Dopo la lettura di Stendhal ho deciso di ritornare alla letteratura russa, non con il solito Fedor ma con Gogol.
Come volevasi dimostrare, andando a leggere un autore come Gogol, la lettura dei “Racconti di Pietroburgo” si è rivelata assai positiva. Ovviamente il protagonista assoluto di questi racconti è la Pietroburgo zarista ed è protagonista fin dal primo racconto sulla prospettiva Nevskij.
Il “Nevskij Prospekt” è una delle vie più importanti di Pietroburgo e a me è piaciuto tantissimo il taglio antropologico che l’autore dà almeno alle prime pagine del racconto anche se la componente antropologica accompagnerà, in generale, tutti e cinque i racconti. Qui poi, sul Nevskij Prospekt, Pietroburgo verrà divisa in due parti, le quali saranno incarnate dai personaggi di Piskarev e di Pirogov, due aspetti che terrei costantemente presenti.
Il primo credo sia un po’ l’ideale dell’autore stesso, quello dell’uomo sognatore e artista, di fatto Piskarev è un pittore, l’altro invece raffigura la Pietroburgo verace, statalista e burocratica, Pirogov è un tenente. Vorrei soffermarmi su questo elemento perché sarà una costante nei “Racconti di Pietroburgo” la componente burocratica che sembra dominare la Pietroburgo di quegli anni, dunque con “componente burocratica” parliamo di quello strato sociale attaccato alla sua posizione(non a caso Pirogov, quando verrà battuto alla fine del racconto, si risentirà non per essere stato oltraggiato egli stesso quanto per essergli stato mancato di rispetto perché tenente)e dunque ipocrita, ingabbiata nelle sue convenzioni sociali.
Immancabile in Gogol sarà poi l’elemento “sognante” infatti Piskarev, il pittore, riempirà la prima parte del racconto con l’amore per una prostituta che insieme all’amico Pirogov adocchia per strada. Il nodo della questione è che il protagonista solo successivamente scoprirà il “mestiere” della donna, il che lo porterà ad arroccarsi su sé stesso, infatti comincerà a sognarla sempre più spesso finendo per vivere di sogni, letteralmente, di fatto la sua vita consisterà soltanto nel dormire e sognare ancora e ancora quella donna. Si sforzerà di sognarla continuamente finendo per distaccarsi dalla realtà e per impazzire, il che lo porterà ad una rapida morte. Piskarev lo si può forse leggere come l’autore stesso, come quella parte “artistica” della Russia ingabbiata dal cielo di Pietroburgo, infatti nel racconto successivo, più esplicitamente, Gogol dirà che per gli artisti è necessario un viaggio in Italia perché l’Italia col suo clima può ispirare ben più di quanto possa fare il “cielo grigio” di Pietroburgo. Forse Piskarev è l’autore stesso che rappresenta lo scontro tra l’arte e la realtà, al che l’artista finisce per doversi creare un mondo fittizio nel quale vivere, Piskarev impatta con la “realtà” poiché vede essere quella donna quasi angelicata una prostituta e la riconcepirà soltanto all’interno del suo sogno, soluzione di tutto è la pazzia, anche questo un motivo ricorrente dei racconti. Piskarev porta su di sé anche quei tratti della Pietroburgo umiliata, quei tratti della letteratura degli umiliati che soltanto negli ultimi due racconti, secondo me, otterrà ben più vasto respiro.
Pirogov invece è il classico ufficiale fanfarone(forse, da questo punto di vista, potrebbe ricordare il miles gloriosus della tradizione classica?)e anche lui adocchia una bella donna sul Nevskij Prospekt.
Pirogov però finirà per essere battuto dal marito di questa, Schiller, al che seguirà una furia tremenda per l’oltraggio mossogli, non tanto per lui stesso, ripetiamo, quanto per il suo grado, tant’è vero che più e più volte nei dialoghi con Schiller, farà presente il suo grado di ufficiale. Da un lato quest’orgoglio civile quindi, quest’ipocrisia, dall’altro tutta la frivolezza che l’accompagna, di fatto, dopo essere stato battuto e dopo aver tramato le peggiori punizioni per Schiller, Pirogov si accontenterà soltanto di mangiare dei pasticcini e partecipare ad una riunione di funzionari ed ufficiali. Dunque il “Nevskij Prospekt” si può concepire, forse, come il più antropologico dei cinque racconti dove vengono scanditi i due personaggi di Piskarev e Pirogov, il primo nelle vesti della Pietroburgo di Gogol, il secondo nelle vesti della Pietroburgo statalista, “due Pietroburgo” da tenere presenti quando si parla di Gogol.
