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Campionati del mondo di Qatar 2022 segnati, come sempre, da lotte politiche e LGBT in ogni dove.
Repubblica in pompa magna: nella guerra dei diritti entra in campo l’Europa. Attacca il Qatar ma soprattutto la Fifa, con un testo approvato dal Parlamento di Strasburgo. Accusa la Fifa di «corruzione dilagante, sistemica e profondamente radicata». E di avere «gravemente danneggiato l’immagine e l’integrità del calcio». Aggiungendo «sgomento per la decisione della Fifa sulle fasce “OneLove”», ossia la minaccia di ammonire i giocatori che l’avessero portata in campo nonostante il divieto di indossarla. Ieri una timida apertura: dopo la richiesta dei tifosi del Galles, saranno ammessi cappelli, ombrelli e bandiere arcobaleno in tutti gli stadi.
Il Parlamento dell’Unione apre uno scontro politico che non ha precedenti. Ma tardivo: l’estremo tentativo di salvare la faccia, anche dovuto alla frase con cui Infantino, già sicuro di essere rieletto tra cinque mesi per il terzo mandato da presidente, aveva difeso il Qatar, tirando in ballo l’Europa, «che dovrebbe scusarsi tremila anni per come si è comportata». Una cosa è certa: nella partita dei diritti la Fifa – e il fatto che Infantino abbia scelto di trasferirsi con la famiglia a Doha rischia di pesare – non ha voluto opporsi all’emiro Al Thani nel Paese dove l’omosessualità è ancora punita. Il primo colpo era stato il “bavaglio” mimato dai giocatori della Germania. Ora l’Europarlamento riconosce i meriti di Infantino nella riforma delle leggi sul lavoro in Qatar (non sempre applicata, anzi). Ma insieme chiede quasi ai campionati europei principali, Italia, Germania, Spagna, Francia, di “commissariare” la Fifa, «esercitando pressioni affinché si impegni a introdurre procedure trasparenti per l’assegnazione dei Mondiali». Per il 2030 ha presentato una candidatura – con Egitto e Grecia – l’Arabia Saudita, dove donne e omosessuali sono gravemente discriminati. Le 17 esecuzioni capitali degli ultimi 12 giorni sono un monito. Anche per la Fifa, che quella candidatura per unire Asia, Africa ed Europa l’ha voluta e sostenuta.
Repubblica in pompa magna: nella guerra dei diritti entra in campo l’Europa. Attacca il Qatar ma soprattutto la Fifa, con un testo approvato dal Parlamento di Strasburgo. Accusa la Fifa di «corruzione dilagante, sistemica e profondamente radicata». E di avere «gravemente danneggiato l’immagine e l’integrità del calcio». Aggiungendo «sgomento per la decisione della Fifa sulle fasce “OneLove”», ossia la minaccia di ammonire i giocatori che l’avessero portata in campo nonostante il divieto di indossarla. Ieri una timida apertura: dopo la richiesta dei tifosi del Galles, saranno ammessi cappelli, ombrelli e bandiere arcobaleno in tutti gli stadi.
Il Parlamento dell’Unione apre uno scontro politico che non ha precedenti. Ma tardivo: l’estremo tentativo di salvare la faccia, anche dovuto alla frase con cui Infantino, già sicuro di essere rieletto tra cinque mesi per il terzo mandato da presidente, aveva difeso il Qatar, tirando in ballo l’Europa, «che dovrebbe scusarsi tremila anni per come si è comportata». Una cosa è certa: nella partita dei diritti la Fifa – e il fatto che Infantino abbia scelto di trasferirsi con la famiglia a Doha rischia di pesare – non ha voluto opporsi all’emiro Al Thani nel Paese dove l’omosessualità è ancora punita. Il primo colpo era stato il “bavaglio” mimato dai giocatori della Germania. Ora l’Europarlamento riconosce i meriti di Infantino nella riforma delle leggi sul lavoro in Qatar (non sempre applicata, anzi). Ma insieme chiede quasi ai campionati europei principali, Italia, Germania, Spagna, Francia, di “commissariare” la Fifa, «esercitando pressioni affinché si impegni a introdurre procedure trasparenti per l’assegnazione dei Mondiali». Per il 2030 ha presentato una candidatura – con Egitto e Grecia – l’Arabia Saudita, dove donne e omosessuali sono gravemente discriminati. Le 17 esecuzioni capitali degli ultimi 12 giorni sono un monito. Anche per la Fifa, che quella candidatura per unire Asia, Africa ed Europa l’ha voluta e sostenuta.