Sacchi: ''Quando arrivai a Milanello...''

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Renegade

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La Gazzetta dello Sport intervista Arrigo Sacchi, che rivanga così il suo passato milanista: ''Arrivai a Milano e dissi: ''Vi saluto e vi ringrazio: avete avuto coraggio, e così io firmo in bianco. Mi date fiducia e io vi ripago in questo modo'' Il mio arrivo a Milano fu, come sempre, difficile. L’impatto con la squadra fu dirompente, c’era diffidenza ma non prevenzione, dicevo cose diverse sia sul calcio, sia sulla mentalità da tenere in campo, sia nella programmazione degli allenamenti. In Italia io ero visto come un eretico. L’ambiente del calcio e una parte dei giornalisti mi consideravano un eversore, un diverso, un avversario, perché mettevo in crisi la loro leadership e il loro ruolo di detentori di un sapere antiquato, vecchio, mentre i giovani e i meno conservatori mi guardavano con interesse. Una volta Galliani mi disse: ''Guarda, Arrigo, che puoi spendere quello che vuoi, non ci sono problemi!''. ''No'' risposi, ''dobbiamo comprare i giocatori che ci servono per la squadra e il gioco, e se costano poco tanto meglio, così avrete anche più pazienza: spesso chi spende molto pretende risultati subito''. Una volta mi trovavo ad Arcore, in casa di Berlusconi, quando lui ricevette una telefonata da Cesare Romiti, che allora era un importante manager della Fiat e molto vicino alla Juventus. Romiti gli disse: ''Mi ha detto l’Avvocato di riferirti di lasciar stare quel giocatore perché interessa a noi!''. Berlusconi era appena entrato nel mondo del calcio, gli Agnelli e la Juventus erano la storia del calcio italiano. Io mi ricordo che stuzzicai un po’ il presidente e lo toccai nel vivo: ''Dottore, se dobbiamo diventare la squadra più forte del mondo, non possiamo lasciare le prime scelte agli altri. Ci complicheremo la vita! Non possiamo subire pressioni da altre società per il nostro operato''. Il volto di Berlusconi si rabbuiò. Non l’avevo mai visto così arrabbiato. Prese il telefono e richiamò Romiti: ''Non permetterti più di fare una telefonata del genere!''. Ancelotti? Berlusconi si trovava a Saint Moritz. Gli telefonai. ''Mi compri Ancelotti, è un gran giocatore, un professionista esemplare, un ragazzo straordinario, un esempio per tutti.'' ''Ma come faccio a comprarle un giocatore che ha la funzionalità ridotta del 20 per cento?'' ''Ma dove sono queste funzionalità ridotte?'' chiesi al presidente. ''Nel ginocchio'' rispose lui. ''Il ginocchio non mi preoccupa, mi sarei preoccupato se le avesse avute in testa.'' Lo convinsi.''
 

diavolo

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Ci manca il presidente di quei tempi.
 
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Grande Silvio! :ave:

agnelli imparò la lezione e dopo chiese cortesemente a silvio di lasciargli baggio
Alla presentazione del dvd della Gazzetta dello Sport dedicato a Roberto Baggio, l'amministratore delegato del Milan Adriano Galliani, ha rivelato un curioso aneddoto sul passato del giocatore. Nel 1990 Baggio stava per trasferirsi dalla Fiorentina al Milan, l'accordo era già stato fatto, poi successe qualcosa. "L'avvocato Agnelli chiamò Berlusconi chiedendogli di lasciare alla Juventus almeno il giocatore - ha raccontato l'ad rossonero - visto che in quegli anni il Milan aveva raccolto un gran numero di trofei". Aneddoto confermato anche dallo stesso Baggio che ha aggiunto: "I passaggi dal Vicenza alla Fiorentina e da lì alla Juventus sono gli unici che ha deciso la società. Tutti gli altri li ho decisi in prima persona".
 

Il Re dell'Est

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Una volta Galliani mi disse: ''Guarda, Arrigo, che puoi spendere quello che vuoi, non ci sono problemi!''. ''No'' risposi, ''dobbiamo comprare i giocatori che ci servono per la squadra e il gioco, e se costano poco tanto meglio, così avrete anche più pazienza: spesso chi spende molto pretende risultati subito''.

Bei tempi... speriamo di riassaporarli con la nuova proprietà.