Il secondo racconto è invece “Il Ritratto”, qui troviamo praticamente una confessione dell’ideale “artistico” di Gogol. Il protagonista è Cartkov, questo comprerà in una squallida galleria d’arte un quadro ai limiti del sovraumano, di fatto l’uomo rappresentato è un uomo terribile, ci si sofferma soprattutto sullo sguardo dipinto in maniera tanto straordinaria da sembrare vivo e compenetrante. Verosimilmente il “ritratto” è il ritratto del demonio e questo quadro passando di mano in mano porterà ad orribili sciagure ogni suo possessore e quindi Cartkov stesso. Cartkov, infatti, troverà all’interno del quadro 1000 ducati con i quali si comprerà letteralmente la fama di grande pittore finendo per essere richiesto da tutta l’alta società, questo però lo porterà a perdere il suo vero “talento”. In una piccola parentesi del racconto si ricorderà il professore d’arte di Cartkov che invogliava il suo studente a non diventare un pittore mondano proprio perché avrebbe perso il suo talento.
Praticamente Cartkov diventa quello che noi, oggi giorno, chiameremmo artista “commerciale”. Cartkov inizia a produrre per il pubblico e non più per sé stesso finendo per perdere il suo talento, al che quando si recherà in Italia e vedrà una rappresentazione pittorica di un altro autore morirà d’invidia per la maestria con la quale il quadro era stato dipinto, tornerà dunque a casa sua, tenterà di ritornare il pittore che era fino ad accorgersi di aver, ormai, perduto inesorabilmente il suo talento. Ciò porterà Cartkov alla follia e alla morte, ecco quindi che ritorna il motivo della pazzia, già presente nel racconto sul Prospekt.
Questa è la prima parte del racconto, la seconda parte è praticamente la spiegazione di cosa sia quel quadro, pertanto narrerà di un’asta in cui si troverà in vendita, a quest’asta parteciperanno vari acquirenti fino alla comparsa di un personaggio, il figlio dell’autore del quadro. Qui il figlio narrerà la storia di quel quadro, ossia la storia dell’uomo raffigurato, il demonio, presso il quale chiunque gli si avvicinasse cadeva in disgrazia. Per questo motivo l’autore del quadro, cioè il padre del narratore, si auto esilierà per redimersi dalla colpa di aver dipinto il diavolo e il figlio dirà, durante l’asta, di essere l’unico legittimo acquirente poiché il suo compito era quello di distruggere il quadro. Proprio mentre dice ciò il quadro scompare.
A questo punto vediamo “Il naso”, secondo me il più indecifrabile fra tutti i racconti. Il protagonista è appunto un naso che il barbiere Ivan si ritroverà nel panino, il surrealismo del racconto è ricalcato ogni momento poiché lo stesso Ivan non riuscirà a spiegarsi in alcun modo la logica di quell’avvenimento. Il racconto poi si sposta su Kovaljov, colui che ha perso il naso, e narrerà di un’estenuante inseguimento alla cattura di questo naso. Questo racconto è il più indecifrabile, però, come avrò letto da qualche parte, l’interpretazione più corretta è probabilmente quella dello sdoppiamento di persona, ragion per cui il naso rappresenterebbe una parte di Kovaljov, di fatto in un incontro tra i due il naso sarà addirittura consigliere di stato, proprio il sogno di Kovaljov… in questo senso darei ancora importanza alla componente “burocratica” dei racconti pietroburghesi, questa la vediamo nitidamente nel Prospekt Nevsik con Pirogov, qui torna ancora come ossessionante anelito che ingabbia l’altra parte di Pietroburgo ne “Il naso”.
Kovaljov, infatti, nell’incontro al giornale, ove era intenzionato a fare un annuncio circa lo smarrimento del suo naso, ricalcherà proprio quanto per lui fosse “sconveniente” presentarsi in quelle condizioni presso donne d’alto rango presso le quali si sarebbe dovuto recare di lì a poco, data la sua posizione sociale, quindi la continua preoccupazione alla convenzioni sociale che l’uomo di stato pietroburghese deve assolvere, Pirogov del “Prospekt Nevskij” s’infervorerà per le offese fatte al suo grado ad esempio, quindi si potrebbe parlare del ritorno di una Pietroburgo statalista e allucinata.
Con i successivi due racconti, “Il cappotto” e “Memorie di un pazzo”, credo si inizi a dare uno sguardo ad una terza Pietroburgo, quella degli “umiliati e offesi” che può essere rintracciata già in Cartkov e Piskaerv volendo, cioè quella sottoposta alla classe dominante, non è un caso che a Gogol sia fatta risalire proprio questo tipo di letteratura, materiale letterario dal quale attingerà a piene mani Dostoevskij.
