Maldini:”Mi sono preparato nove anni. Ibra...”.

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Paolo Maldini ancora a DAZN

Credo di essermi preparato 9 anni facendo tutt'altro. Ho cercato di riprendere in mano la mia e seguire le cose che avevo tralasciato le cose che avevo tralasciato: la famiglia, i figli gli ho seguiti nel percorso scolastico e in quello calcistico, anche mia moglie, anche gli amici perché poi ho fatto cose che nella mia vita non avrei mai fatto. Mi sono goduto questi anni come un ritorno alla normalità. Mi sono preparato staccandomi da quella che era la realtà del calcio, seguendo comunque il Milan e il calcio, con un occhio distaccato. Magari non ero prontissimo perché è stata una cosa improvvisa: ero a Miami e mi ha chiamato Leonardo: “Devi essere qua tra 10 giorni, dobbiamo partire insieme, ti voglio con me”. È stato facile dire di sì. Nel recente passato c’è stata la possibilità di entrare nell’altro gruppo con Fassone e Mirabelli, ma non ci siamo trovati d’accordo su determinate cose. C’era anche la possibilità di entrare con Barbara. La mia scelta, oltre ad un interessamento del PSG sempre attraverso Leonardo, è sempre stata legata ai colori rossoneri".

Sulla scelta di un giocatore: “Nessuno ha la possibilità di vedere tutte le partite. Devi avere all’interno del club uno scout che lavori nella tua direzione. Tre te e il reparto scout devi iniziare a conoscere chi vuoi, come vuoi i tuoi giocatori, e loro magari ti dicono cosa ha funzionato gli ultimi cinque anni rispetto ai cinque anni precedenti. In tutto questo c’è una rivoluzione del calcio. Parliamo della difesa: un difensore per me è facile da leggere, però la richiesta, per come sta andando il calcio è: prima avrei chiesto un difensore che stava bene in un reparto, ora andrei a prendere un difensore forte nell’uno contro uno e poi gli insegno a stare bene nel reparto. La cosa difficile da insegnare è l’uno contro uno, la forza e la concentrazione. È una cosa che manca”.

Sul ruolo dell’allenatore sul mercato: “L’allenatore ha un ruolo importante. Ha un’idea di gioco. L’allenatore vede la squadra che ha e vede anche quelle che sono le necessità. Quello che chiediamo all’allenatore è darci dei profili. Credo che i nomi li debba scegliere il club e che debba incidente sotto tutti i punti di vista, sia da quello economico sia dall’età del giocatore stesso, e anche da una visione che va all’aldilà di quella che poteva essere l’anno dopo”.

Su Pioli: “È bravo nel trasmettere i suoi pensieri. Lo fa con un vigore che non ti aspetti. Vedendo la sua carriera magari non sempre ha confermato quello che ha fatto vedere all’inizio. A volte dobbiamo fermarlo noi. È una caratteristica che non gli riconoscevo”.

Sulla presenza: “Dipende dal momento. Nel momento nel mercato andare agli allenamenti diventa difficile. In una settimana io e Massara andiamo almeno 3/4 volte a Milanello. Col mister si parla quotidianamente. Sulle cose tattiche ci confrontiamo. Ci sono delle cose che riesci a vedere solo se sei lì. Sono piccole cose che si riconosco in maniera immediata”.

Sul rapporto con i giocatori: “Io cerco di capire il calciatore. Ci sono situazioni e situazioni. Dipende cosa vai a dire. Se devi andare a dire a uno che sta giocando male, vai lì con la comprensione cercando di aiutare quelle che sono le difficoltà del ragazzo stesso. Se uno invece si comporta male, allora devi essere duro. Cerco di avere un dialogo con tutti”.



Sull'acquisto di Ibra: “Ibra è un’idea del gennaio precedente, ne parlavamo con Leonardo. Avevamo parlato con lui, con Raiola e lui però aveva dato la parole ai Galaxy, che se avesse raggiunto un certo risultato sportivo ed economico sarebbe rimasto. Una volta raggiunto quel risultato ha detto: “Mi dispiace, ne riparliamo”. Secondo noi era l’uomo giusto per fare quel mix tra gioventù e esperienza. Lui e Kjaer hanno dato dei risultati incredibili. Abbiamo sempre avuto dei punti di riferimento e in quel momento lì non c’erano tanti punti. Magari c’era qualcuno ma giocava poco, e giocando poco magari diventava meno importante rispetto ad uno con il carattere straordinario di Ibra. Una volta preso è normale che la coda sia condivisa. Non possiamo permetterci di firmare giocatori che non sono visti e approvati dalla proprietà. Però è stato un rischio sicurissimo. Veniva da 2 anni di MLS, ed è una cosa completamente diversa. Lui stesso, quando abbiamo proposto 18 mesi di contratto, ci ha detto: “Facciamo sei mesi perché non so cosa posso darvi”.

Su Ibra e Van Basten: "Sono due super campioni. Fare una classifica è difficile. Baresi e Van Basten erano quelli che avevano qualcosa in più degli altri. Marco, purtroppo, ha dovuto smettere nel suo momento migliore. Ibra, per quello che ha fatto e che sta facendo, è senza dubbio a quel livello lì. Per fare certi cose devi essere un grande campione non solo in campo, ma anche fuori. Il campione riconosciuto da tutti è quello che è campione in tutto".

Sull'apporto di Ibra: "Zlatan rompe le scatole in una maniera impressionante. Il nostro era già un gruppo competitivo, ma forse i ragazzi venivano un po' frenati dalle responsabilità. Ibra è arrivato e si è preso tutte le responsabilità".

