Ho voluto lasciare passare un giorno, perché spesso la notte porta consiglio. L'abbando di Civati è una cosa su cui non si può avere un'opinione. Francamente, per chi come me crede che la discussione e il confronto rappresenti una risorsa per un partito e non un ostacolo, c'è ben poco da esultare. Per cui io non sono contento. Ho seguito la parabola di Pippo Civati fin dagli albori e oggi provo un profondo rammarico, rammarico e amarezza se penso a quello che "avrebbe potuto essere" e che, invece, spesso per "sua colpa" non è stato. Ho spesso condiviso alcune battaglie ma non ho mai apprezzato il suo modo di agire da sé e per sé e la sua totale mancanza dal territorio che lo ha eletto. Così è stato soprattutto in questi due ultimi anni e così è anche oggi che decide di uscire facendo prevalere le ragioni individuali a quelle di gruppo.
Civati e Renzi erano due risorse straordinarie nella "gioventù del Pd". Avrebbero potuto davvero rappresentare le due colonne su cui fondare la nuova classe dirigente del partito. Il problema è che entrambi hanno la stessa ambizione, la necessità di essere leader. L'altro però è più bravo, più audace, più talentuoso. Civati non avrebbe mai accettato di fare il numero due, ma così facendo ha rinunciato a ruoli importanti per incidere e dimostrare cosa sa fare. E magari si sarebbe anche accorto che fare è sempre più difficile che criticare. Ma la sensazione è che abbia preferito fare il leader del nulla, novello Bertinotti, senza responsabilità vere, ma maggiore visibilità. Sono scelte personali, chiaro, ma non c'è nulla di politico in questo. Una sola cosa condivido di quanto ha scritto: i ceti popolari sono preda di Grillo e della Lega. Proprio per questo il PD è il solo argine di questo populismo. Coraggio non è abbandonare per cercare una leadership inutile, coraggio non è neanche criticare e sputare sul proprio partito (cosa che ha fatto da due anni a questa parte). Coraggio sarebbe stato accettare un incarico importante, cercando di incidere. Facendo e non criticando. L'Italia ha bisogno di azione, di cambiamento, non dell'ennesima anima bella.
Dunque non sono contento ma la trovo una scelta naturale se guardiamo al suo costante essere contro di questi ultimi anni.
Ora però davanti ad un malessere che cresce sarebbe auspicabile una riflessione: se chi ha preso 400.000 preferenze alle ultime primarie se ne va così è necessario farsi qualche domanda, mobilitarsi per segnalare che il pd ha per storia e definizione confini chiari e precisi che sono quelli del progressismo europeo.
Tutto questo, naturalmente è solo il mio pensiero politico, la stima sulla persona (che ho il piacere di conoscere) resta immutata.