Il cappotto, il racconto più celebre dei cinque, narra di Akakij Akakievic, personaggio profondamente umiliato a causa dello zelo impiegato nel suo lavoro, è un “umiliato” pietroburghese completamente assuefatto dalla sua vita, il protagonista vive per compilare scartoffie e al suo zelo affianca un temperamento cupo, grigio, anche questo motivo di derisione da parte dei suoi colleghi. La svolta nella sua vita arriverà con l’acquisto di un cappotto che in un primo momento provocherà uno sconvolgimento per la rottura della sua routine quotidiana, dall’altro gli darà credito sociale poiché riuscirà finalmente a recarsi in ufficio con un cappotto nuovo.
Appena giungerà in ufficio ci sarà addirittura gran festa che proseguirà in casa di un altro degli impiegati, il problema nascerà nel momento in cui, dopo la festa, nella strada per il ritorno Akakij verrà rapinato proprio del suo cappotto. In seguito a questo episodio vediamo un ultimo personaggio che si aggiunge alla lista dei Pirogov e dei Kovaljov, cioè la persona importante, così si rivolge ad essa Gogol.
Questa persona importante è chiaramente un impiegato statale ed è forse il personaggio più costruito di tutti e cinque i racconti, ad esempio quando Akakij andrà a chiedere udienza a questa persona importante, che l’avrebbe potuto aiutare a ritrovare il cappotto, questi fingerà di non poterlo ricevere essendo impegnato a discutere con un amico, nonostante la conversazione con questo amico fosse finita da un pezzo, d’altronde la persona importante avrebbe dovuto dimostrare quanto fosse impegnato nella vita di tutti giorni e quindi quanto non avrebbe potuto dare ascolto, così facilmente, ad un impiegatuccio.
Successivamente, quando lo accoglierà ostenterà costantemente un aria di superiorità fino a cacciare bruscamente Akakij, a tal punto che il nostro protagonista sverrà, e quindi il dialogo si pone come l’emblema della sopraffazione e della prevaricazione della classe dominante pietroburghese sugli umiliati, a tal punto che la stessa persona importante manderà di nuovo a chiamare Akakij dopo averlo cacciato, peccato che quando arriverà di nuovo il momento dell’udienza, per allora Akakij sarà già morto, dopo essersi ammalato inseguito alla strigliata.
Il racconto si conclude con Akakij che si aggirerà per le strade di Pietroburgo sotto le spoglie di un fantasma e che farà cadere dalle spalle dei passanti tutti i loro cappotti, fino a conquistarne uno, proprio quello della persona importante, la quale verrà terrorizzata a morte sulla sua carrozza. Come interpretare questa conclusione, una sorta di riscatto? Una giustizia divina ultraterrena che premia i giusti e punisce gli ingiusti? Un finale fantastico che sembra quasi in distonia con il costante iperrealismo di tutto il resto del racconto.
Infine vediamo le “Memorie di un pazzo”, anche qui il protagonista, Popriscin, è un impiegatuccio che innamorato della figlia del suo capo ci farà pervenire i suoi sentimenti e le sue azioni per via epistolare. Un altro motivo ricorrente in Gogol è la pazzia che si mischia all’umiltà, l’umiltà della condizione del nostro protagonista che impazzirà proprio come il Cartkov de “Il ritratto” o il Piskarev del “Prospekt”. L’avanzare della follia è testimoniato dalle date di ogni lettera e dal loro contenuto, infatti si partirà con l’esatto giorno di esatti mesi fino ad indicazioni temporali come “86 marzobre, fra il giorno e la notte” oppure “Nessuna data. Il giorno era senza data” o ancora “Il 34 ro. Mc gdao, febbraio(scritto sottosopra) 349″, invece il punto di snodo della sua follia arriverà quando finirà per rovistare tra le presunte lettere scritte dalla cagnetta della sua amata che ruberà introducendosi nella sua cuccia, fino alle ultime sconclusionate lettere dove dichiarerà di essere il re di Spagna. Non vorrei creare un parallelo azzardato ma l’utilizzo della follia mia ha ricordato un po’ l’uso pirandelliano, la follia come possibile od unica via di fuga, anche se in Pirandello, forse, sarebbe una necessità, invece in Gogol soltanto una possibilità. Inoltre in Pirandello distinguiamo due tipi di follia, una quasi ricercata come nell’”Uno, nessuno e centomila” e l’altra più spontanea come quella de “Il treno ha fischiato” e questa sarebbe proprio il tipo di follia che potrebbe ricostruire un’affinità tra Gogol e Pirandello. Entrambi i protagonisti dei racconti finiscono per sfociare nella follia partendo da una situazione alienante, alienante è quella di Belluca, costretto a vivere una vita dura e mal tollerata, dura almeno tanto quanto quella di Popriscin.