Montolivo: intervista al CorSport in edicola oggi, 27 maggio.

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Il Corriere dello Sport in edicola oggi, 27 maggio, ha pubblicato un'intervista a Riccardo Montolivo. Ecco le parole del centrocampista:"Il ruolo di regista nel calcio moderno?Il regista, secondo me, deve dare equilibrio alla squadra.Deve cercare di guidare la squadra e dare ordine. In fondo la regia, anche nel mondo della cultura, è proprio questo. Il regista è un giocatore che deve essere meno egoista e più altruista di tutti gli altri. Dare spazio più agli altri. Lui deve tessere un po’ le fila nella squadra e tenerla unita in campo. Ho sempre ammirato moltissimo Gerrard per la sua completezza. Perché era un giocatore fantastico sotto tutti i punti di vista, sapeva fare tutte le fasi di una gara. E poi ho avuto la fortuna di giocare insieme in Nazionale, per tanti anni con De Rossi e Pirlo, registi fantastici. Io capitano sia alla Fiorentina che al Milan? Capitano di una squadra significa essere un punto di riferimento per tutti, significa avere una responsabilità maggiore, significa avere l’obbligo di non sbagliare, avere una responsabilità in più in campo e fuori. Significa non poter sbagliare comportamento mai, per nessun motivo. Deve essere una guida, deve avere una parola di conforto per i più giovani e assumersi le responsabilità nei momenti più difficili, prendersi anche delle colpe non proprie. Sono più gli oneri che gli onori. Ma è bello essere capitano di una squadra. E’anche una prova di fiducia del collettivo nei tuoi confronti. Io lento in campo e malinconico? Malinconico no. Do questa impressione perché non mi lascio mai andare a delle reazioni fuoriposto, cerco sempre di mantenere la lucidità, di essere freddo, questo lato del mio carattere probabilmente in campo viene fuori. Cerco sempre, anche nelle situazioni più difficili, di mantenere la calma ed essere lucido. Questo magari porta a vedermi, da fuori, a volte distaccato e un po’ malinconico. Ma non è così nella vita. L'odio contro di me sui social? E’ difficile spiegarselo. Non lo so perché. Diciamo che i social network ormai sono diventati una valvola di sfogo per tutti. Ho letto l’intervista al fondatore di Twitter proprio qualche giorno fa che pensava, in origine, che dando la parola a tutti questo mondo potesse essere un mondo migliore. Invece sembra proprio il contrario. Il mondo dei social network è un mondo senza regole purtroppo, dove ognuno può scrivere quello che vuole senza assumersene la responsabilità. Se ho provato dolore leggendo quei messaggi? Francamente ho provato un po’ di tristezza, ma per loro. Io non riesco a capire come una persona possa esprimersi in questo modo di fronte ad un evidente momento di drammatica difficoltà per uno sportivo. Non ri- esco a capire come certe persone possano arrivare a tanto. Un po’ quindi di compassione nei loro confronti. Io non do importanza a quello che viene scritto, che viene detto, se non dalle persone che io reputo importanti per me, quindi i miei familiari, i miei amici, i miei allenatori, i miei dirigenti. Questo è quello che conta per me. Quindi ho provato un po’ di compassione nei confronti delle persone che si esprimevano in questo modo nei miei confronti. Perché poi francamente non ho mai trovato una persona per strada che si sia permessa di rivolger- si in quei toni nei miei confronti. Com'era il Milan di Berlusconi e com'è quello dei cinesi? Il Milan cinese ovviamente è difficile da dire perché è solo da un mese che abbiamo nuovi proprietari. Probabilmente ci saranno tanti cambiamenti nei prossimi mesi e nei prossimi anni, quindi ora è difficile da dire. Il Milan di Berlusconi ? Io ho vissuto la coda della sua gestione, sono arrivato sicuramente in un momento difficile al Milan, ma nonostante questo devo dire che l’aria che si respira qui è quella di una famiglia. Nei momenti più difficili di questi anni, durante i miei due infortuni, l’appoggio della dirigenza, l’appoggio della proprietà non è mai mancato, è stato molto forte. Mi sono davvero sentito in una famiglia, al Milan. Mi pesa aver vinto poco in relazione alle mie qualità? Ovviamente mi sarebbe piaciuto in questi anni vincere di più e io ho vinto soltanto un trofeo quest’anno. Sono arrivato al Milan, come ho detto prima, in un momento complicato. Spero di far parte del Milan del futuro per poter competere, per poter essere nelle posizioni più alte. Però sono abbastanza fatalista, io ho sempre dato il massimo, ho sempre cercato di tirare fuori il meglio da me e se è andata così, vuol dire che probabilmente doveva andare così. I primi anni alla Fiorentina comunque sono stati molto belli, entusiasmanti, perché la Fiorentina non andava in Champions League da moltissimi anni e noi ci siamo qualificati i per due o tre anni consecutivi, abbiamo fatto una bellissima Europa League. Gli anni alla Fiorentina sono stati molto belli. Io lento?No, diciamo che la rapidità nei primi passi non è il mio punto forte, ma è così dall’inizio della mia carriera, è una caratteristica mia. Poi invece penso di essere più veloce di pensiero, che forse nel calcio è ancora più importante di essere veloce di gambe. Ripeto: finché lo scrivono, dipende da chi lo dice. A me quello che dicono le persone che di calcio non sanno o quello che scrivono sui social network non mi interessa. A me interessa quello che dice il mio allenatore, quello che dicono i miei compagni, il mio pro- curatore, le persone che io ritengo importanti. Il resto conta poco. Se uno ascolta tutti impazzisce. Poi comunque il calcio non è una gara dei cento metri, nel calcio oltre a correre bisogna anche pensare. Se poi uno pensa velocemente ancora meglio... La testa arriva prima di qualsiasi altra cosa. Prima delle gambe, prima dei piedi, prima di tutto. La partita uno la prepara, la vince anche, in molti casi prima di giocarla, nella testa. L’approccio alla partita è tutto di testa. In campo sì, ci sono momenti d’istinto, momenti in cui l’abilità tecnica ovviamente è fondamentale, ma se non c’è una predisposizione mentale, il resto non serve a niente. A questo proposito, il responsabile del settore giovanile dell’Atalanta, il mitico Mino Favini, ci ripeteva sempre che la categoria la fa la testa, non la fanno i piedi. Il giovane italiano con più prospettiva? Locatelli".
 