Sui leader negli anni difficili: "Anche in questi anni difficili, l'ambiente a Milanello non era affatto male. Abbiamo avuto giocatori importanti, come Biglia e Reina che hanno fatto crescere questi ragazzi. Sia Lucas che Pepe giocavano poco e quindi hanno preferito andare a giocare".

Sui giovani del Milan: "Difficile trovare uno che mi abbia deluso. Duarte è stato sfortunato, ha avuto tanti infortuni. Il talento di Leao è sotto gli occhi di tutti, può arrivare a livelli incredibili. Saelemaekers è stato frutto del nostro scouting, non conoscevo Alexis. Noi cercavamo un terzino destro in quel momento lì, o uno che in previsione un giorno potesse giocarci. Abbiamo visto questo ragazzo che giocava a destra, a sinistra, come terzino, da numero dieci, con un'intensità tale che dopo che gli dai la palla lui c'è. Bennacer ha grande personalità".

Sulla sua visione del Milan: "Il disegno cambia strada facendo, io sono legato ad un Milan vincente, la mia figura è legata a qualcosa che non sia soltanto rivolto a mettere a posto i conti. Devo salvaguardare anche quello che la mia storia si porta dietro, quello che i tifosi si aspettano da me. E' lì che spingo la proprietà a fare determinate cose invece che altre. I risultati hanno dato ragione a loro per tante cose e a noi per tante altre, in questo momento c'è un'idea unica e questo aiuta quello che è il progetto. Il Milan che non va in Champions da così tanti anni non si può sentire. Abbiamo intrapreso un percorso che ci deve portare stabilmente in Champions League, è una competizione che ti dà introiti importanti. Il Fair Play Finanziario non ti permette di investire quello che tu vorresti, è anche un freno alla distribuzione futura delle vittorie nelle varie competizioni, però io credo che sia la strada giusta. Siamo partiti con un'idea di un progetto che potrà un giorno diventare autosostenibile, in un momento di grande crisi questo ha ancora più valore".

Sul lavorare con il figlio: "Avere il papà tra le scatole non è piacevole, lo so bene anche io (sorride, ndr). So bene che il momento più brutto è quando torni da una partita in macchina con tuo papà e ti dice cosa dovevi fare. Anche mio figlio me l'ha detto più volte. La sua fortuna è che gioca in un altro ruolo rispetto al mio. Per Christian, che fa il difensore, è stata ancora peggio".
 

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Parliamo della difesa: un difensore per me è facile da leggere, però la richiesta, per come sta andando il calcio è: prima avrei chiesto un difensore che stava bene in un reparto, ora andrei a prendere un difensore forte nell’uno contro uno e poi gli insegno a stare bene nel reparto. La cosa difficile da insegnare è l’uno contro uno, la forza e la concentrazione. È una cosa che manca”.

Ciao ciao Alessio (tenerlo o peggio rinnovargli il contratto dopo queste parole sarebbe come sposare una spogliarellista dopo aver dichiarato di essere in cerca di una moglie fedele e devota).

Sulla sua visione del Milan: "Il disegno cambia strada facendo, io sono legato ad un Milan vincente, la mia figura è legata a qualcosa che non sia soltanto rivolto a mettere a posto i conti. Devo salvaguardare anche quello che la mia storia si porta dietro, quello che i tifosi si aspettano da me. E' lì che spingo la proprietà a fare determinate cose invece che altre.

E qui mette nero su bianco una cosa tanto ovvia quanto risaputa, ossia che a questa proprietà di vincere importi molto ma molto meno di zero. “Io sono legato ad un Milan vincente, la mia figura è legata a qualcosa che non sia soltanto rivolto a mettere a posto i conti” QUINDI “Devo salvaguardare anche quello che la mia storia si porta dietro, quello che i tifosi si aspettano da me” ERGO “E' lì che spingo la proprietà a fare determinate cose invece che altre”.

Se la fame di vittorie e la mentalità vincente di Paolo e della proprietà fosse la medesima le cose non starebbero così.

Ma tant’è, come è stato detto e ridetto, se per assurdo (ripeto per assurdo) Elio(tt) scoprisse che dalla rivendita di un Milan con 22 scudetti e 9 CL in bacheca potrebbe guadagnare 1000 (numero simbolico, non focalizzatevi su esso) e dalla rivendita di un Milan da bassa classifica potrebbe guadagnare 1010, lui sceglierebbe senza indugio alcuno la seconda opzione, nonostante quel guadagno in più sia realmente ridicolo.

Questi hanno un solo Dio, e non è YHVH ma Mammona.
 

Milanforever26

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Credo di essermi preparato 9 anni facendo tutt'altro. Ho cercato di riprendere in mano la mia e seguire le cose che avevo tralasciato le cose che avevo tralasciato: la famiglia, i figli gli ho seguiti nel percorso scolastico e in quello calcistico, anche mia moglie, anche gli amici perché poi ho fatto cose che nella mia vita non avrei mai fatto. Mi sono goduto questi anni come un ritorno alla normalità. Mi sono preparato staccandomi da quella che era la realtà del calcio, seguendo comunque il Milan e il calcio, con un occhio distaccato. Magari non ero prontissimo perché è stata una cosa improvvisa: ero a Miami e mi ha chiamato Leonardo: “Devi essere qua tra 10 giorni, dobbiamo partire insieme, ti voglio con me”. È stato facile dire di sì. Nel recente passato c’è stata la possibilità di entrare nell’altro gruppo con Fassone e Mirabelli, ma non ci siamo trovati d’accordo su determinate cose. C’era anche la possibilità di entrare con Barbara. La mia scelta, oltre ad un interessamento del PSG sempre attraverso Leonardo, è sempre stata legata ai colori rossoneri".

