Inzaghi:"Del Milan mi manca tutto".

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Pippo Inzaghi al CorSera in edicola:

il ricordo va alla finale di Champions di Atene del 2007 con la maglia del Milan

«La doppietta contro il Liverpool è stata il mio momento più giusto. Due a uno e i tifosi impazziti. Ma lo sa che Berlusconi me lo aveva predetto alla vigilia?»

Davvero?

«La mia presenza in campo è stata in dubbio fino a poche ore prima. Non ero al massimo e si stava già scaldando Gilardino, poi Ancelotti si impuntò. E Berlusconi mi telefonò. “Sono sicuro”, mi disse, “che lei domani farà due gol”. E così fu. Naturalmente, alla fine della partita, il presidente mi chiamò per complimentarsi ma anche per dirmi “Glielo avevo detto io”».

Le manca Berlusconi?

«Molto. Ma di quel Milan mi mancano tante persone. Carlo Ancelotti, per dire. È un uomo intelligente, umano, presente. Una volta per il mio compleanno, che cade il 9 agosto, lasciò libera tutta la squadra per farci festeggiare. Compivo trent’anni: nessuno ci pensa mai, ma la tensione per un calciatore aumenta con l’età».

La sua autobiografia si intitola «Il momento giusto». È un incrocio di casualità e determinazione?

Pippo Inzaghi: «Da quando ero un ragazzino che giocava nel campetto di cemento di San Nicolò di Piacenza, ho lavorato per diventare un bravo calciatore. Anzi, un grande calciatore: un giorno mi apparve “il fantasma” di Gerd Müller, lo storico attaccante del Bayern Monaco e della Germania Ovest, che aveva segnato 69 reti nelle coppe europee. Ero un ragazzo, rimasi folgorato. Il giorno che ho superato il record di Müller è stato tra i più belli della mia vita».

A Venezia Pippo ha incontrato l’amore, quello di Angela che presto sposerà dopo due figli e una lunga convivenza

Lei è superstizioso?

Inzaghi: «No, ma avevo una canzone-talismano, che cantavo sempre durante il tragitto fino allo stadio, prima di una partita».

Qual è?

«“Certe notti”, di Ligabue».

Ma Luciano tifa Inter!

«Lo so, ma mi ha sempre portato fortuna».

E Laura Pausini, milanista fedele, lo sa?

«Come no, Laura è una grande amica. Quando, nel 2003, festeggiammo la vittoria della Supercoppa Europea ci ritrovammo tutti intorno a un pianoforte, con lei che suonava e io, Galliani, Ambrosini e gli altri che cantavamo le sue canzoni. Molte delle mie vittorie sono state accompagnate da messaggini affettuosi di Laura».

Un esempio di «calcio etico»?

«Il 24 marzo 1996: giocavo con il Parma e quel giorno sfidavamo il Milan che stava volando verso lo scudetto. Inseguii un pallone sul quale c’erano Maldini e Baresi. Li spinsi, puntando sull’astuzia: loro si scontrarono e caddero, io andai verso la palla. Ma Paolo e Franco si allearono, mi raggiunsero, entrarono insieme e mi sollevarono da terra».
 

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«La doppietta contro il Liverpool è stata il mio momento più giusto. Due a uno e i tifosi impazziti. Ma lo sa che Berlusconi me lo aveva predetto alla vigilia?»

Davvero?

«La mia presenza in campo è stata in dubbio fino a poche ore prima. Non ero al massimo e si stava già scaldando Gilardino, poi Ancelotti si impuntò. E Berlusconi mi telefonò. “Sono sicuro”, mi disse, “che lei domani farà due gol”. E così fu. Naturalmente, alla fine della partita, il presidente mi chiamò per complimentarsi ma anche per dirmi “Glielo avevo detto io”».

Le manca Berlusconi?

«Molto. Ma di quel Milan mi mancano tante persone. Carlo Ancelotti, per dire. È un uomo intelligente, umano, presente. Una volta per il mio compleanno, che cade il 9 agosto, lasciò libera tutta la squadra per farci festeggiare. Compivo trent’anni: nessuno ci pensa mai, ma la tensione per un calciatore aumenta con l’età».

La sua autobiografia si intitola «Il momento giusto». È un incrocio di casualità e determinazione?

Pippo Inzaghi: «Da quando ero un ragazzino che giocava nel campetto di cemento di San Nicolò di Piacenza, ho lavorato per diventare un bravo calciatore. Anzi, un grande calciatore: un giorno mi apparve “il fantasma” di Gerd Müller, lo storico attaccante del Bayern Monaco e della Germania Ovest, che aveva segnato 69 reti nelle coppe europee. Ero un ragazzo, rimasi folgorato. Il giorno che ho superato il record di Müller è stato tra i più belli della mia vita».