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Questo pensa di essere veramente Gerrard ahahahahah
 
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Crox93

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Il Corriere dello Sport in edicola oggi, 27 maggio, ha pubblicato un'intervista a Riccardo Montolivo. Ecco le parole del centrocampista:"Il ruolo di regista nel calcio moderno?Il regista, secondo me, deve dare equilibrio alla squadra.Deve cercare di guidare la squadra e dare ordine. In fondo la regia, anche nel mondo della cultura, è proprio questo. Il regista è un giocatore che deve essere meno egoista e più altruista di tutti gli altri. Dare spazio più agli altri. Lui deve tessere un po’ le fila nella squadra e tenerla unita in campo. Ho sempre ammirato moltissimo Gerrard per la sua completezza. Perché era un giocatore fantastico sotto tutti i punti di vista, sapeva fare tutte le fasi di una gara. E poi ho avuto la fortuna di giocare insieme in Nazionale, per tanti anni con De Rossi e Pirlo, registi fantastici. Io capitano sia alla Fiorentina che al Milan? Capitano di una squadra significa essere un punto di riferimento per tutti, significa avere una responsabilità maggiore, significa avere l’obbligo di non sbagliare, avere una responsabilità in più in campo e fuori. Significa non poter sbagliare comportamento mai, per nessun motivo. Deve essere una guida, deve avere una parola di conforto per i più giovani e assumersi le responsabilità nei momenti più difficili, prendersi anche delle colpe non proprie. Sono più gli oneri che gli onori. Ma è bello essere capitano di una squadra. E’anche una prova di fiducia del collettivo nei tuoi confronti. Io lento in campo e malinconico? Malinconico no. Do questa impressione perché non mi lascio mai andare a delle reazioni fuoriposto, cerco sempre di mantenere la lucidità, di essere freddo, questo lato del mio carattere probabilmente in campo viene fuori. Cerco sempre, anche nelle situazioni più difficili, di mantenere la calma ed essere lucido. Questo magari porta a vedermi, da fuori, a volte distaccato e un po’ malinconico. Ma non è così nella vita. L'odio contro di me sui social? E’ difficile spiegarselo. Non lo so perché. Diciamo che i social network ormai sono diventati una valvola di sfogo per tutti. Ho letto l’intervista al fondatore di Twitter proprio qualche giorno fa che pensava, in origine, che dando la parola a tutti questo mondo potesse essere un mondo migliore. Invece sembra proprio il contrario. Il mondo dei social network è un mondo senza regole purtroppo, dove ognuno può scrivere quello che vuole senza assumersene la responsabilità. Se ho provato dolore leggendo quei messaggi? Francamente ho provato un po’ di tristezza, ma per loro. Io non riesco a capire come una persona possa esprimersi in questo modo di fronte ad un evidente momento di drammatica difficoltà per uno sportivo. Non ri- esco a capire come certe persone possano arrivare a tanto. Un po’ quindi di compassione nei loro confronti. Io non do importanza a quello che viene scritto, che viene detto, se non dalle persone che io reputo importanti per me, quindi i miei familiari, i miei amici, i miei allenatori, i miei dirigenti. Questo è