Sulla scelta di un giocatore: “Nessuno ha la possibilità di vedere tutte le partite. Devi avere all’interno del club uno scout che lavori nella tua direzione. Tre te e il reparto scout devi iniziare a conoscere chi vuoi, come vuoi i tuoi giocatori, e loro magari ti dicono cosa ha funzionato gli ultimi cinque anni rispetto ai cinque anni precedenti. In tutto questo c’è una rivoluzione del calcio. Parliamo della difesa: un difensore per me è facile da leggere, però la richiesta, per come sta andando il calcio è: prima avrei chiesto un difensore che stava bene in un reparto, ora andrei a prendere un difensore forte nell’uno contro uno e poi gli insegno a stare bene nel reparto. La cosa difficile da insegnare è l’uno contro uno, la forza e la concentrazione. È una cosa che manca”.

Sul ruolo dell’allenatore sul mercato: “L’allenatore ha un ruolo importante. Ha un’idea di gioco. L’allenatore vede la squadra che ha e vede anche quelle che sono le necessità. Quello che chiediamo all’allenatore è darci dei profili. Credo che i nomi li debba scegliere il club e che debba incidente sotto tutti i punti di vista, sia da quello economico sia dall’età del giocatore stesso, e anche da una visione che va all’aldilà di quella che poteva essere l’anno dopo”.

Su Pioli: “È bravo nel trasmettere i suoi pensieri. Lo fa con un vigore che non ti aspetti. Vedendo la sua carriera magari non sempre ha confermato quello che ha fatto vedere all’inizio. A volte dobbiamo fermarlo noi. È una caratteristica che non gli riconoscevo”.

Sulla presenza: “Dipende dal momento. Nel momento nel mercato andare agli allenamenti diventa difficile. In una settimana io e Massara andiamo almeno 3/4 volte a Milanello. Col mister si parla quotidianamente. Sulle cose tattiche ci confrontiamo. Ci sono delle cose che riesci a vedere solo se sei lì. Sono piccole cose che si riconosco in maniera immediata”.

Sul rapporto con i giocatori: “Io cerco di capire il calciatore. Ci sono situazioni e situazioni. Dipende cosa vai a dire. Se devi andare a dire a uno che sta giocando male, vai lì con la comprensione cercando di aiutare quelle che sono le difficoltà del ragazzo stesso. Se uno invece si comporta male, allora devi essere duro. Cerco di avere un dialogo con tutti”.



Sull'acquisto di Ibra: “Ibra è un’idea del gennaio precedente, ne parlavamo con Leonardo. Avevamo parlato con lui, con Raiola e lui però aveva dato la parole ai Galaxy, che se avesse raggiunto un certo risultato sportivo ed economico sarebbe rimasto. Una volta raggiunto quel risultato ha detto: “Mi dispiace, ne riparliamo”. Secondo noi era l’uomo giusto per fare quel mix tra gioventù e esperienza. Lui e Kjaer hanno dato dei risultati incredibili. Abbiamo sempre avuto dei punti di riferimento e in quel momento lì non c’erano tanti punti. Magari c’era qualcuno ma giocava poco, e giocando poco magari diventava meno importante rispetto ad uno con il carattere straordinario di Ibra. Una volta preso è normale che la coda sia condivisa. Non possiamo permetterci di firmare giocatori che non sono visti e approvati dalla proprietà. Però è stato un rischio sicurissimo. Veniva da 2 anni di MLS, ed è una cosa completamente diversa. Lui stesso, quando abbiamo proposto 18 mesi di contratto, ci ha detto: “Facciamo sei mesi perché non so cosa posso darvi”.

Su Ibra e Van Basten: "Sono due super campioni. Fare una classifica è difficile. Baresi e Van Basten erano quelli che avevano qualcosa in più degli altri. Marco, purtroppo, ha dovuto smettere nel suo momento migliore. Ibra, per quello che ha fatto e che sta facendo, è senza dubbio a quel livello lì. Per fare certi cose devi essere un grande campione non solo in campo, ma anche fuori. Il campione riconosciuto da tutti è quello che è campione in tutto".

Sull'apporto di Ibra: "Zlatan rompe le scatole in una maniera impressionante. Il nostro era già un gruppo competitivo, ma forse i ragazzi venivano un po' frenati dalle responsabilità. Ibra è arrivato e si è preso tutte le responsabilità".

Sui leader negli anni difficili: "Anche in questi anni difficili, l'ambiente a Milanello non era affatto male. Abbiamo avuto giocatori importanti, come Biglia e Reina che hanno fatto crescere questi ragazzi. Sia Lucas che Pepe giocavano poco e quindi hanno preferito andare a giocare".

Sui giovani del Milan: "Difficile trovare uno che mi abbia deluso. Duarte è stato sfortunato, ha avuto tanti infortuni. Il talento di Leao è sotto gli occhi di tutti, può arrivare a livelli incredibili. Saelemaekers è stato frutto del nostro scouting, non conoscevo Alexis. Noi cercavamo un terzino destro in quel momento lì, o uno che in previsione un giorno potesse giocarci. Abbiamo visto questo ragazzo che giocava a destra, a sinistra, come terzino, da numero dieci, con un'intensità tale che dopo che gli dai la palla lui c'è. Bennacer ha grande personalità".

Sulla sua visione del Milan: "Il disegno cambia strada facendo, io sono legato ad un Milan vincente, la mia figura è legata a qualcosa che non sia soltanto rivolto a mettere a posto i conti. Devo salvaguardare anche quello che la mia storia si porta dietro, quello che i tifosi si aspettano da me. E' lì che spingo la proprietà a fare determinate cose invece che altre. I risultati hanno dato ragione a loro per tante cose e a noi per tante altre, in questo momento c'è un'idea unica e questo aiuta quello che è il progetto. Il Milan che non va in Champions da così tanti anni non si può sentire. Abbiamo intrapreso un percorso che ci deve portare stabilmente in Champions League, è una competizione che ti dà introiti importanti. Il Fair Play Finanziario non ti permette di investire quello che tu vorresti, è anche un freno alla distribuzione futura delle vittorie nelle varie competizioni, però io credo che sia la strada giusta. Siamo partiti con un'idea di un progetto che potrà un giorno diventare autosostenibile, in un momento di grande crisi questo ha ancora più valore".

