Casnop
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Caro Lollo, il diritto di utilizzazione delle prestazioni sportive di un calciatore costituisce un cespite, ovvero un bene, sia esso materiale o immateriale, avente utilità pluriennale in quanto impiegato durevolmente nell’esercizio dell’attività d’impresa; tale bene, pur non essendo destinato a tradursi in liquidità direttamente, se non attraverso la vendita, concorre tuttavia alle prospettive di conseguimento di un utile futuro, alimentando la formazione del risultato economico di una pluralità di esercizi. Detto bene materiale ad utilità pluriennale è definito nei principii di contabilità aziendale come immobilizzazione materiale, ed iscritto nell'attivo dello stato patrimoniale come immobilizzazione in corso. Quando un’immobilizzazione materiale in corso è oggetto di vendita, occorre eliminare la relativa voce contabile in contropartita del corrispettivo ricevuto; tale eliminazione deve essere effettuata per il valore netto contabile dell’immobilizzazione materiale ceduta, calcolata come differenza tra il costo storico e gli ammortamenti accumulati fino alla data di cessione, inclusa anche la quota di ammortamento relativa alla frazione dell’ultimo esercizio in cui è stata utilizzata. L’eventuale differenza positiva tra il valore netto contabile e il corrispettivo della cessione, viene denominata, come sappiamo, plusvalenza, e deve essere rilevata nel conto economico nella voce 'altri ricavi e proventi'. Detta voce, nel previgente sistema di contabilità, veniva conteggiata in una sezione straordinaria del conto economico; a seguito, tuttavia, dell'entrata in vigore del D. Lgs. 139/2015, di recepimento di una direttiva comunitaria, è stata abrogata la sezione straordinaria del conto economico; pertanto, eventuali plusvalenze derivanti da cessioni di cespiti, che nel precedente sistema legislativo-contabile erano riconducibili all’area dei proventi straordinari del conto economico, sono ora da iscrivere sempre nel 'valore della produzione' del conto economico. Nondimeno, contestualmente alla soppressione dell’area straordinaria del conto economico, l’articolo 2427, comma 1, n. 13), c.c., di nuova formulazione, ha richiesto l’indicazione '(…) dell’importo e della natura dei singoli elementi di ricavo o di costo di entità o incidenza eccezionali (…)'. Ciò perché l’obiettivo di tale informativa è quello di consentire al lettore del bilancio di apprezzare il risultato economico privo di elementi che, per l’eccezionalità della loro entità o della loro incidenza sul risultato d’esercizio, non sono ripetibili nel tempo; tra gli esempi degli elementi di ricavo, che potrebbero presentare le caratteristiche dell’informazione richiesta dall’articolo 2427, comma 1, n. 13) c.c., il richiamato principio contabile cita proprio l’ipotesi della cessione di attività immobilizzate. Dunque, per la sua natura di evento inidoneo a incidere sul risultato economico in una pluralità di esercizi, ma solo su quello di uscita dal conto economico, la cessione di immobilizzazioni materiali, e le relative plusvalenze, sono conteggiate una sola volta a bilancio, e precisamente nell'esercizio del momento di uscita della immobilizzazione dal conto economico.Si ho capito ma vorrei una spiegazione, perchè le plusvalenze vanno imputate tutte a bilancio nell anno in corso per intero e invece gli acquisti hanno l'ammortamento.
Sul piano fiscale, la valutazione della plusvalenza non è invece coincidente con quella civilistica e contabile, sopra riportata, agli effetti della formazione del reddito di impresa. Ai fini dell'Ires, infatti, se effettivamente l'art. 86 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi dispone che, nel caso di cessione di cespite materiale a titolo oneroso, la plusvalenza fiscalmente rilevante è rappresentata dalla differenza tra il corrispettivo di vendita, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e la quota di costo non ancora ammortizzato, e si conferma che essa concorre a formare il reddito imponibile Ires nell’esercizio in cui è stata conseguita, tuttavia, laddove il bene ceduto sia stato posseduto per un periodo non inferiore a tre anni, il contribuente può, in alternativa alla tassazione in un unico esercizio, “spalmare” la predetta plusvalenza su un massimo di cinque esercizi in quote costanti, rateizzando così la relativa tassazione. Quanto al computo del triennio va evidenziato che la norma non fa riferimento al possesso del bene per “tre esercizi” ma per “tre anni”: al fine di optare per la rateizzazione della plusvalenza occorre dunque verificare il superamento di un periodo di 1095 giorni. L’opzione per la rateizzazione della plusvalenza dovrà risultare dalla dichiarazione dei redditi; in difetto, la plusvalenza concorrerà a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui è stata realizzata.