quello che conta per me. Quindi ho provato un po’ di compassione nei confronti delle persone che si esprimevano in questo modo nei miei confronti. Perché poi francamente non ho mai trovato una persona per strada che si sia permessa di rivolger- si in quei toni nei miei confronti. Com'era il Milan di Berlusconi e com'è quello dei cinesi? Il Milan cinese ovviamente è difficile da dire perché è solo da un mese che abbiamo nuovi proprietari. Probabilmente ci saranno tanti cambiamenti nei prossimi mesi e nei prossimi anni, quindi ora è difficile da dire. Il Milan di Berlusconi ? Io ho vissuto la coda della sua gestione, sono arrivato sicuramente in un momento difficile al Milan, ma nonostante questo devo dire che l’aria che si respira qui è quella di una famiglia. Nei momenti più difficili di questi anni, durante i miei due infortuni, l’appoggio della dirigenza, l’appoggio della proprietà non è mai mancato, è stato molto forte. Mi sono davvero sentito in una famiglia, al Milan. Mi pesa aver vinto poco in relazione alle mie qualità? Ovviamente mi sarebbe piaciuto in questi anni vincere di più e io ho vinto soltanto un trofeo quest’anno. Sono arrivato al Milan, come ho detto prima, in un momento complicato. Spero di far parte del Milan del futuro per poter competere, per poter essere nelle posizioni più alte. Però sono abbastanza fatalista, io ho sempre dato il massimo, ho sempre cercato di tirare fuori il meglio da me e se è andata così, vuol dire che probabilmente doveva andare così. I primi anni alla Fiorentina comunque sono stati molto belli, entusiasmanti, perché la Fiorentina non andava in Champions League da moltissimi anni e noi ci siamo qualificati i per due o tre anni consecutivi, abbiamo fatto una bellissima Europa League. Gli anni alla Fiorentina sono stati molto belli. Io lento?No, diciamo che la rapidità nei primi passi non è il mio punto forte, ma è così dall’inizio della mia carriera, è una caratteristica mia. Poi invece penso di essere più veloce di pensiero, che forse nel calcio è ancora più importante di essere veloce di gambe. Ripeto: finché lo scrivono, dipende da chi lo dice. A me quello che dicono le persone che di calcio non sanno o quello che scrivono sui social network non mi interessa. A me interessa quello che dice il mio allenatore, quello che dicono i miei compagni, il mio pro- curatore, le persone che io ritengo importanti. Il resto conta poco. Se uno ascolta tutti impazzisce. Poi comunque il calcio non è una gara dei cento metri, nel calcio oltre a correre bisogna anche pensare. Se poi uno pensa velocemente ancora meglio... La testa arriva prima di qualsiasi altra cosa. Prima delle gambe, prima dei piedi, prima di tutto. La partita uno la prepara, la vince anche, in molti casi prima di giocarla, nella testa. L’approccio alla partita è tutto di testa. In campo sì, ci sono momenti d’istinto, momenti in cui l’abilità tecnica ovviamente è fondamentale, ma se non c’è una predisposizione mentale, il resto non serve a niente. A questo proposito, il responsabile del settore giovanile dell’Atalanta, il mitico Mino Favini, ci ripeteva sempre che la categoria la fa la testa, non la fanno i piedi. Il giovane italiano con più prospettiva? Locatelli".