Sul lavorare con il figlio: "Avere il papà tra le scatole non è piacevole, lo so bene anche io (sorride, ndr). So bene che il momento più brutto è quando torni da una partita in macchina con tuo papà e ti dice cosa dovevi fare. Anche mio figlio me l'ha detto più volte. La sua fortuna è che gioca in un altro ruolo rispetto al mio. Per Christian, che fa il difensore, è stata ancora peggio".

Che uomo, lo adoro
 

Swaitak

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Credo di essermi preparato 9 anni facendo tutt'altro. Ho cercato di riprendere in mano la mia e seguire le cose che avevo tralasciato le cose che avevo tralasciato: la famiglia, i figli gli ho seguiti nel percorso scolastico e in quello calcistico, anche mia moglie, anche gli amici perché poi ho fatto cose che nella mia vita non avrei mai fatto. Mi sono goduto questi anni come un ritorno alla normalità. Mi sono preparato staccandomi da quella che era la realtà del calcio, seguendo comunque il Milan e il calcio, con un occhio distaccato. Magari non ero prontissimo perché è stata una cosa improvvisa: ero a Miami e mi ha chiamato Leonardo: “Devi essere qua tra 10 giorni, dobbiamo partire insieme, ti voglio con me”. È stato facile dire di sì. Nel recente passato c’è stata la possibilità di entrare nell’altro gruppo con Fassone e Mirabelli, ma non ci siamo trovati d’accordo su determinate cose. C’era anche la possibilità di entrare con Barbara. La mia scelta, oltre ad un interessamento del PSG sempre attraverso Leonardo, è sempre stata legata ai colori rossoneri".

Sulla scelta di un giocatore: “Nessuno ha la possibilità di vedere tutte le partite. Devi avere all’interno del club uno scout che lavori nella tua direzione. Tre te e il reparto scout devi iniziare a conoscere chi vuoi, come vuoi i tuoi giocatori, e loro magari ti dicono cosa ha funzionato gli ultimi cinque anni rispetto ai cinque anni precedenti. In tutto questo c’è una rivoluzione del calcio. Parliamo della difesa: un difensore per me è facile da leggere, però la richiesta, per come sta andando il calcio è: prima avrei chiesto un difensore che stava bene in un reparto, ora andrei a prendere un difensore forte nell’uno contro uno e poi gli insegno a stare bene nel reparto. La cosa difficile da insegnare è l’uno contro uno, la forza e la concentrazione. È una cosa che manca”.

Sul ruolo dell’allenatore sul mercato: “L’allenatore ha un ruolo importante. Ha un’idea di gioco. L’allenatore vede la squadra che ha e vede anche quelle che sono le necessità. Quello che chiediamo all’allenatore è darci dei profili. Credo che i nomi li debba scegliere il club e che debba incidente sotto tutti i punti di vista, sia da quello economico sia dall’età del giocatore stesso, e anche da una visione che va all’aldilà di quella che poteva essere l’anno dopo”.

Su Pioli: “È bravo nel trasmettere i suoi pensieri. Lo fa con un vigore che non ti aspetti. Vedendo la sua carriera magari non sempre ha confermato quello che ha fatto vedere all’inizio. A volte dobbiamo fermarlo noi. È una caratteristica che non gli riconoscevo”.

Sulla presenza: “Dipende dal momento. Nel momento nel mercato andare agli allenamenti diventa difficile. In una settimana io e Massara andiamo almeno 3/4 volte a Milanello. Col mister si parla quotidianamente. Sulle cose tattiche ci confrontiamo. Ci sono delle cose che riesci a vedere solo se sei lì. Sono piccole cose che si riconosco in maniera immediata”.

Sul rapporto con i giocatori: “Io cerco di capire il calciatore. Ci sono situazioni e situazioni. Dipende cosa vai a dire. Se devi andare a dire a uno che sta giocando male, vai lì con la comprensione cercando di aiutare quelle che sono le difficoltà del ragazzo stesso. Se uno invece si comporta male, allora devi essere duro. Cerco di avere un dialogo con tutti”.



Sull'acquisto di Ibra: “Ibra è un’idea del gennaio precedente, ne parlavamo con Leonardo. Avevamo parlato con lui, con Raiola e lui però aveva dato la parole ai Galaxy, che se avesse raggiunto un certo risultato sportivo ed economico sarebbe rimasto. Una volta raggiunto quel risultato ha detto: “Mi dispiace, ne riparliamo”. Secondo noi era l’uomo giusto per fare quel mix tra gioventù e esperienza. Lui e Kjaer hanno dato dei risultati incredibili. Abbiamo sempre avuto dei punti di riferimento e in quel momento lì non c’erano tanti punti. Magari c’era qualcuno ma giocava poco, e giocando poco magari diventava meno importante rispetto ad uno con il carattere straordinario di Ibra. Una volta preso è normale che la coda sia condivisa. Non possiamo permetterci di firmare giocatori che non sono visti e approvati dalla proprietà. Però è stato un rischio sicurissimo. Veniva da 2 anni di MLS, ed è una cosa completamente diversa. Lui stesso, quando abbiamo proposto 18 mesi di contratto, ci ha detto: “Facciamo sei mesi perché non so cosa posso darvi”.