Una volta mi trovavo ad Arcore, in casa di Berlusconi, quando lui ricevette una telefonata da Cesare Romiti, che allora era un importante manager della Fiat e molto vicino alla Juventus. Romiti gli disse: ''Mi ha detto l’Avvocato di riferirti di lasciar stare quel giocatore perché interessa a noi!''. Berlusconi era appena entrato nel mondo del calcio, gli Agnelli e la Juventus erano la storia del calcio italiano. Io mi ricordo che stuzzicai un po’ il presidente e lo toccai nel vivo: ''Dottore, se dobbiamo diventare la squadra più forte del mondo, non possiamo lasciare le prime scelte agli altri. Ci complicheremo la vita! Non possiamo subire pressioni da altre società per il nostro operato''. Il volto di Berlusconi si rabbuiò. Non l’avevo mai visto così arrabbiato. Prese il telefono e richiamò Romiti: ''Non permetterti più di fare una telefonata del genere!''.

Donadoni.
 

AndrasWave

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Questo Berlusconi non tornerà mai più. Gran peccato, da quel lato era un osso duro e pieno di entusiasmo. Anche se tutto ciò aveva un secondo fine.

Quanto vorrei di nuovo una proprietà solida alle spalle del Milan, ma soprattutto gente competente (un DS su tutti) che opera con un minimo di coscienza calcistica. Un Milan senza teatrini.

Eravamo davvero abituati bene, troppo bene..
 

Fabry_cekko

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La Gazzetta dello Sport intervista Arrigo Sacchi, che rivanga così il suo passato milanista: ''Arrivai a Milano e dissi: ''Vi saluto e vi ringrazio: avete avuto coraggio, e così io firmo in bianco. Mi date fiducia e io vi ripago in questo modo'' Il mio arrivo a Milano fu, come sempre, difficile. L’impatto con la squadra fu dirompente, c’era diffidenza ma non prevenzione, dicevo cose diverse sia sul calcio, sia sulla mentalità da tenere in campo, sia nella programmazione degli allenamenti. In Italia io ero visto come un eretico. L’ambiente del calcio e una parte dei giornalisti mi consideravano un eversore, un diverso, un avversario, perché mettevo in crisi la loro leadership e il loro ruolo di detentori di un sapere antiquato, vecchio, mentre i giovani e i meno conservatori mi guardavano con interesse. Una volta Galliani mi disse: ''Guarda, Arrigo, che puoi spendere quello che vuoi, non ci sono problemi!''. ''No'' risposi, ''dobbiamo comprare i giocatori che ci servono per la squadra e il gioco, e se costano poco tanto meglio, così avrete anche più pazienza: spesso chi spende molto pretende risultati subito''. Una volta mi trovavo ad Arcore, in casa di Berlusconi, quando lui ricevette una telefonata da Cesare Romiti, che allora era un importante manager della Fiat e molto vicino alla Juventus. Romiti gli disse: ''Mi ha detto l’Avvocato di riferirti di lasciar stare quel giocatore perché interessa a noi!''. Berlusconi era appena entrato nel mondo del calcio, gli Agnelli e la Juventus erano la storia del calcio italiano. Io mi ricordo che stuzzicai un po’ il presidente e lo toccai nel vivo: ''Dottore, se dobbiamo diventare la squadra più forte del mondo, non possiamo lasciare le prime scelte agli altri. Ci complicheremo la vita! Non possiamo subire pressioni da altre società per il nostro operato''. Il volto di Berlusconi si rabbuiò. Non l’avevo mai visto così arrabbiato. Prese il telefono e richiamò Romiti: ''Non permetterti più di fare una telefonata del genere!''. Ancelotti? Berlusconi si trovava a Saint Moritz. Gli telefonai. ''Mi compri Ancelotti, è un gran giocatore, un professionista esemplare, un ragazzo straordinario, un esempio per tutti.'' ''Ma come faccio a comprarle un giocatore che ha la funzionalità ridotta del 20 per cento?'' ''Ma dove sono queste funzionalità ridotte?'' chiesi al presidente. ''Nel ginocchio'' rispose lui. ''Il ginocchio non mi preoccupa, mi sarei preoccupato se le avesse avute in testa.'' Lo convinsi.''

Quanto mi piacciono questi racconti!!!

Grandissimo Arrigo che firma in bianco, fa risparmiare il presidente, e soprattutto, gli fa cambiare idea!
 
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