Odioso, montato e raccomandato.
Togliti quella fascia e smettila di infangare quella maglia sacra.
 

Symon

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Beh dimostra tutta la sua umanità e professionalità. Addirittura è palese anche sui deficit di velocità e abbastanza sincero. Che si ispiri a Gerrard non'è nuova come cosa e l'ha già detto in passato.
Condivido quasi tutto quello che dice, come persona mi è sempre piaciuta.
 

Djici

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Il Corriere dello Sport in edicola oggi, 27 maggio, ha pubblicato un'intervista a Riccardo Montolivo. Ecco le parole del centrocampista:"Il ruolo di regista nel calcio moderno?Il regista, secondo me, deve dare equilibrio alla squadra.Deve cercare di guidare la squadra e dare ordine. In fondo la regia, anche nel mondo della cultura, è proprio questo. Il regista è un giocatore che deve essere meno egoista e più altruista di tutti gli altri. Dare spazio più agli altri. Lui deve tessere un po’ le fila nella squadra e tenerla unita in campo. Ho sempre ammirato moltissimo Gerrard per la sua completezza. Perché era un giocatore fantastico sotto tutti i punti di vista, sapeva fare tutte le fasi di una gara. E poi ho avuto la fortuna di giocare insieme in Nazionale, per tanti anni con De Rossi e Pirlo, registi fantastici. Io capitano sia alla Fiorentina che al Milan? Capitano di una squadra significa essere un punto di riferimento per tutti, significa avere una responsabilità maggiore, significa avere l’obbligo di non sbagliare, avere una responsabilità in più in campo e fuori. Significa non poter sbagliare comportamento mai, per nessun motivo. Deve essere una guida, deve avere una parola di conforto per i più giovani e assumersi le responsabilità nei momenti più difficili, prendersi anche delle colpe non proprie. Sono più gli oneri che gli onori. Ma è bello essere capitano di una squadra. E’anche una prova di fiducia del collettivo nei tuoi confronti. Io lento in campo e malinconico? Malinconico no. Do questa impressione perché non mi lascio mai andare a delle reazioni fuoriposto, cerco sempre di mantenere la lucidità, di essere freddo, questo lato del mio carattere probabilmente in campo viene fuori. Cerco sempre, anche nelle situazioni più difficili, di mantenere la calma ed essere lucido. Questo magari porta a vedermi, da fuori, a volte distaccato e un po’ malinconico. Ma non è così nella vita. L'odio contro di me sui social? E’ difficile spiegarselo. Non lo so perché. Diciamo che i social network ormai sono diventati una valvola di sfogo per tutti. Ho letto l’intervista al fondatore di Twitter proprio qualche giorno fa che pensava, in origine, che dando la parola a tutti questo mondo potesse essere un mondo migliore. Invece sembra proprio il contrario. Il mondo dei social network è un mondo senza regole purtroppo, dove ognuno può scrivere quello che vuole senza assumersene la responsabilità. Se ho provato dolore leggendo quei messaggi? Francamente ho provato un po’ di tristezza, ma per loro. Io non riesco a capire come una persona possa esprimersi in questo modo di fronte ad un evidente momento di drammatica difficoltà per uno sportivo. Non ri- esco a capire come certe persone possano arrivare a tanto. Un po’ quindi di compassione nei loro confronti. Io non do importanza a quello che viene scritto, che viene detto, se non dalle persone che io reputo importanti per me, quindi i miei familiari, i miei amici, i miei allenatori, i miei