non ha spiegato perché. Nemmeno questo è elegante.
Se guardiamo bene, la guerra al Milan è nata per due pareri personali, quello di Maldinisenza spiegazioni, e quello di Boban che ha trovato irrispettoso che il suo capo incontrasse chi poteva sostituirlo. Né Maldini né Boban sono entrati nel merito: perché no Rangnick? Freud diceva che noi sentiamo il futuro dal disagio che ci porta il presente. Sappiamo cioè riconoscere un avversario prossimo fin dalla prima volta che lo sentiamo nominare. Rangnick ha molto più fascino
nel suo campo dei due grandi ragazzi milanisti. Ha molti tratti in comune con Sacchi, di cui è stato grande ammiratore.
Come Sacchi è stato solo un mediano nelle serie dilettantistiche. Come Sacchi ha avuto una visione del calcio opposta al suo presente. E come Sacchi con quello italiano, Rangnick ha finito per cambiare profondamente il calcio tedesco. A dargli questo merito è stato Ottmar Hitzfeld pochi giorni fa, il tecnico più vincente della storia tedesca, due volte eletto migliore del mondo. Eppure per Hitzfeld sono state le visioni di Rangnick a ribaltare la Bundesliga. Come gioca Ralf Rangnick? Rigorosamente con quattro difensori, e va ricordato che la Germania è stata la patria del 3-5-2. Uno dei centrali sta leggermente più indietro. Nei suoi tanti campionati in serie B, ha giocato spesso con un libero dichiarato. Ma l’essenza della sua teoria è il «gegenpressing», traducibile in italiano con la «riaggressione». Si parla di riconquista della palla persa in attacco. Deve avvenire tutto entro otto secondi. È il tempo limite per trasformare il gegenpressing
in una nuova ripartenza. Quella definitiva, perché hai già tanti giocatori in attacco e l’avversario si sta scoprendo pensando di poter ripartire. Non li ho contati personalmente, ma i giornali tedeschi attribuiscono a questo metodo il 60 per cento dei gol del Lipsia. Non è peraltro una novità assoluta. Klopp con la stessa teoria ha vinto tutto con il Liverpool.
Ma qui arriva la sorpresa: Klopp è stato un allievo di Rangnick. Il suo Liverpool ha in squadra quattro giocatori allenati dal maestro, tra cui Firmino. C’è stato un lungo momento in autunno in cui i cinque allenatori delle prime sei squadre tedesche erano tutti allievi di Rangnick. La Bundesliga veniva chiamata appunto Rangnickliga. C’è una cosa che il professore non ama (il titolo resiste dal 1998, quando una sera andò in televisione e spiegò che era l’alba di un nuovo calcio): i giocatori ingombranti, quelli che fanno pesare la loro gloria sulla squadra. Sono spesso quelli che non stanno dentro agli otto secondi, si considerano fuori dalla statistica. Forse Ibrahimovic sarebbe uno
di questi. Forse lo stesso Messi. Lui li riempie di regole, ha bisogno di ubbidienza. Fa tutto lui, li cerca,
li sceglie, li allena. Preferibilmente intorno ai 24 anni, meglio sotto. È il vecchio fanatismo di Sacchi. Negli spogliatoi le regole sono appese ai muri. In più c’è la famosa Ruota delle controindicazioni. Cosa rischiano i giocatori per ogni regola infranta. E qui viene fuori l’ironia del visionario, fanatico sì, ma con il gusto del paradosso, quindi senza mettere una confine serio fra realtà e finzione. Chi sbaglia fa girare la ruota e può trovarsi a doversi allenare in tutù o a lavorare per un giorno come commesso allo store ufficiale. Il professore dice di dare tutto ai suoi giocatori. Se non sai capirli, non puoi gestirli. «La loro smisurata quantità di soldi li porta a vivere una realtà finta. È mio dovere aiutarli in ogni momento» (lo ha detto lui). Il professore non ha vinto tanto, ha inventato moltissimo. Tra le idee anche lo Schalke che eliminò l’Inter ai quarti di Champions dopo il triplete battendola per 5-2. E il Lipsia di adesso. Capita che le visioni lo prosciughino, anche questo è una colleganza con Sacchi. È stato due anni fermo per esaurimento nervoso. Ora è l’uomo di calcio più cercato al mondo, forse l’unica cosa buona di Gazidis. Perché no?