A Venezia Pippo ha incontrato l’amore, quello di Angela che presto sposerà dopo due figli e una lunga convivenza

Lei è superstizioso?

Inzaghi: «No, ma avevo una canzone-talismano, che cantavo sempre durante il tragitto fino allo stadio, prima di una partita».

Qual è?

«“Certe notti”, di Ligabue».

Ma Luciano tifa Inter!

«Lo so, ma mi ha sempre portato fortuna».

E Laura Pausini, milanista fedele, lo sa?

«Come no, Laura è una grande amica. Quando, nel 2003, festeggiammo la vittoria della Supercoppa Europea ci ritrovammo tutti intorno a un pianoforte, con lei che suonava e io, Galliani, Ambrosini e gli altri che cantavamo le sue canzoni. Molte delle mie vittorie sono state accompagnate da messaggini affettuosi di Laura».

Un esempio di «calcio etico»?

«Il 24 marzo 1996: giocavo con il Parma e quel giorno sfidavamo il Milan che stava volando verso lo scudetto. Inseguii un pallone sul quale c’erano Maldini e Baresi. Li spinsi, puntando sull’astuzia: loro si scontrarono e caddero, io andai verso la palla. Ma Paolo e Franco si allearono, mi raggiunsero, entrarono insieme e mi sollevarono da terra».
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Davvero?

«La mia presenza in campo è stata in dubbio fino a poche ore prima. Non ero al massimo e si stava già scaldando Gilardino, poi Ancelotti si impuntò. E Berlusconi mi telefonò. “Sono sicuro”, mi disse, “che lei domani farà due gol”. E così fu. Naturalmente, alla fine della partita, il presidente mi chiamò per complimentarsi ma anche per dirmi “Glielo avevo detto io”».

Le manca Berlusconi?

«Molto. Ma di quel Milan mi mancano tante persone. Carlo Ancelotti, per dire. È un uomo intelligente, umano, presente. Una volta per il mio compleanno, che cade il 9 agosto, lasciò libera tutta la squadra per farci festeggiare. Compivo trent’anni: nessuno ci pensa mai, ma la tensione per un calciatore aumenta con l’età».

La sua autobiografia si intitola «Il momento giusto». È un incrocio di casualità e determinazione?

Pippo Inzaghi: «Da quando ero un ragazzino che giocava nel campetto di cemento di San Nicolò di Piacenza, ho lavorato per diventare un bravo calciatore. Anzi, un grande calciatore: un giorno mi apparve “il fantasma” di Gerd Müller, lo storico attaccante del Bayern Monaco e della Germania Ovest, che aveva segnato 69 reti nelle coppe europee. Ero un ragazzo, rimasi folgorato. Il giorno che ho superato il record di Müller è stato tra i più belli della mia vita».

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Lei è superstizioso?

Inzaghi: «No, ma avevo una canzone-talismano, che cantavo sempre durante il tragitto fino allo stadio, prima di una partita».

Qual è?

«“Certe notti”, di Ligabue».

Ma Luciano tifa Inter!

«Lo so, ma mi ha sempre portato fortuna».

E Laura Pausini, milanista fedele, lo sa?

«Come no, Laura è una grande amica. Quando, nel 2003, festeggiammo la vittoria della Supercoppa Europea ci ritrovammo tutti intorno a un pianoforte, con lei che suonava e io, Galliani, Ambrosini e gli altri che cantavamo le sue canzoni. Molte delle mie vittorie sono state accompagnate da messaggini affettuosi di Laura».

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«Il 24 marzo 1996: giocavo con il Parma e quel giorno sfidavamo il Milan che stava volando verso lo scudetto. Inseguii un pallone sul quale c’erano Maldini e Baresi. Li spinsi, puntando sull’astuzia: loro si scontrarono e caddero, io andai verso la palla. Ma Paolo e Franco si allearono, mi raggiunsero, entrarono insieme e mi sollevarono da terra».
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Zenos

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«La doppietta contro il Liverpool è stata il mio momento più giusto. Due a uno e i tifosi impazziti. Ma lo sa che Berlusconi me lo aveva predetto alla vigilia?»

Davvero?

«La mia presenza in campo è stata in dubbio fino a poche ore prima. Non ero al massimo e si stava già scaldando Gilardino, poi Ancelotti si impuntò. E Berlusconi mi telefonò. “Sono sicuro”, mi disse, “che lei domani farà due gol”. E così fu. Naturalmente, alla fine della partita, il presidente mi chiamò per complimentarsi ma anche per dirmi “Glielo avevo detto io”».