dirigenti. Questo è quello che conta per me. Quindi ho provato un po’ di compassione nei confronti delle persone che si esprimevano in questo modo nei miei confronti. Perché poi francamente non ho mai trovato una persona per strada che si sia permessa di rivolger- si in quei toni nei miei confronti. Com'era il Milan di Berlusconi e com'è quello dei cinesi? Il Milan cinese ovviamente è difficile da dire perché è solo da un mese che abbiamo nuovi proprietari. Probabilmente ci saranno tanti cambiamenti nei prossimi mesi e nei prossimi anni, quindi ora è difficile da dire. Il Milan di Berlusconi ? Io ho vissuto la coda della sua gestione, sono arrivato sicuramente in un momento difficile al Milan, ma nonostante questo devo dire che l’aria che si respira qui è quella di una famiglia. Nei momenti più difficili di questi anni, durante i miei due infortuni, l’appoggio della dirigenza, l’appoggio della proprietà non è mai mancato, è stato molto forte. Mi sono davvero sentito in una famiglia, al Milan. Mi pesa aver vinto poco in relazione alle mie qualità? Ovviamente mi sarebbe piaciuto in questi anni vincere di più e io ho vinto soltanto un trofeo quest’anno. Sono arrivato al Milan, come ho detto prima, in un momento complicato. Spero di far parte del Milan del futuro per poter competere, per poter essere nelle posizioni più alte. Però sono abbastanza fatalista, io ho sempre dato il massimo, ho sempre cercato di tirare fuori il meglio da me e se è andata così, vuol dire che probabilmente doveva andare così. I primi anni alla Fiorentina comunque sono stati molto belli, entusiasmanti, perché la Fiorentina non andava in Champions League da moltissimi anni e noi ci siamo qualificati i per due o tre anni consecutivi, abbiamo fatto una bellissima Europa League. Gli anni alla Fiorentina sono stati molto belli. Io lento?No, diciamo che la rapidità nei primi passi non è il mio punto forte, ma è così dall’inizio della mia carriera, è una caratteristica mia. Poi invece penso di essere più veloce di pensiero, che forse nel calcio è ancora più importante di essere veloce di gambe. Ripeto: finché lo scrivono, dipende da chi lo dice. A me quello che dicono le persone che di calcio non sanno o quello che scrivono sui social network non mi interessa. A me interessa quello che dice il mio allenatore, quello che dicono i miei compagni, il mio pro- curatore, le persone che io ritengo importanti. Il resto conta poco. Se uno ascolta tutti impazzisce. Poi comunque il calcio non è una gara dei cento metri, nel calcio oltre a correre bisogna anche pensare. Se poi uno pensa velocemente ancora meglio... La testa arriva prima di qualsiasi altra cosa. Prima delle gambe, prima dei piedi, prima di tutto. La partita uno la prepara, la vince anche, in molti casi prima di giocarla, nella testa. L’approccio alla partita è tutto di testa. In campo sì, ci sono momenti d’istinto, momenti in cui l’abilità tecnica ovviamente è fondamentale, ma se non c’è una predisposizione mentale, il resto non serve a niente. A questo proposito, il responsabile del settore giovanile dell’Atalanta, il mitico Mino Favini, ci ripeteva sempre che la categoria la fa la testa, non la fanno i piedi. Il giovane italiano con più prospettiva? Locatelli".


Io invece penso che è proprio la testa il tuo problema... ad essere onesti i piedi sono buoni. Non da fenomeno ma non certo da falegname. La struttura fisica e buona pure quella.
Invece ti manca proprio la velocità di pensiero e sopratutto LE PALLE.
 

