Ambro:"Tonali leader ma non l'unico. La fascia...".

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Ambrosini alla GDS in edicola:

Un tipo difficile da gestire per un capitano?
«Proprio no, dava tanto agli altri anche in termini di entusiasmo. Ma era un periodo di transizione, c’erano da mettere insieme tante teste... E il terzo anno di Allegri è stato complicato, soprattutto verso do che essere capitano, soprattutto di una squadra come il Milan, sia l’ambizione di ogni giocatore"

Lei ha ereditato la fascia da Paolo Maldini.
«E nel mio caso la preoccupazione era di essere all’altezza del compito, perché stavo ereditando qualcosa di enorme. Ma l’onore per la fascia era diretta- mente proporzionale a quella preoccupazione. Grandi onori, grandi responsabilità».

Il capitano in carica è ancora Romagnoli, dato per partente a fine stagione.
«Va rispettato. Ricordo che quando cominciarono a circolare voci su di me, la cosa mi dette fastidio. Finché Alessio è al Milan ha quella fascia e bisogna ricordarselo».

Quali doti deve buon capitano?
«Deve imparare a gestire le responsabilità nella quotidianità, dev’essere riconosciuto in quel ruolo dalla società ma prima di tutto dai compagni di squadra».

Spesso la fascia si dà in base alle presenze o agli anni passati nel club e a volte la cosa genera polemiche.
«Gli anni di militanza non cor- rispondono per forza alla leadership. Il criterio delle presenze non può essere l’unico: è importante, ma non l’unico da valutare».

E’ giusto che il capitano di un grande club venga scelto dall’allenatore?
«Dall’allenatore non si può pre- scindere, perché è giusto che il tecnico si riconosca pienamente nel suo capitano. Ma non può essere una condizione univoca».

Tanti allenatori sostengono di avere molti leader in squadra. A che cosa serve davvero un capitano?

«Io penso a Paolo, che è stato il mio capitano. E’ il grande giocatore che protegge gli altri. Tutta la squadra trae beneficio dall’avere un capitano forte».

Per il futuro del Milan si parla di Tona- li, che è diventato un giocatore simbolo in breve tempo. Secondo lei ha la stoffa del leader?

«Se conferma quello che sta facendo vedere la stoffa c’è di certo, non soltanto sul piano tecnico. Se Tonali continua così, ha tutte le qualità che servono per essere il capitano del Milan in futuro. Però non è l’unico in squadra: penso anche a Simon Kjaer, che mi pare un capitano naturale e d’altra parte è già il leader della sua nazionale».

Altri nomi?

«Ripeto, potrebbero esserci tanti candidati, ma la butto lì: perché non Ibra, se continuerà nel Milan? Un altro anno, e con la fascia da capitano: sarebbe un bellissimo finale di carriera e al Milan darebbe ancora molto».
 

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Un tipo difficile da gestire per un capitano?
«Proprio no, dava tanto agli altri anche in termini di entusiasmo. Ma era un periodo di transizione, c’erano da mettere insieme tante teste... E il terzo anno di Allegri è stato complicato, soprattutto verso do che essere capitano, soprattutto di una squadra come il Milan, sia l’ambizione di ogni giocatore"

Lei ha ereditato la fascia da Paolo Maldini.
«E nel mio caso la preoccupazione era di essere all’altezza del compito, perché stavo ereditando qualcosa di enorme. Ma l’onore per la fascia era diretta- mente proporzionale a quella preoccupazione. Grandi onori, grandi responsabilità».

Il capitano in carica è ancora Romagnoli, dato per partente a fine stagione.
«Va rispettato. Ricordo che quando cominciarono a circolare voci su di me, la cosa mi dette fastidio. Finché Alessio è al Milan ha quella fascia e bisogna ricordarselo».

Quali doti deve buon capitano?
«Deve imparare a gestire le responsabilità nella quotidianità, dev’essere riconosciuto in quel ruolo dalla società ma prima di tutto dai compagni di squadra».