Le manca Berlusconi?

«Molto. Ma di quel Milan mi mancano tante persone. Carlo Ancelotti, per dire. È un uomo intelligente, umano, presente. Una volta per il mio compleanno, che cade il 9 agosto, lasciò libera tutta la squadra per farci festeggiare. Compivo trent’anni: nessuno ci pensa mai, ma la tensione per un calciatore aumenta con l’età».

La sua autobiografia si intitola «Il momento giusto». È un incrocio di casualità e determinazione?

Pippo Inzaghi: «Da quando ero un ragazzino che giocava nel campetto di cemento di San Nicolò di Piacenza, ho lavorato per diventare un bravo calciatore. Anzi, un grande calciatore: un giorno mi apparve “il fantasma” di Gerd Müller, lo storico attaccante del Bayern Monaco e della Germania Ovest, che aveva segnato 69 reti nelle coppe europee. Ero un ragazzo, rimasi folgorato. Il giorno che ho superato il record di Müller è stato tra i più belli della mia vita».

A Venezia Pippo ha incontrato l’amore, quello di Angela che presto sposerà dopo due figli e una lunga convivenza

Lei è superstizioso?

Inzaghi: «No, ma avevo una canzone-talismano, che cantavo sempre durante il tragitto fino allo stadio, prima di una partita».

Qual è?

«“Certe notti”, di Ligabue».

Ma Luciano tifa Inter!

«Lo so, ma mi ha sempre portato fortuna».

E Laura Pausini, milanista fedele, lo sa?

«Come no, Laura è una grande amica. Quando, nel 2003, festeggiammo la vittoria della Supercoppa Europea ci ritrovammo tutti intorno a un pianoforte, con lei che suonava e io, Galliani, Ambrosini e gli altri che cantavamo le sue canzoni. Molte delle mie vittorie sono state accompagnate da messaggini affettuosi di Laura».

Un esempio di «calcio etico»?

«Il 24 marzo 1996: giocavo con il Parma e quel giorno sfidavamo il Milan che stava volando verso lo scudetto. Inseguii un pallone sul quale c’erano Maldini e Baresi. Li spinsi, puntando sull’astuzia: loro si scontrarono e caddero, io andai verso la palla. Ma Paolo e Franco si allearono, mi raggiunsero, entrarono insieme e mi sollevarono da terra».
Ma quanto ci ha fatto godere? Io ho stupendi ricordi da MVB a Weah fino ad arrivare a Sheva e Ibra ma quanto mi gasava Superpippo dopo ogni gol.
 

Swaitak

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Davvero?

«La mia presenza in campo è stata in dubbio fino a poche ore prima. Non ero al massimo e si stava già scaldando Gilardino, poi Ancelotti si impuntò. E Berlusconi mi telefonò. “Sono sicuro”, mi disse, “che lei domani farà due gol”. E così fu. Naturalmente, alla fine della partita, il presidente mi chiamò per complimentarsi ma anche per dirmi “Glielo avevo detto io”».

Le manca Berlusconi?

«Molto. Ma di quel Milan mi mancano tante persone. Carlo Ancelotti, per dire. È un uomo intelligente, umano, presente. Una volta per il mio compleanno, che cade il 9 agosto, lasciò libera tutta la squadra per farci festeggiare. Compivo trent’anni: nessuno ci pensa mai, ma la tensione per un calciatore aumenta con l’età».

La sua autobiografia si intitola «Il momento giusto». È un incrocio di casualità e determinazione?

Pippo Inzaghi: «Da quando ero un ragazzino che giocava nel campetto di cemento di San Nicolò di Piacenza, ho lavorato per diventare un bravo calciatore. Anzi, un grande calciatore: un giorno mi apparve “il fantasma” di Gerd Müller, lo storico attaccante del Bayern Monaco e della Germania Ovest, che aveva segnato 69 reti nelle coppe europee. Ero un ragazzo, rimasi folgorato. Il giorno che ho superato il record di Müller è stato tra i più belli della mia vita».

A Venezia Pippo ha incontrato l’amore, quello di Angela che presto sposerà dopo due figli e una lunga convivenza

Lei è superstizioso?

Inzaghi: «No, ma avevo una canzone-talismano, che cantavo sempre durante il tragitto fino allo stadio, prima di una partita».

Qual è?

«“Certe notti”, di Ligabue».

Ma Luciano tifa Inter!

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E Laura Pausini, milanista fedele, lo sa?

