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Il solito Franco Ordine, sul CorSport in edicola: il tema “come migliorare Leao” può diventare una delle chiavi di lettura della complicata missione a cui è chiamato il prossimo allenatore di Milanello. Paulo Fonseca ha l’indubbio vantaggio di parlare la stessa lingua, forse di conoscere meglio di tutti l’indole dell’attaccante considerato uno dei gioielli del casato rossonero per via del costo del cartellino e dello stipendio che gli è stato garantito all’atto del rinnovo (compresa una clausola rescissoria da 175 milioni). E deve appartenere allo stesso registro la frase, prontamente smentita, attribuita da un’agenzia a Paolo Scaroni, presidente del club («se portano 150 milioni lo impacchetto»), capace di provocare una piccola tempesta mediatica come se non nascondesse una verità assoluta non solo per il Milan ma anche per i bilanci del calcio italiano. Il punto allora è piuttosto un altro: e cioè si pensa ma non si dice. Per evitare di “impacchettarlo”, oltre che a un ricco acquirente, c’è solo uno scenario possibile in questi giorni che precedono l’arrivo di Fonseca sulla panchina milanista. Dev’essere capace di migliorare Leao, di trasformare il calcio nella sua priorità, nella sua ossessione addirittura. Impresa che non è riuscita a Stefano Pioli, se non in quello spicchio di stagione scandita dalla marcia tricolore del 2022