Spesso la fascia si dà in base alle presenze o agli anni passati nel club e a volte la cosa genera polemiche.
«Gli anni di militanza non cor- rispondono per forza alla leadership. Il criterio delle presenze non può essere l’unico: è importante, ma non l’unico da valutare».

E’ giusto che il capitano di un grande club venga scelto dall’allenatore?
«Dall’allenatore non si può pre- scindere, perché è giusto che il tecnico si riconosca pienamente nel suo capitano. Ma non può essere una condizione univoca».

Tanti allenatori sostengono di avere molti leader in squadra. A che cosa serve davvero un capitano?

«Io penso a Paolo, che è stato il mio capitano. E’ il grande giocatore che protegge gli altri. Tutta la squadra trae beneficio dall’avere un capitano forte».

Per il futuro del Milan si parla di Tona- li, che è diventato un giocatore simbolo in breve tempo. Secondo lei ha la stoffa del leader?

«Se conferma quello che sta facendo vedere la stoffa c’è di certo, non soltanto sul piano tecnico. Se Tonali continua così, ha tutte le qualità che servono per essere il capitano del Milan in futuro. Però non è l’unico in squadra: penso anche a Simon Kjaer, che mi pare un capitano naturale e d’altra parte è già il leader della sua nazionale».

Altri nomi?

«Ripeto, potrebbero esserci tanti candidati, ma la butto lì: perché non Ibra, se continuerà nel Milan? Un altro anno, e con la fascia da capitano: sarebbe un bellissimo finale di carriera e al Milan darebbe ancora molto».
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«Proprio no, dava tanto agli altri anche in termini di entusiasmo. Ma era un periodo di transizione, c’erano da mettere insieme tante teste... E il terzo anno di Allegri è stato complicato, soprattutto verso do che essere capitano, soprattutto di una squadra come il Milan, sia l’ambizione di ogni giocatore"

Lei ha ereditato la fascia da Paolo Maldini.
«E nel mio caso la preoccupazione era di essere all’altezza del compito, perché stavo ereditando qualcosa di enorme. Ma l’onore per la fascia era diretta- mente proporzionale a quella preoccupazione. Grandi onori, grandi responsabilità».

Il capitano in carica è ancora Romagnoli, dato per partente a fine stagione.
«Va rispettato. Ricordo che quando cominciarono a circolare voci su di me, la cosa mi dette fastidio. Finché Alessio è al Milan ha quella fascia e bisogna ricordarselo».

Quali doti deve buon capitano?
«Deve imparare a gestire le responsabilità nella quotidianità, dev’essere riconosciuto in quel ruolo dalla società ma prima di tutto dai compagni di squadra».

Spesso la fascia si dà in base alle presenze o agli anni passati nel club e a volte la cosa genera polemiche.
«Gli anni di militanza non cor- rispondono per forza alla leadership. Il criterio delle presenze non può essere l’unico: è importante, ma non l’unico da valutare».

E’ giusto che il capitano di un grande club venga scelto dall’allenatore?
«Dall’allenatore non si può pre- scindere, perché è giusto che il tecnico si riconosca pienamente nel suo capitano. Ma non può essere una condizione univoca».

Tanti allenatori sostengono di avere molti leader in squadra. A che cosa serve davvero un capitano?

«Io penso a Paolo, che è stato il mio capitano. E’ il grande giocatore che protegge gli altri. Tutta la squadra trae beneficio dall’avere un capitano forte».

Per il futuro del Milan si parla di Tona- li, che è diventato un giocatore simbolo in breve tempo. Secondo lei ha la stoffa del leader?

«Se conferma quello che sta facendo vedere la stoffa c’è di certo, non soltanto sul piano tecnico. Se Tonali continua così, ha tutte le qualità che servono per essere il capitano del Milan in futuro. Però non è l’unico in squadra: penso anche a Simon Kjaer, che mi pare un capitano naturale e d’altra parte è già il leader della sua nazionale».

Altri nomi?

«Ripeto, potrebbero esserci tanti candidati, ma la butto lì: perché non Ibra, se continuerà nel Milan? Un altro anno, e con la fascia da capitano: sarebbe un bellissimo finale di carriera e al Milan darebbe ancora molto».
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