«Come no, Laura è una grande amica. Quando, nel 2003, festeggiammo la vittoria della Supercoppa Europea ci ritrovammo tutti intorno a un pianoforte, con lei che suonava e io, Galliani, Ambrosini e gli altri che cantavamo le sue canzoni. Molte delle mie vittorie sono state accompagnate da messaggini affettuosi di Laura».

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«Il 24 marzo 1996: giocavo con il Parma e quel giorno sfidavamo il Milan che stava volando verso lo scudetto. Inseguii un pallone sul quale c’erano Maldini e Baresi. Li spinsi, puntando sull’astuzia: loro si scontrarono e caddero, io andai verso la palla. Ma Paolo e Franco si allearono, mi raggiunsero, entrarono insieme e mi sollevarono da terra».
Quanto ci manca un Pippo
 

Commodore06

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Davvero?

«La mia presenza in campo è stata in dubbio fino a poche ore prima. Non ero al massimo e si stava già scaldando Gilardino, poi Ancelotti si impuntò. E Berlusconi mi telefonò. “Sono sicuro”, mi disse, “che lei domani farà due gol”. E così fu. Naturalmente, alla fine della partita, il presidente mi chiamò per complimentarsi ma anche per dirmi “Glielo avevo detto io”».

Le manca Berlusconi?

«Molto. Ma di quel Milan mi mancano tante persone. Carlo Ancelotti, per dire. È un uomo intelligente, umano, presente. Una volta per il mio compleanno, che cade il 9 agosto, lasciò libera tutta la squadra per farci festeggiare. Compivo trent’anni: nessuno ci pensa mai, ma la tensione per un calciatore aumenta con l’età».

La sua autobiografia si intitola «Il momento giusto». È un incrocio di casualità e determinazione?

Pippo Inzaghi: «Da quando ero un ragazzino che giocava nel campetto di cemento di San Nicolò di Piacenza, ho lavorato per diventare un bravo calciatore. Anzi, un grande calciatore: un giorno mi apparve “il fantasma” di Gerd Müller, lo storico attaccante del Bayern Monaco e della Germania Ovest, che aveva segnato 69 reti nelle coppe europee. Ero un ragazzo, rimasi folgorato. Il giorno che ho superato il record di Müller è stato tra i più belli della mia vita».

A Venezia Pippo ha incontrato l’amore, quello di Angela che presto sposerà dopo due figli e una lunga convivenza

Lei è superstizioso?

Inzaghi: «No, ma avevo una canzone-talismano, che cantavo sempre durante il tragitto fino allo stadio, prima di una partita».

Qual è?

«“Certe notti”, di Ligabue».

Ma Luciano tifa Inter!

«Lo so, ma mi ha sempre portato fortuna».

E Laura Pausini, milanista fedele, lo sa?

«Come no, Laura è una grande amica. Quando, nel 2003, festeggiammo la vittoria della Supercoppa Europea ci ritrovammo tutti intorno a un pianoforte, con lei che suonava e io, Galliani, Ambrosini e gli altri che cantavamo le sue canzoni. Molte delle mie vittorie sono state accompagnate da messaggini affettuosi di Laura».

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«Il 24 marzo 1996: giocavo con il Parma e quel giorno sfidavamo il Milan che stava volando verso lo scudetto. Inseguii un pallone sul quale c’erano Maldini e Baresi. Li spinsi, puntando sull’astuzia: loro si scontrarono e caddero, io andai verso la palla. Ma Paolo e Franco si allearono, mi raggiunsero, entrarono insieme e mi sollevarono da terra».
E quanto ci mancano i tuoi gol, la tua esultanza e la tua voglia di vincere.

Dovrebbero montare la tua testa su Leao :asd:

Sei il giocatore che mi ha fatto esaltare, godere ed esultare più di tutti :ultra::bandiera:
 
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Davvero?

«La mia presenza in campo è stata in dubbio fino a poche ore prima. Non ero al massimo e si stava già scaldando Gilardino, poi Ancelotti si impuntò. E Berlusconi mi telefonò. “Sono sicuro”, mi disse, “che lei domani farà due gol”. E così fu. Naturalmente, alla fine della partita, il presidente mi chiamò per complimentarsi ma anche per dirmi “Glielo avevo detto io”».

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«Molto. Ma di quel Milan mi mancano tante persone. Carlo Ancelotti, per dire. È un uomo intelligente, umano, presente. Una volta per il mio compleanno, che cade il 9 agosto, lasciò libera tutta la squadra per farci festeggiare. Compivo trent’anni: nessuno ci pensa mai, ma la tensione per un calciatore aumenta con l’età».