Su Ibra e Van Basten: "Sono due super campioni. Fare una classifica è difficile. Baresi e Van Basten erano quelli che avevano qualcosa in più degli altri. Marco, purtroppo, ha dovuto smettere nel suo momento migliore. Ibra, per quello che ha fatto e che sta facendo, è senza dubbio a quel livello lì. Per fare certi cose devi essere un grande campione non solo in campo, ma anche fuori. Il campione riconosciuto da tutti è quello che è campione in tutto".

Sull'apporto di Ibra: "Zlatan rompe le scatole in una maniera impressionante. Il nostro era già un gruppo competitivo, ma forse i ragazzi venivano un po' frenati dalle responsabilità. Ibra è arrivato e si è preso tutte le responsabilità".

Sui leader negli anni difficili: "Anche in questi anni difficili, l'ambiente a Milanello non era affatto male. Abbiamo avuto giocatori importanti, come Biglia e Reina che hanno fatto crescere questi ragazzi. Sia Lucas che Pepe giocavano poco e quindi hanno preferito andare a giocare".

Sui giovani del Milan: "Difficile trovare uno che mi abbia deluso. Duarte è stato sfortunato, ha avuto tanti infortuni. Il talento di Leao è sotto gli occhi di tutti, può arrivare a livelli incredibili. Saelemaekers è stato frutto del nostro scouting, non conoscevo Alexis. Noi cercavamo un terzino destro in quel momento lì, o uno che in previsione un giorno potesse giocarci. Abbiamo visto questo ragazzo che giocava a destra, a sinistra, come terzino, da numero dieci, con un'intensità tale che dopo che gli dai la palla lui c'è. Bennacer ha grande personalità".

Sulla sua visione del Milan: "Il disegno cambia strada facendo, io sono legato ad un Milan vincente, la mia figura è legata a qualcosa che non sia soltanto rivolto a mettere a posto i conti. Devo salvaguardare anche quello che la mia storia si porta dietro, quello che i tifosi si aspettano da me. E' lì che spingo la proprietà a fare determinate cose invece che altre. I risultati hanno dato ragione a loro per tante cose e a noi per tante altre, in questo momento c'è un'idea unica e questo aiuta quello che è il progetto. Il Milan che non va in Champions da così tanti anni non si può sentire. Abbiamo intrapreso un percorso che ci deve portare stabilmente in Champions League, è una competizione che ti dà introiti importanti. Il Fair Play Finanziario non ti permette di investire quello che tu vorresti, è anche un freno alla distribuzione futura delle vittorie nelle varie competizioni, però io credo che sia la strada giusta. Siamo partiti con un'idea di un progetto che potrà un giorno diventare autosostenibile, in un momento di grande crisi questo ha ancora più valore".

Sul lavorare con il figlio: "Avere il papà tra le scatole non è piacevole, lo so bene anche io (sorride, ndr). So bene che il momento più brutto è quando torni da una partita in macchina con tuo papà e ti dice cosa dovevi fare. Anche mio figlio me l'ha detto più volte. La sua fortuna è che gioca in un altro ruolo rispetto al mio. Per Christian, che fa il difensore, è stata ancora peggio".

Una cosa buona l'ha fatta Leonardo: Riportare Paolo
 

Rivera10

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Ciao ciao Alessio (tenerlo o peggio rinnovargli il contratto dopo queste parole sarebbe come sposare una spogliarellista dopo aver dichiarato di essere in cerca di una moglie fedele e devota).



E qui mette nero su bianco una cosa tanto ovvia quanto risaputa, ossia che a questa proprietà di vincere importi molto ma molto meno di zero. “Io sono legato ad un Milan vincente, la mia figura è legata a qualcosa che non sia soltanto rivolto a mettere a posto i conti” QUINDI “Devo salvaguardare anche quello che la mia storia si porta dietro, quello che i tifosi si aspettano da me” ERGO “E' lì che spingo la proprietà a fare determinate cose invece che altre”.

Se la fame di vittorie e la mentalità vincente di Paolo e della proprietà fosse la medesima le cose non starebbero così.

Ma tant’è, come è stato detto e ridetto, se per assurdo (ripeto per assurdo) Elio(tt) scoprisse che dalla rivendita di un Milan con 22 scudetti e 9 CL in bacheca potrebbe guadagnare 1000 (numero simbolico, non focalizzatevi su esso) e dalla rivendita di un Milan da bassa classifica potrebbe guadagnare 1010, lui sceglierebbe senza indugio alcuno la seconda opzione, nonostante quel guadagno in più sia realmente ridicolo.

Questi hanno un solo Dio, e non è YHVH ma Mammona.

In fondo ad Eliott non riesco a fargliene una colpa. Sono strozzini che, come hai rimarcato bene, sono devoti di Mammona. Potrebbe pure accadere che sotto di loro si vinca qualcosa di importante, e me lo auguro, ma sarà sempre un" incidente" e non la conseguenza di una vera volontà di vittoria.
 

Davidoff

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Ciao ciao Alessio (tenerlo o peggio rinnovargli il contratto dopo queste parole sarebbe come sposare una spogliarellista dopo aver dichiarato di essere in cerca di una moglie fedele e devota).



E qui mette nero su bianco una cosa tanto ovvia quanto risaputa, ossia che a questa proprietà di vincere importi molto ma molto meno di zero. “Io sono legato ad un Milan vincente, la mia figura è legata a qualcosa che non sia soltanto rivolto a mettere a posto i conti” QUINDI “Devo salvaguardare anche quello che la mia storia si porta dietro, quello che i tifosi si aspettano da me” ERGO “E' lì che spingo la proprietà a fare determinate cose invece che altre”.

Se la fame di vittorie e la mentalità vincente di Paolo e della proprietà fosse la medesima le cose non starebbero così.