sballotello

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Il Corriere dello Sport in edicola oggi, 27 maggio, ha pubblicato un'intervista a Riccardo Montolivo. Ecco le parole del centrocampista:"Il ruolo di regista nel calcio moderno?Il regista, secondo me, deve dare equilibrio alla squadra.Deve cercare di guidare la squadra e dare ordine. In fondo la regia, anche nel mondo della cultura, è proprio questo. Il regista è un giocatore che deve essere meno egoista e più altruista di tutti gli altri. Dare spazio più agli altri. Lui deve tessere un po’ le fila nella squadra e tenerla unita in campo. Ho sempre ammirato moltissimo Gerrard per la sua completezza. Perché era un giocatore fantastico sotto tutti i punti di vista, sapeva fare tutte le fasi di una gara. E poi ho avuto la fortuna di giocare insieme in Nazionale, per tanti anni con De Rossi e Pirlo, registi fantastici. Io capitano sia alla Fiorentina che al Milan? Capitano di una squadra significa essere un punto di riferimento per tutti, significa avere una responsabilità maggiore, significa avere l’obbligo di non sbagliare, avere una responsabilità in più in campo e fuori. Significa non poter sbagliare comportamento mai, per nessun motivo. Deve essere una guida, deve avere una parola di conforto per i più giovani e assumersi le responsabilità nei momenti più difficili, prendersi anche delle colpe non proprie. Sono più gli oneri che gli onori. Ma è bello essere capitano di una squadra. E’anche una prova di fiducia del collettivo nei tuoi confronti. Io lento in campo e malinconico? Malinconico no. Do questa impressione perché non mi lascio mai andare a delle reazioni fuoriposto, cerco sempre di mantenere la lucidità, di essere freddo, questo lato del mio carattere probabilmente in campo viene fuori. Cerco sempre, anche nelle situazioni più difficili, di mantenere la calma ed essere lucido. Questo magari porta a vedermi, da fuori, a volte distaccato e un po’ malinconico. Ma non è così nella vita. L'odio contro di me sui social? E’ difficile spiegarselo. Non lo so perché. Diciamo che i social network ormai sono diventati una valvola di sfogo per tutti. Ho letto l’intervista al fondatore di Twitter proprio qualche giorno fa che pensava, in origine, che dando la parola a tutti questo mondo potesse essere un mondo migliore. Invece sembra proprio il contrario. Il mondo dei social network è un mondo senza regole purtroppo, dove ognuno può scrivere quello che vuole senza assumersene la responsabilità. Se ho provato dolore leggendo quei messaggi? Francamente ho provato un po’ di tristezza, ma per loro. Io non riesco a capire come una persona possa esprimersi in questo modo di fronte ad un evidente momento di drammatica difficoltà per uno sportivo. Non ri- esco a capire come certe persone possano arrivare a tanto. Un po’ quindi di compassione nei loro confronti. Io non do importanza a quello che viene scritto, che viene detto, se non dalle persone che io reputo importanti per me, quindi i miei familiari, i miei amici, i miei allenatori, i miei dirigenti. Questo è quello che conta per me. Quindi ho provato un po’ di compassione nei confronti delle persone che si esprimevano in questo modo nei miei confronti. Perché poi francamente non ho mai trovato una persona per strada che si sia permessa di rivolger- si in quei toni nei miei confronti. Com'era il Milan di Berlusconi e com'è quello dei cinesi? Il Milan cinese ovviamente è difficile da dire perché è solo da un mese che abbiamo nuovi proprietari. Probabilmente ci saranno tanti cambiamenti nei prossimi mesi e nei prossimi anni, quindi ora è difficile da dire. Il Milan di Berlusconi ? Io ho vissuto la coda della sua gestione, sono arrivato sicuramente in un momento difficile al Milan, ma nonostante questo devo dire che l’aria che si respira qui è quella di una famiglia. Nei momenti più difficili di questi anni, durante i miei due infortuni, l’appoggio della dirigenza, l’appoggio della proprietà non è mai mancato, è stato molto forte. Mi sono davvero sentito in una famiglia, al Milan. Mi pesa aver vinto poco in relazione alle mie qualità? Ovviamente mi sarebbe piaciuto in questi anni vincere di più e io ho vinto soltanto un trofeo quest’anno. Sono arrivato al Milan, come ho detto prima, in un momento complicato. Spero di far parte del Milan del futuro per poter competere, per poter essere nelle posizioni più alte. Però sono abbastanza fatalista, io ho sempre dato il massimo, ho sempre cercato di tirare fuori il meglio da me e se è andata così, vuol dire che probabilmente doveva andare così. I primi anni alla Fiorentina comunque sono stati molto belli, entusiasmanti, perché la Fiorentina non andava in Champions League da moltissimi anni e noi ci siamo qualificati i per due o tre anni consecutivi, abbiamo fatto una bellissima Europa League. Gli anni alla Fiorentina sono stati molto belli. Io lento?No, diciamo che la rapidità nei primi passi non è il mio punto forte, ma è così dall’inizio della mia carriera, è una caratteristica mia. Poi invece penso di essere più veloce di pensiero, che forse nel calcio è ancora più importante di essere veloce di gambe. Ripeto: finché lo scrivono, dipende da chi lo dice. A me quello che dicono le persone che di calcio non sanno o quello che scrivono sui social network non mi interessa. A me interessa quello che dice il mio allenatore, quello che dicono i miei compagni, il mio pro- curatore, le persone che io ritengo importanti. Il resto conta poco. Se uno ascolta tutti impazzisce. Poi comunque il calcio non è una gara dei cento metri, nel calcio oltre a correre bisogna anche pensare. Se poi uno pensa velocemente ancora meglio... La testa arriva prima di qualsiasi altra cosa. Prima delle gambe, prima dei piedi, prima di tutto. La partita uno la prepara, la vince anche, in molti casi prima di giocarla, nella testa. L’approccio alla partita è tutto di testa. In campo sì, ci sono momenti d’istinto, momenti in cui l’abilità tecnica ovviamente è fondamentale, ma se non c’è una predisposizione mentale, il resto non serve a niente. A questo proposito, il responsabile del settore giovanile dell’Atalanta, il mitico Mino Favini, ci ripeteva sempre che la categoria la fa la testa, non la fanno i piedi. Il giovane italiano con più prospettiva? Locatelli".