La sua autobiografia si intitola «Il momento giusto». È un incrocio di casualità e determinazione?

Pippo Inzaghi: «Da quando ero un ragazzino che giocava nel campetto di cemento di San Nicolò di Piacenza, ho lavorato per diventare un bravo calciatore. Anzi, un grande calciatore: un giorno mi apparve “il fantasma” di Gerd Müller, lo storico attaccante del Bayern Monaco e della Germania Ovest, che aveva segnato 69 reti nelle coppe europee. Ero un ragazzo, rimasi folgorato. Il giorno che ho superato il record di Müller è stato tra i più belli della mia vita».

A Venezia Pippo ha incontrato l’amore, quello di Angela che presto sposerà dopo due figli e una lunga convivenza

Lei è superstizioso?

Inzaghi: «No, ma avevo una canzone-talismano, che cantavo sempre durante il tragitto fino allo stadio, prima di una partita».

Qual è?

«“Certe notti”, di Ligabue».

Ma Luciano tifa Inter!

«Lo so, ma mi ha sempre portato fortuna».

E Laura Pausini, milanista fedele, lo sa?

«Come no, Laura è una grande amica. Quando, nel 2003, festeggiammo la vittoria della Supercoppa Europea ci ritrovammo tutti intorno a un pianoforte, con lei che suonava e io, Galliani, Ambrosini e gli altri che cantavamo le sue canzoni. Molte delle mie vittorie sono state accompagnate da messaggini affettuosi di Laura».

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«Il 24 marzo 1996: giocavo con il Parma e quel giorno sfidavamo il Milan che stava volando verso lo scudetto. Inseguii un pallone sul quale c’erano Maldini e Baresi. Li spinsi, puntando sull’astuzia: loro si scontrarono e caddero, io andai verso la palla. Ma Paolo e Franco si allearono, mi raggiunsero, entrarono insieme e mi sollevarono da terra».
Quest’uomo non perde occasione per ribadire il suo amore incondizionato verso il Milan: una passione tale da commuovere ogni cuore rossonero. Quant’erano belli i tempi di Inzaghi, leggenda eterna dei nostri colori…
 

Dexter

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Davvero?

«La mia presenza in campo è stata in dubbio fino a poche ore prima. Non ero al massimo e si stava già scaldando Gilardino, poi Ancelotti si impuntò. E Berlusconi mi telefonò. “Sono sicuro”, mi disse, “che lei domani farà due gol”. E così fu. Naturalmente, alla fine della partita, il presidente mi chiamò per complimentarsi ma anche per dirmi “Glielo avevo detto io”».

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La sua autobiografia si intitola «Il momento giusto». È un incrocio di casualità e determinazione?

Pippo Inzaghi: «Da quando ero un ragazzino che giocava nel campetto di cemento di San Nicolò di Piacenza, ho lavorato per diventare un bravo calciatore. Anzi, un grande calciatore: un giorno mi apparve “il fantasma” di Gerd Müller, lo storico attaccante del Bayern Monaco e della Germania Ovest, che aveva segnato 69 reti nelle coppe europee. Ero un ragazzo, rimasi folgorato. Il giorno che ho superato il record di Müller è stato tra i più belli della mia vita».

A Venezia Pippo ha incontrato l’amore, quello di Angela che presto sposerà dopo due figli e una lunga convivenza

Lei è superstizioso?

Inzaghi: «No, ma avevo una canzone-talismano, che cantavo sempre durante il tragitto fino allo stadio, prima di una partita».

Qual è?

«“Certe notti”, di Ligabue».

Ma Luciano tifa Inter!

«Lo so, ma mi ha sempre portato fortuna».

E Laura Pausini, milanista fedele, lo sa?

«Come no, Laura è una grande amica. Quando, nel 2003, festeggiammo la vittoria della Supercoppa Europea ci ritrovammo tutti intorno a un pianoforte, con lei che suonava e io, Galliani, Ambrosini e gli altri che cantavamo le sue canzoni. Molte delle mie vittorie sono state accompagnate da messaggini affettuosi di Laura».

Un esempio di «calcio etico»?

«Il 24 marzo 1996: giocavo con il Parma e quel giorno sfidavamo il Milan che stava volando verso lo scudetto. Inseguii un pallone sul quale c’erano Maldini e Baresi. Li spinsi, puntando sull’astuzia: loro si scontrarono e caddero, io andai verso la palla. Ma Paolo e Franco si allearono, mi raggiunsero, entrarono insieme e mi sollevarono da terra».
Per distacco il mio calciatore preferito con la nostra maglia
 

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