Ma tant’è, come è stato detto e ridetto, se per assurdo (ripeto per assurdo) Elio(tt) scoprisse che dalla rivendita di un Milan con 22 scudetti e 9 CL in bacheca potrebbe guadagnare 1000 (numero simbolico, non focalizzatevi su esso) e dalla rivendita di un Milan da bassa classifica potrebbe guadagnare 1010, lui sceglierebbe senza indugio alcuno la seconda opzione, nonostante quel guadagno in più sia realmente ridicolo.

Questi hanno un solo Dio, e non è YHVH ma Mammona.

Maldini è l'unica garanzia che anche durante gli anni di Elliott il Milan potrebbe essere in grado di dire la sua, pur dovendo barcamenarsi in una situazione economica pessima e senza poter contare sull'ambizione della proprietà. Alla fin fine contano molto anche dirigenti, allenatore e giocatori, ad esempio la Lazio in questi anni ha vinto trofei e costruito ottime squadre pur avendo come presidente un tirchio come Lotito, uno che veramente farà pagare ai calciatori pure le trasferte, non vedo perché il Milan non possa fare come e meglio di loro.
 

Djici

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Paolo Maldini ancora a DAZN

Credo di essermi preparato 9 anni facendo tutt'altro. Ho cercato di riprendere in mano la mia e seguire le cose che avevo tralasciato le cose che avevo tralasciato: la famiglia, i figli gli ho seguiti nel percorso scolastico e in quello calcistico, anche mia moglie, anche gli amici perché poi ho fatto cose che nella mia vita non avrei mai fatto. Mi sono goduto questi anni come un ritorno alla normalità. Mi sono preparato staccandomi da quella che era la realtà del calcio, seguendo comunque il Milan e il calcio, con un occhio distaccato. Magari non ero prontissimo perché è stata una cosa improvvisa: ero a Miami e mi ha chiamato Leonardo: “Devi essere qua tra 10 giorni, dobbiamo partire insieme, ti voglio con me”. È stato facile dire di sì. Nel recente passato c’è stata la possibilità di entrare nell’altro gruppo con Fassone e Mirabelli, ma non ci siamo trovati d’accordo su determinate cose. C’era anche la possibilità di entrare con Barbara. La mia scelta, oltre ad un interessamento del PSG sempre attraverso Leonardo, è sempre stata legata ai colori rossoneri".

Sulla scelta di un giocatore: “Nessuno ha la possibilità di vedere tutte le partite. Devi avere all’interno del club uno scout che lavori nella tua direzione. Tre te e il reparto scout devi iniziare a conoscere chi vuoi, come vuoi i tuoi giocatori, e loro magari ti dicono cosa ha funzionato gli ultimi cinque anni rispetto ai cinque anni precedenti. In tutto questo c’è una rivoluzione del calcio. Parliamo della difesa: un difensore per me è facile da leggere, però la richiesta, per come sta andando il calcio è: prima avrei chiesto un difensore che stava bene in un reparto, ora andrei a prendere un difensore forte nell’uno contro uno e poi gli insegno a stare bene nel reparto. La cosa difficile da insegnare è l’uno contro uno, la forza e la concentrazione. È una cosa che manca”.

Sul ruolo dell’allenatore sul mercato: “L’allenatore ha un ruolo importante. Ha un’idea di gioco. L’allenatore vede la squadra che ha e vede anche quelle che sono le necessità. Quello che chiediamo all’allenatore è darci dei profili. Credo che i nomi li debba scegliere il club e che debba incidente sotto tutti i punti di vista, sia da quello economico sia dall’età del giocatore stesso, e anche da una visione che va all’aldilà di quella che poteva essere l’anno dopo”.

Su Pioli: “È bravo nel trasmettere i suoi pensieri. Lo fa con un vigore che non ti aspetti. Vedendo la sua carriera magari non sempre ha confermato quello che ha fatto vedere all’inizio. A volte dobbiamo fermarlo noi. È una caratteristica che non gli riconoscevo”.

Sulla presenza: “Dipende dal momento. Nel momento nel mercato andare agli allenamenti diventa difficile. In una settimana io e Massara andiamo almeno 3/4 volte a Milanello. Col mister si parla quotidianamente. Sulle cose tattiche ci confrontiamo. Ci sono delle cose che riesci a vedere solo se sei lì. Sono piccole cose che si riconosco in maniera immediata”.

Sul rapporto con i giocatori: “Io cerco di capire il calciatore. Ci sono situazioni e situazioni. Dipende cosa vai a dire. Se devi andare a dire a uno che sta giocando male, vai lì con la comprensione cercando di aiutare quelle che sono le difficoltà del ragazzo stesso. Se uno invece si comporta male, allora devi essere duro. Cerco di avere un dialogo con tutti”.



Sull'acquisto di Ibra: “Ibra è un’idea del gennaio precedente, ne parlavamo con Leonardo. Avevamo parlato con lui, con Raiola e lui però aveva dato la parole ai Galaxy, che se avesse raggiunto un certo risultato sportivo ed economico sarebbe rimasto. Una volta raggiunto quel risultato ha detto: “Mi dispiace, ne riparliamo”. Secondo noi era l’uomo giusto per fare quel mix tra gioventù e esperienza. Lui e Kjaer hanno dato dei risultati incredibili. Abbiamo sempre avuto dei punti di riferimento e in quel momento lì non c’erano tanti punti. Magari c’era qualcuno ma giocava poco, e giocando poco magari diventava meno importante rispetto ad uno con il carattere straordinario di Ibra. Una volta preso è normale che la coda sia condivisa. Non possiamo permetterci di firmare giocatori che non sono visti e approvati dalla proprietà. Però è stato un rischio sicurissimo. Veniva da 2 anni di MLS, ed è una cosa completamente diversa. Lui stesso, quando abbiamo proposto 18 mesi di contratto, ci ha detto: “Facciamo sei mesi perché non so cosa posso darvi”.

