Pato/peto

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Tutti sanno che Pato è il soprannome di Alexandre Rodrigues da Silva, croce e delizia (più croce) dei tifosi milanisti. Molti, indispettiti dal comportamento e dai continui infortuni, lo chiamano Peto, con ovvio riferimento allo sfiato d'aria, alla scoreggia, che esce, più o meno rumorosa, da una delle meno 'nobili' parti del corpo umano. C'è da dire che il nostro peto, così vilipeso, vanta discendenze da magnanimi lombi. So che rischio il ban, ma vorrei raccontarvene la storia.

L'italiano peto deriva da pē(dĭ)tum, part. perf. del latino pēdĕre “***********” con caduta della sillaba -di- (cfr. dito < di(gi)tum). Da una forma *pettum, con caduta della -i- atona e assimilazione progressiva -dt- > -tt-, derivano il francese pet e il catalano pet, mentre lo spagnolo pedo e il portoghese peido, come l’italiano peto, risalgono a pē(dĭ)tum.
Il latino pēdĕre trae origine, a sua volta, dal tema indoeuropeo *pezd-, pzd-, che è attestato in baltico, slavo, latino e greco : lat. pēdō < *pezd-, russo bzdity, lituano bezdù (forse prestito dal russo). Il gr. βδεω (bdeō) si basa su *pzd- → *βζδ-, con scomparsa di /z/. Anche il latino ha perduto /z/ (s di rosa nella pronuncia italiana settentrionale) nel corso della sua storia, probabilmente intorno al V sec. a.C. , non solo nel gruppo consonantico /zd/ ma anche nei gruppi /zm/ /zl/ /zn/ (stadio intermedio con la sonora da /sm/ /sl/ /sn/) : dimoveo “muovere da una parte all’altra, aprire ” < *dismoveo; mūlus “mulo” < *mus-lo; fanum “tempio” < *fas-n-om (osco fiisnam). L’inglese fart “to break wind” (Antico Inglese *feortan; Medio Inglese farten/ferten), il tedesco furzen (Antico Sassone fertan; Basso Tedesco furten; Antico Alto Tedesco ferzan; Medio Alto Tedesco varzen/verzen/vurzen), l’Antico Norvegese *ferta/freta, il danese fjerte, lo svedese fjerta, il lituano persti, il lettone pirst, il greco πέρδειν, il sanscrito párdate, derivano invece dal tema *perd-.
Dalla stessa base deriverebbero anche l’armeno orotal “tuonare” (con il dev. orotumn “tuono”) e p’orotal “brontolare”, secondo l’ipotesi di Charles de Lamberterie , che contesta la proposta dello svedese E. Lidén che riconduce, invece, orotal ad un tema *per- “battere”. L’armeno ha perso il significato originale, usando la base per il rumore del tuono o per i brontolii. Un simile sviluppo si è potuto verificare soprattutto perché la base *perd- si applicava ad un “peto rumoroso”, distinguendosi dalla base vicina *pezd- che significava “rilasciare un peto silenzioso”. Nel germanico, il tema indoeuropeo. *perd- è rappresentato regolarmente da *fert- (a seguito della prima rotazione consonantica o germanische lautverschiebung, con passaggio delle occlusive sorde in aspirate), con un presente *fert-a- continuato dall’antico tedesco *feorten (attestato indirettamente dal sostantivo feorting “peto”) e antico alto tedesco ferzen “***********” che ha corrispondenza con il gr. πέρδειν e il sct. párdate. Le forme attese sono conservate dal germanico occidentale, il germanico nordico (antico islandese: presente freta, preterito frat “***********”) presenta una metatesi paragonabile a quella dell’armeno orot- < *prod- < *perd- e apofonia simile a quella del gr. πέρδομαι/(πέ)πορδα, se non fosse per l’anticipazione della -r-. I germanisti attribuiscono questa metatesi ad una “deformazione tabuistica”, anche se è possibile pensare ad un’influenza della base onomatopeica pr- che si presta bene al fonosimbolismo: francese argot faire un prout “fare un peto”; ital. prrr per indicare sia il rumore di un peto che quello di un pernacchio. Generalmente le lingue indoeuropee, nel corso della loro evoluzione, hanno optato per un tema o per l’altro. Le due basi distinte si sono conservate nel russo: бздеть/набздеть [bzdet'/nabzdét'] e пердеть/пёр(д)нуть [perdét'/pyór(d)nut'].

Spero di non avervi annoiato.
PS: la censura è riferita a s c o r e g g i a r e
 
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Ce ne sarebbero di cose 'divertenti', come un possibile etimo celtico per quel tipico dolce natalizio che Allegri potrebbe non mangiare...
 
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