Al Milan, tutti insieme, senza isterie e ansie, occorrerebbe, nell'approcciare una analisi di questo anno uno di Elliott al Milan, porsi una semplice domanda, terra terra: cosa è successo dalle ore venti e trenta di domenica 17 marzo, fischio di inizio di Milan-Inter, ventottesima giornata, cui si presentava una squadra, il Milan, terza in classifica, a soli sei punti dal secondo posto, quattro punti avanti alla Roma, quinta, e sei punti avanti all'Atalanta, settima, fino alle ore ventidue e trenta di domenica 28 aprile, dopo Milan-Torino, trentaquattresima giornata, con il Milan al settimo posto, quattordici punti dietro il Napoli, sempre secondo, quattro dietro l'Inter, terza, tre dietro l'Atalanta, quarta, due dietro la Roma, quinta? Nel mezzo, una vittoria, due pareggi, quattro sconfitte. In sei settimane, buttata via una stagione intera. Chi ha sbagliato, chi ha subito? Chi la vittima, chi il carnefice? La qualità della squadra in quelle sei settimane è la stessa che ha portato il Milan sino al terzo posto? Sono subentrati allora fattori non tecnici, e se si, quali? La stagione 2019-20 può e deve nascere dalla verità, niente di meno della verità, su quella che si sta chiudendo. Di fronte ad essa, si capirà che quello dei nomi appare davvero il problema meno importante.