Su Ibra e Van Basten: "Sono due super campioni. Fare una classifica è difficile. Baresi e Van Basten erano quelli che avevano qualcosa in più degli altri. Marco, purtroppo, ha dovuto smettere nel suo momento migliore. Ibra, per quello che ha fatto e che sta facendo, è senza dubbio a quel livello lì. Per fare certi cose devi essere un grande campione non solo in campo, ma anche fuori. Il campione riconosciuto da tutti è quello che è campione in tutto".

Sull'apporto di Ibra: "Zlatan rompe le scatole in una maniera impressionante. Il nostro era già un gruppo competitivo, ma forse i ragazzi venivano un po' frenati dalle responsabilità. Ibra è arrivato e si è preso tutte le responsabilità".

Sui leader negli anni difficili: "Anche in questi anni difficili, l'ambiente a Milanello non era affatto male. Abbiamo avuto giocatori importanti, come Biglia e Reina che hanno fatto crescere questi ragazzi. Sia Lucas che Pepe giocavano poco e quindi hanno preferito andare a giocare".

Sui giovani del Milan: "Difficile trovare uno che mi abbia deluso. Duarte è stato sfortunato, ha avuto tanti infortuni. Il talento di Leao è sotto gli occhi di tutti, può arrivare a livelli incredibili. Saelemaekers è stato frutto del nostro scouting, non conoscevo Alexis. Noi cercavamo un terzino destro in quel momento lì, o uno che in previsione un giorno potesse giocarci. Abbiamo visto questo ragazzo che giocava a destra, a sinistra, come terzino, da numero dieci, con un'intensità tale che dopo che gli dai la palla lui c'è. Bennacer ha grande personalità".

Sulla sua visione del Milan: "Il disegno cambia strada facendo, io sono legato ad un Milan vincente, la mia figura è legata a qualcosa che non sia soltanto rivolto a mettere a posto i conti. Devo salvaguardare anche quello che la mia storia si porta dietro, quello che i tifosi si aspettano da me. E' lì che spingo la proprietà a fare determinate cose invece che altre. I risultati hanno dato ragione a loro per tante cose e a noi per tante altre, in questo momento c'è un'idea unica e questo aiuta quello che è il progetto. Il Milan che non va in Champions da così tanti anni non si può sentire. Abbiamo intrapreso un percorso che ci deve portare stabilmente in Champions League, è una competizione che ti dà introiti importanti. Il Fair Play Finanziario non ti permette di investire quello che tu vorresti, è anche un freno alla distribuzione futura delle vittorie nelle varie competizioni, però io credo che sia la strada giusta. Siamo partiti con un'idea di un progetto che potrà un giorno diventare autosostenibile, in un momento di grande crisi questo ha ancora più valore".

Sul lavorare con il figlio: "Avere il papà tra le scatole non è piacevole, lo so bene anche io (sorride, ndr). So bene che il momento più brutto è quando torni da una partita in macchina con tuo papà e ti dice cosa dovevi fare. Anche mio figlio me l'ha detto più volte. La sua fortuna è che gioca in un altro ruolo rispetto al mio. Per Christian, che fa il difensore, è stata ancora peggio".

Haters, leggere bene.
Ha parlato LA STORIA.
 
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Paolo Maldini ancora a DAZN

Credo di essermi preparato 9 anni facendo tutt'altro. Ho cercato di riprendere in mano la mia e seguire le cose che avevo tralasciato le cose che avevo tralasciato: la famiglia, i figli gli ho seguiti nel percorso scolastico e in quello calcistico, anche mia moglie, anche gli amici perché poi ho fatto cose che nella mia vita non avrei mai fatto. Mi sono goduto questi anni come un ritorno alla normalità. Mi sono preparato staccandomi da quella che era la realtà del calcio, seguendo comunque il Milan e il calcio, con un occhio distaccato. Magari non ero prontissimo perché è stata una cosa improvvisa: ero a Miami e mi ha chiamato Leonardo: “Devi essere qua tra 10 giorni, dobbiamo partire insieme, ti voglio con me”. È stato facile dire di sì. Nel recente passato c’è stata la possibilità di entrare nell’altro gruppo con Fassone e Mirabelli, ma non ci siamo trovati d’accordo su determinate cose. C’era anche la possibilità di entrare con Barbara. La mia scelta, oltre ad un interessamento del PSG sempre attraverso Leonardo, è sempre stata legata ai colori rossoneri".

Sulla scelta di un giocatore: “Nessuno ha la possibilità di vedere tutte le partite. Devi avere all’interno del club uno scout che lavori nella tua direzione. Tre te e il reparto scout devi iniziare a conoscere chi vuoi, come vuoi i tuoi giocatori, e loro magari ti dicono cosa ha funzionato gli ultimi cinque anni rispetto ai cinque anni precedenti. In tutto questo c’è una rivoluzione del calcio. Parliamo della difesa: un difensore per me è facile da leggere, però la richiesta, per come sta andando il calcio è: prima avrei chiesto un difensore che stava bene in un reparto, ora andrei a prendere un difensore forte nell’uno contro uno e poi gli insegno a stare bene nel reparto. La cosa difficile da insegnare è l’uno contro uno, la forza e la concentrazione. È una cosa che manca”.