prima cosa da fare: togliere la fascia a questo essere schifoso e darla a Biglia.
 

Giangy

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Il Corriere dello Sport in edicola oggi, 27 maggio, ha pubblicato un'intervista a Riccardo Montolivo. Ecco le parole del centrocampista:"Il ruolo di regista nel calcio moderno?Il regista, secondo me, deve dare equilibrio alla squadra.Deve cercare di guidare la squadra e dare ordine. In fondo la regia, anche nel mondo della cultura, è proprio questo. Il regista è un giocatore che deve essere meno egoista e più altruista di tutti gli altri. Dare spazio più agli altri. Lui deve tessere un po’ le fila nella squadra e tenerla unita in campo. Ho sempre ammirato moltissimo Gerrard per la sua completezza. Perché era un giocatore fantastico sotto tutti i punti di vista, sapeva fare tutte le fasi di una gara. E poi ho avuto la fortuna di giocare insieme in Nazionale, per tanti anni con De Rossi e Pirlo, registi fantastici. Io capitano sia alla Fiorentina che al Milan? Capitano di una squadra significa essere un punto di riferimento per tutti, significa avere una responsabilità maggiore, significa avere l’obbligo di non sbagliare, avere una responsabilità in più in campo e fuori. Significa non poter sbagliare comportamento mai, per nessun motivo. Deve essere una guida, deve avere una parola di conforto per i più giovani e assumersi le responsabilità nei momenti più difficili, prendersi anche delle colpe non proprie. Sono più gli oneri che gli onori. Ma è bello essere capitano di una squadra. E’anche una prova di fiducia del collettivo nei tuoi confronti. Io lento in campo e malinconico? Malinconico no. Do questa impressione perché non mi lascio mai andare a delle reazioni fuoriposto, cerco sempre di mantenere la lucidità, di essere freddo, questo lato del mio carattere probabilmente in campo viene fuori. Cerco sempre, anche nelle situazioni più difficili, di mantenere la calma ed essere lucido. Questo magari porta a vedermi, da fuori, a volte distaccato e un po’ malinconico. Ma non è così nella vita. L'odio contro di me sui social? E’ difficile spiegarselo. Non lo so perché. Diciamo che i social network ormai sono diventati una valvola di sfogo per tutti. Ho letto l’intervista al fondatore di Twitter proprio qualche giorno fa che pensava, in origine, che dando la parola a tutti questo mondo potesse essere un mondo migliore. Invece sembra proprio il contrario. Il mondo dei social network è un mondo senza regole purtroppo, dove ognuno può scrivere quello che vuole senza assumersene la responsabilità. Se ho provato dolore leggendo quei messaggi? Francamente ho provato un po’ di tristezza, ma per loro. Io non riesco a capire come una persona possa esprimersi in questo modo di fronte ad un evidente momento di drammatica difficoltà per uno sportivo. Non ri- esco a capire come certe persone possano arrivare a tanto. Un po’ quindi di compassione nei loro confronti. Io non do importanza a quello che viene scritto, che viene detto, se non dalle persone che io reputo importanti per me, quindi i miei familiari, i miei amici, i miei allenatori, i miei dirigenti. Questo è quello che conta per me. Quindi ho provato un po’ di compassione nei confronti delle persone che si esprimevano