Sul ruolo dell’allenatore sul mercato: “L’allenatore ha un ruolo importante. Ha un’idea di gioco. L’allenatore vede la squadra che ha e vede anche quelle che sono le necessità. Quello che chiediamo all’allenatore è darci dei profili. Credo che i nomi li debba scegliere il club e che debba incidente sotto tutti i punti di vista, sia da quello economico sia dall’età del giocatore stesso, e anche da una visione che va all’aldilà di quella che poteva essere l’anno dopo”.

Su Pioli: “È bravo nel trasmettere i suoi pensieri. Lo fa con un vigore che non ti aspetti. Vedendo la sua carriera magari non sempre ha confermato quello che ha fatto vedere all’inizio. A volte dobbiamo fermarlo noi. È una caratteristica che non gli riconoscevo”.

Sulla presenza: “Dipende dal momento. Nel momento nel mercato andare agli allenamenti diventa difficile. In una settimana io e Massara andiamo almeno 3/4 volte a Milanello. Col mister si parla quotidianamente. Sulle cose tattiche ci confrontiamo. Ci sono delle cose che riesci a vedere solo se sei lì. Sono piccole cose che si riconosco in maniera immediata”.

Sul rapporto con i giocatori: “Io cerco di capire il calciatore. Ci sono situazioni e situazioni. Dipende cosa vai a dire. Se devi andare a dire a uno che sta giocando male, vai lì con la comprensione cercando di aiutare quelle che sono le difficoltà del ragazzo stesso. Se uno invece si comporta male, allora devi essere duro. Cerco di avere un dialogo con tutti”.



Sull'acquisto di Ibra: “Ibra è un’idea del gennaio precedente, ne parlavamo con Leonardo. Avevamo parlato con lui, con Raiola e lui però aveva dato la parole ai Galaxy, che se avesse raggiunto un certo risultato sportivo ed economico sarebbe rimasto. Una volta raggiunto quel risultato ha detto: “Mi dispiace, ne riparliamo”. Secondo noi era l’uomo giusto per fare quel mix tra gioventù e esperienza. Lui e Kjaer hanno dato dei risultati incredibili. Abbiamo sempre avuto dei punti di riferimento e in quel momento lì non c’erano tanti punti. Magari c’era qualcuno ma giocava poco, e giocando poco magari diventava meno importante rispetto ad uno con il carattere straordinario di Ibra. Una volta preso è normale che la coda sia condivisa. Non possiamo permetterci di firmare giocatori che non sono visti e approvati dalla proprietà. Però è stato un rischio sicurissimo. Veniva da 2 anni di MLS, ed è una cosa completamente diversa. Lui stesso, quando abbiamo proposto 18 mesi di contratto, ci ha detto: “Facciamo sei mesi perché non so cosa posso darvi”.

Su Ibra e Van Basten: "Sono due super campioni. Fare una classifica è difficile. Baresi e Van Basten erano quelli che avevano qualcosa in più degli altri. Marco, purtroppo, ha dovuto smettere nel suo momento migliore. Ibra, per quello che ha fatto e che sta facendo, è senza dubbio a quel livello lì. Per fare certi cose devi essere un grande campione non solo in campo, ma anche fuori. Il campione riconosciuto da tutti è quello che è campione in tutto".

Sull'apporto di Ibra: "Zlatan rompe le scatole in una maniera impressionante. Il nostro era già un gruppo competitivo, ma forse i ragazzi venivano un po' frenati dalle responsabilità. Ibra è arrivato e si è preso tutte le responsabilità".

Sui leader negli anni difficili: "Anche in questi anni difficili, l'ambiente a Milanello non era affatto male. Abbiamo avuto giocatori importanti, come Biglia e Reina che hanno fatto crescere questi ragazzi. Sia Lucas che Pepe giocavano poco e quindi hanno preferito andare a giocare".

Sui giovani del Milan: "Difficile trovare uno che mi abbia deluso. Duarte è stato sfortunato, ha avuto tanti infortuni. Il talento di Leao è sotto gli occhi di tutti, può arrivare a livelli incredibili. Saelemaekers è stato frutto del nostro scouting, non conoscevo Alexis. Noi cercavamo un terzino destro in quel momento lì, o uno che in previsione un giorno potesse giocarci. Abbiamo visto questo ragazzo che giocava a destra, a sinistra, come terzino, da numero dieci, con un'intensità tale che dopo che gli dai la palla lui c'è. Bennacer ha grande personalità".

Sulla sua visione del Milan: "Il disegno cambia strada facendo, io sono legato ad un Milan vincente, la mia figura è legata a qualcosa che non sia soltanto rivolto a mettere a posto i conti. Devo salvaguardare anche quello che la mia storia si porta dietro, quello che i tifosi si aspettano da me. E' lì che spingo la proprietà a fare determinate cose invece che altre. I risultati hanno dato ragione a loro per tante cose e a noi per tante altre, in questo momento c'è un'idea unica e questo aiuta quello che è il progetto. Il Milan che non va in Champions da così tanti anni non si può sentire. Abbiamo intrapreso un percorso che ci deve portare stabilmente in Champions League, è una competizione che ti dà introiti importanti. Il Fair Play Finanziario non ti permette di investire quello che tu vorresti, è anche un freno alla distribuzione futura delle vittorie nelle varie competizioni, però io credo che sia la strada giusta. Siamo partiti con un'idea di un progetto che potrà un giorno diventare autosostenibile, in un momento di grande crisi questo ha ancora più valore".

Sul lavorare con il figlio: "Avere il papà tra le scatole non è piacevole, lo so bene anche io (sorride, ndr). So bene che il momento più brutto è quando torni da una partita in macchina con tuo papà e ti dice cosa dovevi fare. Anche mio figlio me l'ha detto più volte. La sua fortuna è che gioca in un altro ruolo rispetto al mio. Per Christian, che fa il difensore, è stata ancora peggio".

Capitano :ave::ave::ave:

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