in questo modo nei miei confronti. Perché poi francamente non ho mai trovato una persona per strada che si sia permessa di rivolger- si in quei toni nei miei confronti. Com'era il Milan di Berlusconi e com'è quello dei cinesi? Il Milan cinese ovviamente è difficile da dire perché è solo da un mese che abbiamo nuovi proprietari. Probabilmente ci saranno tanti cambiamenti nei prossimi mesi e nei prossimi anni, quindi ora è difficile da dire. Il Milan di Berlusconi ? Io ho vissuto la coda della sua gestione, sono arrivato sicuramente in un momento difficile al Milan, ma nonostante questo devo dire che l’aria che si respira qui è quella di una famiglia. Nei momenti più difficili di questi anni, durante i miei due infortuni, l’appoggio della dirigenza, l’appoggio della proprietà non è mai mancato, è stato molto forte. Mi sono davvero sentito in una famiglia, al Milan. Mi pesa aver vinto poco in relazione alle mie qualità? Ovviamente mi sarebbe piaciuto in questi anni vincere di più e io ho vinto soltanto un trofeo quest’anno. Sono arrivato al Milan, come ho detto prima, in un momento complicato. Spero di far parte del Milan del futuro per poter competere, per poter essere nelle posizioni più alte. Però sono abbastanza fatalista, io ho sempre dato il massimo, ho sempre cercato di tirare fuori il meglio da me e se è andata così, vuol dire che probabilmente doveva andare così. I primi anni alla Fiorentina comunque sono stati molto belli, entusiasmanti, perché la Fiorentina non andava in Champions League da moltissimi anni e noi ci siamo qualificati i per due o tre anni consecutivi, abbiamo fatto una bellissima Europa League. Gli anni alla Fiorentina sono stati molto belli. Io lento?No, diciamo che la rapidità nei primi passi non è il mio punto forte, ma è così dall’inizio della mia carriera, è una caratteristica mia. Poi invece penso di essere più veloce di pensiero, che forse nel calcio è ancora più importante di essere veloce di gambe. Ripeto: finché lo scrivono, dipende da chi lo dice. A me quello che dicono le persone che di calcio non sanno o quello che scrivono sui social network non mi interessa. A me interessa quello che dice il mio allenatore, quello che dicono i miei compagni, il mio pro- curatore, le persone che io ritengo importanti. Il resto conta poco. Se uno ascolta tutti impazzisce. Poi comunque il calcio non è una gara dei cento metri, nel calcio oltre a correre bisogna anche pensare. Se poi uno pensa velocemente ancora meglio... La testa arriva prima di qualsiasi altra cosa. Prima delle gambe, prima dei piedi, prima di tutto. La partita uno la prepara, la vince anche, in molti casi prima di giocarla, nella testa. L’approccio alla partita è tutto di testa. In campo sì, ci sono momenti d’istinto, momenti in cui l’abilità tecnica ovviamente è fondamentale, ma se non c’è una predisposizione mentale, il resto non serve a niente. A questo proposito, il responsabile del settore giovanile dell’Atalanta, il mitico Mino Favini, ci ripeteva sempre che la categoria la fa la testa, non la fanno i piedi. Il giovane italiano con più prospettiva? Locatelli".

Che spasso sentire le sue parole, purtroppo per noi tifosi del Milan è solo una tristezza.
 
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